Le pagine di Lo'
martedì 1 luglio 2025
lunedì 30 giugno 2025
"Come l'arancio amaro", Milena Palminteri
"Verbale d’inventario di eredità del barone Carlo Cangialosi deceduto a Sarraca, provincia di Girgenti, in data ventitré dicembre millenovecentoventiquattro"
Agrigento, 1960. E' così che si apre il documento in cui Carlotta Cangialosi - 36 anni, direttrice dell’Archivio notarile della città - si imbatte mentre sta cercando un altro vecchio atto. Carlo era suo padre, morto proprio la sera in cui lei era nata, e la sorpresa iniziale si trasforma presto in panico. Terminata la lettura si ritrova con tantissime domande e quasi nessuno rimasto in vita a cui porle. L'unica cosa che può fare è correre a Sarraca da Pippino Calascibetta, avvocato, ma soprattutto zio d'azione, e pretendere delle risposte. Perché quel verbale è una denuncia grave che mette in dubbio la paternità di Carlo e a presentarla era stata la madre di lui, la baronessa Rosetta Damelio!
Zio Pippino minimizza, la nonna paterna di Carlotta era nobile, quella materna una popolana, da lì lo scontro. Ma rimasto solo Pippino ripensa a tutta la storia, quella vera.
Non troppo amaro
Questo, per puro caso, continua a essere per me l'anno degli esordi letterari. "Un esordio tardivo", così lo definisce il sito Bompiani raccontando come l'autrice, palermitana con una lunga carriera lavorativa negli archivi notarili di Salerno, abbia preso spunto per il suo primo romanzo (di cui non mi stupirebbe l'uscita del seguito) da una reale storia di compravendita di un neonato avvenuta una quarantina d'anni fa.
Pubblicato lo scorso anno, e finito nella sestina del Premio Bancarella che verrà assegnato il prossimo 20 luglio, è una lettura piacevole, fatta eccezione per le interminabili descrizioni di piatti, quasi tutti sporchi di sangue.
"(...) un’oca con dentro una gallina nella quale era stato accomodato un piccione che nello stomaco ospitava una beccaccia involta nel lardo. Tra l’uno e l’altro animale, tutti accuratamente spennati e fiammeggiati, un morbido nido fatto con un impasto di uova, mollica di pane, interiora."
Il libro - diviso in dieci parti - alterna il passato del 1924 al presente della storia, che si svolge nel 1960. Molti personaggi, facilmente inquadrabili, con l'inserimento di alcune persone realmente esistite, mi ha ricordato moltissimo i romanzi di Simonetta Agnello Hornby, decisamente troppo, e il "troppo" trasforma il complimento in critica.
La scelta di ambientare il passato della storia (che costituisce la maggior parte del romanzo) nel 1924 comporta numerosi rimandi all'ascesa del fascismo; in principio si tratta di semplici accenni (un esempio su tutti riguarda l'omicidio di Matteotti), utili soprattutto per evidenziare lo schieramento di alcuni, ma poi la questione viene approfondita coinvolgendo anche la mafia.
“I delinquenti ci sono ancora eccome! Rubano e ammazzano come prima e più di prima! E stanno tutti assittati nelle poltrone del governo!”
A non piacermi è stato l'inserimento forzato di un fatto realmente accaduto che diventa un ingranaggio importante del libro, quello del dirigibile francese Dixmude che prese fuoco e precipitò al largo di Sciacca causando la morte dei cinquanta passeggeri. Un evento che indubbiamente colpì molto la popolazione locale, peccato però che sia successo nel 1923, non nel 1924. Non amo questi adattamenti storici.
Reading Challenge 2025, traccia annuale Cruciverba

venerdì 27 giugno 2025
"Una perfetta sconosciuta", Alafair Burke
New York, inverno 2011. Dopo otto mesi di disoccupazione Alice, 37 anni, ha finalmente trovato il lavoro dei suoi sogni: direttrice di una nuovissima galleria d'arte a due passi dalla High Line, un ruolo in cui potrà mettere a frutto il suo master in storia dell'arte, ma - soprattutto - un lavoro che si è conquistata da sola, senza l'intervento del suo famoso padre, il regista premio Oscar Frank Humphrey.
A essere onesti andare a una mostra, ritrovarsi a chiacchierare con un uomo affascinante e scoprire che sta cercando una persona qualificata che voglia dirigere la galleria senza il timore dei possibili condizionamenti del ricco proprietario che lui rappresenta, è stato solo un grandissimo colpo di fortuna, ma questo non sminuisce certo le sue capacità.
Invece non c'è stato proprio niente di fortunato nell'inciampare nel cadavere dell'intermediario pochi giorni dopo l'inaugurazione, sporcarsi con il suo sangue e poi rendersi conto che i due detective a cui sta raccontando cosa è successo non la guardano con la compassione che si dovrebbe riservare a una donna provata da una esperienza terribile come quella, bensì come una possibile sospetta.
Tralasciando i tanti romanzi firmati a quattro mani con Mary Higgins Clark (nei quali ho sempre trovato solo quest'ultima non scorgendo un contribuito da parte della Burke, mentre adesso ho capito che sono accomunate da due aspetti: risvolti romantici e protagonisti ricchi e privilegiati con cui si dovrebbe empatizzare), di lei avevo letto solo "La ragazza nel parco", non il romanzo di esordio, ma il primo a essere stato tradotto. Era il 2019 e se sono passati sei anni non è solo perché il libro non mi aveva convinta, ma anche perché volevo vedere se l'editoria italiana avrebbe recuperato i titoli non ancora tradotti.
