lunedì 8 luglio 2024

"Camera con balcone", Charles Exbrayat

 

Callander (orgoglio della contea di Perth), settembre 1963. Sono le otto e dieci del mattino quando Imogène McCarthery scende dal treno e, dopo tre anni, respira finalmente l'aria della sua amata terra. Arrivata a 53 anni e ormai prossima alla pensione, è lì che vuole tornare a vivere, ignorando che la maggior parte degli abitanti della cittadina non la considerano un'eroina per i fatti accaduti tre anni prima, ma una pericolosa minaccia alla tranquillità del posto e alla vita delle persone.
E, forse, non hanno tutti i torti visto che dopo appena sei ore dal suo arrivo Callander si ritrova già a fare i conti con il primo cadavere!

Scritto nel 1960, titolo originale "Imogène est de retour", è il secondo libro di una serie di sette che hanno come protagonista Imogène. A marzo avevo letto la prima puntata, "La signora in tweed", che avevo definito una letturina piacevole e divertente, mentre questa l'ho patita parecchio, trascinandomi le 204 pagine per ben nove giorni, finendo sempre per preferirgli l'altra lettura in corso prima di arrivare a ieri, quando mi sono imposta di terminarlo (avevo superato di poco la metà) per poterlo archiviare prima di partire (domani) per le meritate vacanze estive.

Non ci sono sostanziali differenze fra i due libri di Exbrayat: ad esempio lo stile è chiaramente lo stesso e quello continuo a considerarlo piacevole, ma anche le gag non sono cambiate - dettate dall'irruenza di Imogène, dai suoi continui battibecchi con il sergente McClostaugh, dai fraintendimenti reciproci - e la ripetizione continua diventa presto monotona.
Si salvano solo le esternazioni contro gli inglesi ^^

"Non avrebbe mai capito perché il buon Dio aveva ritenuto utile creare gli inglesi."

La storia gialla l'ho addirittura preferita a quella del primo libro: abbandonato il ruolo di spia, qui Imogène diventa la tipica detective dilettante di tanti libri e telefilm un po' datati, ma - a fronte di pochi sviluppi che riguardano la vicenda - ognuno dei dieci capitoli, tutti di una ventina di pagine, si dilungano nei ripetitivi siparietti sopra citati, mettendo a dura prova la voglia di proseguire la lettura.

Tanta fatica per arrivare, poi, a un finale frettoloso, liquidato con un resoconto fatto da un personaggio alla protagonista, cosa che ha sancito definitivamente la mia decisione di non procedere con gli altri libri della serie quando verranno tradotti.

Del resto se chi ha scritto la sinossi non ha neppure letto il libro ("Finché, sporgendosi dal balcone della sua stanza, non vede per caso la sagoma di un uomo senza vita": c'è scritto questo, ma le cose non vanno affatto così), non verrò certo presa dai rimorsi nel dire addio all'indomabile scozzese.

"Viva la Scozia! Abbasso gli oppressori inglesi!"

Reading Challenge 2024, traccia vagabonda luglio: Francia


giovedì 4 luglio 2024

"Mariani. Il caso cuorenero", Maria Masella

  

Genova, lunedì 26 dicembre di un anno non precisato. Mariani si attiva subito e, due giorni dopo aver saputo da Francesca che Cabel Oxa non è tornato da lei a prendere gli indumenti smessi che gli aveva promesso, riesce a localizzarlo nel reparto rianimazione di Asti, ricoverato dopo essere stato picchiato con una spranga di ferro.
Oxa - che tre mesi prima era rimasto indirettamente coinvolto in un caso dell'ispettore e che poi lui aveva aiutato trovandogli lavoro in un cantiere e, come extra, facendogli anche ritinteggiare l'appartamento della moglie - è una brava persona ed è per questo che Mariani va a trovarlo in Piemonte. L'uomo è in gravi condizioni e riesce a dire soltanto due parole: cuore nero. 
Mariani non ne capisce il senso, finché quattro settimane dopo nell'eterno cantiere di fronte a Brignole viene ritrovato il cadavere di un malavitoso e le due parole pronunciate da Cabel cominciano a martellare nella testa di Mariani: perché il morto aveva proprio un cuore nero tatuato sul polso.

Scritto nel 2006, il libro è la sesta puntata della serie con protagonista il commissario Antonio Mariani. Pur raccontando, come sempre, una storia autoconclusiva, porta avanti la trama orizzontale che riguarda soprattutto (ma non solo) la vita privata del protagonista.

Fra il romanzo precedente e questo la Masella ha creato un autentico ponte: "Giorni contati" si chiudeva il sabato sera, con Francesca sulla soglia della porta di casa del marito (i due sono momentaneamente separati: tutta la loro relazione è costellata da continui tira e molla) e questo riparte meno di quarantotto ore dopo.

Senza fare spoiler, posso tranquillamente dire che anche il finale del sesto volume lancia un ponte verso il successivo: non sono finali aperti perché - come dicevo - le vicende gialle si concludono in ogni libro, ma si tratta di prologhi anticipati che possono ricordare il "nella prossima puntata" tanto comuni quando le serie TV le chiamavamo telefilm. E se su schermo ho sempre detestato quegli spoiler, il ricorso della Masella a questo sistema mi piace, è furbo perché spinge a iniziare subito il libro successivo, cosa che farei se non avessi una Challenge da seguire con le sue tracce da rispettare ^^

Il giallo di questo caso è un po' più articolato rispetto ai precedenti e, seppur bastato su una casualità piuttosto improbabile, è comunque costruito in maniera coinvolgente e convincente.
Stona solo l'incredibile acume di Francesca: questa volta intuisce con sorprendente facilità (e avendo anche pochi elementi a disposizione)  la password di un portatile, dopo che l'ispettore esperto di informatica ci aveva lavorato inutilmente per giorni.

Francesca, insieme alla madre di Mariani, è l'unico personaggio femminile fisso della serie (ci sono anche le due figlie della coppia, ma sono due bambine piccole che fanno da tenero contorno) e non mi piace il ruolo che la Masella ha inventato per lei: ben vengano le donne indipendenti, tenaci, forti e sicure di sé, ma la tuttologia è irritante anche in Pico De Paperis!

Reading Challenge 2024, traccia vagabonda luglio: Italia


lunedì 1 luglio 2024

Reading Challenge: le tracce di luglio

 

TRACCE MENSILI

Libere:
  • libri di genere ibrido
  • libri in cui c'è un matrimonio
  • libri con l'epilogo

Traccia gioco di società: Hotel, 
libri in cui i personaggi soggiornano in un hotel


Traccia vagabonda: 
  • Italia: Mariani, il caso cuorenero, Maria Masella (2 punti)
  • Francia: Camera con balcone, Charles Exbrayat (2 punti)

I miei punti di luglio: 4


domenica 30 giugno 2024

"Il primo sole dell'estate", Daniela Raimondi

 

Stellata (Ferrara), gennaio 2015. Norma Martiroli ha quasi 70 anni e lascia Londra, dove si era trasferita quando ne aveva 27, per tornare nel paesino emiliano dov'è nata per assistere la madre Elsa, giunta quasi al capolinea della sua esistenza. E' quello che ci si aspetta che una figlia faccia, anche quando quella figlia ricorda di aver ricevuto ben poche manifestazioni d'affetto dalla donna che l'ha generata e che, patendo il tradimento del marito, non ha saputo tenere separati i ruoli di moglie e di madre.
E adesso, con ben poco tempo rimasto da condividere con lei, Norma - fra una passeggiata lungo l'argine e tante serate solitarie - ne ha molto per ricordare il suo passato e quello della sua grande famiglia.

Quando nel novembre 2022 avevo letto "La casa sull'argine" avevo imputato al libro il difetto di essere un testo unico: facendo un paragone con la saga dei Cazalet, avevo scritto che avrei voluto almeno una trilogia e Daniela Raimondi mi ha in parte accontentata.

"Il primo sole dell'estate", pubblicato lo scorso anno, non è propriamente il seguito del primo romanzo, ma rappresenta la sua estensione.
Nelle 400 pagine della prima puntata veniva seguito l'ordine cronologico che abbracciava due secoli e mezzo di storia della famiglia Casadio, mentre in queste (di nuovo 400) c'è una protagonista assoluta, Norma (nipote di Neve Casadio), già narratrice dell'epilogo del libro precedente e adesso unica voce narrante, che ripercorre la sua intera vita, allargandosi anche ad altri personaggi della famiglia, non solo quelli suoi contemporanei.

