Ma questa parte è dedicata alle invenzioni, in particolare a quella del telefono, dando larghissimo spazio a Bell, ma senza mai citare Meucci.
Si passa quindi allo studio e qui il tema sono ratti, topi, pipistrelli e insetti in generale.
"Molte creature hanno così poche pretese, e sono spesso così poco studiate, che quando si estinguono ce ne accorgiamo a malapena"
Il giardino della canonica lo porta a parlare dei parchi delle grandi residenze e della nascita nel XVIII secolo dell'architettura del paesaggio. Racconta anche come nacquero in Inghilterra i miei amati cimiteri-giardini.
La parte dedicata alla stanza prugna viene chiamata così per il colore delle pareti di quello che alle origini della canonica era probabilmente un salotto. Bryson sfrutta questa stanza per parlare di Palladio, della Monticello di Thomas Jefferson e della Mount Vernon di George Washington, mentre dell'evolversi delle pitture usate negli interni delle abitazioni e della carta da parati ne parla nella parte successiva, quella dedicata alle scale, "la parte più pericolosa della casa".
Racconta come, una volta scoperti i pigmenti, le persone benestanti utilizzassero colori molto intensi o addirittura sgargianti per le pareti di casa, sia perché erano sinonimo di ricchezza, sia perché senza elettricità le tinte dovevano per forza essere accese per essere viste anche al lume di candela.
"Lo stesso effetto è stato ottenuto anche a Monticello, dove diverse stanze presentano i gialli e i verdi più accesi. Tutt’a un tratto, George Washington e Thomas Jefferson sembrano avere i gusti decorativi di due hippie."
Di Jefferson cita una curiosità che proprio non sapevo:
"Fu il primo in America a tagliare le patate in senso longitudinale e poi a friggerle. Oltre a essere stato l’autore della Dichiarazione d’Indipendenza, fu quindi anche il padre della patatina fritta americana."
E si arriva alla camera da letto ("uno strano posto. Non esiste altro luogo in tutta la casa in cui passiamo più tempo facendo di meno"), la parte in cui emergono maggiormente le discriminazioni patite da noi donne in passato (e si può parlare di passato solo a certe latitudini...), quando - per esempio - una donna sposata non era una persona giuridica e quando la nostra istruzione doveva essere sufficiente per renderci utili ai mariti, ma nulla di più.
Bryson passa poi alla chirurgia dell'epoca ed è la parte più truculenta del testo. Fra i vari esempi di operazioni fatte prima dell'invenzione degli anestetici c'è la mastectomia subita nel 1806 da Fanny Burney. Un intervento durato oltre diciassette minuti che la romanziera successivamente ha descritto nei suoi diari. Bryson avrebbe anche potuto limitarsi a scrivere "Il racconto della Burney risulta quasi insopportabile" e gli avremmo creduto sulla parola, senza bisogno di leggere gli stralci riportati.
"Forse non vi è nulla che ci separi in modo così netto dal passato quanto la sbalorditiva inefficacia (e spesso la terrificante sgradevolezza) delle cure mediche di un tempo."
Proseguendo torna a essere divertente parlando di... lutti. Nello specifico dell'infinità di regole vigenti in materia durante l'epoca vittoriana.
"Non c’era nemmeno bisogno di conoscere le persone per cui si era in lutto. Se un marito era stato sposato in precedenza ed era rimasto vedovo, situazione abbastanza comune, in caso di decesso di un parente stretto della prima moglie, la seconda doveva osservare un «lutto complementare», una sorta di cordoglio per conto della consorte scomparsa."
E con altri aneddoti - che strappano più di un sorriso per il benefico effetto dei tanti anni trascorsi e del suo umorismo ("Come se non avessero già abbastanza preoccupazioni, i vittoriani svilupparono curiose ansie riguardo alla morte. Regnava un terrore diffuso della sepoltura prematura, terrore su cui nel 1844 Edgar Allan Poe fece leva con vividi risultati nel racconto omonimo.") - conclude la parte con un accenno alla cremazione, che diventò legale in Inghilterra solo nel 1902, in ritardo rispetto a moltissime altre nazioni.
La stanza da bagno tratta, naturalmente, dell'igiene personale, a partire dai tempi dell'antica Roma. Un tema che strizza l'occhio all'umorismo e che Bryson sfrutta a dovere.
"Il cristianesimo ha sempre manifestato un curioso disagio nei riguardi della pulizia, sviluppando fin dagli inizi la strana tradizione di identificare la santità con la sporcizia. Quando san Tommaso Becket morì nel 1170, coloro che lo seppellirono notarono con approvazione che i suoi indumenti intimi «pullulavano di pidocchi». Per tutta l’età medievale, un sistema quasi infallibile per guadagnare sempiterno onore era fare voto di non lavarsi."
Chiaramente la mancanza di igiene da sempre è un grande alleato delle malattie: anche quando non le causa, di sicuro non le cura. Dalla peste al vaiolo, Bryson riprende (per forza di cose ben più superficialmente) i temi trattati da Carlo Maria Cipolla in "Miasmi e umori" e negli altri suoi saggi, ma il focus resta sulla poca familiarità che in passato gli esseri umani avevano con l'acqua.
"Per alcuni, tuttavia, la sporcizia divenne una sorta di vanto. L’aristocratica Lady Mary Wortley Montagu, una delle prime grandi viaggiatrici della storia, era così lurida che dopo averle stretto la mano una nuova conoscenza sbottò in un’esclamazione di sorpresa. «Cosa direbbe se vedesse i miei piedi?» rispose allegra Lady Mary."