Perché con Alafair Burke non è stato fatto un buon lavoro: in Italia non è mai arrivata la sua serie di esordio con protagonista Samantha Kincaid, tre libri scritti fra il 2003 e il 2005, ma il disastro lo hanno fatto con la seconda serie, quella che ha per protagonista Ellie Hatcher, dove hanno tradotto solo quattro titoli su sei saltando il primo e il terzo! Inconcepibile! Invece degli otto romanzi autoconclusivi ne hanno tradotto sei, in ordine sparso, ma non essendoci collegamenti il danno è minore.
Questo, titolo originale "Long Gone", è il primo degli autoconclusivi che ha scritto (nel 2011) e l'ho trovato migliore de "La ragazza nel parco" (scritto cinque anni dopo).
In entrambi non emerge il passato dell'autrice (Florida, 1969) che è stata sia Pubblico Ministero sia giudice della Corte d'Appello: le storie non sfiorano neppure il legal thriller ed è un peccato. Questo, come l'altro, strizza l'occhio al poliziesco, mantenendo però al centro della vicenda la protagonista con le sue indagini personali.
Un thriller un po' datato (siamo ancora nell'era degli SMS) in cui dialoghi e trama non spiccano per originalità, ma le dinamiche funzionano e la ricostruzione alla fine risulta convincente, trattando - seppure senza particolari approfondimenti - temi pesanti, pedofilia, bullismo nelle scuole e il MeToo, questo ben prima della nascita del movimento.
Purtroppo mi sono rovinata da sola tutti i colpi di scena, intuendo con molto anticipo i chi, i come e quasi tutti i perché, ma non si tratta né di un mio particolare acume né di pecche della Burke che, anzi, ha costruito anche un buon intreccio con due sottotrame. E' la fiction ad avere i suoi limiti, il colpevole non può spuntare dal nulla alla fine del libro e nella rosa dei personaggi si fa presto a fare due più due, specialmente quando si leggono thriller da tutta la vita e basta un'occhiata alla copertina per riconoscere uno spoiler.
A essere onesti andare a una mostra, ritrovarsi a chiacchierare con un uomo affascinante e scoprire che sta cercando una persona qualificata che voglia dirigere la galleria senza il timore dei possibili condizionamenti del ricco proprietario che lui rappresenta, è stato solo un grandissimo colpo di fortuna, ma questo non sminuisce certo le sue capacità.
Invece non c'è stato proprio niente di fortunato nell'inciampare nel cadavere dell'intermediario pochi giorni dopo l'inaugurazione, sporcarsi con il suo sangue e poi rendersi conto che i due detective a cui sta raccontando cosa è successo non la guardano con la compassione che si dovrebbe riservare a una donna provata da una esperienza terribile come quella, bensì come una possibile sospetta.
Concatenato
Tralasciando i tanti romanzi firmati a quattro mani con Mary Higgins Clark (nei quali ho sempre trovato solo quest'ultima non scorgendo un contribuito da parte della Burke, mentre adesso ho capito che sono accomunate da due aspetti: risvolti romantici e protagonisti ricchi e privilegiati con cui si dovrebbe empatizzare), di lei avevo letto solo "La ragazza nel parco", non il romanzo di esordio, ma il primo a essere stato tradotto. Era il 2019 e se sono passati sei anni non è solo perché il libro non mi aveva convinta, ma anche perché volevo vedere se l'editoria italiana avrebbe recuperato i titoli non ancora tradotti.
Perché con Alafair Burke non è stato fatto un buon lavoro: in Italia non è mai arrivata la sua serie di esordio con protagonista Samantha Kincaid, tre libri scritti fra il 2003 e il 2005, ma il disastro lo hanno fatto con la seconda serie, quella che ha per protagonista Ellie Hatcher, dove hanno tradotto solo quattro titoli su sei saltando il primo e il terzo! Inconcepibile! Invece degli otto romanzi autoconclusivi ne hanno tradotto sei, in ordine sparso, ma non essendoci collegamenti il danno è minore.
Questo, titolo originale "Long Gone", è il primo degli autoconclusivi che ha scritto (nel 2011) e l'ho trovato migliore de "La ragazza nel parco" (scritto cinque anni dopo).
In entrambi non emerge il passato dell'autrice (Florida, 1969) che è stata sia Pubblico Ministero sia giudice della Corte d'Appello: le storie non sfiorano neppure il legal thriller ed è un peccato. Questo, come l'altro, strizza l'occhio al poliziesco, mantenendo però al centro della vicenda la protagonista con le sue indagini personali.
Un thriller un po' datato (siamo ancora nell'era degli SMS) in cui dialoghi e trama non spiccano per originalità, ma le dinamiche funzionano e la ricostruzione alla fine risulta convincente, trattando - seppure senza particolari approfondimenti - temi pesanti, pedofilia, bullismo nelle scuole e il MeToo, questo ben prima della nascita del movimento.
Purtroppo mi sono rovinata da sola tutti i colpi di scena, intuendo con molto anticipo i chi, i come e quasi tutti i perché, ma non si tratta né di un mio particolare acume né di pecche della Burke che, anzi, ha costruito anche un buon intreccio con due sottotrame. E' la fiction ad avere i suoi limiti, il colpevole non può spuntare dal nulla alla fine del libro e nella rosa dei personaggi si fa presto a fare due più due, specialmente quando si leggono thriller da tutta la vita e basta un'occhiata alla copertina per riconoscere uno spoiler.
Reading Challenge 2025, traccia annuale Travestimenti: guanto in copertina

lunedì 23 giugno 2025
"Corpi, scheletri e delitti. Le storie del Labanof", Cristina Cattaneo
"Fare il medico legale consiste nello scrutare cadaveri, scheletri o corpi viventi, vittime di violenze di qualunque genere, per raccogliere gli elementi utili a ricostruire le dinamiche di una morte, di uno stupro, di un’aggressione, o semplicemente un’identità. È una specie di archeologia del crimine."
