venerdì 24 novembre 2023

"L'amore è un dio. Il sesso e la polis", Eva Cantarella

 

Chi era il dio dell'amore per gli Antichi Greci? Qual è la storia del Vello d'Oro? Perché venne costruito il labirinto? Medea era una vittima o una serial killer? Cosa portò Edipo a sposare sua madre?

Sono solo alcune delle domande a cui Eva Cantarella risponde in questo saggio scritto nel 2007 e gemello di "Dammi  mille baci" (del 2009) che avevo letto ad aprile.
Se dell'Antica Roma ho solo una nozionistica di base, frutto di letture e di trasmissioni televisive come quelle di Alberto Angela, con la Grecia Antica la mia ignoranza è abissale.
Ma credo che non sia solo per questo se ho trovato questo saggio molto più complesso dell'analogo sui romani.

L'autrice nella prefazione spiega che l'idea dei due saggi era nata in seguito alla trasmissione radiofonica "Sex and the polis" del 2005 dove, nelle varie puntate, raccontava come gli antichi vivevano l'amore, la sessualità, le emozioni, il matrimonio e la famiglia. La Cantarella definisce sia la serie radiofonica che questo libro per non specialisti e spiega di aver omesso le note perché "il pubblico cui è diretto non ne prova il bisogno": sbagliato! Io le avrei gradite tantissimo.

Poi prosegue scrivendo di sperare che "chi lo leggerà, al termine della lettura senta il desiderio di conoscere meglio i nostri antenati. Se così sarà, vorrà dire che avrò raggiunto l'obiettivo che mi prefiggevo". Quindi il suo fine era quello di incuriosire? Con me c'è riuscita solo a livello teorico perché - se da un lato vorrei senz'altro colmare almeno le lacune maggiori - dall'altro tutto quel bombardamento di nomi, gesta e intrecci familiari mi ha spaventata al punto da farmi pensare che posso continuare a vivere tranquillamente senza conoscere le dinamiche delle intricate faccende che ruotano attorno agli dei dell'Olimpo.

Questa è la grande differenza che ho riscontrato fra i due saggi: "Dammi mille baci" descrive come veniva vissuto il sesso nell'Antica Roma, quali fossero i rapporti leciti e quelli vietati (e perché); parla di prostituzione, omosessualità, discriminazione, violenza; spiega come i romani classificavano l'amore e quali erano le dinamiche all'interno delle famiglie.
Si parla di credenze solo per spiegare come l'avvento del cristianesimo abbia cambiato gli usi precedenti.

Invece nella prima metà de "L'amore è un dio" i protagonisti sono gli dei ed è su di loro che torna anche nell'ultimo capitolo, riservando quindi alle abitudini dei comuni mortali una parte minore.
Certo anche raccontando i miti si apprendono nozioni della vita reale dell'epoca, ad esempio con Apollo che nell'Areopago ricorda ai giudici che il vero genitore è il padre, mentre la madre ha un ruolo secondario nella riproduzione, ma il saggio ha comunque un'impostazione diversa da quella che mi aspettavo e che mi ha messa in difficoltà, finendo con il coinvolgermi in maniera limitata.


Reading Challenge 2023, traccia annuale di novembre: quattro libri con una parola in comune nel titolo (ho scelto "amore")

martedì 21 novembre 2023

"Le aquile della notte", Alice Basso

 

Torino, 30 settembre 1935. Mentre l'Italia si sta preparando all'invasione dell'Etiopia, Anita vive con angoscia quel lunedì autunnale per un motivo ben diverso: deve andare insieme alla madre a scegliere il suo abito da sposa! Mancano soltanto due mesi e mezzo alla data fissata, mentre alla ragazza manca lo stato d'animo che ci si aspetterebbe di trovare in qualcuno prossimo alle nozze.
A non mancarle è la voglia di lavorare, per cui è ben felice di dover seguire il suo capo, Sebastiano Satta Ascona, nelle Langhe, dove lui - non altrettanto felicemente - dovrà accodarsi alla fidanzata Mavi e ai futuri suoceri per il tempo della vendemmia del Nebbiolo.
Ma i bei boschi piemontesi non offrono ad Anita soltanto aria pulita e magnifici colori: quattro giorni dopo il loro arrivo un ragazzo viene ucciso e lei non può ignorarlo perché Nicola - detto Airone - faceva parte del gruppo di scout resistenti che si radunavano nel bosco nonostante i divieti del regime fascista e che lei aveva incrociato per caso all'alba del suo primo risveglio in campagna.

