sabato 13 novembre 2021

"La piccola libreria sulla Senna", Rebecca Raisin



Ashford (Connecticut), ottobre 2011. Sarah Smith ha 29 anni e da dieci è proprietaria de "L'angolo dei libri", una piccola libreria dell'usato che smercia principalmente romanzi rosa. Da un anno ha finalmente trovato in Ridge l'uomo dei sogni, degno delle sue amate storie romantiche: un rapporto idilliaco reso difficile dalla lontananza perchè lui, giornalista freelance, è sempre in giro per il mondo a inseguire la notizia del momento.
Sarah ha tre meravigliose amiche ad Ashford e una a Parigi, Sophie. Poco importa se la loro amicizia è solo virtuale, l'essere colleghe è il motivo che le ha fatte incontrare on-line e che ha gettato le basi del loro bel rapporto. E quando la francese - bisognosa di cambiare aria dopo una cocente delusione d'amore - le propone di scambiarsi per sei mesi casa e libreria, Sarah accetta immediatamente ritrovandosi dalla sera alla mattina lungo la Senna, immersa nella magia parigina, ma anche con una mole di lavoro a cui non era preparata.

Primo titolo di una serie (non breve, a giudicare dal numero di copertine che vedo digitando Rebecca Raisin su Google immagini) di romanzi di questa scrittrice australiana e unico tradotto in italiano (almeno per ora, ma essendo passati cinque anni dall'uscita di questo dubito che Piemme recupererà mai gli altri): se per la Colgan l'abbandono mi era dispiaciuto, stavolta sarebbe stato meglio se non avessero tradotto neppure questo, così avrei evitato di leggerlo.

Un romanzetto davvero insulso, con una protagonista insicura e lagnosa e una storia d'amore mal raccontata tenuta ai margini per la maggior parte del libro fino al banalissimo e scontatissimo happy end. No, non sto facendo spoiler: sappiamo benissimo che in libri come questo il lieto fine è assicurato, ma anche se prevedibile il più delle volte è bello, nel senso di ben raccontato. Questo no: la Raisin con gli ultimi due capitoli fa crollare a picco il già basso livello del romanzo a causa di una stucchevolezza generale davvero rara.

Ma l'aspetto più deludente riguarda l'ambientazione: l'autrice - che suppongo ami moltissimo Parigi - non riesce mai a trasmettere l'infinita beltà di questa città finendo presto col rendere noiose le descrizioni che inserisce, numerose quanto vuote.

Eppure non si è privata di nulla per emozionare il lettore: Parigi, nella sua immagine più stereotipata a rappresentare il romanticismo assoluto; una vecchia libreria storica (tutt'altro che piccola visto che occupa un intero palazzo con tanto di giardino d'inverno) traboccante di scaffali e di libri, un dedalo di stanze e stanzette fra cui perdersi, un orgasmo per ogni amante dei libri; una giovane protagonista inconsapevole del proprio fascino che è riuscita a conquistare un uomo bellissimo e sicuro di sè, con il solito corollario di particolari sdolcinati (e per me deprimenti, ma che a quanto pare piacciono, altrimenti non se ne spiegherebbe l'abuso che ne fanno gli autori del genere), come gli occhioni senza fondo di lei e quelli bollenti e ipnotici di lui; un ventaglio di personaggi secondari che a tratti riescono a essere più interessanti della protagonista (e non è una bella cosa); e tutti gli scenari atmosferici che nella vita reale ti fanno maledire il motivo che ti ha costretto a uscire di casa, ma che nella finzione possono sembrare un idillio, dal vento freddo che nel reale ti massacra gli occhi, ma che in un libro ti scompiglia i capelli in modo seducente, all'odore del fiume gonfio di pioggia che dal vero ti fa pensare a un pozzo putrido e che invece nel libro diventa profumo, alla neve ghiacciata che nel reale può piacere giusto a mia sorella quando porta a spasso la sua cagnolina mentre nel libro ti imbianca graziosamente le spalle mentre fai un picnic notturno sotto la torre Eiffel! E mi stavo dimenticando del Natale! La Raisin ci ha messo pure quello, con addobbi, pan di zenzero, regali e pranzo ad altissimo contenuto di affetto. Inspiegabilmente ha anche riempito Parigi di rose ad ottobre e di azalee a novembre...

Forse per cercare di emozionare ha esagerato finendo col scrivere uno dei romanzi più leziosi che abbia mai letto, dove la cosa migliore è il nome della libreria parigina: "Il était un fois", la frase francese che per me ha la sonorità più bella in assoluto.
Peccato che nel libro venga sempre riportato tradotto in italiano.

Reading Challenge 2021: questo testo risponde alla traccia cascata di novembre (un libro un libro in copertina)