sabato 24 giugno 2023

"La ragazza della palude", Delia Owens

 

Barkley Cove (Nord Carolina), 1952. Catherine Danielle Clark (Kya) è l'ultima di cinque fratelli  e non ha ancora compiuto sette anni quando la madre - stanca di quella esistenza da reietti nella palude e delle botte del marito - lascia figli e casa senza voltarsi indietro. La sua fuga causa un effetto domino: in rapida successione se ne vanno anche i due fratelli e le due sorelle maggiori, lasciando per quattro anni Kya sola con il padre, finché nell'inverno del '56 anche lui si eclissa come gli altri.
La bambina cresce in solitudine, abbandonata dalla famiglia ed emarginata dagli abitanti della cittadina, perché lei è solo uno scarto di palude da cui mettere in guardia i propri figli.
Ma quando Kya cresce diventando una bellezza selvaggia c'è chi si accorge fin troppo di lei, ad esempio Chase Andrews, il ragazzo più popolare di Barkley Cove. Un grande amore per Kya, un banale divertimento per chi conosce l'indole dissoluta di Chase.
Per questo, quando la mattina del 30 ottobre 1969 il cadavere del ragazzo viene ritrovato alla base della torre antincendio, è lo stesso vicesceriffo a ipotizzare la vendetta di un marito geloso, ma quando la signorina Pansy Price insinua che potrebbe essere stata la ragazza della palude tutti sono pronti a puntare il dito contro Kya anziché verso un onesto membro della società.

Scritto nel 2018, "La ragazza della palude" (titolo originale: "Where the Crawdads Sing", tradotto fedelmente per il film che ne hanno tratto e che recupererò senz'altro) è il primo romanzo di questa autrice, in precedenza coautrice di tre saggi.

Originaria del Nord Carolina, ha scelto di ambientare la storia nell'immaginaria cittadina di Barkley Cove in ricordo di coloro che per quattro secoli, fino alla seconda metà dello scorso, hanno vissuto ai margini della società nelle paludi. Erano persone in fuga: dai creditori, dai padroni di cui erano schiavi, dalla nave che avevano ammutinato o da quella su cui erano naufragati. La palude dava loro da mangiare e permetteva quell'esistenza priva di doveri, ma anche di diritti.

Il libro è entrato nella mia wish list nel 2020, quando è stato tradotto in italiano, e lì è rimasto senza che lo prendessi mai seriamente in considerazione finché a sorpresa (non l'unica) l'ho ritrovato nell'elenco dei 100 classici di nuova generazione stilato da Feltrinelli. E adesso che l'ho letto il suo inserimento mi stupisce ancora di più.

Non perché sia brutto, non lo è affatto, ma non l'ho trovato nemmeno così particolare da poter superare i prossimi decenni senza essere dimenticato.

La storia si sviluppa su due piani temporali diversi, e già qui non si distingue certo per originalità, anche se personalmente amo i libri che hanno uno sviluppo non lineare.
Nel passato conosciamo Kya bambina e ne leggiamo la crescita alternandola al presente, che inizia con la morte di Chase nel 1969, fino a raggiungerlo.

La vicenda presenta alcune inverosimiglianze, soprattutto legate alle capacità di Kya: intelligenza e istruzione sono due cose diverse, ma credo che anche nella nazione del "Yes, we can" sia davvero improbabile riuscire a diventare biologi e autori di libri senza aver studiato.
Ma è grazie alle sue infinite conoscenze che emerge uno degli aspetti migliori del libro: le descrizioni della palude, con la sua flora rigogliosa e la sua fauna selvaggia... dove clamorosamente mancano le zanzare! Immagino che la Owens non volesse rovinare la visione idilliaca che ha fornito, ma l'ha resa ridicolmente irreale e un romanzo serio dovrebbe essere in grado di superare certi rischi.

Dettagli a parte, le 414 pagine scorrono via velocemente e piacevolmente, è un libro che si fa leggere volentieri, ma non è un Gran Libro.
Il difetto principale è quello di voler essere tante cose perdendo sostanza: è drammatico, ma non è semplice narrativa perché c'è un delitto con tanto di processo, però non è un giallo vero e proprio perché l'omicidio di Chase fa sì da perno alla ricostruzione dei fatti, ma né lui né la sua morte sono protagonisti. E non è un rosa perché l'amore, pur diventando movente, resta ai margini.
E' un libro scritto per accontentare un po' tutti ed è forse questo il motivo per cui è finito fra i cento.

Nella classificazione delle mie letture ho deciso di etichettarlo come rosa crime: in copertina avrebbe potuto esserci il nome di Nora Roberts, il genere è quello. E dubito fortemente che fra cent'anni la Roberts e la Owens verranno ancora lette.

Reading Challenge 2023, traccia annuale di aprile: otto libri della propria wish list


giovedì 22 giugno 2023

"Firmino", Sam Savage

 

Boston (Massachussets), 9 novembre 1960. E' una notte piovosa e Flo, una femmina di ratto, corre lungo i muri di Sollay Square. Trema tutta, per il freddo e per la paura. Riesce a trovare riparo nello scantinato di un negozio e in un anfratto dà alla luce la sua nidiata, tredici topolini, Sweeny, Chucky, Luweena, Feenie, Mutt, Peewee, Shunt, Pudding, Elvis, Elvina, Humphrey, Honeychild e Firmino. Ma lei di capezzoli ne ha soltanto dodici e a rimetterci è proprio l'ultimo, Firmino, perché é il più piccolo e per i fratelli é facile allontanare a pedate quel suo corpicino rachitico, lasciandogli soltanto le ultime gocce di latte che non sono sufficienti. La fame spinge il topino a mangiare quello che trova: scartata la polvere perché si appiccica alla gola, si butta su quello che abbonda attorno a sé, la carta. Perché quello è lo scantinato della Pembroke Books ed è pieno di libri. E a furia di mangiarli Firmino si renderà conto che lui i libri riesce anche a leggerli.