Quarta puntata (e, tirando a indovinare, direi penultima) della serie con protagonista la dattilografa Anita Bo. A maggio, quando il libro era stato pubblicato, avevo letto l'intervista rilasciata dall'autrice a Il libraio dove - ironizzando su chi apostrofa il suoi romanzi come dei gialli-rosa - ribatte con un "sono arancioni". Ma gialli-rosa è già una definizione di tutto rispetto: in realtà sono dei gialletti rosa, con molto contorno ai crimini e con una risoluzione dei casi teatralmente amatoriale.

Basta saperlo per non restare delusi e per questo continuo a leggere Alice Basso, trovando i suoi libri piacevoli e simpatici (tranne quando se ne esce con affermazioni che possono risultare spiritose solo per chi, evidentemente come lei, considera gli animali degli oggetti: "Incredibile la poesia di un salame sfettato su un tagliere, quando lo guardi con gli occhi dell’appetito.").

Di questa serie, però, continuo a patire la superficialità con cui viene descritto il periodo storico ed è un peccato perché la 
Basso
 è grandiosa nel deridere il fascismo (a proposito della guerra d'Etiopia: "La maggior parte della gente è contenta. Questi deficienti. Son felici. Di andare in guerra, rischiare la pelle, e di accoppare poveretti che non hanno nessuna colpa, se non quella di abitare in un posto che interessa al Duce. Sono tutti allegri, dicono che avremo un impero coloniale anche noi.") ed è brava in rimandi e citazioni, da Fenoglio al gruppo delle Aquile randagie, a cui si è ispirata per il suo gruppo di scout resistenti, ma poi dà ai suoi protagonisti (che hanno la pretesa di essere antifascisti) una quotidianità gradevole e frivola di cui nel Ventennio fascista godevano solo i fascisti, gli opportunisti e i remissivi.

Bella la storia, romantico ritrovarsi in una cantina delle Langhe a suonare/ascoltare musica jazz, eccetera eccetera, ma se già nel '35 ci fosse stata più gente pronta a ribellarsi imbracciando un fucile (e non "solo un fucile", come la Basso fa dire ad Anita!) e non una tromba, forse qualcosa di brutto l'Italia se lo sarebbe risparmiato.

All'indomani dell'esito delle elezioni in Argentina il mondo fa sempre più paura.

Reading Challenge 2023, traccia stagionale, autunno: un libro che contiene la parola "autunno" nel testo

domenica 19 novembre 2023

"I fantasmi del mare e altre storie maledette", Giancarlo Costa


Nel luglio 2021 avevo letto quel capolavoro che è "Dal Titanic all'Andrea Doria. Storia di naufragi del XX secolo", in cui l'autore descrive i maggiori disastri avvenuti in mare nel secolo scorso ai danni di navi e di sommergibili.
In questa breve antologia (152 pagine) Costa racconta storie inquietanti e misteriose legate alle navi, fornendo là dove rilevanti informazioni sul contesto storico (ad esempio i difficili rapporti fra Russia e Giappone all'inizio del secolo scorso che portarono al conflitto del 1905) e descrivendo come in passato (anche un passato non troppo remoto), a causa della miseria, i naufragi rappresentassero un colpo di fortuna per gli abitanti delle coste che dalla nave recuperavano tutto, alcuni facendo anche fortuna grazie ai relitti.

"I marinai erano gente che viveva in un ambiente perennemente ostile, esposti a tutti i pericoli possibili e immaginabili, senza la possibilità di comunicare con le famiglie per anni, talvolta per decenni, cercavano un aiuto psicologico nella religione e, soprattutto, nella superstizione, pronti a credere e a diffondere loro stessi, dopo averli ingigantiti, fatti ed eventi assolutamente impossibili."

Abbiamo così navi dei morti, navi assassine, navi vendicative e, naturalmente, navi infestate da fantasmi.

La prima storia è quella del Baychino, una nave a vapore che dal 1921 per una decina d'anni fu attiva nel Mar Glaciale Artico finché il 1° ottobre del 1931 rimase intrappolata a nord-ovest dell'Alaska. Quando il ghiaccio si sciolse abbastanza per liberarla i marinai e il comandante si erano accampati sulla banchisa da un pezzo e la nave iniziò a navigare alla deriva attirando tempeste ogni volta che qualcuno cercava di salirvi a bordo.

