domenica 29 ottobre 2023

"Tabula rasa", Danila Comastri Montanari

 

Alessandria d'Egitto, attorno alla metà del I secolo d.C.
La città non è soltanto la seconda dell'Impero per numero di abitanti: in molti sostengono che sia anche la più bella del mondo, affermazione con cui il senatore Publio Aurelio Stazio - mandato in questa terra di confine fra Oriente e Occidente da Claudio, con tanto di sigillo imperiale che gli permetterà di prendere decisioni in sua vece - non potrà mai essere d'accordo.
Di Roma gli manca tutto, le strade, il clima, i panorami, la sua casa, l'amica Pomponia, le sue abitudini...
Ma Roma dipende dall'Egitto per il suo fabbisogno di grano e pare che le future spedizioni siano a rischio. Inoltre deve scoprire chi è la spia che da Alessandria informa i Parti sulle strategie e le armi da battaglia romane. E, già che si trova lì, deve anche assicurarsi che i lavori di costruzione della darsena sul Nilo procedano, in modo che le feluche possano attraccarvi.
Ed è scavando che gli schiavi rinvengono il cadavere di una giovane donna, morta da non più di tre o quattro giorni. Mentre devono essere passati circa dieci anni da quando qualcuno ha sepolto poco distante un'altra donna, della quale viene rinvenuto soltanto lo scheletro.
Un cold case e un delitto recente: sufficienti a distrarre dalla nostalgia di Roma il grande investigatore dilettante.

"Quando dici Alessandria, intendi soltanto una città.
Quando dici Egitto, intendi soltanto una regione geografica.
Quando dici Grecia, intendi soltanto una civiltà.
Ma quando dici Roma, intendi il mondo intero!
"

Il diciassettesimo libro della serie, quello ambientato più lontano dalla capitale dell'Impero, trasuda dell'orgoglio romano di Publio Aurelio e, se è vero che emerge nei punti in cui si trova a ribattere all'analoga tracotanza di Greci, Egizi e Parti, è comunque eccessivo in quello che dovrebbe essere principalmente un giallo storico.

Scritto nel 2011, è il capitolo meno riuscito della serie: una serie di venti titoli e non c'è speranza di un proseguimento perché Danila Comastri Montanari ci ha lasciati il 28 luglio di quest'anno.

Rispetto agli altri romanzi, ho patito l'eccesso di avvenimenti e di personaggi, i troppi intrecci che si creano. Manca la fluidità tipica della penna della Comastri Montanari e i resoconti storici - sempre graditi, ma qui troppo frequenti - aiutano a comprendere meglio il contesto a chi, come me, non ha studiato Storia Antica, ma distolgono ulteriormente dalle vicende già di per sé non chiarissime.
Tutto ciò porta anche a intuizioni di Publio Aurelio non sempre logiche e per lo più fortuite.

Mi spiace dirlo, ma se avessi letto per primo questo libro non avrei avuto voglia di recuperare gli altri. Una serie che, invece, ho amato molto e per questo mi dispiace averne soltanto altri tre da leggere.

"Pensò all’anfiteatro, ai montacarichi che tra le grida degli spalti vomitavano sulla sabbia le belve sottratte ai fiumi, ai boschi, alle radure sterminate dei luoghi selvaggi oltre il Mare Nostrum. Pensò al ruggito delle leonesse, feroci per un giorno solo, quello in cui erano votate al massacro sotto le lame dei gladiatori. Pensò agli occhi fieri della splendida tigre che aveva visto cadere nell’arena, quando si erano spalancati avvertendo il colpo fatale, quasi cercando con l’ultimo sguardo le fronde di una foresta lontana."

P.S.: ogni animale rinchiuso in uno zoo, in un acquario o nella gabbia di un circo sogna il suo habitat naturale, anche quelli nati in cattività.
Pensateci prima di foraggiare questi sfruttamenti. Se moriamo senza aver mai visto una giraffa o un pinguino dal vivo non succede né cambia nulla. Per noi, ma per loro sì.