Mestiere particolare quello di Cristina Cattaneo (Casale Monferrato, 1964), medico e antropologo con una formazione che l'ha portata a lavorare anche in Canada e nel Regno Unito.
Un lavoro che le serie televisive e i thriller che amo tanto hanno reso noto, gravandolo però di aspettative (anche da parte di addetti ai lavori, come magistrati e poliziotti) irrealizzabili nella realtà.
"Si aspettano sulla scena di un crimine efferato (per esempio quello di una prostituta sgozzata e di un sospettato con un alibi) una risposta molto precisa, come: “La vittima è deceduta tra le 10.00 e le 11.00 di ieri sera”. Impossibile. Su un cadavere ben conservato, che è di fatto il caso più semplice poiché il raffreddamento, la rigidità e altri parametri del corpo possono fornire indicazioni abbastanza chiare, il margine di errore è di almeno 4-6 ore."
Questo saggio, pubblicato nel 2019, spiega molte cose, a cominciare da come e perché nel 1995 è nato il Labanof (laboratorio di antropologia e odontologia forense) di cui l'autrice è direttrice, e prosegue descrivendo alcuni dei casi di cui si sono occupati, a cominciare dalle prime esperienze nell’ambito delle scienze forensi.
Visti i temi trattati è per forza di cose un testo macabro, ma la Cattaneo ha il grande pregio di non cadere mai nel morboso, a differenza di certe testate e di certe trasmissioni, pronte a perdersi in particolari che solo gli addetti ai lavori dovrebbero conoscere per assecondare le curiosità perverse che molti hanno di fronte ai crimini.
Evidenzia l'importanza dell'azione congiunta di varie scienze (botanica, entomologia, archeologia forense, eccetera) e sottolinea l'importanza di restituire la propria identità a ogni corpo ritrovato.
Spiega dettagliatamente i procedimenti adottati per le indagini, dai sopralluoghi alle autopsie su persone decedute per cause naturali, ma soprattutto sulle vittime di omicidi, casi che non risparmiano neppure i bambini.
Specifica che il Labanof non si occupa solo di cadaveri: vengono interpellati quando è necessario stabilire la minore o maggiore età di un soggetto o per l'identificazione di un rapinatore o per raccogliere prove nei casi di reati sessuali. E anche per stabilire l'identità di un antico scheletro, com'è successo con Galeazzo Maria Sforza.
Dopo questa lettura se dovessi riguardare una puntata di CSI la vedrei con occhi diversi.
Spiega dettagliatamente i procedimenti adottati per le indagini, dai sopralluoghi alle autopsie su persone decedute per cause naturali, ma soprattutto sulle vittime di omicidi, casi che non risparmiano neppure i bambini.
Specifica che il Labanof non si occupa solo di cadaveri: vengono interpellati quando è necessario stabilire la minore o maggiore età di un soggetto o per l'identificazione di un rapinatore o per raccogliere prove nei casi di reati sessuali. E anche per stabilire l'identità di un antico scheletro, com'è successo con Galeazzo Maria Sforza.
Dopo questa lettura se dovessi riguardare una puntata di CSI la vedrei con occhi diversi.
"Ogni giorno, senza saperlo, condanniamo indirettamente a morte esseri viventi semplicemente per il modo in cui viviamo: la nostra economia a volte contribuisce a distruggere chi vive nel terzo mondo, la nostra apatia fa sì che il vecchio barbone muoia assiderato, la nostra dieta permette l’esistenza di allevamenti di animali che vivono male e muoiono anche peggio, dietro la nostra vanità ci sono le carcasse di milioni di animali sacrificati per un prodotto di bellezza o per una pelliccia."
Reading Challenge 2025, traccia rebus di maggio: coltello e fuoco

venerdì 20 giugno 2025
"Mariani allo specchio", Maria Masella
Genova, 11 luglio di un anno non precisato. Il commissario Mariani dovrebbe raggiungere moglie e figlia in vacanza in Corsica quando il ritrovamento di un cadavere privo di documenti lo blocca in città. L'autopsia rivela che l'uomo è stato sedato e poi ucciso con un'iniezione di aria in vena che ha provocato l'embolia fatale. Ma successivamente l'assassino ha anche infierito sul corpo con numerose coltellate.
Passano soltanto due giorni e il carico di lavoro raddoppia: il cadavere di Giovanna Vianson, 32 anni, viene trovato dal marito nella loro casa sulle alture di Manin. La donna è stata prima ferita al viso con un sfregio dall'occhio alla bocca, poi al ventre, quindi al collo e questa è stata la ferita mortale perché ha reciso la carotide. Ci sono poi stati altri otto colpi inferti quando era già morta. Infine l'assassino le ha piantato il coltello nel Monte di Venere. Giovanna era incinta di due mesi.
Lo è il luglio del commissario - con un'identità da scoprire, due assassini da trovare e una decisione personale da prendere - ma vale anche per la lettura.
Poi c'è chi mi prende per maniacale quando dico che mi piace leggere i libri seguendo l'ordine cronologico, cosa imprescindibile in una serie, ma valida in generale, anche nei libri seriali e questi del commissario Mariani ne sono un bell'esempio: titolo dopo titolo le storie migliorano, le trame si infittiscono, gli ingranaggi si complicano. Se all'inizio l'ambientazione genovese giocava un ruolo fondamentale per il piacere che traevo da queste letture, adesso sono proprio le vicende gialle costruite da Maria Masella a conquistarmi.
