giovedì 10 ottobre 2024

"Le lettere di Esther", Cécile Pivot

 

"Vuoi imparare a dar forma ai tuoi pensieri, raccontare una storia e parlare delle tue emozioni? Iscriviti al mio laboratorio di scrittura epistolare. Non è richiesta la presenza e potrai partecipare comodamente da casa. Dal 4 febbraio al 3 maggio 2019."

Gennaio 2019. E' questo l'annuncio che viene pubblicato da Esther Urbain, 42 anni, proprietaria della libreria C'est à Lire di Lille. Sono in cinque a iscriversi e il gruppo che si forma è una sorpresa, persone all'apparenza mal assortite, accumunate soltanto dal bisogno di aggrapparsi a qualcosa per superare ognuno il proprio malessere. Nessuno si è iscritto per migliorare nella scrittura, ma tutti alla fine otterranno molto più di quanto osassero sperare. Esther compresa.

Cécile Pivot (Parigi, 1966) è autrice di tre saggi e di altrettanti romanzi. Questo, scritto nel 2020, è il secondo (romanzo) che ha pubblicato e al momento l'unico a essere stato tradotto in italiano.

"Quel laboratorio era la loro ancora di salvezza, ciò che li avrebbe salvati dall’incomprensione, da un lutto che non stavano affrontando, da una vita in stallo, da un amore messo a dura prova."

Se siete alla ricerca di un libro coccola, compratelo. Attraverso la protagonista e i partecipanti al laboratorio, più tutti i personaggi di contorno legati a essi, la Pivot tratta quasi ogni genere di sofferenza e di difficoltà, impossibile non ritrovare qualcosa che ci affligge o che abbiamo sperimentato in passato.

Fra lutti, depressioni e crisi di vario genere ne esce un romanzo fortemente introspettivo. Un  romanzo epistolare (genere che non amo, ma per quasi cinque lustri - a partire dai miei dieci anni - ho sperimentato la gioia della corrispondenza trovando fra le tante amiche di penna alcune amiche vere a cui sono ancora fortemente legata ♥): dal terzo capitolo inizia lo scambio di lettere e l'aprirsi di ognuno è bello e toccante.

Ci sono Juliette e Nocolas, alle prese con la gravissima depressione post-partum di lei; Samuel, il membro più giovane, in lutto per la perdita del fratello maggiore morto di cancro ad appena ventun anni; Jean, che arrivato a 53 anni si rende conto di come carriera, potere e soldi non bastino a rendere appagante un'esistenza priva di affetti; la stessa Esther, il cui padre è morto suicida tre anni prima; e Jeanne, la più anziana del gruppo con i suoi 67 anni. Vedova da dieci, una figlia che vive all'estero e che si è allontanata irrimediabilmente da lei. Iscritta al gruppo forse per sconfiggere la solitudine o forse creata dalla Pivot per avere fra le pagine una voce a difesa dell'ambiente e degli animali.

"Con il suo padrone, il cane è felice, agli ordini, sottomesso. È così, esercitiamo un potere su di lui, come su tutti gli altri animali, senza limiti ed eccezioni. Da secoli, l’uomo li ha resi schiavi. Questa dominazione non è mai stata messa in dubbio. E all’inizio di questo XXI secolo continuiamo a mangiarli, cacciarli, pescarli, addestrarli, torturarli, picchiarli, dissezionarli, ingabbiarli, sterminarli. Ci sto male fino a farne una malattia. Con quale diritto l’uomo si comporta così? La sappiamo tutti la risposta: in nome della sua intelligenza superiore. Dimostra davvero un’intelligenza superiore usando e brutalizzando i più deboli?"

La Pivot con le risposte dei vari personaggi non è brava come quando scrive i loro dolorosi racconti: tanti "mi dispiace" e
 qualche inutile "dovresti fare" o, peggio ancora, "io farei", ma scrivere aiuta e questo laboratorio è un'idea così bella da portarci a pensare a quanto ci piacerebbe se qualcuno li organizzasse davvero.