Libro breve (186 pagine) e particolarissimo: un monologo in cui Firmino racconta la sua vita e le tribolazioni tipiche di ogni essere della sua specie (
"La vita di un ratto è breve e penosa. Il mondo fuori dal mio adorato negozio di libri era tutto un divorarsi a vicenda in una feroce competizione, un si salvi chi può. Ogni cosa era lì, pronta a colpirci a morte, implacabile. Le probabilità di sopravvivere un anno erano pari a zero.") a cui si aggiungono quelle derivanti dalla sua unicità. La capacità di capire e apprendere come gli esseri umani, senza però avere modo di comunicare con loro ("Nonostante fossi loquace sino al cicaleccio più inverosimile, ero condannato al silenzio. Il punto è che ero privo di voce. Tutte le frasi meravigliose che si libravano in volo nella mia testa come farfalle, in realtà, svolazzavano dentro una gabbia da cui non sarebbero mai uscite.Per un problema di natura fisiologica: non possiedo il tipo adatto di corde vocali.").

Firmino è brutto: lui stesso rimane sconvolto la prima volta che si guarda in uno specchio. Si descrive come 
piccolo, tozzo, peloso, con il naso appuntito, i denti gialli, senza mento e con occhi neri sporgenti, da rana (adorabile, come il disegno in copertina).
E' un ratto più triste che simpatico, la sua non è una storia divertente, e non mi aspettavo che lo fosse, ed è meno commovente di quanto pensassi (ma è straziante quando vede una chiazza di pelo in mezzo a Cambridge Street, una specie di piccolo tappeto, e un altro topo gli dice che si tratta di suo fratello Peewee, ucciso la sera prima travolto da un taxi).

"Firmino" venne pubblicato quando Sam Savage aveva 66 anni e aveva passato tutta la vita a scrivere il suo primo romanzo (
Jerry Magoon, uno dei pochissimi personaggi del libro, è chiaramente il suo alter ego). Tre anni dopo uscì il secondo (e ultimo), "Il lamento del bradipo", ma non ebbe lo stesso successo di "Firmino" che, uscito in sordina, divenne un caso letterario vincendo diversi premi.

"Firmino" è anche un tributo a Sollay Square e alla fine di un'epoca.


Dal 1838 era stata uno snodo commerciale importante per Boston, perdendo poi importanza e prestigio attorno agli anni '40 diventando dopo la guerra una sorta di baraccopoli e un quartiere a luci rosse. Negli anni '50 venne progettato l'abbattimento della piazza per riqualificare l'area, cosa che portò alla demolizione di mille edifici e ventimila sfollati. L'Old Howard Theatre dove Firmino va quasi ogni notte per mangiarsi i popcorn finiti per terra è realmente esistito. E fu l'incendio che lo colpì nel 1961 a dare il via ai lavori di abbattimento. Nei ringraziamenti Savage include quelli a George Gloss, libraio del Brattle Book Shop, che nel libro diventano Norman Shine della 
Pembroke Books.

Reading Challenge 2023, traccia di giugno: libri scelti per la copertina



martedì 20 giugno 2023

"L'anello delle acque lucenti", Gavin Maxwell

 

Gavin Maxwell, autore e naturista scozzese, entusiasta cacciatore di cervi durante la giovinezza, alla fine della Seconda Guerra Mondiale comprò l'isola di Soay impiantandovi una fabbrica per la lavorazione dell'olio di squalo elefante, un'impresa fallimentare che Maxwell chiuse dopo tre anni rivendendo l'isola. Nel 1959, quando viveva a Londra, un amico gli regalò una casetta disabitata nella baia di Sandaig (da lui ribatezzata Camusfeàrna), sulle Highlands occidentali, lontana da tutto e da ristrutturare.


L'anello di acque lucenti è quello su cui si affacciava la casa. Maxwell la abitò con una certa discontinuità per circa nove anni, fino al 1968 quando venne distrutta da un incendio. Luì morì a Inverness l'anno successivo per cancro ai polmoni. Aveva 55 anni e le sue ceneri sono tornate a Camusfeàrna.


Il cottage era ben più isolato di quanto già non sembri guardando la fotografia, lontano alcuni chilometri dalla casa più vicina e sette miglia marine dal primo villaggio. Maxwell è stato a lungo senza elettricità e otto anni senza acqua corrente. Nella prima parte del libro descrive i disagi, ma anche in vantaggi del vivere lontano dall'inquinamento industriale e dalla vita urbana. Descrive ciò che vede uscendo all'aperto, non solo il mare, ma il torrente, la cascata, il bosco... E racconta di cervi, cerbiatti, foche, orche, gatti selvaggi, agnelli, aquile, gabbiani...

E all'inizio c'era anche un cane, il suo Jonnie. Dopo la sua morte (di vecchiaia) per oltre un anno non ebbe altri animali in casa, finché all'inizio del 1956 fece un viaggio nel sud dell'Iraq. E lì maturò l'idea di prendere una lontra, pensando che in un posto come Camusfeàrna, così circondato dall'acqua, si sarebbe ambientata benissimo.

Le lontre sono animali splendidi di cui mi sono innamorata da ragazzina vedendo un documentario su una lontra domestica. Non ricordo assolutamente dove vivesse, ma con l'avvento dei social ho trovato su YouTube e su Instagram tantissimi canali di persone che convivono con una o più lontre. In Asia non stupisce che qualcuno al posto di un gatto o di un cane abbia una lontra e, da quello che ho visto in rete, sono dei bei terremoti. E sembrano molto felici.
Caratteristica delle lontre è il gioco perpetuo. Non smettono mai nemmeno da adulte e giocano per ore anche da sole. Sono incapaci da sveglie di stare senza fare nulla.

"Una lontra ha bisogno di scoprire ogni cosa e di ficcare il naso ovunque; soprattutto, deve sapere cosa c'è dentro a ogni contenitore costruito dall'uomo o dietro ogni ostacolo da lui eretto."