La Raimondi è brava a riprendere gli aspetti principali senza annoiare chi già li conosce e senza seminare lacune in chi si approccia a lei per la prima volta, ma la cosa giusta da fare è leggere i due libri in ordine di pubblicazione.

Il libro racconta molto più della storia d'amore fra Norma ed Elia, come la sinossi lascia intendere. C'è tanto amore, ma non è affatto un libro romantico. Abbonda il dramma, soprattutto se si sa cosa voglia dire vedere la propria madre morire per malattia o se si è sperimentato il calvario delle (inutili) cure per la fertilità.

Non manca il realismo magico, che nella penna della Raimondi non mi disturba più di tanto perché mi rimanda a Isabel Allende, e anche questa volta, purtroppo di nuovo più superficialmente di quanto mi sarebbe piaciuto, l'autrice scandisce le vicende di suoi personaggi con eventi che hanno fatto la storia, dagli assestamenti del dopoguerra al boom del miracolo italiano, dalla guerra fredda ai nostri anni di piombo, chiaramente con un riflettore puntato sull'Inghilterra, dove vive Norma, ma anche con una interessante finestra sulla rivoluzione iraniana del 1979.

Non mi aspetto una terza puntata della saga perché credo che con la seconda il cerchio sia stato egregiamente chiuso, ma non mi spiacerebbe nemmeno fra un paio d'anni ritrovarmi di nuovo sull'argine fra api e libellule.

Reading Challenge 2024, traccia annuale Sanremo: abbino il libro a "Un pezzo d'estate" (2011)

sabato 29 giugno 2024

"Gente", Alan Bennett

 

South Yorkshire (Inghilterra del Nord). Le cose certe sono tre: la prima è che l'antica magione degli Stacpoole ha urgente bisogno di restauri; la seconda che Dorothy e June, le ultime discendenti della nobile famiglia che vi alloggia dal 1456, non hanno il denaro necessario; la terza riguarda il serio disaccordo fra le due sorelle per come uscire da quella situazione.
La minore, June, arcidiacono di Huddersfield, ha già preso accordi con il National Trust: donare la dimora all'ente non impedirebbe a Dorothy di continuare ad abitarvi, ma questa sa bene che dopo la ristrutturazione si ritroverebbe con la casa piena di gente, un continuo ficcanasare nelle sue stanze in nome della storia o, più banalmente, del turismo.
Per evitare questa tragedia anche lei si è attivata, suscitando l'interesse di un vecchio amico dei tempi in cui faceva l'indossatrice. Mr Theodore adesso fa il regista e vorrebbe girare fra quelle antiche mura il suo prossimo film. La seccatura è dover fare tutto in fretta e di nascosto perché Dorothy è pressoché certa che June avrà qualcosa da ridire su "Viva la coscia"!

"Tutto deve dare un profitto e non c’è nulla che non possa essere venduto e comprato"

E' stato solo cominciando a leggere la lunga introduzione di Bennett che ho capito di aver comprato un testo teatrale e non un romanzo. Non l'ho presa bene, nonostante abbia un bellissimo ricordo della mia unica altra lettura del genere ("Casa di bambola" di Ibsen), ma se Adelphi lo avesse scritto nella sinossi dubito che avrei comprato il librino.
Pur continuando a ritenere scorretta la mancanza di chiarezza, alla fine sono rimasta soddisfatta della lettura.

L'opera, scritta nel 2012 e andata in scena per la prima volta nell'ottobre dello stesso anno, si compone di due atti.

"Una commedia per l’Inghilterra"

Così la definisce l'autore nell'introduzione già citata, la cui lettura è fondamentale per capire il contesto e, in parte, le tematiche.

"A volte ho il sospetto che le mie commedie siano solo un pretesto per scrivere le introduzioni che di solito le accompagnano. Spesso si tratta di preamboli un po’ salottieri, con piccoli scorci sulle prove, ma mi forniscono anche una sorta di podio dal quale parlare di alcuni temi che affiorano, magari in maniera più diretta di quanto sia riuscito a fare nel testo."

Perché "Gente" è principalmente frivola e divertente, con Dorothy che ha riempito due o tre stanze della soffitta con i vecchi giornali che a un certo punto della sua vita aveva smesso di leggere e che ora sta recuperando, cosa che dà vita ad alcuni divertenti siparietti. Ad esempio quando cita preoccupata un articolo letto su un quotidiano del 1982:

DOROTHY: C'è una guerra dalle parti del Sudamerica.
JUNE: Quella guerra l'abbiamo vinta.
DOROTHY: Ecco, mi hai rovinato la sorpresa.

O quando Mr Lumsden del National Trust scova in un armadio due dozzine di vasi da notte (pieni) e Dorothy gli dice che contengono urina antica.

O un altro scambio di battute fra le due sorelle a proposito della questione che dà il titolo all'opera, quell'idiosincrasia verso le persone di cui Dorothy non ha l'esclusiva...

JUNE: Alla gente non si sfugge.
DOROTHY: Credevo che ai preti dovesse piacere, la gente.
JUNE: No. Noi dobbiamo amarla. È diverso.
DOROTHY: Ma tu credi in Dio?
JUNE: Siamo la Chiesa d’Inghilterra, non è richiesto.

Ma Bennett, fra un'irriverenza e l'altra, sa essere profondo e subito porta June sulla questione morale: la loro famiglia vive in quella magione dal 1456, devono in qualche modo riparare ai danni arrecati nel corso dei secoli.

"Questa casa fu costruita con i proventi della lana, e quindi i mezzadri furono costretti a lasciare le terre alle pecore. Dopo le pecore ci fu il ferro e dopo il ferro lo zucchero, e lo zucchero significava schiavitù. E dopo gli schiavi ci fu il carbone. Va’ sulla collina della miniera, dove adesso c’è il parco industriale. Da qualche parte c’è una targa intitolata ai novantatré minatori uccisi in un’esplosione, alla vigilia della Prima guerra mondiale."

Dorothy le dice che non è stata colpa loro, ma June le dà torto:

"La miniera era nostra e il carbone pure. Le donne avvolte negli scialli si riunirono davanti ai cancelli e la gabbia venne su vuota. Tutti gli antichi rituali del lutto. Non siamo in debito per questo?"

Sì.

Reading Challenge 2024, traccia annuale Sanremo: abbino il libro a "Gente come noi" (1995)

giovedì 27 giugno 2024

"Le nostre separazioni", David Foenkinos

 

Parigi, 2001. Fritz ha 22 anni quando conosce Alice, il suo primo vero amore. Ma la loro compatibilità viene messa a dura prova dalle rispettive origini: lui figlio di hippy, lei di borghesi. Fritz minimizza perché ancora non conosce "quell'ammasso d'odio" che è il padre di lei, mentre Alice, che invece ha ben presente la scala di valori paterni, aspetta che Fritz venga assunto alle edizioni Larousse prima di presentarlo in casa. Addirittura lo pettina, perché al naturale non passerebbe mai l'esame!
Ed è proprio quello che succede perché Fritz - dopo aver ingoiato per tutta la durata del pasto non solo il cibo, ma anche un'escalation di ragionamenti sempre più estremisti - al momento del caffè, consapevole di non poter essere il genero ideale di quel bifolco, all'innocua domanda di rito, "Come vi siete conosciuti?", non si priva del piacere di sconvolgere quello che ormai considera il mancato suocero con una risposta bugiarda, ma di sicuro effetto: "In un club di scambisti".
Alice, che con il padre giustifica l'ingiustificabile, non si dimostrerà altrettanto generosa con l'umorismo di Fritz. Ma quella sarà soltanto la prima delle loro separazioni...

Terzo libro che leggo di Foenkinos dopo "Il mistero di Henri Pick" e, tre mesi fa, "Mi è passato il mal di schiena". Nessuno dei tre è un capolavoro, ma anche questa è stata una lettura piacevole.
Scritto nel 2008, il breve romanzo (159 pagine) copre vent'anni di vita del protagonista (che è la voce narrante), arrivando quindi al 2021 concentrandosi non tanto sui momenti di unione con Alice, quanto sulle cause delle varie separazioni e dei successivi stati d'animo di lui.