Reading Challenge 2024, traccia annuale Shopping: cartoleria

martedì 8 ottobre 2024

"L'unica figlia", Anna Snoekstra

 

Canberra, sera del 17 gennaio 2003. Rebecca Winter, 16 anni, scompare nel breve tragitto che dalla fermata del bus porta a casa sua. Unica traccia: il cellulare ritrovato sotto a un cespuglio con lo schermo spaccato.
Sidney, 2014. Una giovane donna viene fermata per taccheggio in un supermercato. Ha rubato del pane, un pezzo di formaggio e una mela, ma né al direttore né ai due agenti chiamati da lui sembra interessare sapere che lo ha fatto solo perché aveva fame. La ragazza ha paura, non può rischiare di essere arrestata, se le prenderanno le impronte digitali capiranno chi è e che cosa ha fatto... Ma all'improvviso nella sua mente prende forma una possibile via di uscita e un attimo dopo sente se stessa dire: "Mi chiamo Rebecca Winter e sono stata rapita undici anni fa".

Scritto nel 2016 è l'unico dei tre thriller pubblicati da Anna Snoekstra (Canberra, 1988) a essere stato tradotto in italiano.

Pur facendo indubbiamente parte del filone tanto sfruttato nel decennio scorso - dove la protagonista riappare dopo un lungo rapimento e in cui
la storia si sviluppa con lo scopo di farci scoprire se è davvero lei oppure no - "L'unica figlia" si differenzia perché fin dal principio sappiamo che la ragazza arrestata nel supermercato non è Rebecca.

Sa di somigliarle in maniera impressionante grazie a un servizio visto in TV e dice di essere lei per evitare la denuncia per furto, pensando di potersene poi andare come se niente fosse. Ovviamente non sarà così, dopo un paio d'ore si ritroverà su una volante della polizia diretta a Canberra dove dovrà incontrare la famiglia Winter e l'ispettore capo Vincent Andipolis, che si è occupato del caso di Rebecca fin dal principio.

Da lì comincia l'alternanza dei capitoli fra i fatti del passato (raccontati in terza persona) e quelli del presente (con la protagonista - di cui non verrà mai detto il vero nome - come voce narrante).
Si ha così un doppio thriller, capire cosa sia successo a Bec nel 2003 e vedere se la protagonista riuscirà a scoprirlo, senza tralasciare l'aspetto più importante: se qualcuno ha fatto del male a Rebecca, quel qualcuno sa benissimo che non è lei a essere tornata.

Bello, avvincente, incalzante, si ha voglia di leggerlo, di sapere ciò che non è chiaro.

Però ci sono grosse criticità: lo stile è prettamente Young Adult, nonostante il libro non appartenga a questa categoria; i dialoghi sono di una semplicità e di una banalità sconcertanti; non c'è differenza fra i ragionamenti e i comportamenti della Rebecca sedicenne del 2003 e quelli della protagonista nel 2014, che di anni ne ha 24 e che finge di essere una 27enne (l'età che avrebbe avuto Bec undici anni dopo la scomparsa); molti ingranaggi sono inverosimili; il finale avrebbe meritato qualcosa di più (maggiori dettagli di quelli che vengono forniti nell'ultimo sbrigativo capitolo che si svolge nel 2015) e qualcosa di meno (una scena finale senza senso ed evitabilissima).

Ma la Snoekstra, oltre a condannare la politica anti immigrazione del suo Paese (
"L’Australia rinchiude i richiedenti asilo nei centri di detenzione. Quando eravamo piccoli c’erano Woomera e Villawood (...) adesso li spediamo sulle isole del Pacifico, a Nauru e Manus. Là le condizioni sono terribili, vivono letteralmente nelle tende e fa un caldo assurdo. Il nuovo governo ha ordinato l’oscuramento mediatico nei centri di detenzione. È pericolosissimo cercare di scoprire cosa succede in quei posti. Il governo non vuole che lo sappiamo. Li trattengono lì per anni, anche i bambini. Mantenere aperti questi centri ci sta costando miliardi, eppure non abbiamo idea di cosa succeda lì dentro. Siamo tutti terrorizzati all’idea che queste persone siano dei mostri, e non ci rendiamo conto che siamo diventati noi i mostri."), mi ha fatto scoprire che Canberra è famosa per le sue strambe sculture, come il Silver Cushion citato nel libro:


E tante altre che ho trovato in rete, fra cui la Ainslie's Sheep:


La The Other Side of Midnight:


E la The Big Pears:


Reading Challenge 2024, traccia vagabonda ottobre: Australia

domenica 6 ottobre 2024

"Il grand tour di Nancy Moon", Sarah Steele

 

Brighton, 2017. Il funerale di nonna Peggy è finito e Florence (Flo) Connelly, 38 anni, si ritrova da sola nella casa dove ha trascorso gran parte della sua infanzia. Decide di prendersi ancora una notte prima di tornare da Seamus e dal loro matrimonio arrivato quasi al capolinea.
La ricerca della sua vecchia e amata Singer le fa scoprire una scatola nascosta in fondo all'armadio della nonna dal contenuto sorprendente: all'interno ci sono alcune buste con dentro a loro volta il disegno di un abito, il suo cartamodello, un ritaglio di stoffa, una cartolina e una fotografia. Le cartoline sono indirizzate a Peggy e rappresentano Parigi, Antibes, Capri e Venezia. Non sono mai state spedite e sono tutte firmate "Nancy", che deve senz'altro essere la bella ragazza bionda che appare nelle fotografie ripresa mentre indossa gli abiti disegnati da lei.
Ma chi è questa Nancy e perché la nonna non gliene ha mai parlato?
E' per rispondere a queste domande che Flo inizia il grand tour di Nancy Moon.

Opera prima dell'inglese Sarah Steele, un romanzo che penso possa essere molto amato da persone romantiche e sognatrici, ma che personalmente ho trovato tremendamente antiquato, anche se carino.

Se fosse stato (molto) più datato avrei accettato di buon grado lo stile affettato e il buonismo imperante, ma essendo stato scritto e pubblicato soltanto quattro anni fa ho patito l'eccesso di garbo nelle descrizioni di persone e fatti, nei dialoghi, nei comportamenti e nei giudizi.

Una linea piatta che contrasta anche con la struttura del libro dove i capitoli si alternano fra passato e presente. Non ci sono differenze fra le due protagoniste, la Nancy venticinquenne del 1962 parla, ragiona e agisce come la Flo trentottenne del 2017, tutte carine, mai sopra le righe, sempre comprensive e accomodanti.
Esasperanti in tutta questa sofisticata e garbata perfezione.

Al netto della stucchevolezza la storia raccontata è tutto sommato piacevole e ben costruita: Flo ripercorre le tappe del viaggio nel continente di Nancy, per capire chi era e quale fosse il legame con la nonna recentemente scomparsa.
Ovviamente ci riuscirà e la Steele alla fine è riuscita a far nascere anche in me il desiderio di scoprire i dettagli, oltre a quello che era già intuibile.

E' per questo che ieri sera ho letto speditamente le ultime cinquanta pagine, mentre le precedenti 350 le avevo trascinate per quasi un mese, sopraffatta dalle estenuanti descrizioni sartoriali (sicuramente un punto di merito per chi ama cucire e la moda vintage), dall'insopportabile ammirazione per il lusso e per chi lo sfoggia e dalla profonda antipatia che Flo si era guadagnata già a pagina 52, quando dà una pedata all'anziano gatto del marito chiedendosi:

 "Che razza di gatto viveva fino a diciannove anni? A cosa serviva l'eutanasia per gli animali, se a quel rognoso sacco di pulci era ancora concesso di trascinarsi per il pianeta?"!

Se avessi l'abitudine di abbandonare i libri iniziati probabilmente non sarei andata oltre.