Alla fine del viaggio in Iraq Maxwell comprò un cucciolo di lontra che chiamò Chahala e che morì pochi giorni dopo, prima che lui lasciasse il Paese. Successivamente un amico gliene procurò un altro un maschio già svezzato, che lui chiamò Mijbil. In seguito si scoprì che apparteneva a una specie sconosciuta che venne chiamata Maxwell.

Qui inizia la seconda parte del libro, la migliore, dove Maxwell - che dice di essersi affezionato a Mij più che a qualunque essere umano nella vita - racconta le difficoltà dello spostamento continentale dell'animale, le prime tre settimane di vita nell'appartamento di Londra e quindi il trasferimento in Scozia all'inizio di maggio.


Camusfeàrna confermò di essere il luogo ideale per una lontra, animale gioioso e giocoso, allegro e perspicace, coraggioso e intrepido, dolce e affettuoso con i suoi simili, gentile con i compagni di torrente.
La descrizione di Mij che nuota nel mare in tempesta giocando fra le onde è meravigliosa, commovente e divertente al tempo stesso.

Purtroppo non è vissuto a lungo. Maxwell lo ebbe con sé soltanto un anno prima che un uomo del villaggio più vicino lo uccidesse a picconate per la pelliccia, scambiandolo per una lontra selvatica. E qui avrei molto da ridire: una lontra selvatica non merita di morire uccisa dall'uomo al pari di una lontra domestica. La sola differenza è che per la lontra domestica qualcuno piange e quello che Maxwell visse fu un lutto vero e proprio, che conosco bene.

Un anno dopo, e dopo aver sperimentato infruttuose convivenze prima con una femmina di lemure e poi con una scimmietta, si decise a prendere un'altra lontra, questa volta una femmina, Edal, che arrivò a Camusfeàrna nel maggio del '59: originaria della Nigeria, aveva otto mesi ed era stata allevata in casa da una coppia di scozzesi che, in procinto di partire per l'Africa, cercava da tempo qualcuno che la volesse per non doverla portare allo zoo.


Il libro termina quando Camusfeàrna non è ancora stata distrutta. Cercando approfondimenti in rete ho letto che in seguito Maxwell prese altre tre lontre e che la povera Edal morì nell'incendio.

Un libro diverso da quello che mi aspettavo: non è un saggio sulle lontre, ma un memoir dove l'autore parla più di se stesso che degli animali. Soprattutto non è, come scritto in copertina, "Una lettura meravigliosa per ogni amante della natura".

Lo sarebbe se Maxwell non fosse stato un cacciatore e un pescatore. Poco importa se nelle pagine finali - descrivendo il suo impegno a salvare animali in difficoltà, da un'avicola cieca a uno svasso cornuto imprigionato da una rete a un gabbiano ferito - ipotizzi di essersi trasformato in un soccorritore spinto dai sensi di colpa per la fame di sangue che da giovane aveva fatto di lui un accanito cacciatore. Se anche a un certo punto della sua vita ha smesso di sparare agli uccelli e alle volpi (per andare ad ammazzare squali...), la sua mentalità era quella di chi ritiene gli animali oggetti di cui noi possiamo beneficiare come meglio crediamo.
Una persona che davvero ha rimorsi per gli animali uccisi non racconta con orgoglio e divertimento di quando uccise una mamma di volpe, facendo sterminare i cinque volpacchiotti dai suoi cani per poi nascondersi aspettando il ritorno del maschio "facendolo secco" con una fucilata a cinquanta metri di distanza.
E questo è solo uno degli odiosi episodi che racconta.
Indubbiamente in quegli anni la sensibilità verso gli animali era un valore assai raro, ma quest'uomo era un naturista di professione.

Reading Challenge 2023, traccia di giugno: libri scelti per la copertina


domenica 18 giugno 2023

"Una passeggiata nei boschi", Bill Bryson

 



L'Appalachian Trail è stato il primo sentiero a lungo percorso a essere creato e con i suoi 3410 chilometri si snoda dal Maine alla Georgia tagliando ben quattordici stati, fra cui il New Hampishire dove Bill Bryson si era da poco trasferito.
Un tratto del sentiero si snodava proprio vicino alla sua casa e quella distesa di boschi ai margini dell'abitato insinuò nella sua mente la pazza idea di percorrere l'intero sentiero, da sud a nord.
E così il 9 marzo del 1995 l'allora 44enne Bryson - fuori forma e dopo aver speso una cifra considerevole nell'attrezzatura - insieme a un vecchio compagno di scuola, Stephen Katz, con cui aveva già girato l'Europa in gioventù, affrontò la temperatura di -5° iniziando un percorso faticoso e non privo di pericoli.


L’Appalachian Trail comprende più di trecentocinquanta vette che superano i 1500 metri e un altro migliaio intorno a quell’altitudine. Per percorrerlo interamente (c'è chi lo fa) occorrono circa cinque mesi e cinque milioni di passi. I due non avevano così tanto tempo a disposizione, soltanto sei settimane, per cui partirono da Amicalola, con le sue belle cascate...



... decidendo di vedere fin dove sarebbero arrivati, con l'intenzione di riprendere poi da lì. Arrivarono fino alla Virginia, bypassando il Tennessee grazie all'autostop, per poi riprendere in agosto dedicando due settimane alla parte finale del sentiero. Nell'intervallo di tempo fra la primavera e la fine dell'estate Bryson fece in solitaria alcune escursioni giornaliere o della durata di pochi giorni.


Il libro ricorda per genere "Una cosa divertente che non farò mai più" di David Foster Wallace, che avevo profondamente detestato: anche qua l'autore racconta la sua esperienza personale e per quanto l'animo della campeggiatrice montanara mi sia estraneo (per motivi completamente diversi) al pari di quello della crocerista (ma deve essere bello trascorrere quattro giorni di fila senza incrociare strade asfaltate e otto senza vedere un centro abitato). Bryson, però, è un narratore appassionato, coinvolgente, divertente (ancora di più l'amico Katz, che durante la lettura ho immaginato identico a Coach Beard di "Ted Lasso" ^^) e un ottimo divulgatore, caratteristiche che avevo già apprezzato a gennaio leggendo "Breve storia della vita privata".