Questa inizia poche settimane dopo gli avvenimenti del libro precedente ("Celtique. Mariani, il passato ritorna") e dall'11 luglio si conclude a fine mese, portando Mariani anche in Spagna, a Malaga.
Il possibile colpevole l'ho intuito con parecchio anticipo, ma è stato comunque coinvolgente vedere come il protagonista ricostruiva i fatti.
In più la sorpresa di trovare un tema caro a Carofiglio, la denuncia verso un sistema che spesso porta chi di dovere a cercare non le prove assolute, ma quelle che confermano i sospetti. Sono due cose molto diverse.
Passano soltanto due giorni e il carico di lavoro raddoppia: il cadavere di Giovanna Vianson, 32 anni, viene trovato dal marito nella loro casa sulle alture di Manin. La donna è stata prima ferita al viso con un sfregio dall'occhio alla bocca, poi al ventre, quindi al collo e questa è stata la ferita mortale perché ha reciso la carotide. Ci sono poi stati altri otto colpi inferti quando era già morta. Infine l'assassino le ha piantato il coltello nel Monte di Venere. Giovanna era incinta di due mesi.
Incandescente
Lo è il luglio del commissario - con un'identità da scoprire, due assassini da trovare e una decisione personale da prendere - ma vale anche per la lettura.
Poi c'è chi mi prende per maniacale quando dico che mi piace leggere i libri seguendo l'ordine cronologico, cosa imprescindibile in una serie, ma valida in generale, anche nei libri seriali e questi del commissario Mariani ne sono un bell'esempio: titolo dopo titolo le storie migliorano, le trame si infittiscono, gli ingranaggi si complicano. Se all'inizio l'ambientazione genovese giocava un ruolo fondamentale per il piacere che traevo da queste letture, adesso sono proprio le vicende gialle costruite da Maria Masella a conquistarmi.
Questa inizia poche settimane dopo gli avvenimenti del libro precedente ("Celtique. Mariani, il passato ritorna") e dall'11 luglio si conclude a fine mese, portando Mariani anche in Spagna, a Malaga.
Il possibile colpevole l'ho intuito con parecchio anticipo, ma è stato comunque coinvolgente vedere come il protagonista ricostruiva i fatti.
In più la sorpresa di trovare un tema caro a Carofiglio, la denuncia verso un sistema che spesso porta chi di dovere a cercare non le prove assolute, ma quelle che confermano i sospetti. Sono due cose molto diverse.
"Se un possibile colpevole è comodo, l’uso è ormai scavare in profondità per trovare le prove sufficienti per incriminarlo"
Reading Challenge 2025, traccia cascata di lettere di giugno: città, ditta


mercoledì 18 giugno 2025
"La bocca del lupo", Remigio Zena
Milano, 27 febbraio 1892. Remigio Zena risponde ad Agostino Pedevilla, giardiniere e negoziante di agrumi in Genova Nervi, che gli aveva precedentemente scritto rivelandogli la sua intenzione di voler mandare a Milano la figlia Teresa per farle gestire il negozio di fiori che lui desidera aprire in quella città. Zena gli consiglia di non farlo, perché Teresa è una "testina un poco vivace" e ci sono troppi lupi in giro pronti a spalancare la bocca di fronte a una bella ragazza. Con le ragioni per dissuaderlo potrebbe scrivere un libro...
Nasce così, proprio nel 1892, "La bocca del lupo", del quale esiste anche la traduzione in genovese, "A bocca di lô". Io ho soltanto la recente (2021) edizione che minimum fax ha pubblicato nella collana Introvabili, libri che erano fuori catalogo segnalati dalle persone che lavorano per la casa editrice.
Un libro che mi sono trascinata per quasi un mese: da non amante dei classici ho sentito tutto il peso non della scrittura - Remigio Zena, alias il marchese Gaspare Invrea (1850 - 1917), mi ha sorpresa proprio per la scioltezza della sua penna - quanto per la storia che racconta. E per l'infinita antipatia che mi ha scatenato la protagonista.
Siamo a Genova. Francisca Carbone, detta la Bricicca, besagnina di piazzetta della Pece Greca, nel quartiere di Ravecca, dove oggi è sempre bello fare due passi, ma che a cavallo fra Ottocento e Novecento - vivendo nella miseria come la maggior parte dei personaggi del libro - non doveva essere un paradiso: Zena, che parla di Busalla come del paesino bucolico che sicuramente doveva essere prima dell'avvento delle raffinerie (e comunque a me continua a non dispiacere, pur essendo lontano dal mare), per la Pece Greca usa descrizioni che trasmettono un oppressivo e costante senso di buio, freddo, umidità e malessere generale.
Della Bricicca - a cui sono rimaste solo tre figlie femmine dopo aver perso nell'arco di dieci mesi il marito e l'unico figlio maschio - ci viene subito detto che è stata scarcerata in anticipo dopo essere stata condannata per il lotto clandestino (nato a Genova, non a Napoli come si tende a dare per scontato).
Il libro descrive ciò che succede prima - perché la donna ha iniziato questa attività, come è stata scoperta, l'accusa, il processo, l'appello e l'incarcerazione - ma soprattutto il rapporto fra lei e le figlie ed è qui che il personaggio diventa spregevole.
L'ultimogenita, Marinetta, è una ragazzina strafottente, egoista e presuntuosa che si adatterebbe alla perfezione al mondo social dei giovani di oggi (è piuttosto impressionante l'attualità di questo soggetto una volta privato di pizzi e velette), ma la povertà e l'ignoranza della Bricicca non sono una valida giustificazione per le sue gravi mancanze verso Battistina, prima, e Angela, poi.