"Solo le candele conoscono i segreti dell'agonia"

Un libro malinconico, con un po' troppi riferimenti al cinema francese e dove non mancano spunti divertenti che ormai riconosco come tipici dello stile di Foenkinos, che questa volta regala anche perle di humor macabro (vedasi "Il capolinea", bar che pone di fianco al cimitero) grazie a un protagonista particolare, che già da ragazzo vive pensando continuamente che un giorno morirà, cosa che lo porta a godere di ogni istante di vita.

Di sicuro i tira e molla di Alice e Fritz non possono competere con quelli di Nora e Claros: lei era una cugina di primo grado di mia madre, lui un collega di mio padre. Si erano sposati qualche anno prima dei miei genitori e all'inizio degli anni Sessanta avevano avuto la prima figlia. Dopo un primo divorzio (quando divorziare comportava la lunga trafila dei cinque anni) si erano risposati e nel 1970 era nata la seconda figlia. Il secondo matrimonio era durato un po' di più, ma era finito come il primo. E dopo i sessant'anni si erano sposati per la terza volta, che forse sarebbe stata quella buona se lui non fosse morto pochi anni dopo.

Turismo di immagini. Uno scorcio del Parco Nazionale delle Cévennes, a sud-est del Massiccio Centrale: 


E l'incredibile mare di Crozon, in Bretagna:


Reading Challenge 2024, traccia di giugno: libri con una persona di profilo in copertina

martedì 25 giugno 2024

"Cara Rose Gold", Stephanie Wrobel

 

Deadwick (Stati Uniti Orientali), mercoledì 22 agosto 2012. Rose Gold Watts ha 18 anni quando sale sul banco dei testimoni al processo che vede alla sbarra la madre Patty, accusata di abuso aggravato su minore.

"Lei mi affamava e mi avvelenava e ha rovinato tutta la mia infanzia"

Si può perdonare una madre che ha trasformato una bambina sana in un esserino pieno di fragilità fisiche e psicologiche?
Nessuno a Deadwisk lo ritiene possibile ed è per questo che non si capacitano di come Rose Gold accetti di ospitare Patty quando nel novembre di cinque anni dopo esce dal carcere dopo aver scontato la sua pena. Eppure...

Scritto nel 2020, è il romanzo di esordio di Stephanie Wrobel, autrice nata a Chicago nel 1987, ma residente a Londra dal 2014. Successivamente ha pubblicato altri due titoli, "Potrebbe far male" e "The Hitchcock Hotel", non ancora tradotto in italiano.

Il libro alterna i capitoli fra Rose Gold e Patty, usando entrambe come voci narranti e sfruttando i diversi piani temporali per ricostruire l'intera vicenda, ponendo il focus sulle implicazioni psicologiche dell'una e dell'altra.

Non sono due personaggi piacevoli.
Detestare Patty, madre criminale nonché donna arrogante e accentratrice, è fin troppo facile e il suo passato non basta a giustificare il suo operato, mentre aver trovato Rose Gold a tratti disturbante ed esasperante, pur suscitandomi contemporaneamente una pena infinita, è stato piuttosto imbarazzante, ma reale.

Lo stile di scrittura strizza un po' troppo l'occhio a quello dei Young Adult, ma la storia è ben costruita, una buona lettura per gli amanti dei thriller psicologici con un finale che soddisfa il lettore.

Reading Challenge 2024, traccia gioco di società di giugno, Villainous: libri in cui c'è un cattivo

venerdì 21 giugno 2024

"Giorni contati", Maria Masella

 

Genova, 27 novembre di un anno non precisato. Il commissario Antonio Mariani è appena rientrato a Genova dopo aver trascorso il fine settimana in montagna con la figlia Manu, quando viene richiesta la sua presenza al Porto Antico: il cadavere di una donna è stato rinvenuto nel parcheggio. Pia Moresco, 32 anni, residente in via Cantore, a Sampierdarena. Dalle analisi emergerà che è stata uccisa con un'iniezione di digossina, una molecola che si estrae dalle foglie della digitale e che, se usata in dosi massicce, provoca l'arresto cardiaco.
L'assassino ha usato un pennarello per scrivere il numero due sulla sua fronte e poco distante dal corpo viene trovato un piccolo cartoncino quadrato con sopra un segno lasciato dallo stesso inchiostro.
Per Mariani e i suoi collaboratori inizia la ricerca per capire il significato di quei due indizi prima di trovare un'eventuale vittima numero tre mentre cercano la numero uno.

Come mi ero ripromessa dopo aver letto ad aprile "Il cartomante di via Venti", non ho lasciato passare molto tempo prima di buttarmi sulla quinta puntata della serie del commissario Mariani (e a breve leggerò il libro successivo, ho già trovato a quale traccia abbinarlo).

Scritto nel 2006, "Giorni contati" è fedele al suo titolo: abbracciando un mese scarso che va dal 27 novembre al 24 dicembre, descrive una corsa contro il tempo per fermare quello che a tutti gli effetti è un serial killer. Perché è chiaro che verrà trovata la vittima numero uno e che gli omicidi non si fermeranno a due (e una delle donne uccise sarà una Loredana: raramente trovo mie omonime nei romanzi e quando le trovo o sono di poco spessore o fanno una brutta fine).

Un'indagine (molto) vecchia maniera, come nello stile della Masella e del suo protagonista. Una lettura piacevole, di svago, con un finale - dal momento in cui risulta chiara l'identità di chi uccide a quello in cui Mariani procede all'arresto - un po' tirato per le lunghe, ma del resto è un giallo breve, 228 pagine, senza i passaggi degli ultimi capitoli sarebbe stato eccessivamente corto.

Reading Challenge 2024, traccia di giungo: libri ambientati in una città di mare

mercoledì 19 giugno 2024

"Monsieur Ladoucette e il Club dei cuori solitari", Julia Stuart

 

Amour-sur-Belle (Périgord), un anno non precisato all'inizio del nuovo millennio. Dopo cinque anni di apprendistato, un diploma prestigioso e altri diciannove anni di carriera, Guillaume Ladoucette deve arrendersi all'evidenza: a metà della sua clientela è venuta la mania dei tagli estrosi (che lui rifiuta di fare) e l'altra metà soffre di calvizie, quindi può solo rassegnarsi e chiudere il suo salone di barbiere.
Difficile trovare un'altra occupazione a 43 anni, praticamente impossibile riuscirci quando si vive in un paesino di appena trentatré abitanti. Ma a dargli l'idea è proprio il nome del villaggio dove, oltre alla popolazione, quello che di sicuro manca è l'amore.
Nasce così "Desiderio del cuore", il suo club per cuori solitari.

O Amour-sur-Belle è un paesino immaginario o è davvero minuscolo come viene descritto, tanto da non lasciare traccia in rete. Il Périgord, invece, è una bella regione che si trova a meno di cinquecento chilometri a nord dei Pirenei e a poco più di cento da Bordeaux. Nel libro sono citati tanti posticini deliziosi.

Perigueux: 


Brantôme (detta la Venezia del Périgord):


Saint-Jean-de-Cole:


Bourdeilles:


E qui si esaurisce ciò che mi è piaciuto del libro.

Scritto nel 2007, "The Matchmaker of Périgord" è il primo romanzo di Julia Stuart, autrice e giornalista inglese che ha vissuto in Francia, Spagna, Bahrain ed Egitto prima di tornare a stabilirsi a Londra. Successivamente ne ha scritto almeno altri due, entrambi tradotti in italiano, che non ho nessuna intenzione di leggere dopo la fatica che ho fatto con questo, trascinandomelo dal 27 maggio fino a ieri sera.

La storia che racconta è facilmente intuibile, con Monsieur Ladoucette che crea improbabili accoppiamenti  fra i suoi compaesani. Naturalmente a qualcuno alla fine andrà bene, ma vengono raccontate, più o meno approfonditamente, anche le vicende di ciascuno. E se trentatré abitanti per un paese sono pochissimi, in un libro tanti personaggi presentati tutti insieme nelle prime pagine - il panettiere, il postino, la droghiera, la pescivendola, il barista, l'ostetrica, il farmacista, il falegname, il dentista, il contadino, eccetera - creano un bel po' di smarrimento, almeno finché non si memorizzano i loro nomi, le loro professioni e i loro trascorsi.

"Tutti hanno il diritto di avere una possibilità in amore"

Non è propriamente un romanzo romantico e di sicuro - fra piccioni presi a calci, lepri abbattute e sventrate, oche ingozzate a forza e il vegetarianesimo trattato al pari di una malattia - l'amore che manca è quello per gli animali.