L'ideatore dell'Appalachian Trail fu, nel 1921, un certo Benton MacKaye, tutt'ora considerato il fondatore del sentiero, anche se nella pratica fu opera di Myron Avery, un avvocato di Washington a cui nel 1930 venne affidato lo sviluppo del progetto, che venne portato a termine il 14 agosto 1937 nell'indifferenza generale.

Alle varie situazioni che i due si sono ritrovati ad affrontare - sempre raccontate in chiave umoristica, dal lancio di Katz di beni necessari con lo scopo di alleggerire il peso del suo zaino alla bufera di neve che li ha colti il 21 marzo e agli incontri (più o meno preoccupanti) con gli animali del bosco (alci, orsi, ma anche nugoli di insetti) e con altri escursionisti (spesso più fastidiosi dei nugoli di insetti) - si alternano nozioni di geologia, astronomia, storia e botanica.


Com'è immaginabile, flora a fauna sono temi portanti e Bryson descrive ed evidenzia i danni perpetrati dall'uomo sulla natura senza fare nessuno sconto ai suoi connazionali, sottolineando l'indifferenza degli organi preposti e di chi governa verso l'estinzione di specie animali e vegetali anche all'interno dei Parchi Nazionali.

Il Governo è proprietario di circa 97 milioni di ettari di foresta e Bryson fa notare che l'aver classificato come "multiuso" quegli ettari permette al Forest Service, che ne gestisce la maggior parte, di destinarla a imprese che non hanno nulla a che fare con il rispetto e la salvaguardia della natura "dalle estrazioni minerarie allo sfruttamento dei giacimenti di petrolio e di gas, alla costruzione di impianti sciistici (ben 137), zone residenziali, piste per gatti delle nevi e aree per fuoristrada, per finire poi con tanto, ma tanto disboscamento."


Naturalmente si parla degli orsi. Sulle Smokies Mountains, ad esempio, all'epoca in cui è stato scritto il libro (1997) si contavano fra il 400 e i 600 orsi bruni. Siccome quasi dieci milioni di persone ogni anno invadono il loro territorio, soprattutto per brevi escursioni e sontuosi picnic, gli orsi hanno perso ogni timore nei confronti dell’uomo, finendo con l'associare gli umani al cibo, dimostrando una certa indifferenza nei confronti delle persone.

"C’è sempre qualche idiota che decide di avvicinarsi per accarezzarli o dare loro un pasticcino. Esiste la registrazione di una donna che spalmò di miele i ditini del figlio perché li desse da leccare all’orso di turno, il quale, dal canto suo, non afferrando le intenzioni della signora, ritenne opportuno staccare con un morso la mano del bimbetto."

Bryson spiega che ogni anno una dozzina di persone circa viene ferita, di solito in aree da picnic e di solito per via di un comportamento avventato. Ma lì gli orsi vengono condannati a morte, come fanno in Trentino? No: "Quando un orso diventa aggressivo o insistente, i ranger del parco gli sparano una freccia intinta in un potente tranquillante e lo trasferiscono all’interno del parco, lontano dalle strade e dalle aree turistiche, e lì lo lasciano libero."


Anche in un testo che rappresenta una totale immersione nel verde, c'è spazio per i disastri ambientali. Bryson descrive più dettagliatamente di come abbia fatto la Oates ne "La ragazza tatuata" (che ho letto contemporaneamente a questo saggio) il dramma di Centralia dove il sottosuolo brucia dal 1962, ma mi ha fatto scoprire anche la devastazione di una montagna nei pressi della cittadina di Palmerton, a pochi chilometri di distanza, dove per via dell'inquinamento causato da una miniera di zinco sulla sua superficie è sparita ogni traccia di vegetazione.

 "Tutto ciò deve di certo avere qualcosa a che fare con l’innato impulso americano di domare e sfruttare la natura per quello che ha da offrire, ma l’atteggiamento dell’America nei confronti del paesaggio, comunque lo si consideri, è davvero bizzarro."


Ma anche lui non è esente da critiche, perché è triste che un uomo così, dotato di un bel cervello e di una certa sensibilità ("Nel tardo pomeriggio, girando un angolo vidi un tacchino selvatico con i piccoli che attraversava il sentiero. La madre era regale e imperturbabile, e i pulcini troppo impegnati a incespicare e rialzarsi per accorgersi di me. È così che dovrebbero essere tutti i boschi, pensavo. Non potevo essere più felice."), non riservi anche agli animali da allevamento lo stesso rispetto che concede a quelli selvatici: trovare descrizioni così poetiche e nella pagina successiva leggere la bramosia con cui si aspira a una bistecca mi convincono sempre di più che al mondo basterebbe la coerenza per essere un posto migliore.


Reading Challenge 2023, traccia di giugno: libri scelti per la copertina


venerdì 16 giugno 2023

"La ragazza tatuata", Joyce Carol Oates

 

Carmel Heights (Stato di New York), autunno 2002. Joshua Seigl, ha 38 anni e tanti soldi, in gran parte ereditati dai genitori, come la villa in cima alla collina del suo quartiere borghese. Ma Seigl non vive solo di rendita: è un letterato, un traduttore di opere latine e greche, uno studioso, viene invitato a conferenze e a tenere lezioni in atenei prestigiosi. La notorietà la deve, però, al suo unico romanzo di narrativa, "Le ombre", pubblicato dodici anni prima e che racconta l'Olocausto che a Dachau aveva sterminato la famiglia del padre ebreo.
E' ottobre quando si rende conto di avere bisogno di un assistente, che metta un po' d'ordine fra le sue carte e i suoi manoscritti, ma anche nella sua vita. Iniziano i colloqui e i candidati, tutti dotati di un bel bagaglio culturale e di grande ammirazione verso l'autore, vengono scartati a uno a uno, spesso per futili motivi.
E quando ormai ha smesso di cercare, d'istinto propone il lavoro a una ragazza appena conosciuta la cui ignoranza è forse più vistosa del brutto tatuaggio che le sfigura la guancia destra.