Reading Challenge 2023, traccia annuale di agosto: un libro con un nome proprio con la "O" nel testo (Ottaviano)

giovedì 26 ottobre 2023

"La famiglia prima di tutto", Sophie Kinsella

 

Londra, 2 agosto di un anno recente. Fixie ha 27 anni ed è la più giovane dei fratelli Farr. Jake, il maggiore, ha fatto fortuna lanciando sul mercato un particolare tipo di mutandine senza cuciture: da allora conduce un'esistenza glamour ed è sempre alle prese con qualche nuovo strabiliante progetto. Nicole, la mezzana, sembra vivere in un mondo a parte, privo di obblighi e di responsabilità. E così è Fixie l'unica ad aiutare la madre nella conduzione di Farrs, il grande negozio di casalinghi aperto dal padre ad Acton nel 1985.
Prima di morire, nove anni prima, lui le aveva detto: "L'importante è la famiglia. La famiglia è la nostra forza. La famiglia è tutto." e le decisioni di Fixie sono state sempre prese nel rispetto de "la famiglia prima di tutto", senza dare importanza a quello che avrebbe realmente desiderato per sé. Ma quando la madre parte per una lunga vacanza in Spagna le basteranno pochi giorni per rendersi conto che la commessa del negozio non aveva tutti i torti quando le aveva detto: "Lo so che sono la tua famiglia eccetera. Ma sono delle merde!".

Dopo tutta la tristezza che mi aveva riversato addosso "My Coney Island Baby", mi ci voleva proprio la leggerezza di Sophie Kinsella.

Scritto nel 2019 ,"La famiglia prima di tutto" - a differenza di "Sorprendimi!" (l'ultimo suo libro che avevo letto, a febbraio dell'anno scorso) - è un chick lit assoluto, con una protagonista che, soprattutto all'inizio, ricorda moltissimo l
a Becky di I love shopping (ma l'autrice non hai mai sprecato la fantasia né con i personaggi né con le situazioni...), tirando fuori le sue qualità migliori con l'avanzare della storia.

"Il punto è che non riesco proprio a lasciar correre. Le cose fuori posto non mi danno pace. Le devo sistemare per forza. Qui e ora. Non per niente mi chiamano Fixie."

Io mi chiamo Loredana, ma mi sono paurosamente ritrovata in queste affermazioni...

Il titolo italiano pone il focus sui rapporti familiari che effettivamente costituiscono gran parte del racconto. La Kinsella carica i due fratelli (e l'odiosissimo zio Ned) di una bastardaggine tale da rendere imbarazzante l'ottusità di Fixie che, nonostante i palesi soprusi subiti, continua a sentirsi "inadeguata, colpevole, inferiore, idiota".

Ma non sarebbe chick lit senza una storia d'amore e il titolo originale, "I Owe You One" rimanda a questo: un incontro fortuito al bar (questo da comica, in stile Becky al 100%) porta Fixie a fare la conoscenza del bellissimo Sebastian, dai verdi "occhi boschivi" (vorrei chiedere alla Kinsella a cosa accomunerebbe i miei occhi marroni...), ma il lato rosa è la parte meno interessante del libro, mentre - e giuro che non avrei mai pensato di dirlo per un chick lit - quella riguardante la gestione del negozio a tratti riesce a essere addirittura avvincente!

Reading Challenge 2023, traccia annuale di agosto: un libro con un alimento con la "O" nel testo (olio d'oliva)

martedì 24 ottobre 2023

"Chi ha paura del lupo?", Karin Fossum

 

Finnemarka (area forestale a nord ovest di Oslo), 5 luglio 1996. Halldis Horn, 76 anni, vedova da sette, abita da sola in una casa isolata nel bosco. Già mattiniera per abitudine, quel giorno ha cominciato ancora prima del solito a zappare l'orto e a estirpare erbacce: i 26° di quella assolata giornata estiva sono insoliti a quella latitudine e sono destinati a salire.
Ma di tempo ne passerà ben poco prima che il giovane Kannick arrivi trafelato dall'Ufficiale Provinciale dicendo che la donna è morta: l'ha vista riversa nella veranda, con l'attrezzo con cui le hanno sfondato il cranio ancora conficcato in un occhio. E quando il ragazzo dice di aver visto Errki Johrma accanto alla casa Gurvin capisce che servono i pezzi grossi, perché Errki è un pazzo, è appena scappato dall'ospedale psichiatrico di Varden e tutti nella zona hanno paura di lui.
Da Oslo arriva, quindi, il commissario Konrad Sejer, già impegnato nella ricerca di un rapinatore di banche che quella mattina è scappato con centomila corone e un ostaggio.

Scritto nel
1997, è il terzo libro che ha per protagonista il commissario Konrad Sejer, una serie composta da quattordici titoli pubblicati fra il 1995 e il 2018, ma in italiano ne hanno tradotto soltanto sei.
Nel febbraio 2020 avevo letto (e amato) "La ragazza del lago", alias "Lo sguardo dello sconosciuto", secondo della serie (il primo è fra quelli che da noi non sono stati tradotti).
Non posso dire che "Chi ha paura del lupo?" mi sia piaciuto allo stesso modo, nel corso della lettura l'ho trovato troppo pacato, deludente per il ruolo marginale del commissario (che diventa determinante soltanto nelle ultime pagine), ma soprattutto molto diverso da quello che mi aspettavo (questo per colpa di una sinossi esagerata e in gran parte fuorviante) e con tutto il peso dei suoi ventisei anni di "vecchiaia".