Reading Challenge 2024, traccia annuale Shopping: negozio di abbigliamento


giovedì 3 ottobre 2024

"Non buttiamoci giù", Nick Hornby

 

Londra, notte di capodanno di un anno non precisato. Quattro persone si ritrovano sul tetto di quella che è stata ribattezzata come "la casa dei suicidi". Ognuno di loro ci è salito per onorare la nomea del luogo.
Martin, ex conduttore di "Buongiorno Inghilterra con Penny e Martin", perché da un anno ha perso tutto, moglie, figlie, lavoro, affetto del pubblico e stima degli amici.
Maureen, madre di un figlio gravemente disabile, perché non ce la fa più ad andare avanti. 
Jess, lasciata da Charles dopo un'unica sveltina, perché non riesce a immaginare di trascorrere il resto della sua vita senza di lui.
E l'americano JJ, traferitosi in Inghilterra per amore, perché ormai ha perso sia quell'amore sia il sogno di sfondare come musicista.
Ma il suicidio è una cosa seria, difficile cogliere l'attimo per spiccare il volo definitivo quando dietro hai una fila di persone che ti mettono fretta. Così, quando il momento buono passa per tutti, si ritrovano a spiegare agli altri cosa li ha condotti in quel posto.

Quarto romanzo dell'autore che leggo dopo "Febbre a 90°", "Alta fedeltà" e "Funny Girl". Questo (titolo grandioso!) è il quinto che ha scritto, nel 2005 (con lui non sto seguendo l'ordine cronologico), ed è inaspettatamente il più profondo.

Inaspettatamente perché con Hornby si sa in partenza che ci farà sorridere, ridere e/o sghignazzare, ma qui - tolte le battute e le scenette divertenti - ha messo un carico di drammaticità non indifferente su ciascuno dei quattro co-protagonisti, toccando argomenti sensibili che portano a serie riflessioni, commuovendo anche un po'.

Martin è il volto noto della TV, uno che pubblicamente auspicava pene severissime per donnaioli e adulteri finché non è stato beccato con una quindicenne e poco importa - per la legge e per la morale - se a lui aveva detto di essere maggiorenne.

Forse quando si ha tanto, o tantissimo, e si perde tutto si fa più fatica ad accettare la nuova condizione rispetto a chi non ha perso niente perché non ha mai avuto niente, come Maureen, ma lo stato vegetativo di Matty le ha prosciugato l'esistenza, al punto da renderle irrilevante che la sua religione condanni il suicidio.

A lei sembra ridicolo che una diciottenne come Jess abbia perso la voglia di vivere per un balordo di cui si dimenticherebbe in fretta se solo andasse avanti. Jess l'irriverente, Jess senza freni, Jess che non sa mettere insieme una frase se non ci infila almeno due parolacce. Ma è anche la Jess figlia e la Jess sorella di qualcuno che non c'è più.

E infine JJ, nemmeno trent'anni e tutti gli ideali infranti. Forse il personaggio che Hornby ha messo lì per poter parlare della sua amata musica, ma gli ha dato anche la passione per i libri e almeno con quelli sono riuscita a seguirlo.

"Quella stessa settimana – il giorno di Natale, a essere esatti — avevo finito Revolutionary Road di Richard Yates, che è un romanzo assolutamente pazzesco. Anzi, volevo buttarmi con quello in mano, non solo perché sarebbe stato abbastanza figo, e avrebbe dato un tocco mistico alla mia morte, ma perché poteva essere un buon sistema per farlo leggere anche ad altri."

Reading Challenge 2024, traccia stagionale crucipuzzle, autunno: zucca nel testo

martedì 1 ottobre 2024

Reading Challenge: tracce di ottobre

  


TRACCE MENSILI


Libere:
  • libri a tema Halloween
  • libri in cui almeno una scena si svolge in un cimitero
  • libri che abbiano nel titolo la parola omicidio, morte, fantasma, mistero o mezzanotte 

Traccia gioco di società: Serraglio di mostri, libri dove compaiono mostri


Traccia vagabonda:
  • Australia: L'unica figlia, Anna Snoekstra (3 punti)


I miei punti di ottobre: 3


lunedì 30 settembre 2024

"Il grande mare dei Sargassi", Jean Rhys

 

Chi ha letto "Jane Eyre" conosce Bertha, la prima moglie (creola) di Mr Rochester, la donna che lui porta in Inghilterra segregandola nella soffitta della sua magione dopo averla fatta dichiarare pazza.
Una figura inquietante, ma marginale, nel romanzo di Charlotte Bronte, mentre Jean Rhys (pseudonimo di Ella Gwendolen Rees Williams, nata in Dominica nel 1890 e morta nel Devon 89 anni dopo) ne fa la sua protagonista, raccontandone l'esistenza in questo che è a tutti gli effetti il prequel del grande classico inglese. 