Manca però anche il divertimento che mi aspettavo: la Stuart tira qualche simpatica stoccata ai turisti inglesi innamorati della Francia, ma l'umorismo del libro si concentra nel ripetere logorroiche descrizioni di determinati oggetti e soggetti ogni volta che vengono citati: "i sandali di cuoio acquistati al supermercato perché economici", "il ponte levatoio coperto di crocchianti escrementi di piccione", "il pascolo con le vacche Limousine che facevano l'occhiolino", "l'antica seggiola con il sedile che si sollevava per nascondere il sale all'esattore delle tasse", "i capelli color mercurio tenuti raccolti da qualcosa che brillava" e potrei citare altre decine di frasi reiterate per decine e decine di volte. Non scherzo e non esagero, raramente ho letto qualcosa di più esasperante e irritante.

Ma i grande difetto del libro è l'ambientazione nel nuovo millennio per una storia, dei personaggi, un contesto, uno stile narrativo e delle tematiche decisamente anni Cinquanta.

Reading Challenge 2024, traccia annuale marzo, Sanremo: abbino il libro a "Tutti i cuori sensibili" (1989)

lunedì 17 giugno 2024

"La collana", Matt Witten

 

Lake Luzerne (Stato di New York), aprile 2001. Delfino viola, paperella rosa, unicorno blu: è questa la sequenza di perline che Amy, 7 anni, sceglie per la sua collanina. E' domenica e cinque giorni dopo viene rapita all'uscita da scuola, portata in un capanno nel Vermont e lì violentata e uccisa. Per Susan Lentigo, la madre 35enne, si apre un baratro senza fondo che la condanna a morte dell'assassino riuscirà a colmare solo in minima parte.
Hodge Hill (North Dakota), novembre 2021. Susan è riuscita in qualche modo a sopravvivere a quei vent'anni senza Amy e ha affrontato un viaggio da incubo per assistere all'esecuzione. Ma durante quegli interminabili 2.400 chilometri è successo qualcosa, un qualcosa che non può ignorare perché le ha instillato un dubbio tremendo: forse lo Stato sta per uccidere l'uomo sbagliato.

"Un thriller ricco di colpi di scena che terrà il lettore incollato alle pagine fino all'ultima, sconvolgente rivelazione"

Così si chiude la sinossi e non posso fare a meno di confermare: questo libro mi ha rapita e ho fatto davvero fatica a metterlo da parte quando non avevo più tempo per leggere, finché ieri ho approfittato della prima giornata al mare dell'anno (mai così tardi a causa della primavera autunnale che abbiamo avuto!) per leggere d'un fiato la seconda metà.

Matt Witten, autore televisivo statunitense con all'attivo anche la pubblicazione di alcuni gialli, lo ha scritto nel settembre 2021, ma da noi è uscito soltanto a marzo di quest'anno (al momento è l'unico suo titolo tradotto in italiano). Quando lo avevo visto fra le novità lo avevo subito inserito in wish list perché è proprio il genere di thriller che mi piace leggere, ma lo avevo anche dimenticato in fretta perché oggettivamente la trama è piuttosto modesta e poco originale.

Ma nelle settimane successive ho cominciato a vederlo apparire nel gruppi FB e nei profili IG dedicati alla lettura che seguo e tutti quelli che ne parlavano ne raccomandavano la lettura, esattamente come faccio io adesso.

Leggerlo ha confermato l'impressione avuta con la trama: tanti libri ricostruiscono la storia di crimini atroci come questo avvenuti in passato per i quali il colpevole è già stato arrestato, processato e condannato, concentrandosi poi sulla possibile infondatezza delle accuse.

A rendere "La collana" non banale sono i personaggi di Witten, in particolare quello di Susan. Il modo in cui riesce a trasmettere al lettore il dramma vissuto da questa donna, la sua disperazione, il senso di vuoto che non l'ha mai abbandonata nei vent'anni successivi alla tragedia e tutte le sue fragilità ("Non penso ci sia gente condannata alla sfortuna": così Vlautin faceva dire a un suo personaggio in "Motel Life", ma se avesse anche solo letto dei disagi patiti dalla Lentigo durante il suo lungo viaggio forse non lo avrebbe scritto) possono conquistare anche chi di solito non ama leggere thriller perché questo libro va oltre, racconta la cosa peggiore che possa accadere a un essere umano e lo fa toccando il cuore.

Il libro alterna i capitoli fra passato e presente e quando la Susan del 2021 descrive il momento in cui era stata informata dalla polizia del ritrovamento del corpo della sua bambina - nonostante si sappia fin dal principio che Amy è morta - si soffre perché Witten riesce a coinvolgere così tanto da portare il lettore a sperare in qualcosa di diverso pur avendo la consapevolezza che non sia possibile.

Il suo libro mi è piaciuto così tanto che sarei quasi disposta a perdonargli di non aver controllato i giorni della settimana corrispondenti all'aprile 2001: il 7 aprile 2001, giorno in cui Amy inanella le perline per farsi la sua collana, era un sabato, non una domenica, e le date a seguire sono tutte sbagliate di un giorno. Assurdo scegliere di iniziare ogni capitolo con una data e non controllarne l'esattezza.


Reading Challenge 2024, traccia di giugno: libri con più di venti capitoli


sabato 15 giugno 2024

"Nel giardino dell'orco", Leila Slimani

 

Parigi, dicembre 2010. Adéle ha 35 anni, è una giornalista, ha un marito medico, un figlio di due anni e un'infinità di rapporti sessuali extra coniugali. Un'ossessione: ogni giorno va a caccia di uomini. Dopo aver puntato una preda gli incolla gli occhi addosso e la maggior parte abbocca, perché è una bella donna, ma anche perché ha basse pretese. Non importa l'età, non importa l'aspetto: neppure la scarsa igiene è un dettaglio che la spinge ad andare oltre. Quello che cerca è sesso animale consumato nel bagno di un bar o in un vicolo, poco importa. Deve solo placare la sua fame per permetterle di tornare a casa da quel marito che non ha mai dato importanza al sesso ed è convinto che per lei sia lo stesso e dal quel bambino di due anni che considera "stupido, incosciente ed egoista".
Del resto se si è sposata e ha fatto un figlio è stato solo per non sentirsi diversa dagli altri.

Un'altra opera prima. Scritto nel 2014 da Leila Slimani, scrittrice e giornalista francese nata a Rabat nel 1981, era uno degli acquisti più datati nella mia libreria. Lo avevo comprato cinque anni fa dimenticandone poi genere e trama. E siccome leggo le sinossi solo prima di un acquisto e mai prima della lettura effettiva, a causa del titolo mi ci sono approcciata convinta che fosse un thriller.

Una volta capito l'abbaglio ho cercato di capirci qualcosa scoprendo che l'autrice per il soggetto del libro (che le è valso il premio Mamounia, il più importante riconoscimento letterario marocchino) si era ispirata alle vicende di Dominique Strauss-Kahn, economista e politico francese accusato di tentata violenza sessuale a New York nel maggio 2011 e successivamente, nel 2015, al centro di un Ruby gate d'Oltralpe.

Dopo aver letto alcuni articoli su questo "signore" ho ripreso e finito il romanzo, senza riuscire a capire il nesso fra Strauss-Kahn e la Adèle della Slimani, ma poco importa.

Seppur molto diversa da quella che avevo immaginato, è stata una buona lettura. Una lettura che non ha nulla di erotico.

"Le persona insoddisfatte distruggono tutto quello che hanno intorno"

Adèle è una donna malata a cui manca la consapevolezza di esserlo che è il primo fondamentale passo verso la ricerca di aiuto.
Il difetto del libro - di cui ho apprezzato anche lo stile, pur non amando quello che spesso assumono i giornalisti quando mettono da parte gli articoli per scrivere un romanzo - è la mancanza di un approfondimento psicologico, limitandosi a fornire al lettore solo alcuni ricordi dell'infanzia e dell'adolescenza di Adèle, ma sufficienti a far capire quanti danni possa fare una madre balorda e ignorante.