Bella l'ambientazione nei boschi scandinavi e non potrebbe essere altrimenti in un posto come Finnemarka:


L'assenza di capitoli (ma ci sono moltissimi stacchi) rende la storia - che si sviluppa per oltre il 90% in un'unica giornata - molto fluente e lineare, senza però essere di quelle che rapiscono. Ma già adesso, a poco più di un giorno di distanza da quando l'ho finito, mi rendo conto che è un libro che arriva dopo, anche grazie al finale inaspettato, ma soprattutto perché solo al termine, scoprendo la vera natura dei personaggi, si capisce quanto la Fossum abbia lavorato sulla psicologia, accantonando la tensione.

Errki è "uno di quelli ai quali si dà sempre la colpa". Senza sapere se ne abbia davvero.
Scontrandosi con l'ipocrisia e l'odio degli uomini è il lupo che deve avere paura.

Reading Challenge 2023, traccia annuale di agosto: un libro con una città con la "O" nel testo (Oslo)

domenica 22 ottobre 2023

"La centenaria con la pistola", Benoit Philippon

 

Auvergne (Francia), estate 2016.

"Mi permetta di essere rude, ma onesto: lei è ormai alla fine dei suoi giorni, non è un segreto per nessuno, quindi se ha qualcosa sulla coscienza è il momento di lasciarsi andare."

A pronunciare queste parole è l'ispettore André Ventura e la sua interlocutrice è la donna che quel mattino ha preso a fucilate prima il vicino di casa e poi addirittura la polizia e che ora gli siede davanti nel suo ufficio al commissariato. E' anche accusata di aver aiutato a far fuggire una coppia di amanti ricercati per l'omicidio del marito di lei. E dai colleghi impegnati nella perquisizione del villino continuano ad arrivare telefonate di aggiornamento sugli scavi che stanno facendo in cantina: uno scheletro umano, poi due, poi tre e sembra ce ne siano altri!
Ma chi è questa Berthe Gavignol? Una serial killer? E, se così fosse, quante persone può aver fatto fuori nei suoi 102 anni di vita?

Benoît Philippon, scrittore, sceneggiatore e regista francese classe 1976 (cresciuto tra Costa d’Avorio, Antille, Canada e Francia, come specificato nelle note sull'autore a fondo libro), ha all'attivo quattro romanzi. "La centenaria con la pistola" (titolo originale "Mamie Luger"), il secondo che ha scritto (nel 2018), è stato un vero e proprio caso editoriale in Francia.

La traduzione italiana è arrivata soltanto a giugno di quest'anno, con una copertina molto diversa da quella delle due edizioni francesi...


 ... e che può piacere o meno, ma che indubbiamente colpisce, al pari della trama che lascia immaginare una storia originale, cosa che in effetti è. Solo che avrebbe potuto essere sfruttata meglio.

La lettura - tolta qualche lungaggine di troppo che a tratti annoia - in linea di massima è piacevole e scorrevole, ma alla fine non si capisce se l'intento dell'autore fosse quello di scrivere un libro divertente oppure profondo. Forse mirava a fare due centri, ma ha sbagliato mira.

L'anziana Berthe è un po' troppo lucida e in gamba per i suoi 102 anni: 80/85, o anche 90 volendo esagerare, sarebbero stati sufficienti per avere molta vita da raccontare e avrebbero reso un po' più credibile il personaggio, che invece ricorda davvero troppo nonna Abelarda (non credo per caso, è famosa anche in Francia...) diventando caricaturale.
E se da un lato la lingua tagliente con cui tiene testa all'ispettore Ventura strappa più di un sorriso (e un po' di ammirazione), dall'altro gli episodi che racconta - violenze di vario genere che portano alle sue soluzioni altrettanto veementi e definitivamente risolutive - non hanno proprio nulla di allegro.

Philippon ha creato questa protagonista fuori dall'ordinario, l'ha resa orfana di padre da bambina e l'ha fatta crescere dalla nonna Nana, dando così alla storia un'impronta totalmente femminile, dove gli uomini - con una sola eccezione, oltre a quella di Ventura - rappresentano tutti i mali del mondo; le ha fatto attraversare due guerre mondiali e le ha fatto conoscere i soprusi degli invasori; l'ha resa moglie (e vedova) per cinque volte, per lo più di uomini misogini e violenti; le ha negato la maternità e l'ha fatta diventare mammana (e femminista).