La fa nascere in Giamaica negli anni Trenta dell'Ottocento e le dà un nome, Antoinette, facendo diventare quello di Bertha un'imposizione del marito. Le dà un cognome di nascita, Cosway, e le fa poi prendere quello del patrigno, Mason. Le dà una madre (pazza) e un fratellino (minorato mentale). E le dà una tenuta, a Coulibri.

Nella prima delle tre parti, tutte prive di capitoli (cosa che ha rallentato terribilmente il mio ritmo di lettura), l'autrice ci racconta la vita di Antoinette dalla nascita al matrimonio con l'inglese, che non viene mai nominato.

La seconda è la più lunga (nel mio Kindle è iniziata al 27% arrivando al 91 e mi è parsa infinita) ed è Rochester il protagonista, viene spiegato cosa lo ha portato al matrimonio con l'ereditiera e si concentra sull'ultima tappa del viaggio di nozze, iniziato in Giamaica fino all'approdo nella vecchia casa della madre di lei, immersa nella natura della Martinica.

Nella terza e ultima parte Antoinette diventa Bertha e vive reclusa in Inghilterra.

Un romanzo di cui ho sempre sentito parlare come di un capolavoro, ma che ho trovato terribilmente noioso.

Salvo la prima parte per le tematiche che tocca e che rendono indispensabile approfondire la storia della Giamaica, in particolare - per poter inquadrare al meglio il contesto della storia raccontata dalla Rhys - occorre sapere che questa si sviluppa negli anni immediatamente successivi all'abolizione della schiavitù (1834) e alla completa emancipazione degli schiavi (1838). Atti sacrosanti che però non ebbero l'effetto di dissipare l'odio fra gli ex schiavi e gli oppressori.

All'inizio il libro descrive le difficoltà della convivenza fra le varie etnie, dove non ci sono solo bianchi o neri, ma anche neri-bianchi e bianchi-neri. I creoli, o meticci che dir si voglia, come Antoinette.

"Era una canzone che parlava di una blatta bianca. Di me, insomma. Ci chiamano tutti così, noi che eravamo qua prima che la loro gente in Africa li vendesse ai mercanti di schiavi. E ho sentito delle donne inglesi che ci chiamavano negri bianchi. Così, in mezzo a voi, spesso mi domando chi sono e dov’è il mio paese e a quale luogo appartengo e addirittura perché sono nata."

Qualcosa che la Rhys - nata nei Caraibi da madre creola di origini scozzesi e da padre gallese e trasferitasi in Inghilterra a sedici anni - deve aver probabilmente sperimentato in prima persona.

Salvo anche la terza parte, perché breve e per l'atmosfera piacevolmente cupa.

E' di quella centrale che non riesco a salvare nulla: ripetitiva e onirica, le due principali caratteristiche che mi rendono pesante qualsiasi lettura e questa è stata per me un vero e proprio macigno.

Reading Challenge 2024, traccia annuale Cocktail: un libro ambientato in un paese esotico

giovedì 26 settembre 2024

"Pausa caffè con gatti", Charlie Jonas

 

Colonia, 3 maggio di un anno non precisato. Susann Siebenschön, 73 anni, dopo essersi sentita dire dal medico che l'operazione all'anca era inevitabile ha raccolto tutto il suo coraggio e ha chiamato Massimo e Cristina, proprietari dell'hotel di Ischia dove con il marito ha trascorso tante vacanze indimenticabili. Finché cinque anni prima Bertold era morto, proprio a Ischia. Tornarci sarà il modo per ricordare tutti i momenti felici vissuti insieme e dopo aver trovato una sistemazione per Mimi, la sua bellissima micia bianca, è salita sull'aereo compiacendosi per aver affidato Mimi a Leonie Beaumarchais: la sua giovane amica è proprio la persona giusta, abita vicino, vive da sola e ama i gatti. E poi è davvero adorabile. A Mimi sarebbe piaciuta.
Ma Mimi sarebbe piaciuta a Leonie?