Reading Challenge 2024, traccia vagabonda giugno: Marocco

mercoledì 12 giugno 2024

"Chiamami col tuo nome", André Aciman

 

Bordighera (Imperia), inizio luglio di un'estate alla metà degli anni '80. Elio ha 17 anni e ha di nuovo dovuto spostarsi nella piccola stanza che un tempo era del nonno per lasciare la sua al giovane che è stato accolto dai suoi genitori: per sei settimane, come ogni anno, suo padre - stimato professore universitario - seguirà l'ospite nella stesura della tesi e questi in cambio lo aiuterà con la corrispondenza e altre semplici mansioni.
Ma ci sarà anche il tempo per pranzi e cene conviviali, per giri in bicicletta, per giocare a tennis e, naturalmente, per godere del mar Ligure su cui si affaccia la villa di famiglia.
Quest'anno il prescelto fra i vari candidati è un giovane americano di origini ebraiche di 24 anni, Oliver. Non rimarrà uno dei tanti.

André Aciman nasce ad Alessandria d'Egitto nel 1951 dove vive fino al '65 quando con la famiglia si trasferisce a Roma. Dopo quattro anni altro trasferimento, a New York, dove vive tutt'ora. Al momento ha scritto sei saggi e otto romanzi. "Chiamami col tuo nome", pubblicato nel 2007, è la sua prima opera, riproposta da Guanda nel 2017 grazie all'uscita del film, ma nella mia wish list c'era finito solo un paio d'anni fa scoprendone l'ambientazione ligure (mentre la storia nel film è stata assurdamente spostata in provincia di Cremona!).

Mi è piaciuto ritrovare la bella, bellissima Bordighera (che nel romanzo viene ridotta a una semplice B puntata), dove ho trascorso le vacanze estive del 2020.


Il libro è altrettanto bello (ma non bellissimo). Un romanzo che mi viene difficile definire di crescita con un protagonista dotato di una cultura e di una capacità di relazionarsi con persone di ogni età che può esistere solo grazie alla fantasia di uno scrittore. Sicuramente una storia di sesso e di amore, raccontata con quella naturalezza che ogni storia di sesso e di amore dovrebbe avere, a prescindere dagli interpreti. Ci sono, devo dirlo, due scene che ho trovato disturbanti, non perché vengono vissute da due persone di sesso maschile, ma perché - per quanto non sia né di primo pelo né particolarmente schifiltosa - non riesco a trovare nulla di intrigante nelle evacuazioni intestinali e credo che le pesche siano buone senza aggiunte corporee.

Elio è la voce narrante che racconta l'estate dei suoi 17 anni quando ne sono trascorsi venti, dal momento in cui vede Oliver scendere dal taxi ("L'ospite dell'estate. L'ennesima scocciatura."), mentre il "fino a quando" chiaramente non lo dico (il libro ha anche un seguito, "Cercami", pubblicato nel 2019 e che ho già comprato).

Un libro che in fase di lettura sprigiona dolcezza e pacatezza (all'inizio è anche piuttosto lento), ma che una volta elaborato pervade di malinconia per questo amore che già in partenza non ha futuro (l'Elio diciassettenne dà per scontati una moglie e dei figli nel proprio futuro) e per i tanti Elio reali, persone che non prendono nemmeno in considerazione di mettere in atto una scelta diversa da quella di nascondersi perché è più facile fare ciò che "gli altri" si aspettano da loro. Ma saranno quelle persone a dover fare i conti con i rimpianti, non "gli altri".

Reading Challenge 2024, traccia vagabonda giugno: Egitto


lunedì 10 giugno 2024

"Oltre la siepe", Barbara Abel

 

Belgio, città e anno non precisati. I Brunelle e i Geniot sono vicini di casa: i primi, Laetitia e David, abitano al 28, nella villetta dove lei è cresciuta. Tiphaine e Sylvain hanno affittato quella di fianco, al 26. Muri comunicanti e giardini separati soltanto da una siepe. Coetanei e con interessi e principi simili, sono bastati pochi mesi per farli diventare inseparabili. Un'amicizia che si è cementata con la nascita a soli tre mesi di distanza dei rispettivi bambini, Milo e Maxime.
Una situazione ideale e idilliaca finché la tragedia più grande che possa capitare a dei genitori colpisce una delle due famigliole e da quel momento nulla sarà più come prima.

E con questo - dopo "La bambina nel bosco", "Alice" e "Morte apparente" - ho finito i romanzi della Abel che sono stati tradotti in italiano. Quest'anno ne ha pubblicato un altro, per cui i suoi titoli sono saliti a quindici ed è davvero un peccato che noi possiamo leggerne soltanto quattro perché questi thriller si distinguono nettamente dalla maggior parte che viene sfornata dove la fantasia non è infinita e spesso si ha l'impressione di "già letto", soprattutto raggruppandoli a filoni.

Scritto nel 2012, "Derriére la haine" (da cui nel 2018 è stato tratto il film "Doppio sospetto", che non vedo l'ora di guardare) è stato tradotto soltanto dieci anni dopo e, come gli altri suoi romanzi, è un thriller altamente drammatico con al centro vicende familiari.

La Abel ha uno stile riconoscibile, elegante e impietoso. I suoi personaggi non sono mai positivi o negativi in assoluto e riesce a portarli tutti ad esprimere il meglio e il peggio di se stessi, senza perdersi in considerazioni superflue o in concetti ripetuti. Molti autori lo avrebbero fatto aggiungendo cento o centocinquanta pagine inutili: la Abel, invece, ne mette insieme 302 e ognuna è rilevante, in un crescendo di intrigo e aspettativa che rende difficile interrompere la lettura.

Un consiglio: non leggete la sinossi, dice troppo.

Reading Challenge 2024, traccia stagionale crucipuzzle, primavera: cimiteri nel testo


sabato 8 giugno 2024

"Ragazze perbene", Olga Campofreda

 

Caserta, fine maggio 2017. Clara, trent'anni, da dieci ha lasciato la famiglia e la città natale per trasferirsi a Londra dove insegna italiano a ricchi stranieri rimandando a oltranza il tentativo di concretizzare il suo sogno, quello di scrivere un libro. Non ha una casa, ma soltanto una stanza in affitto, e da due anni ha una relazione con Tomas, musicista argentino conosciuto in una app di incontri, che sembra non desiderare una relazione stabile, quanto meno non con lei.
Clara a Caserta torna ogni anno per Natale, raramente per Pasqua e mai durante le vacanze estive. Maggio è un'eccezione, ma Rossella si sposa: la sua bellissima cugina, nata soltanto un mese prima di lei, due cugine figlie uniche che nella prima parte della vita sono state come due sorelle.

Olga Campofreda, come la sua Clara, è nata a Caserta nel 1987 e anche lei vive a Londra, dove insegna italiano all'Istituto Italiano di Cultura. Nel 2009 ha
pubblicato un romanzo breve, poi un saggio di critica letteraria nel 2020 e due guide per la collana Passaggi di Dogana di Perrone (Trieste e San Francisco). "Ragazze perbene", uscito a gennaio dell'anno scorso, è il romanzo che l'ha resa famosa, grazie anche all'interesse suscitato dalla collana Le fuggitive di NN editore, di cui ho già preso tutti gli altri titoli, che spero di apprezzare più di questo.

Ha deluso molto le mie aspettative, che erano alte in relazione a tutto il bene di cui ne avevo sentito, mentre per me è stato un altro libro (come "Buio" di Anna Kantoch) dove la bella scrittura non è stata sufficiente per farmelo piacere. In parte è anche un altro libro (come "Parlarne tra amici" di Sally Rooney) in cui ho avvertito un certo disagio generazionale, ma non si tratta solo di questo.

Ho trovato il libro molto superficiale per il modo in cui vengono introdotti e liquidati in una frase o in un periodo tematiche importanti (principalmente orientamento sessuale e disturbi alimentari), importanti in generale, ma importanti proprio per i personaggi. Questioni che, se approfondite, avrebbero reso il libro profondo, mentre quello che mi ha trasmesso è stato solo un grande malessere e non poco fastidio.

Clara - voce narrante - fornisce il suo solo punto di vista, penalizzando Rossella e l'intera storia che si basa proprio sul rapporto fra le due e i loro trascorsi. E' limitante avere solo una versione dei fatti anche perché (e questo è un altro difetto) Rossella sembra essere molto più interessante di Clara, che non lo è quasi per nulla.

Non ho trovato in lei "la ragazza che si ribella" di cui parla la sinossi (oltre a spoilerare gran parte del libro!), ma una persona insicura e irrisolta.
Non so quanto di autobiografico ci sia nel libro oltre alle caratteristiche sopra citate, ma Clara è una che a 28 anni considera una conquista il fatto che l'uomo che frequenta non le dica di portarsi via lo spazzolino che lei ha lasciato a casa sua e che due anni dopo continua a struggersi perché non riceve le rassicurazioni che vorrebbe riguardo al loro rapporto. Una che quando torna in Italia si vergogna di parlare del suo lavoro a Londra. Una che quando le chiedono di dov'è risponde "di Napoli" perché Caserta non è abbastanza!