Nasce così, proprio nel 1892, "La bocca del lupo", del quale esiste anche la traduzione in genovese, "A bocca di lô". Io ho soltanto la recente (2021) edizione che minimum fax ha pubblicato nella collana Introvabili, libri che erano fuori catalogo segnalati dalle persone che lavorano per la casa editrice.
Ottocentesco
Un libro che mi sono trascinata per quasi un mese: da non amante dei classici ho sentito tutto il peso non della scrittura - Remigio Zena, alias il marchese Gaspare Invrea (1850 - 1917), mi ha sorpresa proprio per la scioltezza della sua penna - quanto per la storia che racconta. E per l'infinita antipatia che mi ha scatenato la protagonista.
Siamo a Genova. Francisca Carbone, detta la Bricicca, besagnina di piazzetta della Pece Greca, nel quartiere di Ravecca, dove oggi è sempre bello fare due passi, ma che a cavallo fra Ottocento e Novecento - vivendo nella miseria come la maggior parte dei personaggi del libro - non doveva essere un paradiso: Zena, che parla di Busalla come del paesino bucolico che sicuramente doveva essere prima dell'avvento delle raffinerie (e comunque a me continua a non dispiacere, pur essendo lontano dal mare), per la Pece Greca usa descrizioni che trasmettono un oppressivo e costante senso di buio, freddo, umidità e malessere generale.
"Come si fa a non avere vergogna d'essere poveri?"
Della Bricicca - a cui sono rimaste solo tre figlie femmine dopo aver perso nell'arco di dieci mesi il marito e l'unico figlio maschio - ci viene subito detto che è stata scarcerata in anticipo dopo essere stata condannata per il lotto clandestino (nato a Genova, non a Napoli come si tende a dare per scontato).
Il libro descrive ciò che succede prima - perché la donna ha iniziato questa attività, come è stata scoperta, l'accusa, il processo, l'appello e l'incarcerazione - ma soprattutto il rapporto fra lei e le figlie ed è qui che il personaggio diventa spregevole.
L'ultimogenita, Marinetta, è una ragazzina strafottente, egoista e presuntuosa che si adatterebbe alla perfezione al mondo social dei giovani di oggi (è piuttosto impressionante l'attualità di questo soggetto una volta privato di pizzi e velette), ma la povertà e l'ignoranza della Bricicca non sono una valida giustificazione per le sue gravi mancanze verso Battistina, prima, e Angela, poi.
"I vicini non le avrebbero neppure sputato in bocca se l'avessero vista morire di sete"
Reading Challenge 2025, traccia annuale Cruciverba

lunedì 16 giugno 2025
"Il dubbio delle signorine Devoto. Ovvero, come spennare le oche senza farle gridare", Renzo Bistolfi
Sestri Ponente, domenica 17 luglio 1960. Sono da poco passate le 19 quando una sirena squarcia l'aria interrompendo la cena delle signorine Devoto che, insieme alla domestica Elvira, si precipitano (con la velocità consentita agli ottuagenari) al balcone, giusto in tempo per veder sfrecciare un'ambulanza della Croce Verde che va a fermarsi davanti al portone in fondo a via Privata Vassallo. La rassegna per capire chi può essersi sentito male fra gli abitanti della palazzina si ferma al suono di una seconda sirena. Questa volta si tratta dei carabinieri e se arrivano loro, per di più di domenica e con quella macaja, vuol dire che è successo qualcosa di brutto. Di molto brutto.
Riecco le tre signorine Devoto (Santa, Mariannin e Siria, che qui hanno rispettivamente 79, 82 e 87 anni), già protagoniste de "I garbati maneggi delle signorine Devoto", storia ambientata nell'estate del 1958, e semplici personaggi ne "Il coraggio della signora maestra", ambientato nel giugno 1961.
Bistolfi è tornato quindi al luglio dell'anno precedente per l'ultima apparizione delle tre anziane investigatrici dilettanti, come annunciava nelle note dell'autore. Note che aveva chiuso con un rassicurante "ma poi chissà, magari cambierò idea un'altra volta", ma purtroppo non ce n'è stato il tempo perché l'autore è morto l'anno scorso, cosa che ho scoperto solo in questo momento cercando in rete la sua data di nascita per poter rispondere a mio marito che mi chiedeva quanti anni avesse.
Bistolfi torna quindi al luglio dell'anno precedente per quella che potrebbe essere l'ultima apparizione delle tre anziane investigatrici dilettanti, come ha scritto nelle note dell'autore. Note che chiude con un rassicurante "ma poi chissà, magari cambierò idea un'altra volta" e io lo spero perché - pur condividendo il suo pensiero (una concentrazione di crimini in una porzione di territorio così ristretta toglie credibilità alle storie) - le tre sorelle che si è inventato sono così piacevoli che sarebbe un peccato doverle salutare per davvero.
Pubblicato nel 2022 (ma scritto in piena pandemia), il nono romanzo del mio concittadino è un giallo in piena regola che strizza l'occhio alla narrativa (di solito avviene il contrario), con le signorine Devoto che brillano fra divertenti siparietti, acume e deduzioni che saranno fondamentali al maresciallo Galanti per risolvere un caso contrassegnato da due delitti e da un tentato omicidio.
Per quanto Bistolfi faccia autoironia ("Gli sembrava una storia irreale e bizzarra, con personaggi sopra le righe, inventata da un romanziere poco sano di mente") costruire una vicenda credibile e godibile senza quasi uscire da un palazzo non è da tutti.
Edit: solo dopo aver pubblicato la recensione, per rispondere a mio marito che mi chiedeva l'età di Bistolfi, ho scoperto che l'autore ci ha lasciati lo scorso anno.