"Di dormire non se ne parlava proprio. Mezzanotte era passata da un pezzo e Mimi, la dolce, piccola Mimi, si stava scatenando già da un’ora davanti alla porta della camera da letto. Con un gemito, Leonie si pressò il cuscino sulle orecchie, ma naturalmente continuò a sentire quello scalpiccio e il miagolio esasperato. Mimi voleva entrare, non c’era alcun dubbio."

I gatti non sono i protagonisti di questo romanzetto, come titolo, copertina e sinossi lasciano intendere, ma Mimi è semplicemente il filo conduttore fra Susann, Leonie e Maxie, la proprietaria del bar e personaggio principale della storia.

Scritto nel 2020, titolo originale "Katzencafé", è l'opera prima di una famosa, ma non dichiarata, giornalista tedesca di Colonia che ha scelto Charlie Jonas come pseudonimo.

"Colonia è un sentimento"

Dal libro traspare l'amore dell'autrice per la sua città, ma soprattutto quello per Ischia: date ai tedeschi il sogno di una vacanza al mare, baciati dal sole e cullati dal clima mite e il libro che racconta questo idillio sarà un best seller. Penso che la "Jonas" abbia  citato e descritto ogni angolo dell'isola e anch'io - che non sono certo carente di mare - ho invidiato Susann.

Ai gatti, però, non fa una pubblicità altrettanto positiva: avendone cinque, e avendone avuti altri sette, ho potuto sorridere o ridacchiare leggendo quello che combina Mimi nei primi capitoli (prima che lei e gli altri diventino solo un complemento d'arredo), ma a una persona che non li conosce le esagerazioni su notti insonni e danni casalinghi farebbero di sicuro passare l'eventuale voglia di prendere in casa un felino.

Peggio ancora un'affermazione che la "Jones" mette in bocca a Susann:

"Amo la mia Mimi, ma un uomo è qualcosa di ben diverso da un gatto"

Ma, come è d'obbligo nei romanzi rosa, il lieto fine arriva (stucchevolmente) per tutti, anche per Mimi con la sua nuova umana che la amerà senza paragonarla al suo uomo.

PS: per non far piangere un gatto di notte, come succede a Leonie nel libro, basta non precludergli la possibilità di entrare nella nostra stanza e, se lo gradiscono, nel nostro letto.
Se l'idea non piace la soluzione è semplice: non prendete animali.

Reading Challenge 2024, traccia annuale Shopping: bar


domenica 22 settembre 2024

"I segreti del Sun Down Motel", Simone St. James

 

Fell (Stato di New York), 1982. Vivian Delaney ha 20 anni e da tre mesi è arrivata a Fell dall'Illinois, da dove era fuggita dopo l'ennesimo litigio con la madre. L'idea era quella di arrivare a New York per cercare di sfondare come attrice, invece si era fermata in quella piccola cittadina dove aveva subito trovato lavoro come receptionist notturna al Sun Down Motel. Il 29 novembre entra in servizio alle 23, come ogni sera. Quattro ore dopo scompare e non si saprà più nulla di lei.
Novembre 2017. Anche Carly Kirk ha 20 anni e anche lei arriva a Fell dall'Illinois. Una fuga che è la reazione alla recente morte della madre, che se ne è andata senza voler mai raccontare alla figlia quel poco che sapeva di sua sorella Viv. Carly è cresciuta chiedendosi cosa potesse essere successo a quella zia svanita nel nulla molti anni prima della sua nascita. Ne ha fatto un'ossessione e sa che per cercare le risposte alle sue domande deve partire dal Motel. 