Clara, più che una ribelle, l'ho vista come una che scappa, mi è mancata la sottintesa contrapposizione fra lei e le "ragazze perbene", quelle che si conformano alle aspettative della famiglia soffocando ciò che sono e ciò che vorrebbero perché è quello che ci si aspetta da loro.
E poi quel perbene cosa vuol dire? La storia attribuisce a questa parola un significato che per me è profondamente provinciale e bigotto: alle persone perbene, alle brave persone, attribuisco valori molto diversi. Può essere perbene anche chi fa sesso a tre (e farlo non rende ribelli).

Turismo di immagini, uno scorcio della città vecchia di Caserta:



Reading Challenge 2024, traccia stagionale crucipuzzle, primavera: passato nel testo

giovedì 6 giugno 2024

"Revolutionary Road", Richard Yates

 

Revolutionary Hill Estates è un complesso residenziale dove il ceto medio può condurre la sua esistenza raccolto nell'amata bolla fatta di ordine, pulizia, quiete e benessere, mantenendo New York a una distanza tale da permettere un tranquillo pendolarsimo a chi ci lavora.
April e Frank Wheeler - 29 anni lei e 30 lui - ci si sono trasferiti due anni prima con i loro bambini, Jennifer e Michael, ma adesso (siamo all'inizio della primavera del 1955) vogliono staccarsi da quell'esistenza borghese per concretizzare il sogno di trasferirsi in Europa, l'unica parte del mondo in cui vale la pena vivere, a detta di Frank.

Opera prima di Richard Yates, scrittore, giornalista e sceneggiatore statunitense (1926 - 1992), uno splendido drammone scritto nel 1961 che tre anni dopo venne tradotto in italiano da Garzanti con il titolo "I non conformisti" e riproposto nel 2003 da Minimum Fax, che invece ha mantenuto il titolo originale.

Una scrittura di altissimo livello, 439 pagine divise in tre parti che hanno come protagonista assoluta questa coppia giovane, bella e (all'apparenza) completa.
Attorno a loro una manciata di altri personaggi.
Shep e Milly Campbell, la coppia di amici residente in Revolutionary Road con cui i Wheeler trascorrono le serate condividendo alcoolici, sigarette e azzardate performance teatrali.
La signora Givins, l'immobiliarista un po' impicciona; il marito di questa, che ha trovato il modo per far funzionare il matrimonio spegnendo l'apparecchio acustico; e il figlio della coppia, un uomo sottoposto a trentasette elettroshock nell'ospedale psichiatrico da dove può uscire per brevi permessi domenicali, arrivando così a conoscere i Wheeler.
La figura che ho preferito dell'intero romanzo per il suo modo di comunicare senza i filtri del perbenismo e dell'educazione.

Il romanzo, pur raccontando una storia tutto sommato banale, è carico di tensione. Nel 1955 non c'erano ancora i social dove fingere esistenze da famiglia del Mulino Bianco, ma il desiderio di apparire migliori di quel che si è non è un vizio dei tempi moderni: semplicemente un tempo si aveva un pubblico minore, fatto solo di parenti, amici, conoscenti, colleghi di lavoro e vicini di casa.
E quello che emerge dal passato o che fa parte del presente (celato agli altri, ma spesso anche a se stessi) non è sempre bello, meno che mai invidiabile.

Ciò che vive April, ragazza e poi donna in un'epoca in cui alle ragazzine era concesso come unico sogno quello di "emulare le loro madri: conquistare un uomo, metter su casa, avere dei figli e così via", evidenzia l'importanza delle lotte delle donne negli anni '60 e '70 del secolo scorso, la sacralità delle loro conquiste di cui ancora oggi non tutto il pianeta beneficia e che c'è chi osa mettere in discussione anche alla nostra latitudine!

La nota biografica finale, che riassume la vita dell'autore condizionata da problemi di alcoolismo e di depressione, ha aggiunto un certo carico di angoscia a questa lettura già di per sé piacevolmente triste che mi ha lasciato il vivo desiderio di recuperare anche gli altri suoi sei romanzi.

Reading Challenge 2024, traccia stagionale crucipuzzle, primavera: campagna nel testo

martedì 4 giugno 2024

"Final Girls. Le sopravvissute", Riley Sager

 

Stephen Leibman bussa alla porta della casa sede di una sorellanza nell'Indiana. Uccide nove ragazze con un coltello da caccia. Unica sopravvissuta: Lisa Milner.
Quattro anni dopo Calvin Whitmer uccide cinque persone con un trapano in un motel di Tampa, in Florida. Unica sopravvissuta: Samantha Boyd.
Otto anni dopo Joe Hannen uccide cinque studenti universitari con un coltello da cucina in un rifugio sui Poconos, in Pennsylvania. Unica sopravvissuta: Quincy Carpenter.

New York, inizio autunno di un anno non precisato. Sono trascorsi dieci anni dalla strage di Pine Cottage e Quincy ha voltato pagina, almeno all'apparenza. Adesso ha 29 anni, cura un blog di pasticceria e vive con il suo compagno Jeff a due passi da Central Park. Nella sua mente c'è un vuoto di un'ora: di quella notte al rifugio non ricorda nulla dal momento in cui aveva visto la sua amica Joelle uscire dal bosco orrendamente ferita fino a quando, anch'essa ferita, era riuscita ad arrivare alla strada buttandosi fra le braccia del poliziotto che le stava andando incontro. Quell'uomo era Coop. Dopo non hanno mai perso i contatti, così è da lui che viene a sapere che Lisa si è uccisa tagliandosi le vene. 

Le 117 pagine lette tutte d'un fiato ieri sera (e per me sono tante) per concludere il libro e scoprire come sarebbe andato a finire mi dicono che sarei un'ingrata se ora lo criticassi, ma - nonostante a un certo punto la storia mi abbia presa tantissimo, come ci si aspetta da ogni thriller e come, invece, spesso non accade - non posso parlarne come di un romanzo perfetto perché non lo è.

Scritto nel 2017, opera prima di Riley Sager, statunitense classe 1974, fra i capitoli ambientati nel presente (con Quincy come voce narrante) ne inserisce alcuni dedicati alla notte della strage nel rifugio (fatti descritti in terza persona), ricostruendo man mano le rispettive dinamiche (non sempre convincenti) diventando così un doppio thriller perché il mistero avvolge sia il passato che l'oggi.

Sager non approfondisce la sindrome del sopravvissuto, come era logico aspettarsi, aggiungendo invece aspetti superflui: si sarebbe potuto fare a meno di almeno un centinaio delle sue 432 pagine eliminando alcuni risvolti che non sono utili alla vicenda vera e propria. In particolare non c'era alcun bisogno di trasformare Quincy e Samantha in guerriere della notte, con espressioni come "Dacci dentro, tigre", un buon esempio di quello che è il maggior difetto del libro: i dialoghi. Un livello davvero basso, più adatto a un Young Adult che a un romanzo destinato a un target diverso.

Ma sono proprio i personaggi, col loro modo di ragionare e di comportarsi, ad avere spesso tendenze adolescenziali abbastanza disturbanti, che finiscono col penalizzare fortemente il libro, nonostante abbia più suspense di tanti altri thriller in circolazione e per questo leggerò ancora Sager, sperando di trovare una maggiore maturità nei suoi titoli successivi.