Si procede con brevi racconti di golette alla deriva - come la Carroll A. Deering, che nel 1921 durante una mareggiata finì con l'incagliarsi sui pericolosi scogli di Diamond Shoals - e di "cimiteri galleggianti", come la Marlboroug e la Abbeys Hart, definite così perché venivano ritrovate con a bordo l'equipaggio ridotto a scheletri, cosa non sorprendente considerando le condizioni di vita sulle navi, luoghi ideali per contagi ed epidemie, ma che all'epoca apparivano come eventi terrificanti andando a ingigantire la superstizione comune.

Ci sono vicende anche più recenti, come quella che riguarda la Scharnhorst, nave da battaglia della Marina del III Reich, che dalla costruzione nel 1936 (quando si rovesciò uccidendo sessanta persone e ferendone quasi il doppio) fino all'affondamento nel Mare del Nord nel 1943 (dei 1968 uomini dell'equipaggio se ne salvarono soltanto 36), collezionò una serie interminabile di disgrazie, in gran parte dovute alle azioni belliche, ma così frequenti da avvalorare le fantasiose tesi dei superstiziosi.

Quasi un secolo prima un'altra nave collezionista di sfortune (tali da mandare in rovina tutti i finanziatori) fu la Great Eastern, all'epoca concepita per diventare la nave più grande del mondo: dalle difficoltà del varo all'esplosione di un fumaiolo durante il primo viaggio in mare. Sul misterioso martellare contro le lamiere che si udiva prima di ogni incidente si fecero infinite congetture, ma in seguito a uno squarcio e ai conseguenti lavori di riparazione si scoprì che il rumore proveniva da un anello di ferro fissato male che oscillando batteva nella carena, senza bisogno che nessun fantasma lo muovesse.

Ma i mari abbondano di leggende sui fantasmi: il marinaio senza testa del brigantino norvegese Squando, responsabile della morte di quattro capitani; il fantasma in uniforme della nave passeggeri Llanstephan Castle, che spingeva le sue vittime in mare; lo spettro di un gatto nero che a bordo della Nancy Hanks annunciava le tempeste; i due fantasmi della nave cisterna Watertown; quello di una donna che puntava sempre un dito verso il cielo sul piccolo vapore HMS Asp.
Alla fine del Settecento nel Pacifico aleggiava anche uno spettro senza fissa dimora (e senza mascella), Ladylips, che appariva a bordo delle navi in difficoltà.

C'erano, poi, intere navi fantasma (spesso in fiamme), che le leggende facevano ricomparire sui luoghi dei naufragi passando attraverso a quelle reali in transito (una addirittura lungo il fiume Hudson). Ma non sempre l'apparizione di navi fantasma era vista come un presagio di disgrazia: c'erano anche superstiti che raccontavano di essersi salvati dal naufragio proprio grazie all’intervento di navi fantasma o di spettri. E per i tedeschi c'era anche il Klabautermann, un folletto protettore.

Alcuni capitoli sono dedicati a episodi che non hanno nulla di paranormale, come quello della Octavius che rimase intrappolata nei ghiacci artici: quando l’11 agosto del 1775, undici anni dopo la sparizione, venne incrociata dalla baleniera americana Herald, gli uomini saliti a bordo trovarono il comandante e l'equipaggio tutti morti assiderati. Anche la nave olandese Ourang Medan venne ritrovata nel golfo del Bengala piena di cadaveri. Ma in entrambi i casi nessun fantasma.

Altro mito sono gli spettri che si presentavano a un parente per annunciare la propria morte avvenuta in mare a migliaia di chilometri di distanza o quella della persona che ne riceveva la visita.

"Polene" è il titolo di un altro libro che Giancarlo Costa ha pubblicato nel 2005. Qui dedica un capitolo a queste sculture, che per i marinai rappresentavano l’anima della nave, quasi a livello religioso. Una di esse, recuperata nel mio mar Ligure nel 1783, rappresentando una Madonna col Bambino, è stata messa sull'altare della chiesa San Giacomo di Corte a Santa Margherita Ligure, mentre un'altra polena "assassina", Atalanta, si trova nel Museo Navale di La Spezia.

Negli ultimi capitoli Costa parla delle superstizioni egizie, dei fantasmi di persone morte in mare che però preferivano apparire lungo le coste e di isole misteriose, da Atlantide alla Ferdinandea.

In definitiva una buona lettura, non paragonabile al libro sui naufragi, ma interessante. Uno di quei testi da leggere con accanto un dispositivo collegato alla rete per poter... navigare anche con le immagini.