E le ha fatto compiere una serie di omicidi, non tutti giustificabili e questo è stato un errore, perché uccidere un marito che si rifiuta di fare sesso orale o l'esattore delle tasse venuto a riscuotere sono eccessi del tutto evitabili che allontanano dal personaggio.

Altre cose non convincono di Berthe: perché far sposare ben cinque volte una donna così indipendente (anche economicamente grazie all'emporio del paese ereditato dal primo marito), per di più con uomini palesemente da poco? Perché far sposare anche un uomo con un micropene proprio a lei che ama così tanto il sesso? E perché farle compiere tutta una serie di comportamenti che condanniamo prontamente (e giustamente) quando provengono dagli uomini? 

Ma è stato soprattutto il cattivo impiego dei tanti macro argomenti presenti nel libro (n
azismo, guerra, sfruttamento, razzismo, maschilismo, diritti delle donne) a indispormi: c'è troppa superficialità nel trattarli, non ci sono frasi incisive su questi temi, niente di toccante che valga la pena ricordare.

E poi l'imbecillità nel far dire a Berthe 
"Non farei mai del male a una bestia", riferendosi al cane di un cacciatore, per poi a ruota farle intimare "E ora levatevi di torno! Abbiamo discusso abbastanza, e io ho pure una gallina sul fuoco"!

W il cane, ok, ma la gallina? Vale così poco da non poter essere neppure considerata una bestia? A lei ha forse fatto del bene mettendola in forno? Probabile che Philippon non si sia neppure reso conto della contraddizione, con la tipica ipocrisia di tutte quelle persone per le quali l'amore e la simpatia per gli animali si limitano a quelli di cui non si cibano.

Reading Challenge 2023, traccia annuale di agosto: un libro con in copertina un oggetto che inizi con la lettera "O" (orecchino)

lunedì 16 ottobre 2023

"My Coney Island baby", Billy O'Callaghan


Coney Island (New York), un giorno di gennaio di un anno non precisato. Una coppia passeggia sul lungomare sferzato da un vento gelido che minaccia tempesta. Cercano riparo a ridosso di un chiosco chiuso in quella stagione. Si abbracciano. Si baciano. Poi raggiungono uno dei tanti alberghetti che accettano, e preferiscono, il contante alla carta di credito e dove non si stupiscono se le persone non passano la notte nella stanza, ma solo una manciata di ore rubate a qualcun altro.
Caitlin e Michael sono una coppia di amanti. E lo sono da venticinque anni. Si sono conosciuti che ne avevano poco più di venti e da allora si concedono un giorno al mese a Coney Island.
Ma quello che stanno per vivere sarà l'ultimo?

"Questo romanzo ha avuto una gestazione lunga e lenta": O'Callaghan inizia i suoi ringraziamenti con questa frase.
Io vorrei potergli dire: e non sai quanto è stato lungo e lento il mio travaglio per leggerlo!

Iniziato mercoledì 4 e finito soltanto ieri sera: undici giorni per leggere 256 pagine sono tantissimi anche per me che sono lenta. Non solo: venerdì, quindi in nove giorni, ero arrivata appena al 63%! Poi nel week-end mi sono imposta di finirlo perché non ne potevo più.

Tutto ciò fa pensare a un libro terribile - e per me lo è stato - ma oggettivamente i libri brutti sono altri, sono sicura che molte persone possano apprezzare, forse anche amare, questa storia. Io no.

Non ne ho sopportato lo stile, l'abuso di frasi ridondanti, inutili ai fini della storia, esagerate nel numero e il più delle volte anche nel significato.

"I cieli bassi e irrequieti che portavano le nuvole cariche di pioggia a formare mucchi così vicini che tutto il mondo, a parte gli scogli, respirava verde."

"Sa che l’immagine riflessa di Caitlin lo sta guardando, che quel momento è diventato un triangolo, ma gli angoli non hanno pietà."

"Il tempo è una scheggia di vetro conficcata nel collo del giorno."

Qualche esempio e non sono eccezioni, è il modo in cui è scritto il libro. Insopportabile.