Scritto nel 2003 (e dedicato a Philip Roth), è uno di quei romanzi che non arriva subito. Per buona parte delle sue 357 pagine è stata per me una lettura piuttosto lenta. In ogni attimo ho goduto del piacere della scrittura della Oates, senza però riuscire ad appassionarmi alla storia che mi veniva raccontata.

E mi dispiace di essere stata superficiale non cogliendo subito l'importanza della contrapposizione fra i due protagonisti.
La vita di Seigl facilitata dal denaro di famiglia, una persona che - pur rifuggendo per indole lo sfarzo - è così abituata al benessere da non rendersi neppure conto di vivere al di fuori del mondo comune.
E quella di Alma, cresciuta nel degrado e nell'ignoranza assoluti, senza radici, senza istruzione, vittima di abusi e di sfruttamento. Una ragazza convinta che la violenza di un uomo ai danni di una donna sia il segno di quanto lui tenga a lei e che il modo per addolcirlo sia dimostrargli devozione assoluta. Una ragazza ignorante, pronta a fare sue le teorie negazioniste dell'uomo - altrettanto ignorante e ovviamente violento - a cui si lega.

"Quelli che negavano l’Olocausto sapevano benissimo che l’Olocausto era avvenuto."

Un romanzo intenso, fatto di solitudine e di divario sociale, con un finale spiazzante, che avrei definito coraggioso se a firmare il libro fosse stata un'altra penna, ma che partorito dalla Oates è solo una grande conferma.

PS: una curiosa coincidenza. In questi giorni sto leggendo anche "Una passeggiata nei boschi" dove Bryson descrive le bellezze naturali del lungo sentiero che corre per più di tremila chilometri lungo gli Appalachi. 369 km di quel sentiero fanno parte della Pennsylvania e Alma è originaria di quella zona (nello specifico di Akron) e racconta di come sia scappata perché la sua terra brucia da decenni. Non è un'invenzione letteraria: Akron si trova a un centinaio di chilometri dalla cittadina fantasma di Centralia, dove l'incendio scoppiato nel 1962 nelle miniere di antracite nel sottosuolo brucia ancora e si prevede che non si spegnerà prima di duecentocinquant'anni. La causa di ciò è imputabile all'uomo: per ordine del consiglio comunale i vigili del fuoco bruciarono dei rifiuti in una miniera abbandonata, ma non spensero correttamente il fuoco che finì col raggiungere i depositi di antracite causando il disastro ambientale.


Reading Challenge 2023, traccia annuale di aprile: otto libri della propria wish list


lunedì 12 giugno 2023

"Dieci minuti per uccidere", Francesco Caringella

 

Trani, 3 dicembre 2015. Antonio De Santis, settantenne industriale nel ramo delle acciaierie, è riverso al suolo. Qualcuno gli ha appena sparato alla nuca, colpendolo alle spalle mentre era seduto sulla poltrona del suo studio. Una ferita che non lo ha ucciso sul colpo, ma che gli lascia ancora dieci minuti di vita. Dieci minuti che l'uomo, nel pieno delle proprie facoltà, impiega per analizzare i fatti e per cercare di capire chi è il suo assassino, con la certezza che quello sparo sia la conseguenza della tragedia che colpì la sua famiglia quindici anni prima durante una vacanza in Costa Azzurra.

Nove mesi dopo la lettura non entusiasmante di "Non sono un assassino", mi sono decisa a dare un'altra possibilità all'autore. Senza il peso del confronto diretto con Gianrico Carofiglio (il primo libro lo avevo letto a ruota di "Rancore") è andata meglio, ma il merito va anche alla struttura particolare del romanzo.

I dieci minuti per uccidere sono in realtà dieci minuti per morire: sorvolando sulle probabilità di sopravvivere, seppur per poco, a un colpo sparato a bruciapelo alla base del cranio e su quanto un cervello lesionato in quel modo possa rimanere perfettamente lucido come succede a De Santis, la situazione che genera è originale e leggere qualcosa di diverso è sempre piacevole.

Anche questa volta la scelta di fare del protagonista la voce narrante limita lo sviluppo della storia al suo solo punto di vista, ma per lo meno questo non è un "giallo" che arriva alle indagini vere e proprie.

Un romanzo breve (249 pagine) con pochi personaggi, la famiglia De Santis e pochissimi altri. Un protagonista che è un marito e un padre convinto di aver agito sempre per il meglio, senza però chiedersi quanto quel meglio fosse esclusivamente personale. Una storia che, forse per scelta dell'autore, non è introspettiva come avrebbe potuto essere, ma che anche così è estremamente drammatica: sopra ho scritto giallo fra virgolette perché sì, viene commesso un crimine, e sì, lo scopo è capire l'identità di chi ha sparato, ma quello per cui lo ricorderò è la tragedia che racconta.

Reading Challenge 2023, traccia di giugno: libri con i capitoli numerati

venerdì 9 giugno 2023

"La ragazza francese", Lexie Elliott



La ragazza francese si chiamava Severine Dupas e aveva 19 anni quando, il 16 giugno di un anno non precisato, era scomparsa nel nulla. Si trovava in vacanza in Dordogna, nella casa di famiglia, mentre in quella a fianco il figlio dei proprietari inglesi stava ospitando per una settimana cinque amici. E proprio il sabato in cui erano ripartiti per l'Inghilterra si erano perse le tracce di Severine.
Sono trascorsi dieci anni da allora ed è marzo. I lavori di ristrutturazione alla casa francese dei genitori di Theo hanno richiesto lo svuotamento del pozzo ed eccolo lì il corpo di Severine. Quindi non se ne era andata, non era lei la ragazza che un autista dell'autobus diceva di aver visto salire quella mattina sul mezzo, non era andata a Parigi come aveva confidato a Theo, né da nessuna altra parte: era in fondo al pozzo.
E se non ha mai lasciato quella casa vuol dire che i sei ragazzi inglesi sono stati gli ultimi a vederla viva: così le indagini ripartono da loro.