Cape Lookout (North Carolina)


Tevennec (Bretagna)

Reading Challenge 2023, traccia annuale di settembre: cinque libri di autori dello stesso sesso

mercoledì 15 novembre 2023

Reading Challenge 2024

   

Manca un mese e mezzo alla fine dell'anno e della Challenge 2023, ma sul blog di Claudia (Toglietemi tutto, ma non i miei libri) sono già aperte le iscrizioni per la sfida 2024.

Anche quest'anno ogni mese Claudia proporrà tre tracce, ma non saranno più collegate fra loro (sistema che non tutte hanno gradito).

Ci saranno altre due tracce mensili:

- la traccia gioco di società, che sarà legata al gioco scelto da Claudia, ogni mese uno diverso (esempio: Monopoli -> libri con una casa in copertina);

- la traccia vagabonda: ogni mese ognuno sceglie uno Stato (che non potrà ripetersi nel corso dell'anno) e andranno letti libri di autori di quella nazionalità.

Ci saranno le abituali tracce annuali, quella di gennaio scelta da Claudia, poi di volta in volta a decidere sarà la casata vincente del mese precedente.

Infine la traccia crucipuzzle di cui sono particolarmente orgogliosa perché è una mia idea: all'inizio di ogni stagione Claudia pubblicherà un crucipuzzle e si potranno leggere fino a un massimo di dieci libri collegabili alle parole del puzzle.

Come sempre ricordo che l'unico vincolo è quello collegare i libri letti a una traccia, se tanti o pochi dipende da quanto si riesce a leggere, senza obblighi.

Per iscriversi bisogna farlo nel post di Claudia che ho linkato in alto e si può anche scegliere la casata di appartenenza, la mia è L'ordine della Fenice.



martedì 14 novembre 2023

"Dieci motivi per uccidere", Raffaele Malavasi

 

Genova, inizio maggio 2018. Sono trascorsi soltanto tre mesi dagli omicidi di Sparzi quando l'ispettore capo Gabriele Manzi e la sua squadra si ritrovano a indagare su altri omicidi avvenuti nell'entroterra della città. Prima a Masone, tre giorni dopo a Busalla. Il modo in cui le due vittime sono state uccise e quello in cui i cadaveri sono stati ricomposti rendono evidente che Vittorio Bianchi, il Mostro del Nord-Ovest che tre anni prima aveva ucciso sette persone nel triangolo Torino-Milano-Genova, ha un emulatore.
Bianchi è rinchiuso nel carcere di Marassi, dove ha ricevuto pochissime visite.
Forse per trovare qualche collegamento con il presente bisogna scavare nel suo passato: è quello che fa Orietta Costa, giornalista del Secolo XIX, che passando i rassegna gli articoli di tre anni prima nota qualcosa, o qualcuno, in una foto scattata durante il processo a Bianchi.
Ed è quello che non ha mai smesso di fare Goffredo "Red" Spada, che continua a non trovare risposte certe riguardo ai fatti che all'inizio del 2016 portarono al rapimento e alla successiva uccisione di sua moglie Anna.

Con tutti gli arretrati che ho, raramente leggo libri novità, ma per questo di Malavasi (uscito a settembre) ho fatto volentieri un'eccezione.
Come l'autore aveva anticipato nei ringraziamenti alla fine del precedente romanzo, "Dieci motivi per uccidere" chiude la serie che ha per protagonista Goffredo "Red" Spada.

Cinque titoli ("Tre cadaveri", "Due omicidi diabolici", "Sei sospetti per un delitto", "Undici morti non bastano" e infine questo) che vanno rigorosamente letti in ordine cronologico, pena non capire nulla. Perché nei libri di Malavasi la trama orizzontale è il centro di tutto. Anche nei primi quattro romanzi della serie, che hanno ciascuno la loro trama verticale con situazioni autoconclusive, la storia del Mostro del Nord-Ovest e la conseguente uccisione della moglie di Spada, per quanto possano sembrare marginali, in realtà sono colonne portanti. Di libro in libro emergono svariati tasselli che portano al quadro completo, quello a cui si giunge solo a pagina 352 (l'ultima) di questo capitolo conclusivo.

Questa volta Malavasi nei ringraziamenti dice che qualche lettore, dopo aver appreso la sua intenzione di chiudere la serie, si è lamentato: "Ma perché dopo solo cinque episodi arrivare già alla conclusione?"
Invece, secondo me, ha fatto benissimo, anzi, la storia di Anna, Manfredini, Castello, eccetera, è stata tirata fin troppo per le lunghe e infatti si arriva alla fine senza che tutte le carte scoperte siano sorprendenti, come avrebbe potuto essere se Malavasi ci avesse ricamato sopra un po' meno.
"Troppo", l'aggettivo che avevo definito adatto per descrivere "Undici morti non bastano", è calzante anche per la trama orizzontale della serie, esageratamente ingarbugliata, tanto da generare confusione in fase di lettura.