Un altro punto debole è l'ambientazione: perché Coney Island, sbattuta addirittura nel titolo? Del posto ci sono il lungomare, una ruota panoramica arrugginita vista in lontananza e un alberghetto senza pretese. Caitlin e Michael avrebbero potuto incontrarsi ovunque.
Ma, soprattutto, perché scegliere una coppia di newyorkesi come protagonisti, lei di nascita e lui d'adozione?
Billy O'Callaghan è nato a Cork nel 1974 ed è cresciuto a Douglas, un piccolo villaggio ai margini della città, dove vive tutt'ora.
Perché preferire gli Stati Uniti? Forse l'Irlanda era troppo cattolica per una storia di amanti? Forse ha voluto evitare una protagonista irlandese per quel ruolo?
Un motivo ci sarà sicuramente stato per questa scelta infelice, il cui limite emerge spaventosamente dal confronto con le parti in cui Michael racconta i suoi primi 16 anni di vita trascorsi nell'isola irlandese di Inishbofin: quelle sì che hanno un senso, lì c'è la conoscenza del posto dell'autore, ci sono amore, rispetto e orgoglio per la sua terra.
Sarebbe stato così brutto farli incontrare a Dublino?!?

Ma il vero motivo per il quale ricorderò questo romanzo come uno dei più respingenti che abbia mai letto è il suo carico di tristezza, cosa di cui in questo periodo non avevo proprio bisogno.
Viviamo una sola delle loro giornate a Coney Island, ma in mezzo c'è la ricostruzione delle loro vite. Ci sono gravi lutti e c'è il cancro. Ci sono due coniugi ignari del tradimento. E c'è questa coppia che si accontenta delle briciole. Da venticinque anni e questo non ha senso: nel libro viene descritto il primo incontro, ma manca la storia della coppia e non viene spiegato perché abbiano trascinato due matrimoni che definire stanchi è solo un eufemismo (troviamo Caitlin cedere alle rare avances del marito dicendogli "di baciarle solo il collo e la spalla, se proprio deve, e di non parlare o di farlo soltanto a bassa voce" e Michael ricordare una cena al ristorante cinese con la moglie come "una serata riuscita, una delle poche della loro vita matrimoniale") anziché divorziare e provarci.

Alla fine quello che manca è proprio la storia d'amore che è lecito aspettarsi.

Reading Challenge 2023, traccia annuale di luglio: lingue

venerdì 13 ottobre 2023

"Primo", Maria Masella


Genova, novembre di un anno non precisato alla fine del secolo scorso. Antonio Mariani, commissario fresco di nomina, è stato subito assegnato a Genova, la sua città natale, e deve occuparsi del suo primo caso di omicidio: il corpo di Pietro Gambaro, 75 anni, stimato chirurgo in pensione, è stato ritrovato dai netturbini in un fetido antro sotto agli archivolti della ferrovia a Sampierdarena, ucciso con una sprangata alla testa. Una rapina finita male? Effettivamente manca il portafoglio, ma Mariani vuole andare a fondo della questione perché lui quell'uomo lo conosceva fin da quando era bambino, ma come Primo, il suo nome da partigiano.

"A Genova il vento non manca mai. Un vero genovese non guarda il cielo, che dice poco, ma annusa il vento...
Forse l’abbiamo nel sangue da quando per mare si andava a vela.
Ma c’è una zona di Genova in cui c’è ancora più vento.
San Pier del vento: Sampierdarena."

Maria Masella è genovese e credo che tutti i romanzi della lunga serie che ha come protagonista il commissario Mariani (al momento ben 25 titoli) siano ambientati qui, ma ritrovare proprio il mio quartiere, nonché l'ospedale dove sono nata e il corso dove ho vissuto dalla nascita fino ai 28 anni, è stato piacevole, confortante e anche commovente.
E lo posso confermare: "Chi e è nato a Sampierdarena il vento ce l’ha nel DNA"!

"Primo", pubblicato nel 2008, cronologicamente è l'ottavo titolo della serie che si apre con "Morte a domicilio". Lo avevo letto a maggio, scoprendo poi che "Primo" è il prequel e, siccome li detesto, anche con la Masella ho fatto come con la Marson e il suo "Il primo cadavere": ho preferito leggerlo subito.

Qui troviamo un Mariani ancora professionalmente acerbo e anche piuttosto immaturo a livello personale. Purtroppo la Masella non ama numeri e date come me: non fornisce una datazione precisa alle sue storie, né dichiara l'età dei personaggi. Nel prequel viene anche raccontato il primo incontro e l'inizio del legame fra Mariani e Francesca, con cui in "Morte a domicilio" è sposato da sette anni, e se là eravamo all'inizio del duemila, qui siamo alla fine del vecchio millennio, ci sono ancora le lire, gli elenchi del telefono, le videocassette e in pochi hanno già un cellulare.