Addio alle signorine Devoto, al maresciallo Galanti, alla Sestri Ponente del dopoguerra, ai termini dialettali e alle tante situazioni descritte che mi facevano rivivere i racconti dell'epoca ascoltati da mia madre e dai nonni materni.
Addio a Renzo: non mi affeziono facilmente, ma a te ho voluto bene ♥
Arzillo
Riecco le tre signorine Devoto (Santa, Mariannin e Siria, che qui hanno rispettivamente 79, 82 e 87 anni), già protagoniste de "I garbati maneggi delle signorine Devoto", storia ambientata nell'estate del 1958, e semplici personaggi ne "Il coraggio della signora maestra", ambientato nel giugno 1961.
Bistolfi è tornato quindi al luglio dell'anno precedente per l'ultima apparizione delle tre anziane investigatrici dilettanti, come annunciava nelle note dell'autore. Note che aveva chiuso con un rassicurante "ma poi chissà, magari cambierò idea un'altra volta", ma purtroppo non ce n'è stato il tempo perché l'autore è morto l'anno scorso, cosa che ho scoperto solo in questo momento cercando in rete la sua data di nascita per poter rispondere a mio marito che mi chiedeva quanti anni avesse.
Bistolfi torna quindi al luglio dell'anno precedente per quella che potrebbe essere l'ultima apparizione delle tre anziane investigatrici dilettanti, come ha scritto nelle note dell'autore. Note che chiude con un rassicurante "ma poi chissà, magari cambierò idea un'altra volta" e io lo spero perché - pur condividendo il suo pensiero (una concentrazione di crimini in una porzione di territorio così ristretta toglie credibilità alle storie) - le tre sorelle che si è inventato sono così piacevoli che sarebbe un peccato doverle salutare per davvero.
Pubblicato nel 2022 (ma scritto in piena pandemia), il nono romanzo del mio concittadino è un giallo in piena regola che strizza l'occhio alla narrativa (di solito avviene il contrario), con le signorine Devoto che brillano fra divertenti siparietti, acume e deduzioni che saranno fondamentali al maresciallo Galanti per risolvere un caso contrassegnato da due delitti e da un tentato omicidio.
Per quanto Bistolfi faccia autoironia ("Gli sembrava una storia irreale e bizzarra, con personaggi sopra le righe, inventata da un romanziere poco sano di mente") costruire una vicenda credibile e godibile senza quasi uscire da un palazzo non è da tutti.
Edit: solo dopo aver pubblicato la recensione, per rispondere a mio marito che mi chiedeva l'età di Bistolfi, ho scoperto che l'autore ci ha lasciati lo scorso anno.
Addio alle signorine Devoto, al maresciallo Galanti, alla Sestri Ponente del dopoguerra, ai termini dialettali e alle tante situazioni descritte che mi facevano rivivere i racconti dell'epoca ascoltati da mia madre e dai nonni materni.
Addio a Renzo: non mi affeziono facilmente, ma a te ho voluto bene ♥
Reading Challenge 2025, traccia annuale Province italiane


sabato 14 giugno 2025
"Jill", Philip Larkin
Oxford, un giovedì pomeriggio di metà ottobre del 1940. Quando John Kemp scende dal treno è intimorito quanto eccitato: a soli 17 anni ha vinto una borsa di studio di ben cento sterline che gli ha spalancato le porte del grande ateneo. Trovarsi a dividere la stanza con il ricco e sfaccendato Christopher Warner lo metterà fin dal primo momento in una condizione di inferiorità: ha meno anni di Chris, meno soldi di Chris, meno amici di Chris, meno esperienza di Chris. Pensando di rendersi più interessante si inventa una sorella molto diversa da quella che ha: così l'immaginaria e sbarazzina quindicenne Jill prende il posto della reale e banale Edith, maestra elementare di Manchester. Arricchisce il personaggio di così tanti particolari che a un certo punto se la ritrova davanti: non Jill, ma Gillian, e innamorarsi sarà per lui automatico.
Romanzo di esordio di Philip Larkin (1922 - 1985) pubblicato nel 1946, ma scritto due anni prima, a cavallo fra i suoi 21 e 22 anni, poi ripreso nel 1963 senza grandi stravolgimenti, come l'autore specifica nell'introduzione scritta proprio quell'anno per la nuova edizione: "Riprendendolo nel 1963 ho fatto una serie di piccole cancellature, ma non ho aggiunto né riscritto nulla, con l’eccezione di una parola qua e là e del ripristino di qualche termine scurrile al quale l’editore originale si era opposto."
Insieme a "Una ragazza d'inverno", pubblicato l'anno successivo, è il solo titolo di narrativa dell'autore, che successivamente si dedicò soltanto alla poesia.
Scrivere così bene a poco più di vent'anni non è cosa comune, ma la giovane età di Larkin all'epoca traspare in ciò che racconta (e chissà quanto c'è di autobiografico oltre al fatto che lui stesso entrò ad Oxford nell'autunno del 1940) e nel suo protagonista, voce narrante della storia.
Gli stacchi sostituiscono egregiamente la mancata divisione in capitoli, ma la trama è molto più leggera di quanto mi aspettassi, anche in considerazione degli anni in cui è ambientata, anni di guerra, di bombardamenti, di arruolamenti, di oscuramento: c'è tutto, ma è solo un pallido contorno, un qualcosa di molto lontano dai personaggi e anche quando John si precipita a Huddlesford dopo aver saputo che la sua cittadina ha subito un grave attacco le sue paure non traspaiono in maniera toccante.