Nei ringraziamenti dice anche che "pur avendo idea della struttura generale della storia, in gran parte l'ho scoperta strada facendo, a volte con grande sorpresa". Male. Sono d'accordo con quanto dichiarato da John Grisham in una recente (e bella) intervista rilasciata a "Il venerdì di Repubblica": quando scrive un libro sa in partenza come andrà a finire. Credo che questo sia un buon sistema per non fare giri a vuoto, col rischio di perdersi (o di ripetersi), come è successo a Malavasi qua e là.

Ci sono anche alcune cose poco verosimili (ad esempio che Orietta noti per caso un particolare ignorato da tutti in una foto
 risalente a tre anni prima facendo centro) e una certa spacconeria maschile tutta da dimostrare (regalando a Red una prestazione sessuale da "domani non cammini").
E, dall'alto dei miei quasi 54 anni (fra undici giorni), magnanimamente sorvolo sul quel "tardona" che Malavasi affibbia a una dipendente della biblioteca Berio che colloca fra i cinquanta e i sessanta!!
Ma lo ringrazio per avermi sbloccato un ricordo dell'infanzia:


Quanto amavo quei fascicoletti!!

E ora inizia l'attesa perché, nonostante le critiche, non vedo l'ora di leggere il prossimo romanzo di Malavasi. Sempre nei ringraziamenti accenna al fatto che uno o più personaggi presenti in questa serie potrebbero ricomparire, "desiderosi di far sentire una parte della loro storia che non è stata del tutto raccontata".
E qui faccio di nuovo un pronostico: sarà Orietta Costa.

Reading Challenge 2023, traccia annuale di settembre: cinque libri di autori dello stesso sesso

domenica 12 novembre 2023

"Oltre ogni ragionevole dubbio", Francesco Caringella



Polignano a Mare, nella notte fra il 4 e il 5 gennaio 2018 un uomo e una donna prendono qualcosa di voluminoso dal bagagliaio dell'auto e lo buttano in mare dalla scogliera.
Bari, 30 luglio 2019. Il processo contro Antonella Altavilla e Giulio Maselli è alle battute finali. Quando il Pubblico Ministero chiede l'ergastolo agli otto componenti della Corte d'Assise non resta che ritirarsi e iniziare il dibattimento per decidere il destino dei due imputati.
L'accusa è di omicidio premeditato. La vittima, Michele De Benedictis, era il marito di lei.
I due negli Stati Uniti non sarebbero stati processati perché il corpo non è mai stato ritrovato, ma l'Italia non poteva concedere questo favore alla mafia.
In questo caso nessuno ha dubbi circa la morte di De Benedictis ed è chiaro che sia stato ucciso: ma da Antonella o da Giulio?

Dopo la partenza negativa con "Non sono un assassino" e il pareggio raggiunto con "Dieci minuti per uccidere", questa terza lettura di Caringella segna il gol del 2-1 per i titoli promossi.

Scritto nel 2019 (finalmente in terza persona, a differenza degli altri due), si divide in quattro parti (più prologo ed epilogo) che sono il conto alla rovescia del tempo che manca al raggiungimento del verdetto. Quindi un'altra struttura originale che, scavalcando indagini e processo, ci porta dalla scogliera del prologo direttamente in Camera di Consiglio insieme ai quattro uomini e alle quattro donne della Corte d'Assise, con le certezze di alcuni e i dubbi di altri e dove la domanda principale è: senza la certezza assoluta ("In America la chiamano smoking gun, la pistola fumante, la fotografia che ritrae l'imputato nell'attimo in cui spara") è preferibile rischiare di assolvere un colpevole o di condannare un innocente?

Caringella fa ripercorrere ai giudici i fatti e poi le prove, ponendo il focus su Virginia Della Valle, colei che presiede la Corte, un personaggio inaspettatamente insicuro, poco in linea con la lunga carriera e il ruolo che ricopre. Questo non mi è piaciuto: indebolire la figura professionale di una donna a causa dei suoi personali tormenti interiori. Con un Virginio dubito che ci sarebbe stato questo risvolto nella storia.

Ma la vicenda gialla è coinvolgente, un buon libro per gli amanti del genere procedurale e con un finale inaspettato, ma solo se non si sta particolarmente attenti ai dettagli e, ovviamente, io mi sono rovinata il colpo di scena.

