lunedì 29 ottobre 2018

"Ricettario amoroso di una pasticciera in fuga", Louise Miller


Dopo aver inavvertitamente incendiato il prestigioso Emerson Club di Boston, di cui era la rinomata chef pasticciera, la 32enne Olivia Rawlings si rifugia dalla sua amica del cuore a Guthrie, ridente paesino (di fantasia) del Vermont settentrionale, e sarà proprio Hann a convincerla ad accettare il posto vacante alla locanda Sugar Maple.
Un cambiamento rivoluzionario sotto ogni aspetto: dalla grande città alla campagna, dagli avvenimenti glamour del Club alle torte di mele della locanda, dall'indifferenza dei bostoniani ai pettegolezzi della vita di paese, dal precedente capo, nonchè amante, Jameson all'anziana e arcigna signora Margaret.
Dopo una vita solitaria e con un solo vero affetto - quello del levriero Salty - forse quello di cui Livvy ha bisogno sono proprio la tranquillità e il calore degli abitanti di Guthrie, fra cui Martin, tornato recentemente da Seattle per assistere il padre malato...

Dopo una partenza stile Kinsella - con questa protagonista taglia 46 dai capelli viola (e poi blu, verdi, fucsia, color lava, grazie alle tinte vegan Manic Panic che, se non ci fosse bisogno di decolorare, nonostante gli anni che ho proverei molto volentieri) che all'inizio della storia va nel panico alla vista della moglie del suo amante-capo facendo cadere la torta flambé e mandando così letteralmente in fumo il lussuoso Club, proprio durante i festeggiamenti del 150° anniversario dalla fondazione - il romanzo cambia stile appena Livvy si trova circondata dai monti del Vermont: non ho all'attivo molte letture di questo tipo, se fosse un film lo definirei una commedia romantica, anche se il tema principale non è tanto l'amore quanto l'amicizia e i legami che si possono creare fra le persone a prescindere dall'età.

Non è certo Letteratura e la trama non può essere definita nè complessa nè sorprendente, ma è stata ugualmente una lettura piacevole, rilassante e confortevole grazie allo stile fluido e, soprattutto, grazie all'ambientazione: l'autrice descrive davvero bene questo paesino del Vermont immerso fra boschi e frutteti, con le fattorie bianche e i granai rossi, l'immancabile Main Street, la locanda Sugar Maple e il concorso annuale di torte di mele.

Un tipo di vita molto distante da me, che sono tutta mare e città, ma che mi ha fatto sognare anche grazie alle immagini del Vermont trovate su Google.




Reading Challenge 2017: questo testo risponde al requisito "un libro con almeno due colori in copertina" (numero 3 indizi facili)

lunedì 22 ottobre 2018

"Sonno", Haruki Murakami


Giappone, presumibilmente Tokyo. La protagonista, di cui - come per nessun altro personaggio della storia - viene mai detto il nome, ha trent'anni, è moglie, madre, casalinga. Comincia a raccontare la sua storia al diciassettesimo giorno di veglia totale: non si tratta di insonnia, non è una privazione forzata. Non ha sonno, mai. E' lucida, attiva: semplicemente da diciassette giorni non ha più nè bisogno nè desiderio di dormire.

Il mio primo approccio a Murakami risale all'anno scorso con "Norwegian blues" che, a sorpresa, avevo decisamente apprezzato.
Invece di questo romanzo breve, o racconto lungo, non so cosa dire perchè non l'ho capito.

Di sicuro mi è piaciuto lo stile, non sono certo io a scoprire la bravura dell'autore, ma l'assenza di una spiegazione del perchè a un certo punto questa donna non riesca più ad addormentarsi e un finale che ti porta a "girare pagina" (nel mio caso a toccare lo schermo del Kindle) dando per scontata la presenza di un altro capitolo, che invece manca, credo sia da attribuire all'aggettivo che sento sempre citare quando si parla di Murakami: onirico.

Mi sono sempre chiesta cosa volesse dire questa cosa e ora posso solo umilmente alzare le mani perchè continuo a non capirlo.
Mi spiace molto non essere stata in grado di raccogliere il senso della storia, ma sono comunque contenta di aver fatto questa lettura e in futuro tornerò senz'altro a confrontarmi con l'autore perchè, nonostante il mio estremo pragmatismo ci ponga su due mondi diversi, lo trovo molto stimolante.

Reading Challenge 2017: questo testo risponde al requisito "un libro di un autore giapponese" (numero 38 indizi difficili)



domenica 21 ottobre 2018

"Le ricette della signora Tokue", Durian Sukegawa


Sobborghi di Tokyo. Sentaro e la signora Tokue si conoscono al Doraharu, una piccola bottega che offre alla vendita un unico prodotto, i dorayaki, dolcetti giapponesi composti da due dischi di pandispagna farciti con l'an, la confettura di fagioli azuki. Lei ha 76 anni e alla terza visita, indicando il cartello apposto in vetrina, si propone per il ruolo di aiuto pasticcere. Sentaro rifiuta incredulo anche quando la vecchina dichiara di poter lavorare per un terzo della paga offerta. Ma l'assaggio dello strabiliante an della signora Tokue, così diverso dal preparato industriale (made in China) che utilizza lui, fa cadere tutte le sue riserve e decide di assumerla. Dovrà solo trovare il modo di nasconderla ai clienti, che potrebbero non gradire la vista delle mani deformi della donna, e soprattutto alla proprietaria del locale, l'anziana vedova dell'uomo con cui Sentaro, ex-galeotto, ha contratto un debito, debito che da tre anni lo obbliga a lavorare al Doraharu 365 giorni all'anno e che forse riuscirà a estinguere più in fretta grazie alla meravigliosa confettura della signora Tokue...