Scritto nel 2020, titolo originale semplicemente "The Sun Down Motel", è l'unico libro dell'autrice a essere stato tradotto in italiano oltre a "Ragazze infrante", che avevo letto a dicembre.

Simone St. James, fra le altre cose, non si distingue per la fantasia: entrambi i libri alternano due piani temporali molto distanziati fra loro; entrambi hanno per protagoniste due giovani ragazze; entrambi vedono quella del presente impegnata nella soluzione del cold case; entrambi sfruttano i fantasmi facendoli interagire con i vivi determinando e condizionando gli eventi; entrambi sono di genere horror.

Ma quello che fa orrore è il modo in cui sono stati scritti.

In questi casi, per fortuna rari, mi chiedo sempre se la colpa sia dell'autore o del traduttore. Qui mi sento di attribuirla alla St. James, penso sia difficile incappare in due pessime traduzioni fatte da persone diverse.
Ma mi chiedo quanto possa intervenire chi traduce e chi fa l'editing, cioè se abbiano la facoltà di eliminare le frasi inutili e idiote ("Sentii l’eccitazione frizzare dentro di me, come se avessi l’Alka-Seltzer nel sangue") e, soprattutto, se non sia un loro dovere correggere.

In "Ragazze infrante" c'erano gravi errori nella coniugazione dei verbi, ma in questo la scrittura è ancora più brutta, soprattutto nelle parti riguardanti il presente dove Carly, la narratrice, fa un pessimo uso del passato remoto.

Non è ammissibile pagare per leggere un libro che mio nonno con la sua quinta elementare avrebbe scritto meglio.

Un aspetto grave su cui è impossibile sorvolare e che penalizza una storia che - tralasciando coincidenze ed esagerazioni - non sarebbe stata affatto male (fantasmi a parte, ma di questo non mi lamento, sapevo di non aver comprato un semplice thriller).

Reading Challenge 2024, traccia vagabonda settembre: Canada

venerdì 20 settembre 2024

"Attenti all'intrusa!", Sophie Kinsella

 

"Greenoaks non è una vecchia casa come tante. È incredibile. Ha una personalità. Ha una torretta! Una finestra con i vetri colorati. I visitatori spesso la definiscono eccentrica o bizzarra o si limitano a esclamare: Wow!
E sì, okay, ci sono anche pochissime persone meschine e ignoranti che la definiscono brutta. Ma sono cieche e hanno torto."

Sussex (Inghilterra), giugno di un anno non precisato. Cosa ha portato Euphemia (Effie) Talbot a nascondersi fra gli arbusti del giardino della casa di famiglia, completamente vestita di nero come una ladra, cercando di cogliere il momento giusto per entrare di nascosto? 
Le sue preziose matrioske, ricevute in regalo al suo quarto compleanno e che per lei rappresentano la famiglia Talbot: suo padre Tony, la sua matrigna (ma madre a tutti gli effetti) Mimi, sua sorella Bean, suo fratello Gus e infine lei, Effie, la piccola di casa.
E' passato tanto tempo da quel compleanno, ormai Effie è una giovane donna, ma l'età adulta non l'ha aiutata ad accettare la separazione dei suoi genitori annunciata a dicembre di un anno e mezzo prima durante il pranzo di Natale, né tanto meno la nuova relazione del padre con una quarantunenne che posta sui social fotografie che li ritraggono nella vasca da bagno ricoperti solo di schiuma! E l'ultima notizia tragica è stata quella della vendita di Greenoaks!
Effie è stata risoluta nel non accettare l'invito/non invito alla sfarzosa festa di addio alla casa organizzata da Krista, finché non si è ricordata che aveva nascosto le matrioske per metterle al sicuro dai ladri. Il suo piano è semplice: entrerà di soppiatto, le recupererà e se ne andrà senza che nessuno si accorga di lei.
Ovviamente non andrà così e i dieci minuti previsti per il raid diventeranno un lungo week-end che cambierà molte cose.