"L’uomo è la bestia più brutta che esista, la più abbietta, l’unica che ammazza per interesse o divertimento"

Reading Challenge 2023, traccia annuale di settembre: cinque libri di autori dello stesso sesso

martedì 7 novembre 2023

"L'ultima briscola. Ovvero, quando i nodi vengono al pettine", Renzo Bistolfi

 

Sestri Ponente (Genova), un mercoledì sera di inizio novembre del 1959. Piove da alluvione: in poche ore viene giù talmente tanta acqua da far uscire dagli argini i tanti torrenti della zona, dal Chiaravagna al Polcevera. Al risveglio i genovesi si armano di secchi, pale, scope robuste e di tutto il necessario per ripulire la città da fango e detriti. Non è la prima volta. Non sarà l'ultima.
Al maresciallo capo Primo Galanti spetta un compito che non prevede sforzi fisici, ma ben più pesante: la conta dei dispersi. Dieci, ma è un numero destinato a salire. E infatti diventano subito dodici: non si hanno notizie di Benedetto Ferrero, uno dei piemontesi che ogni mercoledì sera si ritrovano per giocare a briscola, e di Angelo Barattero, che invece in quello stesso giorno della settimana ha l'abitudine di andare a cena dalla sorella.
Il primo dopo la briscola non è tornato a casa, il secondo una casa non ce l'ha: nullafacente, vive in una grotta sul monte Gazzo, scende raramente e, nonostante non parli mai con nessuno, a Sestri tutti lo conoscono: è Angiou, l'eremita.
Il mare restituisce in fretta il corpo del Ferrero e le otto ferite da arma da taglio rendono evidente che non è stato vittima dell'alluvione. E non sarà l'unico morto ammazzato della storia.

Quando di un autore mi piacciono tematiche, stile, ambientazione (sia fisica che temporale) e caratterizzazione dei personaggi, leggendo i suoi libri mi diventa difficile dire quale mi sia piaciuto di più, ma questa volta sento di potermi sbilanciare. Quello che non posso fare, per non fare spoiler, è dire perché abbia preferito questo agli altri sei precedentemente scritti da lui e letti da me (con Bistolfi sto seguendo rigorosamente l'ordine cronologico).

Mi limito a dire che è stata la tematica a farmi innamorare di questo romanzo, non una novità per l'autore che non per la prima volta ha raccontato eventi vissuti anche dai miei familiari. In particolare il capitolo 45° mi ha fatto sentire come se Bistolfi fosse un mio parente e mi stesse raccontando cose che avevo già sentito da mio nonno, che avrebbe adorato questo libro e un personaggio in particolare.

Ce n'è un altro di eccezionale, Angiou, un uomo che pur non avendo nulla è molto più ricco della maggior parte di noi:

"Ma perché era necessario uccidere? Lui non aveva mai ucciso nessuno, neanche un ragno, non mangiava carne, non uccideva nemmeno i topolini che gli rosicchiavano le provviste e talvolta il pagliericcio di foglie."

Angiu e la sorella sono anche i soli personaggi sestresi, cosa insolita per un romanzo di Bistolfi: i giocatori di briscola sono tutti originari del Monferrato, Primo Galanti è siciliano, ci sono alcuni toscani...
Ma c'è Genova per farmi sentire a casa: zone e strade che conosco, compreso il trivio di san Giacomo, un incrocio che era il mio incubo quando da ragazza, fresca di patente, andavo a vedere giocare la squadra di basket di Genova sulle alture di Borzoli. Una sera avevo anche rigato la fiancata dell'Opel di mio padre strisciando contro il cancello di ingresso!
Le nostre espressioni colorite, da un "porco belino d'una scalogna marcia" a un "porca d'una bagascia impestata".
E ancora: la mia Sampdoria, l'ospedale di Sampierdarena dove sono nata e Pegli, il quartiere dove vivo e che confina con la Sestri Ponenete di Bistolfi.
C'è addirittura la valle dell'Orba, dove abita mia sorella.

E ci sono tante verità.

"Avete presente quei bambini cattivi d’animo che provano piacere a strappare le ali alle mosche, a tagliare la coda alle lucertole? Quei bambini lì quando diventano grandi, se si trovano nelle condizioni di avere per le mani la vita degli altri, di poter trattare la gente come mosche o lucertole sicuri di non essere castigati, lo fanno. Eccome, se lo fanno! Il mondo è pieno di bastardi così. Basta che le condizioni lo permettano e loro sono pronti a tagliare a fette il prossimo."