Turismo di immagini, la bellezza delle Pocono Mountains:


Reading Challenge 2024, traccia stagionale crucipuzzle, primavera: vittima nel testo

sabato 1 giugno 2024

Reading Challenge: le tracce di giugno

      


TRACCE MENSILI


Tracce mensili:
  • libri con una persona di profilo in copertina
    Le nostre separazioni, David Foenkinos (1 punto + 1 punto foto)
  • libri con più di venti capitoli
    La collana, Matt Witten (3 punti)
  • libri ambientati in città di mare
    Giorni contati, Maria Masella (2 punti)

Traccia gioco di società: 
Villainous, libri in cui c'è un cattivo
  • Cara Rose Gold, Stephanie Wrobel (3 punti)

Traccia vagabonda: 
  • Egitto: Chiamami col tuo nome, André Aciman (2 punti)
  • Marocco: Nel giardino dell'orco, Leila Slimani (2 punti)

Traccia stagionale crucipuzzle, primavera:
  • Lady Chevy, John Woods (3 punti)
  • Il mercante di via Venti, Maria Masella (2 punti)
  • Titanic: un viaggio che non dimenticherete, Massimo Polidoro (3 punti)
  • Perché hai paura?, Jérome Loubry (3 punti)
  • Motel Life, Willy Vlautin (2 punti)
  • Brava gente, Margherita Oggero (2 punti)
  • Final Girls. Le sopravvissute, Riley Sager (4 punti)
  • Revolutionary Road, Richard Yates (4 punti)
  • Ragazze perbene, Olga Campofrida (2 punti)
  • Oltre la siepe, Barbara Abel (3 punti)

I miei punti di giugno: 42



mercoledì 29 maggio 2024

"Brava gente", Margherita Oggero

 

Torino, una serata di metà ottobre di un anno non specificato. "Secondo me Oreste sarebbe da ammazzare": un'affermazione grave in bocca a chiunque, ma quando a pronunciarla è una ragazzina di 15 anni la faccenda è ancora più preoccupante e diventa destabilizzante quando si apprende che l'Oreste che vorrebbe uccidere è suo padre.
Lei è Deborah (Debby), studi interrotti dopo la licenzia media e due lavoretti, baby-sitter per una vicina di casa e badante per un'altra.
Quest'ultima è l'ultra novantenne Caterina Mazzacurati, vedova da più di cinquanta, che adesso teme (con ragione) che il figlio voglia chiuderla in una casa di riposo, quello stesso figlio che anni prima le aveva fatto vendere il bell'appartamento in centro piazzandola in quello meno bello a Barriera di Milano.
Anche Linda, la madre di Debby, nonché moglie di Oreste, aveva dovuto vendere l'appartamento del centro - regalo di matrionio dell'agiato padre - per mettere una pezza alla catastrofe causata dal marito. Un disastro, ma che adesso Debby se ne esca con questa idea del volerlo far fuori le sembra decisamente un po' eccessivo.

Scritto nel 2023 è al momento l'ultimo romanzo di Margherita Oggero e non è uno dei migliori. Una pletora di storie indivudiali che hanno per protagonisti gli abitanti del quatiere e di un caseggiato in particolare.

Wikipedia mi spiega che Barriera di Milano è un antico quartiere a nord di Torino: nel 1853 venne costruita attorno alla città una cinta daziaria dotata di varchi, chiamati barriere, e che quella di piazza Crispi venne chiamata di Milano perché guardava in quella direzione.

Un quartiere proletario dove la Oggero colloca la sua "brava gente" raccontandoci le loro storie. Il libro è preceduto da un lungo elenco, "Personaggi: protagonisti, comprimari e comparse, in ordine di apparizione", una trovata più originale che utile, un'accozzaglia di nomi che prima della lettura serve solo a inquietare pensando che sono troppi, che non si riusciranno mai a memorizzare, eccetera. Uno spavento inutile perché una buona parte è, come precisato, una comparsa e solo leggendo si capisce chi è importante e quali sono i vari legami.

Di gente brava ce n'è ben poca fra ladri, spacciatori, puttanieri e altro, e la maggior parte sembra pronta per il festival dei tamarri, ma la Oggero è la Oggero e le stoccate che tira non sono poche.
Per quei politici che costruiscono le proprie campagne sugli slogan e per quegli elettori che continuano a cascarci; per quei genitori che anziché punire i figli per una nota grave vanno a scuola e prendono a pugni l'insegnante e per quelli che hanno sostituito il dizionario dei nomi con una rivista di gossip creando una generazione di Sharon, Nathan, Colin e Chanel che accostati a cognomi come Gaudino o Nuzzolese fanno morire dal ridere, per non piangere; per le trasmissioni come "C'è posta per te" e per i telespettatori che credono nella geniunità che rifilano.
Più serie considerazioni sul disagio delle nuove generazioni e sulla mancanza di prospettive patite in certe situazioni sociali.

Infine l'ultimo breve capitolo, che non è fuori dalla storia come potrebbe sembrare e chi non ne ha capito il senso non deve attribuire colpe alla Oggero, ma limitarsi a leggere autori meno raffinati.


Reading Challenge 2024, traccia stagionale crucipuzzle, primavera: chiave nel testo


lunedì 27 maggio 2024

"Motel Life", Willy Vlautin

 

Reno (Nevada), inizio novembre 1996. "Frank, sono rovinato": è questo che Jerry Lee dice svegliando suo fratello in piena notte. Jerry Lee piange a dirotto, ma ciò che colpisce il fratello minore è quello che indossa: un giaccone nero, gli scarponi da lavoro e le mutande. Niente pantaloni. Polly Flynn si è arrabbiata con lui e glieli ha bruciati, racconta. Quindi se ne è andato e si è messo al volante, nonostante fosse un po' sbronzo, ma è stato per colpa della neve se non ha visto il ragazzino in bicicletta. Se lo è trovato davanti all'improvviso e lo ha centrato in pieno. Lo ha ucciso! E poi, non sapendo cosa fare, ha caricato il corpo in macchina, che adesso è nel parcheggio del motel.

"Siamo tutti incasinati, quindi tendiamo a stare con gente incasinata. E per me è giusto che sia così. Ma questo non vuol dire che siamo persone cattive, no? Se sei stato sfortunato non vuol dire che lo sarai sempre, no? Certa gente è sfortunata, ma le cose possono cambiare. Non penso che ci sia gente condannata alla sfortuna."

Forse non esiste un abbonamento alla sfortuna, ma a volte è difficile credere che sia così.

I fratelli Flannigan sono due giovani uomini: non ci viene detta l'età, sappiamo solo che hanno due anni di differenza. Appartengono a quella categoria di persone da cui si tende a prendere le distanze: due disadattati per i quali comprare un cartone da sei di birra rappresenta la prima cosa da fare quando le cose vanno male. Persone di cui è facile ritenersi migliori. Ma sulla base di cosa? Perché siamo più stabili, più ricchi, più puliti? Ma cosa sarebbe successo a Frank e a Jerry Lee se il padre non avesse abbandonato la famiglia per scappare dalla città e dai suoi debiti di gioco quando erano bambini? E se la madre non fosse morta di cancro quando erano adolescenti? E se il nonno materno, l'unico parente rimasto, se li fosse portati nel Montana anziché lasciarli in un motel di Reno con 200$ e tante scuse per non volerli fra i piedi? E se Jerry Lee non avesse perso la parte inferiore di una gamba per una stupida ragazzata sei mesi dopo la morte della madre?

E se, e se, e se... Non ci pensiamo mai, ma forse non ci sono persone migliori di altre, ma solo degli "e se" diversi.

Fino a marzo non avevo mai sentito nominare Willy Vlautin. Poi mi è apparsa la copertina di un suo libro in una pubblicità di Amazon su Facebook, ho letto la trama e mi ha colpita, l'ho cercato su Wikipedia: nato proprio a Reno nel 1967, fra il 2006 e il 2021 ha scritto soltanto sei romanzi, dei quali "Motel Life" è il primo.

Nella postfazione scritta nel 2020 spiega il fenomeno dei motel a Reno, nati per dare un posto dove dormire ai frequentatori dei casinò. Ce n'erano più di 120, successivamente caduti in declino con la nascita dei casinò che offrivano anche stanze per la notte. La cosa curiosa è che fin dai suoi sette anni sognava di vivere in uno di quei motel e se questo era il suo sogno da bambino mi viene da pensare che abbia collezionato anche lui una sfilza di sfortunati "e se".

Libro meraviglioso sulla miseria e il disagio sociale, una scrittura che mi ha fatto innamorare di ogni singola parola ed era da Kent Haruf che non vivevo un simile idillio. Due protagonisti a cui è impossibile non affezionarsi.
Siamo appena a maggio, ma credo di aver già trovato la mia miglior lettura dell'anno.

Reading Challenge, traccia stagionale crucipuzzle, primavera: notte nel testo

venerdì 24 maggio 2024

"Gang Bang", Chuck Palahniuk

 

"Per convincere una donna a recitare in un film a luci rosse devi offrirle un milione di dollari. Per convincere un uomo basta chiederglielo."