Probabilmente il mio errore è stato quello di aspettarmi un romanzo simile a "Dio di illusioni" di Donna Tart, e in effetti qualche rimando l'ho trovato, non solo l'ambientazione. Anche il divario sociale fra i ragazzi, ma le differenze sono abissali e non si limitano a quelle fra Richard Pepin e John Kemp!
L'accondiscendenza di John verso Chris e gli amici di lui è quasi più irritante dell'arroganza con cui questi lo trattano.
Porta a riflettere sull'importanza che diamo o che rischiamo di dare a persone che per noi non hanno nessuna considerazione.
Zerbino
Romanzo di esordio di Philip Larkin (1922 - 1985) pubblicato nel 1946, ma scritto due anni prima, a cavallo fra i suoi 21 e 22 anni, poi ripreso nel 1963 senza grandi stravolgimenti, come l'autore specifica nell'introduzione scritta proprio quell'anno per la nuova edizione: "Riprendendolo nel 1963 ho fatto una serie di piccole cancellature, ma non ho aggiunto né riscritto nulla, con l’eccezione di una parola qua e là e del ripristino di qualche termine scurrile al quale l’editore originale si era opposto."
Insieme a "Una ragazza d'inverno", pubblicato l'anno successivo, è il solo titolo di narrativa dell'autore, che successivamente si dedicò soltanto alla poesia.
Scrivere così bene a poco più di vent'anni non è cosa comune, ma la giovane età di Larkin all'epoca traspare in ciò che racconta (e chissà quanto c'è di autobiografico oltre al fatto che lui stesso entrò ad Oxford nell'autunno del 1940) e nel suo protagonista, voce narrante della storia.
Gli stacchi sostituiscono egregiamente la mancata divisione in capitoli, ma la trama è molto più leggera di quanto mi aspettassi, anche in considerazione degli anni in cui è ambientata, anni di guerra, di bombardamenti, di arruolamenti, di oscuramento: c'è tutto, ma è solo un pallido contorno, un qualcosa di molto lontano dai personaggi e anche quando John si precipita a Huddlesford dopo aver saputo che la sua cittadina ha subito un grave attacco le sue paure non traspaiono in maniera toccante.
Probabilmente il mio errore è stato quello di aspettarmi un romanzo simile a "Dio di illusioni" di Donna Tart, e in effetti qualche rimando l'ho trovato, non solo l'ambientazione. Anche il divario sociale fra i ragazzi, ma le differenze sono abissali e non si limitano a quelle fra Richard Pepin e John Kemp!
L'accondiscendenza di John verso Chris e gli amici di lui è quasi più irritante dell'arroganza con cui questi lo trattano.
Porta a riflettere sull'importanza che diamo o che rischiamo di dare a persone che per noi non hanno nessuna considerazione.
Reading Challenge 2025, traccia dadi di giugno: 66


mercoledì 11 giugno 2025
"Celtique. Mariani, il passato ritorna", Maria Masella
Genova, giugno di un anno non precisato. Un pacchetto di Celtique recapitato a casa di sua madre è sufficiente per far capire a Mariani chi glielo ha mandato: Luigi Mannini, che gli aveva affibbiato quel soprannome ai tempi della sua prima indagine genovese, tanti anni prima. Il commissario accetta di incontrarlo, sentendosi rivolgere una proposta netta: se troverà le prove dell'innocenza della sua compagna, accusata dell'omicidio di un industriale di Carrara, Mannini - latitante ricercato per rapina a mano armata - si costituirà. Mariani accetta, insospettito dalla velocità con cui i colleghi toscani hanno chiuso il caso. La stessa rapidità che viene richiesta a lui per archiviare l'omicidio di un senegalese, perché se un uomo di colore finisce accoltellato nel centro storico deve sicuramente trattarsi di un banale regolamento fra spacciatori. Ma Ahmed Baldé in realtà era perfettamente integrato, stimato ragioniere in una ditta di spedizioni e insegnante di italiano per altri immigrati come lui.
E' trascorso un mese dalla fine della precedente indagine ("Recita per Mariani") e per me meno tempo ancora da quella lettura. Mi piace il ritmo che ho preso con i libri della Masella, ma questo mi rende più difficile parlarne, non solo per il rischio spoiler (ad esempio l'apertura di questo dà risposta alla frase conclusiva del precedente, cosa che in questa serie succede spesso), ma soprattutto perché mi rendo conto di ripetere le stesse considerazioni. Deve essere un problema riscontrato anche dall'editore perché le sinossi sono sempre più brevi ^^
Questa è la dodicesima puntata, scritta nel 2012, collegata alle vicende di "Primo", il prequel della serie, unicamente perché ritorna il personaggio di Mannini, ma con una storia gialla che non riguarda i fatti precedenti.
Sia il caso dell'omicidio del carrarese sia quello del senegalese innescano trame poliziesche un po' datate, con indagini vecchia maniera, ma molto piacevoli da seguire.
Francesca, la moglie di Mariani, si rende di nuovo determinante con le sue imbeccate che poi portano il commissario e la sua squadra a trovare prove schiaccianti: escamotage improbabili che in principio mi irritavano, ma a cui ormai mi sono rassegnata.
E questa volta non solo viene citato il mio quartiere di nascita, ma compare anche la via dove ho abitato per i miei primi 28 anni di vita ♥
Investigativo
E' trascorso un mese dalla fine della precedente indagine ("Recita per Mariani") e per me meno tempo ancora da quella lettura. Mi piace il ritmo che ho preso con i libri della Masella, ma questo mi rende più difficile parlarne, non solo per il rischio spoiler (ad esempio l'apertura di questo dà risposta alla frase conclusiva del precedente, cosa che in questa serie succede spesso), ma soprattutto perché mi rendo conto di ripetere le stesse considerazioni. Deve essere un problema riscontrato anche dall'editore perché le sinossi sono sempre più brevi ^^
Questa è la dodicesima puntata, scritta nel 2012, collegata alle vicende di "Primo", il prequel della serie, unicamente perché ritorna il personaggio di Mannini, ma con una storia gialla che non riguarda i fatti precedenti.