Un altro thriller e un'altra opera prima: appena l'ho finito mi sono premurata di cancellare il nome dell'autrice dalla mia wish list insieme all'altro suo titolo già tradotto in italiano, "Come uccidere la tua migliore amica", e questo fa ben capire quanto poco abbia apprezzato questa lettura.

La trama in sé non sarebbe stata brutta: una misteriosa sparizione, che (con inspiegabile e inspiegata superficialità) era stata giudicata un allontanamento volontario, all'improvviso si rivela un caso di omicidio, un cold case. Ma è stata sviluppata malissimo.

L'errore principale è stato quello di aver scelto di usare come voce narrante uno dei personaggi, cosa che ha limitato tantissimo la ricostruzione del passato. Kate (è lei la protagonista) ricorda poco e sa ancora meno e la Elliott le fa raccontare malissimo quel poco che sa o che ricorda. Un personaggio debole, come lo sono gli altri, ma con un narratore esterno e dando rilievo alle indagini della polizia, forse ne sarebbe venuto fuori un discreto giallo. Invece il libro finisce presto col diventare noioso, dilungandosi in elementi di scarsa importanza e trascinando all'infinito le scarse e scarne riflessioni di questa donna che - nonostante stia correndo il rischio di vedersi imputare un omicidio - dopo dieci anni continua a crogiolarsi nel ricordo dell'amore perduto al termine di quella vacanza (per poi scoprirsi innamorata di un altro appena questo le confessa di esserlo di lei!!). E poi c'è Severine, la ragazza francese morta, di cui sappiamo pochissimo, solo quello che Kate ricorda di lei: quanto fosse bella, quanto fossero profondi i suoi occhi scuri, come non sorridesse mai, quanto fosse striminzito il suo bikini nero e come facesse dondolare un sandalo sul piede nudo. Ma Severine è presente perché Kate la vede. Non proprio come fanno Balthazar e Schiavone con le rispettive mogli: Severine non parla e Kate non le parla, ma si ritrovano fianco a fianco per strada, sedute sullo stesso divano, eccetera. Una presenza assurda, ma non troppo disturbante finché l'ho interpretata in chiave simbolica, un modo per far intendere come Kate in realtà pensasse continuamente a questa giovane ragazza e al suo tragico destino. Ma poi la Elliott arriva a farle fare qualcosa, perdendo del tutto la già scarsa logica del thriller, che ricorderò come il libro dal finale più inutilmente lungo, noioso e brutto che abbia mai letto (dopo questo mi riprometto di essere magnanima verso quelli che si concludono frettolosamente).

Reading Challege 2023, traccia annuale di aprile: otto libri della propria wish list

mercoledì 7 giugno 2023

"L'amica sbagliata", Cass Green


Londra, giugno di un anno non precisato. Hester ha 62 anni e un solo affetto nella vita, Bertie, il suo cagnolino. Le manca il suo lavoro, da quando l'hanno costretta ad andare in pensione le giornate sono lunghe e difficili da riempire. Invece Terry, il marito morto quindici anni prima, non le manca affatto. E poi c'è Melissa, la sua giovane vicina di casa. O, per meglio dire, ci sarebbe. Nei primi anni, dopo che Melissa era andata a vivere nella casa di fianco alla sua con il marito e la loro bambina, tutto era stato splendido: loro due erano grandi amiche, passavano tanto tempo insieme e lei era ben felice di aiutare la giovane madre occupandosi di Tilly, permettendole così di riposare. Poi tutto era cambiato, Tilly era cresciuta e Melissa sembrava quasi prendere le distanze da lei. Ad esempio oggi Hester ha capito che Melissa ha in programma di dare una festa, sbirciando dalla finestra ha visto una quantità di bottiglie che possono tradursi solo nella previsione di molti invitati. Fra i quali lei non c'è. Ma Melissa non può continuare a ignorarla così: andrà alla festa e torneranno a essere unite come prima.

Cass Green (vero nome Caroline) è un'autrice inglese con all'attivo numerosi libri per ragazzi. "L'amica sbagliata", scritto nel 2016, è stato il suo primo thriller e purtroppo l'unico tradotto in italiano. Su Amazon UK ne ho visti altri cinque che avrei letto volentieri.
Non che questo sia un capolavoro, soprattutto non spicca per l'originalità ricalcando per stile, ambientazione, tipologia dei personaggi e dinamiche gli elementi comuni dei thriller psicologici inglesi che fino a pochi anni fa davano l'impressione di leggere libri tutti uguali.
Ma sono meccanismi che - se piace il genere - funzionano.

La storia alterna i capitoli delle due protagoniste, con Hester narratrice in prima persona, mentre con Melissa viene usata la terza. Questo porta spesso a leggere uno stesso episodio raccontato da due punti di vista che sono diametralmente opposti, con Hester convinta che Melissa la consideri un'amica e che sia in attesa di un pretesto per riavvicinarsi a lei e Melissa esasperata dalle continue intromissioni di questa donna così invadente da aspettarsi che lei e Mark le propongano di unirsi a loro durante le vacanze!

Una situazione estrema, ma porta a riflettere: siamo davvero sicuri di conoscere quale opinione hanno di noi gli altri? E, viceversa, è mai possibile che certe persone non si rendano conto che se non le cerchiamo mai è perché non ci interessano e non vogliamo sprecare il nostro poco tempo per loro?