La storia è piuttosto intricata: all'inizio della seconda metà ho temuto che il meccanismo si basasse su coincidenze e tempistiche inverosimili, ma la sensazione fastidiosa è durata giusto un paio di capitoli perché poi sono emersi in rapida successione i vari collegamenti, fino a una risoluzione del caso logica e precisa, dove tutto assume un senso e un perché.

Sorvolando sul fastidio che mi danno le inutili frasi ad effetto - come "nel cielo così limpido da annegarci dentro" o "nessuno è perfetto e le lucenti armature sono solo nei libri di favole" - quello che si legge va un poco oltre al bel gialletto che ci si aspetta dai Fratelli Frilli, non fosse altro che per i rimandi alla Lotta Partigiana: gran parte della commozione a cui ho accennato deriva dall'aver trovato il circolo ANPI frequentato da mio nonno.

Reading Challenge 2023, traccia annuale di luglio: matematica

domenica 8 ottobre 2023

"La mala vita", Maria Serena Mazzi

 

"È la natura stessa della donna, incline alla concupiscenza, a condurla al peccato? O sono forse la nascita, la povertà, il lavoro manuale, la servitù, la solitudine, le disgrazie, la guerra, gli stupri, il caso a determinare la sorte di una donna? A farla diventare una «cattiva» donna e non una donna rispettata?"

Credo che anche le prostitute meglio pagate al mondo sentano come propria la celebre risposta che Julia Roberts, nei panni di Vivian Ward, dà a Richard Gere (Edward Lewis) in merito al proprio lavoro: "Non è il tuo sogno di bambina".

In questo saggio del 2018 Maria Serena Mazzi, che ha insegnato Storia medievale nelle Università di Firenze e di Ferrara, descrive una realtà che non può derivare né da un ipotetico bisogno di appagamento sessuale, né da un'aspirazione di qualsiasi genere.

Un testo non semplicissimo, manca la divulgazione accattivante di Alberto Angela ed è molto più vicino ai saggi di Carlo Maria Cipolla (edito anch'esso da il Mulino), ma senza la sua piacevole ironia.
"La mala vita", con tutta la sua serietà, è una lettura che sa più di studio che di intrattenimento, ma è decisamente interessante e appassionante, se si amano la storia e il Medioevo.

Un libro anche fortemente angosciante che - riportando stralci (spesso in latino) di atti processuali e di altri documenti - mi ha fatto più volte pensare a quanto sono stata fortunata a nascere nel 1969 anziché nel Trecento come Vannina di Firenze o Iacopa di Siena (poi, però, ho pensato alla fauna che popola via di Francia alla sera e sono giunta, non per la prima volta, alla conclusione che la casualità della cicogna mi ha regalato moltissime fortune, non solo quella dell'anno di nascita).

Senza cadere nel buco nero di parallelismi inutili e impossibili, è senza dubbio vero che le prostitute (o donne pubbliche) medievali di fortuna ne hanno avuta ben poca. Nulla a che vedere con le cortigiane del Cinquecento "eleganti, colte, talvolta amate, ben ricompensate e con un tenore di vita elevato". Le meretrici medievali erano peccatrici e corruttrici, disprezzate da chiunque e sottoposte a una legislazione infamante e a sfruttamenti di ogni genere.

Nella società dell'epoca la stessa chiesa arrivò a tollerare la prostituzione in virtù del "male minore": meglio sopportarla per non mettere a rischio vergini, monache e donne oneste o, peggio ancora, rischiare "l'abominevole vizio della sodomia".
Ma questa utilità sociale veniva riconosciuta alla prostituzione, non alle prostitute: loro erano contaminate e reiette (però servivano agli uomini per sfogare i loro impulsi sessuali senza arrivare a compromettere le donne perbene).

Spesso era l'essere stata vittima di uno stupro, con conseguente allontanamento dalla propria casa, a costringere una donna alla prostituzione, semplicemente per mancanza di alternative per vivere.

La Mazzi descrive i processi con cui si stabiliva se una donna fosse o meno una prostituta (si basavano sui sentito dire) arrivando a condanne che condizionavano per sempre l'esistenza di queste donne, obbligate a circolare mostrando i segni di riconoscimento previsti (diversi da città a città, che potevano essere mantelline di un colore specifico o sonagli, come quelli che dovevano portare i lebbrosi per avvisare del loro arrivo e permettere così di starne alla larga) e a sottostare a tutti gli altri divieti, ad esempio quello (condiviso con lebbrosi, appestati ed ebrei) di abitare in certi luoghi e/o di transitare in certe vie.