Bryson si diverte moltissimo a perculare i vittoriani ^^
"Ad avvicinare davvero i vittoriani alle vasche da bagno fu tuttavia la consapevolezza che la cosa poteva essere gloriosamente punitiva. I vittoriani avevano una naturale propensione per l’autoflagellazione, e l’acqua divenne un modo perfetto per dimostrarlo."
Leggere mentre facevo colazione la parte riguardante la nascita del sistema fognario e, soprattutto, i vari passaggi che portarono alla sua esigenza non è stata una mossa intelligente...
"Tali masse di umanità producevano naturalmente enormi quantità di feci, ben più di quante potesse accoglierne qualsiasi sistema di pozzi neri. In un rapporto abbastanza tipico per quei tempi, un ispettore informava di aver visitato due abitazioni di St Giles le cui cantine erano invase da quasi un metro di escrementi umani. Fuori, proseguiva la relazione, il cortile era sommerso da quindici centimetri di feci. Per consentire agli abitanti di attraversarlo era stata posata una passatoia di mattoni."
Situazioni di questo genere si traducevano in colossali epidemie di colera, febbre gialla e altre malattie causate da batteri e microorganismi in epoche in cui non si conosceva la loro esistenza. Siamo attorno alla metà del 1800 e si credeva che fosse la puzza a causare le malattie (e qui si ritorna al "Miasmi e umori" di Cipolla).
Nella parte sullo spogliatoio Bryson ripercorre la storia degli indumenti, partendo da ciò che indossava Ötzi, la mummia rinvenuta nell'estate del 1991 sulle Alpi del Tirolo.
"Per chiunque abbia una mentalità razionale, la moda è spesso quasi impossibile da capire. In molti periodi storici – forse in quasi tutti –pare che lo scopo della moda fosse di sembrare il più possibile ridicoli, e se si riusciva anche a stare il più possibile scomodi, il trionfo era assicurato."
Gorgiere, parrucche, crinoline, corsetti, sopracciglia in pelle di topo e altre "ridicolaggini creative" offrono assist imperdibili per l'umorismo di Bryson.
Fu proprio la necessità di filare e tessere il cotone che gettò le basi per la rivoluzione industriale e qui Bryson perde ogni appiglio per la comicità.
Se negli Stati Uniti prima del cotone la schiavitù vigeva in sei Stati e con l’improvviso bisogno di forza lavoro venne legalizzata in altri nove, negli stessi anni in Inghilterra gli stabilimenti tessili in piena espansione iniziarono a sfruttare intensivamente il lavoro minorile.
"I bambini erano malleabili, costavano poco ed erano generalmente più rapidi a guizzare fra i macchinari e risolvere intoppi, rotture e inconvenienti simili. Anche gli industriali più illuminati sfruttavano senza riserve il lavoro minorile."
Ma ancora più dolente è la parte dedicata alla camera dei bambini. Oltre ad analizzare il fenomeno dell'alto tasso di mortalità infantile ("Le cifre spesso citate dicono che un terzo dei bambini moriva nel primo anno di vita e che la metà non raggiungeva il quinto compleanno. La morte era una visitatrice regolare perfino nelle case più ricche."), Bryson riprende la questione dello sfruttamento minorile descrivendo scenari ben differenti da quelli dei libri della Austen & co. che (vi) fanno tanto sognare: mentre i privilegiati potevano trastullarsi fra balli e sermoni, la realtà per la maggior parte delle persone portava i figli a lavorare in miniera già a cinque o sei anni. Bryson racconta di un piccolo spazzacamino di appena tre anni e mezzo, descrive in cosa consisteva il suo orribile lavoro. Quel bambino ha sicuramente provato lo stesso terrore che affliggerebbe oggi un suo piccolo coetaneo perché neppure la miseria più cupa abitua alla paura.
La cosa che bisogna avere ben presente è che il mondo moderno non è certo esente da situazioni analoghe: si sono solo allontanate geograficamente da noi, così possiamo fare finta di non saperlo.
Anche sul fronte della solidarietà sociale non abbiamo fatto molti passi avanti rispetto al 1798 quando il reverendo Thomas Robert Malthus, considerando i poveri responsabili dei loro stessi stenti, si opponeva all’idea di assistenza sociale, che a suo dire avrebbe solo fatto incrementare l’indolenza delle masse perché, scriveva, "anche quando hanno un’occasione di salvezza la sfruttano di rado, perché tutto ciò che va al di là delle loro immediate necessità finisce generalmente in birreria.". Sul reddito di cittadinanza ho sentito e letto commenti anche più ignoranti di questo.
Bryson torna brevemente a parlare dei bambini per specificare che anche quelli nati in famiglie ricche avevano i loro tormenti, ma gli scarsi esempi che fa - riconducibili a un distacco emotivo imposto dai genitori, all'obbligo dell'assoluta obbedienza e a privazioni materiali derivanti dalla mentalità dell'epoca («A Natale avevamo le arance. La marmellata non la vedevamo mai») - non sono neanche minimamente paragonabili a ciò che hanno dovuto patire da bambini i poveri.
E la "breve" storia della vita privata si conclude in soffitta. Qui l'autore parla di Charles Darwin e raccontando le sue scoperte cerca di mettere in guardia dal mutamento geologico che stiamo vivendo e che in troppi, soprattutto fra i potenti, fingono di ignorare, sottolineando come negli ultimi vent'anni (che sono diventati trenta da quando ha scritto il saggio) abbiamo consumato senza ritegno le risorse che il pianeta può offrirci e che non sono illimitate.
"L’estremo paradosso sarebbe aver creato, nella nostra eterna ricerca dell’agio e della felicità, un mondo privo di entrambi."