Reading Challenge 2023, traccia annuale di settembre: cinque libri di autori dello stesso sesso

giovedì 2 novembre 2023

"Il caso Cianciulli. La Saponificatrice di Correggio", Maurizio Garuti

 

Si dice che per essere classificati come serial killer occorra ammazzare almeno tre persone.
Faustina Setti, Clementina Soavi e Virginia Cacioppo: questi sono i nomi delle tre vittime di questa storia, morte fra il dicembre 1939 e il novembre 1940.
Leonarda Cianciulli è, invece, il nome dell'assassina, passata alla storia non tanto per il numero delle persone che ha ucciso, ma per il modo in cui si sbarazzava dei corpi.

La Cianciulli è uno dei miei più vecchi ricordi: per qualche inspiegabile motivo, mia madre ne parlava piuttosto spesso a me e a mia sorella quando eravamo bambine. Essendo morta da venticinque anni non ho modo di chiederle perché cacchio lo facesse... Mia sorella, che ha cinque anni e mezzo più di me, non se lo ricorda, figurarsi io che ero ben più piccola!

Forse c'entrava il fatto che subito dopo l'arresto della moglie e del primogenito, Raffaele Pansardi si trasferì qui a Genova con i due figli minori, raggiunto in seguito anche da Giuseppe. E la famiglia, oggi interamente estinta, non lasciò più la mia città.

Comunque sia, quel che è certo è che - fra una madre che mi parlava di corpi trasformati in sapone quando avevo quattro o cinque anni e una sorella che mi leggeva Edgar Allan Poe quando ne avevo sette - devo congratularmi con me stessa per essere arrivata alla soglia dei 54 senza aver (ancora) fatto fuori qualcuno!

Questo per spiegare come l'uscita di questo libro (nel maggio scorso), grazie alle mie stravaganze familiari, mi abbia colpita; ancora di più trovarlo dopo un paio di mesi su Vinted a un prezzo bassissimo.

Per quanto sia orribile dirlo di fatti così macabri realmente accaduti, è stata una lettura piacevolissima e molto interessante. Maurizio Garuti, nato nel 1948 in provincia di Bologna, ha a
ll'attivo molti titoli fra romanzi, racconti, satire e testi teatrali e con questa prima lettura mi ha fatto senz'altro venire voglia di non fermarmi qui.

I fatti avvengono in piena epoca fascista, a Correggio, a cavallo dell'entrata in guerra dell'Italia, una Guerra Mondiale durante la quale la scomparsa di una persona poteva anche essere spiegata con un allontanamento volontario verso posti ritenuti più sicuri. Invece le sparizioni portavano tutte al terzo piano della casa all'11 di via Cavour...

Molto bravo Garuti che, dando al racconto la veste di romanzo (ma riportando "quasi alla lettera i dati emersi dalle indagini, dal processo e dalle numerose ricerche sul caso Cianciulli") e assegnando il ruolo di protagonista al commissario capo Federico Serrao, incaricato delle indagini dalla questura di Reggio Emilia, è riuscito a creare suspense pur raccontando fatti noti, con un finale degno di un ottimo thriller.


La Cianciulli non ricavò neppure una saponetta mignon dai corpi delle tre malcapitate: l'intenzione era quella, ma cannava le dosi di acqua e soda caustica!

Reading Challenge 2023, traccia annuale di settembre: cinque libri di autori dello stesso sesso

mercoledì 1 novembre 2023

Reading Challenge: le tracce di novembre

 


TRACCE DA COLLEGARE


A - 
Uno o più libri con la copertina brutta
B - Uno o più libri con almeno quattro stelline su Amazon
C - Uno o più libri con un volto in copertina


09. Cinque libri di autori dello stesso sesso (13 punti)
  • Il caso Cianciulli. La saponificatrice di Correggio, Maurizio Garuti
  • L'ultima briscola. Ovvero, quando i nodi vengono al pettine, Renzo Bistolfi
  • Oltre ogni ragionevole dubbio, Francesco Caringella
  • Dieci motivi per uccidere, Raffaele Malavasi
  • I fantasmi del mare e altre storie maledette, Giancarlo Costa

I miei punti di novembre = 13



      TRACCE STAGIONALI

Autunno:
  • un libro in cui c'è Babbo Natale
  • un libro in cui nevica
  • un libro con la parola "autunno" nel testo
    Le aquile della notte, Alice Basso
  • un libro dove si festeggia Halloween


