mercoledì 3 novembre 2021

"Un posto tranquillo", Seicho Matsumoto

Kōbe, 7 marzo 1969. Asai Tsuneo, 42enne funzionario del ministero dell'agricoltura, è in trasferta di lavoro e sta partecipando a una cena con gli industriali del settore agroalimentare quando riceve una telefonata da Tokyo che gli porta una terribile notizia: sua moglie è morta per un attacco cardiaco.
Eiko aveva solo 34 anni, ma già due anni prima aveva avuto un leggero infarto. L'episodio però non rende la sua morte meno improvvisa perchè la donna stava ben attenta ad evitare qualsiasi sforzo fisico, compresa l'attività sessuale con il marito.
E' per questo che più ci riflette e più in Asai la rabbia prende il sopravvento sul dispiacere. Perchè la situazione non è chiara: cosa ci faceva Eiko dalle parti di San'ya, una zona dove non conosceva nessuno e dove non aveva interessi? Una zona che pullula di alberghi a ore? Possibile che vi fosse andata per incontrare l'amante? E, nel caso, di chi si trattava?
E il dubbio diventa ossessione.

Scritto nel 1975, è il terzo noir di Matsumoto che leggo. "Tokyo Express" resta il mio preferito, ma questo supera "Come sabbia tra le dita" grazie alla particolarità di aver costruito il giallo sulle investigazioni di un uomo comune e relegando le indagini di polizia a un debolissimo sfondo.

Asai non è un protagonista piacevole: passa dall'essere un omino triste al diventare un infame.

E' triste la sua esistenza incentrata esclusivamente sul lavoro, con tutta la fascinazione (per me inconcepibile) giapponese (ma non solo, la si trova ovunque in certi contesti e con certe ideologie) per la gerarchia.
Un'abnegazione (per me puro servilismo) che - fresco vedovo - lo porta a scusarsi con il capo "per aver anteposto al lavoro una questione privata" specificando "non voglio che si pensi che un problema personale mi abbia distolto dai miei doveri".

E' triste la coppia che forma con Eiko, non per la descrizione fisica fornita dall'autore ("Lui non era particolarmente avvenente, lei non era una gran bellezza") - ma che, inserendosi in un contesto a dir poco deprimente, mi ha fatto sogghignare - quanto per quella del loro ménage, talmente piatto da far pensare al nulla assoluto sul piano non soltanto fisico, ma anche mentale e sentimentale.

Invece come e perchè diventa un infame non lo posso dire, è la storia del libro.

Ci viene raccontata una diversa epoca, una diversa cultura, dove a un marito basta scoprire che la moglie casalinga era andata in una zona della città per un motivo che lui non conosce per convincerlo del tradimento e per trasformalo da insipido omuncolo a spregevole individuo, spinto da motivazioni odiose e capace di autogiustificarsi in maniera insopportabile.

Nella sinossi leggo che questo noir "è anche una critica acuminata della società giapponese e della ragnatela di convenzioni che la invischiano": non conoscendo a sufficienza l'autore nè la letteratura giapponese non sono stata in grado di cogliere una presa di posizione da parte di Matsumoto, le dinamiche mi erano sembrate descritte da qualcuno che le considerasse normali, ma accolgo con piacere la visione fornita da Adelphi.

Lo stile è quello che avevo già apprezzato negli altri due romanzi, quella lentezza e quella ripetitività che per alcuni (vedi mia sorella) possono risultare esasperanti, ma che su di me hanno un (inspiegabile, conoscendomi...) effetto rilassante. Qui si aggiunge la minuziosità dell'autore nell'aver diviso la storia in venti capitoli della stessa lunghezza, un dettaglio che fa bene ai precisini come me.

I riferimenti alla cerimonia del settimo e del quarantanovesimo giorno mi hanno spinta a cercare informazioni sui rituali funebri del Giappone facendomi scoprire tutta la loro complessità che li porta a essere fra i più costosi del mondo e creandomi il bisogno di recuperare il film "Departures".
Mio marito non è molto contento.

Reading Challenge 2021: questo testo risponde alla quarta traccia annuale, "cinque libri, ognuno ambientato in un continente diverso" (Asia)