"Ma sono altri i segni che pesano di più, indelebili, incisi sulla propria carne. Di quelli, invisibili, sulla dignità, sull’esistenza, sul rispetto di sé, sui progetti non realizzati, sui desideri inappagati, sulle aspirazioni frustrate non sappiamo parlare, perché restano, appunto, indecifrabili, non detti, non tramandati. Ma le cicatrici del corpo, quelle sì hanno lasciato una testimonianza."

Insomma, nel Medioevo c'erano moltissime splendide torri, ma solo nei film di Hollywood il cavaliere le scala per salvare la sua prostituta.

Reading Challenge 2023, traccia annuale di luglio: storia

giovedì 5 ottobre 2023

"Le verità sepolte", Angela Marsons

 

Black Country, novembre 2016. Kim Stone non è il genere di persona che ama le imposizioni, ma quando l'ordine arriva dal capo Woody neppure lei può tirarsi indietro. Nel campo di una fattoria sono stati ritrovati dei resti umani e, siccome il terreno si trova sul confine di due distretti, a Kim viene assegnata soltanto la parte tecnica, mentre della gestione operativa se ne occuperà il detective Travis. Privata dei suoi agenti e costretta a fare quasi da cornice alle indagini condotte dal collega, Kim perderà i contatti con la sua squadra proprio mentre è impegnata a investigare su una serie di crimini d'odio che hanno colpito la zona con una frequenza preoccupante.

Dopo il filotto dei quattro libri letti in primavera, sono tornata ad Angela Marsons e alla sua Kim Stone con questo, che è il sesto titolo della serie.

Anche questa volta l'autrice coinvolge, ma esagera. O forse cattura proprio esagerando?
Di sicuro - avendolo letto in alternanza a "La ragazza del Kyushu" di Matsumoto - il dinamismo di questo romanzo ha rappresentato per me una vitale scampanellata ogni volta che lo prendevo in mano.

Non è bello che sia stato di nuovo sfruttato l'espediente del ritrovamento di resti umani in un terreno per fare da collante fra passato e presente ("Urla nel silenzio", il primo della serie).

Molto apprezzabile, invece, il modo in cui l'autrice tratta il tema portante del libro, i crimini d'odio, richiamando l'attenzione su quei partiti che lo fomentano ("Vogliono che la gente abbia paura di chi proviene da un altro Paese") e facendo emergere l'ignoranza e la viltà di chi li commette in nome di una presunta superiorità personale che determina l'esatto contrario.

Meno apprezzabile il suo specismo:

"Come si può trattare così un proprio simile? Prendersela con degli sconosciuti per il colore della pelle o per l’etnia, persone che, come se non bastasse, non possono neanche reagire. E dargli la caccia come se fossero animali…"

E ancora:

"Il cadavere mostrava anche segni di estrema violenza: qualcuno gli aveva dato la caccia come si fa con gli animali."

Chiaramente per la Marsons la caccia sugli animali è accettabile, una cosa normale.
Eppure non dovrebbe essere tanto difficile capire che una tagliola maciulla la zampa di un animale e la gamba di un uomo allo stesso modo, producendo lo stesso "orrore inimmaginabile".
La differenza è che gli animali le tagliole non le hanno né inventate né mai usate.

Reading Challenge 2023, traccia annuale di agosto: un libro con un animale con la "O" nel testo (orso)

martedì 3 ottobre 2023

"La ragazza del Kyushu", Seicho Matsumoto



Tokyo, un giorno di maggio all'inizio degli anni Sessanta. Kiriko Yanagida ha vent'anni e ha investito i suoi pochi risparmi per arrivare dal Kyūshū allo studio di Ōtsuka. Lo ha fatto per suo fratello, in carcere con l'accusa di aver rapinato e ucciso un'anziana usuraia della loro città. Kiriko sa di non potersi permettere la parcella del più famoso avvocato della capitale, ma spera di riuscire a interessarlo al caso tanto da spingerlo ad accettare di difendere Masao pro bono.
Invece tutto quello che riesce a ottenere da Ōtsuka è un netto rifiuto: l'avvocato ha fretta, vuole raggiungere la sua giovane amante sui campi da golf e presta poca attenzione al racconto di Kiriko. Non cambia idea neppure quando lei gli ricorda che per quel reato è prevista la pena di morte. E non ci penserà più fino a quando, sei mesi dopo, riceverà la cartolina con cui la ragazza lo informa che il fratello è stato condannato e che non c'era stato tempo per ricorrere in appello perché nel frattempo era morto in carcere.
A quel punto Ōtsuka si fa mandare i fascicoli dell'istruttoria e del processo dall'avvocato d'ufficio: brutta cosa i sensi di colpa...