TRACCE ANNUALI


10. Social Network: cinque libri, uno per categoria:
  • Facebook: un libro ambientato in una scuola/università/college
  • Twitter: un libro con non più di 280 pagine
  • Instagram: un libro con una foto in copertina
  • Tik Tok: un libro pubblicato dal 2016 in poi
  • YouTube: un libro con una canzone citata nel testo

11. Quattro libri con una parola in comune nel titolo:
  • L'amore è un dio. Il sesso e la polis, Eva Cantarella




domenica 29 ottobre 2023

"Tabula rasa", Danila Comastri Montanari

 

Alessandria d'Egitto, attorno alla metà del I secolo d.C.
La città non è soltanto la seconda dell'Impero per numero di abitanti: in molti sostengono che sia anche la più bella del mondo, affermazione con cui il senatore Publio Aurelio Stazio - mandato in questa terra di confine fra Oriente e Occidente da Claudio, con tanto di sigillo imperiale che gli permetterà di prendere decisioni in sua vece - non potrà mai essere d'accordo.
Di Roma gli manca tutto, le strade, il clima, i panorami, la sua casa, l'amica Pomponia, le sue abitudini...
Ma Roma dipende dall'Egitto per il suo fabbisogno di grano e pare che le future spedizioni siano a rischio. Inoltre deve scoprire chi è la spia che da Alessandria informa i Parti sulle strategie e le armi da battaglia romane. E, già che si trova lì, deve anche assicurarsi che i lavori di costruzione della darsena sul Nilo procedano, in modo che le feluche possano attraccarvi.
Ed è scavando che gli schiavi rinvengono il cadavere di una giovane donna, morta da non più di tre o quattro giorni. Mentre devono essere passati circa dieci anni da quando qualcuno ha sepolto poco distante un'altra donna, della quale viene rinvenuto soltanto lo scheletro.
Un cold case e un delitto recente: sufficienti a distrarre dalla nostalgia di Roma il grande investigatore dilettante.

"Quando dici Alessandria, intendi soltanto una città.
Quando dici Egitto, intendi soltanto una regione geografica.
Quando dici Grecia, intendi soltanto una civiltà.
Ma quando dici Roma, intendi il mondo intero!
"

Il diciassettesimo libro della serie, quello ambientato più lontano dalla capitale dell'Impero, trasuda dell'orgoglio romano di Publio Aurelio e, se è vero che emerge nei punti in cui si trova a ribattere all'analoga tracotanza di Greci, Egizi e Parti, è comunque eccessivo in quello che dovrebbe essere principalmente un giallo storico.

Scritto nel 2011, è il capitolo meno riuscito della serie: una serie di venti titoli e non c'è speranza di un proseguimento perché Danila Comastri Montanari ci ha lasciati il 28 luglio di quest'anno.

Rispetto agli altri romanzi, ho patito l'eccesso di avvenimenti e di personaggi, i troppi intrecci che si creano. Manca la fluidità tipica della penna della Comastri Montanari e i resoconti storici - sempre graditi, ma qui troppo frequenti - aiutano a comprendere meglio il contesto a chi, come me, non ha studiato Storia Antica, ma distolgono ulteriormente dalle vicende già di per sé non chiarissime.
Tutto ciò porta anche a intuizioni di Publio Aurelio non sempre logiche e per lo più fortuite.

Mi spiace dirlo, ma se avessi letto per primo questo libro non avrei avuto voglia di recuperare gli altri. Una serie che, invece, ho amato molto e per questo mi dispiace averne soltanto altri tre da leggere.

"Pensò all’anfiteatro, ai montacarichi che tra le grida degli spalti vomitavano sulla sabbia le belve sottratte ai fiumi, ai boschi, alle radure sterminate dei luoghi selvaggi oltre il Mare Nostrum. Pensò al ruggito delle leonesse, feroci per un giorno solo, quello in cui erano votate al massacro sotto le lame dei gladiatori. Pensò agli occhi fieri della splendida tigre che aveva visto cadere nell’arena, quando si erano spalancati avvertendo il colpo fatale, quasi cercando con l’ultimo sguardo le fronde di una foresta lontana."

P.S.: ogni animale rinchiuso in uno zoo, in un acquario o nella gabbia di un circo sogna il suo habitat naturale, anche quelli nati in cattività.
Pensateci prima di foraggiare questi sfruttamenti. Se moriamo senza aver mai visto una giraffa o un pinguino dal vivo non succede né cambia nulla. Per noi, ma per loro sì.

Reading Challenge 2023, traccia annuale di agosto: un libro con un nome proprio con la "O" nel testo (Ottaviano)