Un personaggio come Hester, con la sua intollerabile invasione della privacy, ha irritato anche me - semplice lettrice - ma è proprio la sua presunzione a incollare alle pagine, il voler sapere cosa combinerà ancora e basta a rendere particolare questo thriller che altrimenti sarebbe stato un po' troppo prevedibile.

Reading Challenge 2023, traccia stagionale, primavera: un libro con un fiorista nel testo

venerdì 2 giugno 2023

"Cacciatori del mare", Clive Cussler

 

Alla fine degli anni Settanta Clive Cussler fonda la NUMA (National Underwater & Marine Agency) il cui scopo è quello di localizzare i relitti di navi di importanza storica. E in questo saggio, pubblicato nel 1996, l'autore racconta alcune delle sue imprese.

Il libro si apre con un'introduzione piuttosto boriosa di una ventina di pagine dove Cussler racconta la sua vita e il suo modo di essere, nonché la sua passione per la ricerca di relitti, aerei, locomotive e anche di persone.
Spiega come il successo del libro "Recuperate il Titanic!" del 1976 gli diede la disponibilità economica per mettersi a cercare relitti e di come chiamò la NUMA con il nome dell'ente governativo per cui lavora uno dei suoi personaggi principali, Dirk Pitt.

Poi si entra nel vivo. 
Le 429 pagine del testo sono divise in dieci parti. L'ultima raccoglie le considerazioni finali dell'autore, mentre ognuna delle altre nove si apre con semplicissime mappe raffiguranti il punto del ritrovamento. C'è quindi la storia romanzata del natante e del suo affondamento e si chiude con il resoconto della localizzazione, raccontato in prima persona da Cussler.
Nelle pagine centrali  del libro ci sono le immagini (dipinti o fotografie, a seconda dell'epoca) di tutti i mezzi presenti.

Cussler è uno degli autori preferiti di mia sorella ed è stata lei a regalarmi il libro dopo che le avevo chiesto se lo aveva. La mia curiosità era nata due anni fa scoprendo la sua esistenza durante la lettura di quella meraviglia che è "Dal Titanic all'Andrea Doria. Storia di naufragi del XX secolo" di Giancarlo Costa, a cui i "Cacciatori del mare" non si avvicina neanche lontanamente.

Le parti romanzate che ricostruiscono fedelmente gli avvenimenti storici sono molto belle e interessanti,  la dinamica dei fatti è ben raccontata, il ritmo è spesso adrenalinico e Cussler riesce a suscitare emozioni, rabbia e dispiacere per tragedie che potevano essere evitate.
Ho solo trovato pesanti le numerose descrizioni tecniche e meccaniche delle navi e degli armamenti (però adesso so che la santabarbara è il deposito delle munizioni nelle navi da guerra).

Ma quando Cussler prende la parola diventando il protagonista tutto cambia e - per restare in tema - verrebbe voglia di buttarlo in mare.
Annoia raccontando di ogni relitto cosa lo ha portato a interessarsi a esso, come è arrivato sulla costa più vicina all'affondamento, come ha messo in piedi la squadra di ricerca, dove hanno alloggiato, cosa hanno mangiato (e bevuto), quale barca hanno noleggiato, di quali strumenti si sono avvalsi, quali rotte hanno scelto di seguire e quanti giorni ci hanno messo per trovare (o non trovare) ciò che cercavano, inserendo aneddoti che sicuramente sarà stato divertente vivere, ma che raccontati - come succede sempre - perdono ogni vena comica, per poi chiudere frettolosamente i capitolo nel momento in cui (finalmente) il relitto viene localizzato!
Spocchioso e arrogante nei confronti di ogni popolazione - a un livello che solo gli americani presuntuosi riescono a raggiungere (parla bene solo degli scozzesi; di noi per fortuna non parla proprio) - è nelle (numerose) frasi a effetto che dà il peggio di sé usando espressioni da orticaria come "Questa operazione andò liscia come la gamba depilata di un'indossatrice" o "I sommergibili tedeschi non erano mai stati progettati per le comodità. Erano progettati per uccidere, ed erano freddi e senza cuore come l'anima di un esattore delle tasse".
Comunque sia la NUMA ha localizzato ed esaminato quasi sessanta relitti, la maggior parte dei quali risalenti alla Guerra Civile Americana. Trattandosi di una società senza scopo di lucro, a muovere Cussler, i suoi soci e i tanti volontari è esclusivamente la passione.

"La maggior parte della gente crede che i relitti siano adagiati in piedi nel fondo e ben visibili. Pochi sono quelli rimasti scoperti, ma la maggior parte delle navi affondate si è adagiata nel fondale molle ed è ricoperta dal limo sotto l'azione delle onde nel corso degli anni."

"La realtà è che, nonostante gli occasionali grossi successi, come è accaduto con l'Atocha e il Central America, si gettano in mare più quattrini alla ricerca di ricchezze di quanti ne siano mai stati recuperati."

E Cussler non ne ha recuperato nessuno (quanto meno di quelli di cui parla nel libro) limitandosi a comunicare le coordinate alle Marine Militari competenti dopo aver localizzato i relitti.
 
Si comincia con il piroscafo Lexington, naufragato nella notte del 13 gennaio 1840 nello stretto di Long Island. Vi furono solo quattro superstiti sulle 143 persone a bordo.
Quindi si passa alla prima nave da guerra armata del Nordamerica, chiamata Zavola dalla Repubblica del Texas, che nel 1840 la smantellò abbandonando lo scafo nel canale di Galveston.