Pubblicato nel 1961, ricalca fedelmente lo stile e le atmosfere dei tre precedenti titoli di Matsumoto che ho già letto e apprezzato ("Tokyo Express", "Come sabbia tra le dita" e "Un posto tranquillo"): gialli/noir che basano la risoluzione dei casi sulle elucubrazioni del personaggio protagonista e caratterizzati da una buona dose di lentezza e di ripetitività, fattori che hanno su di me un effetto piacevolmente rilassante.

"La ragazza del Kyushu" - il più ripetitivo fra i quattro romanzi (penso che molti, a cominciare da mia sorella, lo troverebbero esasperante) - è un qualcosa di diverso: non ci sono investigatori professionisti, il lavoro svolto da quelli che si sono occupati dell'omicidio dell'usuraia lo scopriamo mentre Ōtsuka legge gli atti e fa le sue considerazioni, ma la storia centrale è un'altra, quella che Adelphi nella sinossi definisce una "vendetta esemplare" e che rappresenta il motivo per cui questo libro non mi è piaciuto per niente: per quelli che sono i miei principi, non c'è nulla da ammirare nell'epilogo della vicenda.
Datazione del libro e diversità di cultura non bastano per considerare accettabile una conclusione simile.

Reading Challenge 2023, traccia annuale di giugno: un libro ambientato in Asia

domenica 1 ottobre 2023

Reading Challenge: le tracce di ottobre

      


TRACCE DA COLLEGARE


A - uno o più libri in cui ci sono un morto o un fantasma
B - uno o più libri di genere horror o gotico
C - uno o più libri in cui c'è una mappa (della casa o dell'ambientazione)


Tracce annuali:

06. Disney World: cinque libri, uno per ogni categoria (26 punti)
  • Grimilde: un libro in cui muore qualcuno
    Dio di illusioni, Donna Tartt
  • Stregatto: un libro in cui è presente un enigma, un puzzle o un labirinto
    Enigmi e misteri della storia, Massimo Polidoro
  • Flounder: un libro con dell'acqua in copertina
    L'ultimo traghetto, Domingo Villar
  • Mushu: un libro ambientato in Asia
    La ragazza del Kyushu, Seicho Matsumoto
  • Rapunzel: un libro con più di 400 pagine
    La notte, il sonno, la morte e le stelle, Joyce Carol Oates

07. Torniamo a scuola: cinque libri, uno per ogni materia (14 punti)
  • italiano: un libro di un autore italiano
    Il trattamento del silenzio, Gian Andrea Cerone
  • lingue: un libro con il titolo scritto interamente in una lingua straniera
    My Coney Island Baby, Billy O'Callaghan
  • storia: un romanzo o saggio storico o una biografia di un personaggio storico
    La mala vita, Maria Serena Mazzi
  • geografia: un libro che nel titolo abbia il nome di un paese, città, stato o continente oppure un elemento fisico naturale
    Amsterdam, Ian McEwan
  • matematica: un libro che nel titolo abbia almeno un numero, ordinale o cardinale
    Primo, Maria Masella

08. Nomi, cose, città: cinque libri, nel titolo, in copertina o nel testo devono comparire (e devono iniziare con la O di Ordine) (17 punti + 1 punto foto)
  • un nome (Ottaviano)
    Tabula Rasa, Danila Comastri Montanari
  • un oggetto (orecchini)
    La centenaria con la pistola, Benoit Philippon
  • una città (Oslo)
    Chi ha paura del lupo? Karin Fossum
  • un animale (orso)
    Le verità sepolte, Angela Marsons
  • un alimento (olio d'oliva)
    La famiglia prima di tutto, Sophie Kinsella

I miei punti di ottobre = 58



      TRACCE STAGIONALI

Autunno:
  • un libro in cui c'è un Babbo Natale
  • un libro in cui nevica
  • un libro con la parola "autunno" nel testo
  • un libro dove si festeggia Halloween


TRACCE ANNUALI


09. Cinque libri di autori dello stesso sesso






10. Social Network: cinque libri, uno per categoria:
  • Facebook: un libro ambientato in una scuola/università/college
  • Twitter: un libro con non più di 280 pagine
  • Instagram: un libro con una foto in copertina
  • Tik Tok: un libro pubblicato dal 2016 in poi
  • YouTube: un libro con una canzone citata nel testo