Un bel libro letto nel momento sbagliato. Dieci giorni fa è morto mio padre. E' successo quando avevo appena iniziato "Il fantasma della palazzetta" e, dopo averlo finito, dalla mia infinita wish list ho puntato su questo, convinta che fosse un libro lieve, con quella delicatezza e quella piacevole lentezza che mi viene da attribuire alla letteratura giapponese, pur conoscendola poco o niente.
Lo avevo scelto per l'indizio "un libro di un autore giapponese", ma basta andare in fondo al post per vedere che, invece, ha risposto a un altro indizio, quello per cui non mi ero segnata neppure un titolo, proprio perchè quest'anno avrei preferito evitare argomenti tristi.

Sono convinta che in un altro momento a fine lettura avrebbero prevalso le note poetiche di questa bella storia dove - in mezzo alle tante descrizioni culinarie (il 90% dei termini riportati nel glossario riguarda nomi di piatti, ingredienti e attrezzi della cucina nipponica) e ai suggestivi alberi di ciliegio, indiscussi coprotagonisti del libro - viene raccontato il legame che si crea fra personaggi di tre generazioni diverse: oltre all'anziana signora Tokue e a Sentaro, triste uomo di mezza età, troviamo anche Wakana, una quattordicenne taciturna, tanto diversa dalle altre clienti adolescenti del Doraharu.
Un legame intenso, ma formale e un po' antiquato (ad esempio Sentaro e la signora Tokue si contattano scrivendosi lettere o cartoline, non telefonandosi), che diventa un inno alla forza di volontà con tanti altri messaggi positivi per chi legge.

Ma sul mio attuale stato d'animo hanno pesato altri aspetti. Non mi aspettavo così tanto dolore da questo libro. Il passato della signora Tokue, la condizione delle sue mani, i motivi per cui alla sua età ci tiene così tanto a lavorare con Sentaro, derivano da fatti reali, da una bruttissima pagina della storia giapponese che sinceramente ignoravo, conclusasi solo nel 1996.

Così come non conoscevo l'autore: scritto nel 2013, "Le ricette della signora Tokue" è il primo libro di Durian Sukegawa a essere stato tradotto in italiano. Deve essere un personaggio particolare, con la sua doppia laurea in filosofia e in pasticceria, e che le note sull'autore a fondo pagina descrivono come poeta, scrittore e clown.
In un'intervista rilasciata a La repubblica dice di essere anche un fiero pescatore e questa cosa è stata per me un pugno allo stomaco perchè (senza alcuna motivazione logica, me ne rendo conto) avevo dato per scontato che una persona così sensibile nel raccontare una vicenda di discriminazione e di soprusi e così brava nel portare il lettore a riflettere sull'importanza del rispetto per la vita altrui, rispettasse quella di tutti gli esseri viventi, non limitandosi a quella degli esseri umani.

Reading Challenge 2017: questo testo risponde al requisito "un libro che parla di una malattia" (numero 34 indizi facili)

martedì 16 ottobre 2018

"Il fantasma della palazzetta", Renzo Bistolfi


Leonardo Casati, nonostante abbia solo 51 anni, si sta già godendo la pensione. Genovese, scapolo e senza figli, vive a Milano occupandosi della sua grande passione: l'antiquariato.
Siamo grosso modo negli anni 90, a cavallo della festa di Ognissanti, ed è un grande quadro risalente alla metà del Seicento a riportarlo nel piccolo paese del Monferrato alessandrino dove ha trascorso le sue estati fino alla maggiore età.
Una buona occasione per andare a trovare zia Tilde e zia Fanni, che non vede da una decina d'anni e con cui non ha un vero legame di parentela, sono solo vecchie amiche di famiglia. Le due anziane donne, contesse, vivono a Villa Vallesio Scotto, da tutti chiamata la Palazzetta, una nobile e immensa dimora di cui le due occupano ormai solo alcune stanze dell'ala est.
Con loro Maria, la domestica, e forse anche il fantasma del palazzo...

Un altro autore genovese per me. Era da tempo che volevo leggere Bistolfi: gli altri suoi gialli sono ambientati a Sestri Ponente, uno dei quartieri confinanti con Pegli, dove abito. E l'indizio speciale di ottobre della Reading Challenge (un libro con la parola fantasma nel titolo) mi ha dato la spinta per approcciarmi a lui proprio con la sua opera prima.

Una lettura davvero piacevole, una scrittura bella e fluida. La storia gialla è molto ben costruita, un bel puzzle con tutti gli incastri a me tanto cari. 
Perchè se è l'imbattersi nel quadro a un mercatino dell'antiquariato sui Navigli a suscitare la curiosità di Leo e a farlo partire per il Monferrato, in realtà chi legge già dal prologo sa che in campagna troverà anche un morto e che questa non è una storia di fantasmi.
Uno stile elegante e un'ambientazione che mi hanno ricordato molto Camilleri, nonostante una territorialità completamente diversa. Una storia d'altri tempi, dovuta anche all'età avanzata dei personaggi che ruotano attorno al protagonista (anch'esso piuttosto retrò, con la sua pipa e la sua auto d'epoca) e allo scenario campestre e autunnale che Bistolfi è bravissimo a descrivere dando a chi legge la sensazione di vivere in quelle atmosfere.
           
Reading Challenge 2018: questo testo risponde al requisito "un libro con la parola fantasma nel titolo" (indizio speciale di ottobre)