E, infatti, a Cassie Wright bastano pochi giorni dalla pubblicazione dell'annuncio per radunare i seicento uomini che le servono, seicento uomini che devono soddisfare tre soli requisiti: essere maggiorenni, presentare un certificato medico e avere un'erezione.
Perché quello che dovranno fare è avere un rapporto, possibilmente veloce, con Cassie davanti a una telecamera. Lei è una pornostar ("Ha un livello tecnico infinitamente superiore a quello delle sue colleghe") e vuole trasformare la sua performance finale in un record mondiale imbattibile: una gang bang colossale!

Romanzo particolare, ma meno di quanto mi aspettassi: anche meno spinto e meno divertente di come lo avevo immaginato. E' il nono dei diciotto scritti finora da Palahniuk, autore statunitense classe 1962 che deve la sua fama internazionale principalmente al film tratto dalla sua prima opera, "Fight Club".
Leggendo la descrizione del suo stile riportata su Wikipedia mi ero un tantino preoccupata (scrittura priva di avverbi, improvvise interruzioni, ripetizioni a effetto, vocabolario limitato, eccetera, eccetera): non ho letto altro di lui, ma "Gang Bang" ha una scrittura assolutamente normale, scorrevole, priva di stravaganze. Meglio così.

L'intera scena si svolge nel capannone dove sono stati radunati i seicento che hanno risposto all'annuncio e che adesso aspettano che Sheila, la coordinatrice, li chiami a gruppi di tre per accompagnarli sul set. A ognuno è stato assegnato un numero che la stessa Sheila ha scritto sul bicipite con un pennarello indelebile. Il libro ha quattro voci narranti che si alternano nei trentacinque capitoli: Sheila, il numero 72, il numero 137 e il numero 600.

"Seicento maschi.
Una regina del porno.
Un record mondiale destinato a durare per sempre, Un film imprescindibile per ogni collezionista di materiale erotico che sappia il fatto suo.
Non uno di noi era partito con l'idea di fare uno snuff movie."

Ho iniziato il libro aspettandomi di ridere tanto, cosa che ho fatto grazie ai titoli dei film interpretati da Cassie che sono veri capolavori del riadattamento: Il culo oltre la siepe, Ai pompini della realtà, La donna che venne due volte, Chitty Chitty Gang Bang (che ovviamente è un musical) e tantissimi altri.

E' ricco di aneddoti su svariati film normali e famosissimi ("Cantando sotto le stelle", "Il mago di Oz", "Tre moschettieri", eccetera) e all'inizio non mancano descrizioni esilaranti...

"Cassie Wright ha passato sei mesi a seguire come un’ombra un endocrinologo, imparando il suo lavoro, studiandone i comportamenti e il linguaggio corporeo, prima di interpretare la dottoressa dell’innovativo film a luci rosse Ammucchiata posteriore al pronto soccorso.
Ha trascorso sei mesi a fare ricerche, scrivendo ai superstiti e studiando le carte del tribunale, prima di mettere piede sul set di Ammucchiata posteriore sul Titanic. Nell’unica battuta di dialogo che pronuncia, quando Cassie Wright dice: Stanotte questa nave non sarà l’unica a prenderlo in quel posto…"

...ma il romanzo rivela in fretta un alto tasso di drammaticità. Ognuna delle voci narranti ha la sua storia e nessuna è invidiabile, come non lo è quella di Cassie, che loro ci raccontano.

E questo non è un difetto, anzi, "Gang Bang" è un libro profondo e non uso questo termine per fare una battuta di dubbio gusto ^^

Però non è quello che mi aspettavo e forse ci sono rimasta un po' male.

Reading Challenge 2024, traccia di maggio: libri con il titolo scritto in una lingua straniera

mercoledì 22 maggio 2024

"Le assaggiatrici", Rosella Postorino

 

Gross-Partsch, autunno 1943. Rosa Sauer ha 26 anni ed è arrivata da appena una settimana nella Prussia Orientale quando viene reclutata dalle SS. Ogni giorno lei e altre nove donne tedesche vengono portate alla mensa della Wolfsschanze, la Tana del Lupo, dove devono assaggiare ciò che in seguito verrà servito al Führer, se nessuna di loro manifesterà segni di avvelenamento. Cavie umane regolarmente retribuite, uno stipendio più alto di quello percepito da Rosa quando lavorava come segretaria a Berlino. E' in ufficio che aveva conosciuto Gregor, il suo capo che poi sarebbe diventato suo marito. E quando lui si era arruolato l'aveva mandata dai suoi genitori perché considerava la campagna più sicura della città, senza immaginare che anche lì Rosa avrebbe rischiato di morire ogni giorno, a ogni boccone.

Libro pluripremiato (fra i tanti il Campiello nell'anno della pubblicazione, il 2018) che non mi ha mai attratta abbastanza da inserirlo nella mia wish list. Ma è a lui che ho pensato vedendo che una delle tracce di maggio della Reading Challenge richiedeva libri ambientati durante una guerra.

E' una storia romanzata che ricalca quella reale vissuta da Margot Wölk, la quale fece veramente parte del gruppo di donne (quindici e non dieci come nel libro) che vennero ingaggiate con il solo scopo di poter verificare che il cibo destinato a Hitler non fosse stato avvelenato: durante la tarda mattinata le quindici dovevano assaggiare tutto e attendere per un'ora. Se in nessuna compariva alcun genere di disturbo allora anche il Führer poteva mangiare.

La Wölk raccontò questa esperienza durante un'intervista rilasciata in occasione del suo 95° compleanno, vale a dire moltissimi anni dopo, nel dicembre 2012. Peccato per questo ritardo: penso che se ne avesse parlato prima qualcuno avrebbe avuto il tempo per scrivere la sua biografia, che avrebbe avuto un valore ben maggiore di due romanzi dove ai fatti reali si mischia la fantasia di chi li ha scritti.

Due perché, sempre nel 2018, V.S. Alexander - autore (credo) statunitense - pubblicò "Al servizio di Adolf Hitler" che racconta gli stessi fatti: una curiosa coincidenza di cui mi piacerebbe conoscere i retroscena.

Questo della Postorino, il suo quarto romanzo dei sei scritti fino a questo momento, è uno di quei libri che strizzano l'occhio ai premi letterari italiani, confezionati per raccogliere il maggior numero di consensi.

Dal punto di vista stilistico il libro non ha difetti: ben scritto, scorrevole e per niente noioso, come invece qualcuno me lo aveva descritto.

La protagonista non è nazista: il padre - così come quello della Wölk - aveva rifiutato di aderire al partito, e Rosa, come la Wölk, non aveva fatto parte della Lega delle ragazze tedesche (l'analogo femminile della Gioventù Hitleriana). Se per altre assaggiatrici (quelle che vengono definite invasate, e non faccio fatica a immaginarle) morire per Hitler sarebbe stato un onore, per Rosa quel lavoro è l'imposizione che è e la Postorino all'inizio riesce a trasmettere la paura che prova, ma presto subentrano elementi che, stemperando la drammaticità della storia, la fanno diventare quasi una favoletta, con tanto di risvolto d'amore.

La Wölk nell'intervista aveva raccontato che in seguito aveva impiegato molti anni prima di riuscire a mangiare godendo di nuovo del cibo. Se provo a immaginare quei momenti vedo una grande mensa militare con quindici donne sedute ai tavoli attorniate da SS armate, dove parla solo chi impartisce ordini mentre chi li subisce deve fare in fretta ciò che viene loro imposto.

Nel libro le donne chiacchierano, scherzano e litigano, nascono alleanze e antipatie, si scambiano addirittura i piatti e - seppur ogni tanto venga ricordato - la paura che quel cibo possa essere davvero avvelenato si affievolisce in fretta.

Tutto troppo poco realistico, compreso il modo in cui viene raccontato l'attentato al Führer del 20 luglio 1944: si lascia intendere che il colonnello che piazzò la bomba all'interno della Wolfsschanze e le persone che lo circondavano fossero mosse dal desiderio di libertà e democrazia, mentre i cospiratori dell'Operazione Valchiria miravano a eliminare Hitler perché con lui al potere avevano paura di perdere la guerra.

Discutibile anche il finale che, con un balzo di quarantacinque anni, riassume solo brevemente la vita di Rosa negli anni immediatamente successivi alla fine del conflitto, nulla a che vedere con quanto accadde alla Wölk, unica sopravvissuta delle quindici assaggiatrici, ma che dopo la battaglia di Berlino venne segregata per due settimane dai soldati russi e violentata con una brutalità tale da renderla sterile.
Avrebbe davvero meritato una biografia autentica.

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