Nella terza parte racconta la battaglia di Hampton Roads (Virginia) che l'8 marzo 1862 vide fronteggiarsi la corrazzata Virginia della Confederazione e la fregata nordista Cumberland, ultimo esemplare di nave da guerra in legno. Quest'ultima ebbe la peggio principalmente a causa dello sperone di ghisa da quattro tonnellate montato sulla Virginia. 
Un anno e sette mesi più tardi il Florida sudista venne catturato illegalmente da una nave nordista nel porto brasiliano di Bahia, rimorchiato fino al fiume James e lì fatto affondare, a poche centinaia di metri di distanza dal Virginia, il 28 novembre del 1864.
La quarta parte è dedicata all'Arkansas sudista, una corazzata assemblata in fretta con materiali di recupero (anche con le rotaie della ferrovia) che nel luglio 1862, in appena ventitré giorni di attività, riuscì a battere da sola tre intere flotte nordiste, arenandosi poi in un'ansa del Mississippi a causa di un guasto alle macchine vicino a Baton Rouge. 

Poi c'è la cannoniera nordista Carondelet, che una decina d'anni dopo la fine della guerra venne trascinata da una piena del fiume Ohio, arenandosi poi all'estremità di un'isola e sprofondando nel fango fino a scomparire.

La sesta parte è quella che mi ha affascinata di più. Racconta del sommergibile torpediniere sudista Hunley che il 17 febbraio 1864 al largo dell'isola Sullivan, nella Carolina del Sud, passò alla storia per essere stato il primo sommergibile ad affondare una nave da guerra, ma finendo a picco subito dopo speronato da un'altra nave.
Quando Cussler scrisse il libro l'Hunley non era ancora stato recuperato, mentre adesso è conservato immerso in una vasca nel museo di Charleston.


Molto coinvolgente anche la settima parte che, a sorpresa, ha per protagonista una locomotiva, la 51, che il 22 maggio 1878 venne inghiottita dalle acque in piena del Kiowa Creek, in Colorado, insieme a diciotto dei suoi venticinque carri, pieni di rottami di ferro destinati alle fonderie dell'Est: la forza distruttrice della piena aveva spazzato via i piloni di legno del ponte, lasciando le rotaie apparentemente intatte, ma in realtà sospese nel vuoto.
L'ottava parte è la più corposa e ci porta alla Prima Guerra Mondiale. Racconta di due sommergibili tedeschi, l'U-21 - che il 5 settembre 1914 al largo di capo St Abb, nella Scozia sudorientale, silurò l'esploratore inglese Pathfinder facendolo affondare in quattro minuti (soltanto undici superstiti su quasi trecentocinquanta membri dell'equipaggio) - e l'U-20, che il 7 maggio 1915 nel mare d'Irlanda affondò il transatlantico Lusitania uccidendo quasi duemila persone. E l'ultima parte arriva alla Seconda Guerra Mondiale e racconta l'affondamento a opera di un altro sommergibile tedesco, l'U-486, della nave trasporto truppe belga Léopoldville che alla vigilia del Natale 1944 stava trasferendo i soldati dei Black Panthers, la 66ma fanteria dell'esercito americano, da Southampton a Cherbourg. Il siluramento avvenne in prossimità delle coste francesi e le 802 vittime, fra i 2235 uomini a bordo, furono causate da grossolani errori di valutazione, da lungaggini burocratiche e da ordini mai impartiti o arrivati in ritardo, compreso quello di abbandonare la nave che venne dato solo in francese e in fiammingo senza essere tradotto. E i soldati morirono aspettando.

Reading Challenge 2023, traccia annuale di marzo: un libro d'avventura


giovedì 1 giugno 2023

Reading Challenge: le tracce di giugno

  


TRACCE DA COLLEGARE

A - Uno o più libri con i capitoli numerati
B - Uno o più libri scelti per la copertina
C - Uno o più libri che siano l'unica opera di uno scrittore

A:
  • Dieci minuti per uccidere, Francesco Caringella (2 punti)
A+B:
  • L'anello di acque lucenti, Gavin Maxwell (2 punti)
B:
  • Una passeggiata nei boschi, Bill Bryson (3 punti)
  • Firmino, Sam Savage (1 punto + 1 punto foto)

Traccia annuale 03. Arcobaleno Mini: cinque libri, uno per ogni categoria (17 punti)
  • Giallo: un libro con un detective protagonista
    Le notti senza sonno, Gian Andrea Cerone 
  • Rosa: un romanzo rosa
    Non sposate quella donna!, Jenny Colgan
  • Verde: un libro d'avventura
    Cacciatori del mare, Clive Cussler
  • Blu: un libro su favole o miti
    Nel paese delle fiabe, Saverio Simonelli
  • Nero: un horror 
    Horrorstör, Grady Hendrix

Tracce stagionali, primavera (12 punti):
  • Un libro dove c'è un giardiniere
    Morte a domicilio, Maria Masella (2 punti)
  • Un libro dove c'è un fiorista
    L'amica sbagliata, Cass Green (3 punti)
  • Un libro dove c'è un pasticciere
    Piccole grandi bugie, Liane Moriarty (4 punti)
  • Un libro dove c'è un dottore:
    Una morte perfetta, Angela Marsons (3 punti)

I miei punti di giugno = 38



      TRACCE STAGIONALI


Estate: 
  • un libro nella cui sinossi ci sia la parola spiaggia
  • un libro nella cui sinossi ci sia la parola costa
  • un libro nella cui sinossi ci sia la parola hotel
  • un libro nella cui sinossi ci sia la parola crociera
  • un libro nella cui sinossi ci sia la parola vacanza


TRACCE ANNUALI


04. Wish List: otto libri della propria wish list
  • La ragazza francese, Lexie Elliott (336 pagine)
  • La ragazza tatuata, Joyce Carol Oates (357 pagine)
  • La ragazza della palude, Delia Owens (414 pagine)






05. 
Libri le cui iniziali dei titoli compongono il proprio nome
  • L
  • O
  • R
  • E
  • D
  • A
  • N
  • A

06. Disney World: cinque libri, uno per ogni categoria
  • Grimilde: un libro in cui muore qualcuno
  • Stregatto: un libro in cui è presente un enigma, un puzzle o un labirinto
  • Flounder: un libro con dell'acqua in copertina
  • Mushu: un libro ambientato in Asia
  • Rapunzel: un libro con più di 400 pagine