Scritto nel 2021, è il primo romanzo dell'autrice che leggo dall'annuncio della sua malattia dato lo scorso aprile, un pensiero che ha aleggiato costantemente sopra alle pagine lette offuscando non poco il tono scanzonato della storia, tipico dello stile Kinsella.

Effie è il prototipo della sua protagonista: tenera e capricciosa, viziata e affettuosa, cocciuta e coinvolgente, presuntuosa e arrendevole. Personalità sfaccettate in cui non mi sono mai ritrovata, anche (e soprattutto) per via dell'età: perché io invecchio, mentre il target dei libri resta sempre lo stesso e mira alle trentenni o giù di lì.

Essendo un chick lit c'è naturalmente molto rosa con l'immancabile lieto fine generale e ci sono tante situazioni paradossali (a cominciare dalle matrioske: davvero c'è chi le regala a una bambina di quattro anni?!?), ma la Kinsella - al di là dell'importanza che si possa dare o meno a questo genere di libri - ha il grande pregio di scrivere bene, particolare che non bisogna mai dare per scontato, come mi ricorda in ogni frase il terribile thriller che ho in lettura in questi giorni!

Reading Challenge 2024, traccia annuale Shopping: fioraio



lunedì 16 settembre 2024

"Il traghettatore", William Peter Blatty

 

New York, anni Novanta, inizio giugno. Elsewhere è un edificio in pietra grigia a pianta rettangolare, con tetti spioventi e merlature che ricordano quelle degli antichi castelli. A renderla particolare è il luogo in cui è stata costruita, nel 1937: su un isolotto al centro del fiume Hudson. A renderla invendibile, invece, è la sua fama di casa infestata.
Joan Freebord, 34 anni, brillante agente immobiliare, allettata dalla prospettiva di una provvigione a sei zeri, accetta l'incarico di riabilitarla. Trascorrerà cinque giorni nella casa con un professore esperto di fenomeni paranormali, una sensitiva e un amico scrittore: i primi due dovranno appurare che non ci sono fantasmi, quindi il terzo dovrà scrivere un reportage che - grazie al prestigio datogli dal Pulitzer - non temerà smentite.
Ma il piano di Joan inizierà a vacillare già dalla prima sera...

"L'esorcista", letto da ragazza, è in assoluto il libro che più mi ha spaventata: nonostante avessi già visto il film più di una volta, in alcuni passaggi era riuscito a terrorizzarmi e non esagero.

"Il traghettatore", scritto da Blatty nel 2009, non si avvicina neppure lontanamente al livello dell'altro, ma un po' di strizza qua e là me l'ha messa eccome.

Ne rimandavo la lettura da anni per "colpa" di mia sorella, che lo aveva trovato così noioso da riuscire a finirlo con fatica, e credo sia anche merito suo se invece a me è piaciuto: come quando una persona ci viene descritta in maniera talmente negativa che poi, faccia a faccia, non ci sembra tanto male.

Il libro di difetti ne ha e non sono di poco conto.

In particolare non ha nulla di originale, ma scrivere un horror incentrato su una casa infestata senza inscenare sedute spiritiche, rumore di passi, presenze evanescenti e colpi sui muri lo definirei più impossibile che difficile. Ovviamente non mancano il temporale e l'isolamento totale.

Anche lo stile ha parecchie criticità con personaggi un po' troppo stereotipati, dialoghi superficiali e spesso banali, e descrizioni più adatte a un romance che a un horror ("Calda e misteriosa, come un prato pieno di fiori scuri, una voce roca galleggiò nella stanza accompagnata dal soffio di un’emozione indefinita, simile all’eco di un’estate di grazia perduta da troppo tempo.").

E poi c'è il finale, che ricorda moltissimo quello di un celebre (e meraviglioso) film (che non cito per evitare lo spoiler), ma se a mente fredda mi rendo contro che non ha nulla di strabiliante, a caldo mi ha conquistata e, non avendolo intuito in precedenza, ho potuto gustarmi pienamente la sorpresa. 

Reading Challenge 2024, traccia stagionale crucipuzzle, estate: mare nel testo