Sia il caso dell'omicidio del carrarese sia quello del senegalese innescano trame poliziesche un po' datate, con indagini vecchia maniera, ma molto piacevoli da seguire.
Francesca, la moglie di Mariani, si rende di nuovo determinante con le sue imbeccate che poi portano il commissario e la sua squadra a trovare prove schiaccianti: escamotage improbabili che in principio mi irritavano, ma a cui ormai mi sono rassegnata.
E questa volta non solo viene citato il mio quartiere di nascita, ma compare anche la via dove ho abitato per i miei primi 28 anni di vita ♥
Reading Challenge 2025, traccia cascata di lettere di giugno: città

lunedì 9 giugno 2025
"Omicidio a Whitehall", Sarah Pinborough
Londra, 2 ottobre 1888. Sono trascorsi due giorni dagli omicidi di Elizabeth Stride e di Catherine Eddowes, entrambi rivendicati dall'uomo che firma le sue missive con il nome di Jack lo Squartatore, quando nel sotterraneo della nuova centrale di polizia in fase di costruzione viene rinvenuto un torso di donna. Nei giorni successivi il prodigioso segugio Smoker trova una gamba recisa sotto al ginocchio, poi un braccio. Niente testa. Un caso del tutto analogo a un altro ancora irrisolto risalente all'anno precedente.
Il dottor Thomas Bond, chirurgo di Scotland Yard, non ha dubbi, questi omicidi non sono opera di Jack lo Squartatore, a Londra si aggirano ben due serial killer.
Si sbaglia: la città è in balia di un qualcosa di ben più orribile.
Il dottor Thomas Bond, chirurgo di Scotland Yard, non ha dubbi, questi omicidi non sono opera di Jack lo Squartatore, a Londra si aggirano ben due serial killer.
Si sbaglia: la città è in balia di un qualcosa di ben più orribile.
Grottesco
Sarah Pinborough, inglese classe 1972, ha all'attivo una trentina di titoli di vario genere (anche pubblicati con lo pseudonimo di Sarah Silverwood), ma solo di cinque esiste la traduzione italiana e questo è stato il primo.
Scritto nel 2013, titolo originale "Mayhem", ricordo il gran successo che ebbe al momento dell'uscita, ma nella mia testa lo avevo associato soltanto a Jack lo Squartatore ed ero convinta che fosse il protagonista. Dovrei smetterla di non leggere (o rileggere) le sinossi per paura degli spoiler, lì si parla chiaramente di "un'entità sovrannaturale". Non avendolo fatto mentre leggevo "Il bosco degli innocenti" mi sono ritrovata alle prese con un'altra lettura molto diversa da quello che immaginavo. In questo caso non un giallo storico puro, bensì contaminato da risvolti demoniaci che possono senz'altro entusiasmare gli amanti del genere, ma non me.
Scritto nel 2013, titolo originale "Mayhem", ricordo il gran successo che ebbe al momento dell'uscita, ma nella mia testa lo avevo associato soltanto a Jack lo Squartatore ed ero convinta che fosse il protagonista. Dovrei smetterla di non leggere (o rileggere) le sinossi per paura degli spoiler, lì si parla chiaramente di "un'entità sovrannaturale". Non avendolo fatto mentre leggevo "Il bosco degli innocenti" mi sono ritrovata alle prese con un'altra lettura molto diversa da quello che immaginavo. In questo caso non un giallo storico puro, bensì contaminato da risvolti demoniaci che possono senz'altro entusiasmare gli amanti del genere, ma non me.
La base è solida e realistica: l'autrice ha preso alcune persone realmente esistite e degli omicidi (mai risolti) realmente avvenuti, inserendo anche gli articoli apparsi all'epoca sui quotidiani. Poi ci ha aggiunto la sua fantasia e, per quello che è il mio gusto, ha rovinato tutto.
Dettaglio disturbante: in due circostanze la Pinborough mette in bocca ai suoi personaggi del 1888 la parola "smog" che in realtà venne usata per la prima volta in un articolo del 1905 (nata dalla fusione fra smoke e fog).
Bella comunque l'ambientazione che contrappone l'agiatezza e il benessere di pochi con la miseria della maggior parte delle persone ("Chi alloggiava a Bluegate Fields non firmava contratti d’affitto annuali: non aveva alcuna garanzia che la propria vita sarebbe durata tanto a lungo").
Pessima la costruzione delle prime due parti del libro (tre in totale) dove le sottotrame si mescolano in maniera confusa, un metodo che forse mira a nascondere la debolezza della storia.
Dettaglio disturbante: in due circostanze la Pinborough mette in bocca ai suoi personaggi del 1888 la parola "smog" che in realtà venne usata per la prima volta in un articolo del 1905 (nata dalla fusione fra smoke e fog).
Bella comunque l'ambientazione che contrappone l'agiatezza e il benessere di pochi con la miseria della maggior parte delle persone ("Chi alloggiava a Bluegate Fields non firmava contratti d’affitto annuali: non aveva alcuna garanzia che la propria vita sarebbe durata tanto a lungo").
Pessima la costruzione delle prime due parti del libro (tre in totale) dove le sottotrame si mescolano in maniera confusa, un metodo che forse mira a nascondere la debolezza della storia.
Reading Challenge 2025, traccia stagionale crucipuzzle, primavera: tinozza

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