giovedì 22 maggio 2025

"Recita per Mariani", Maria Masella

 

Genova, domenica 21 marzo di un anno non precisato. Silvana Gabbi, 42 anni, muore cadendo dal quarto piano di Villa Letizia, la clinica privata in cui era ricoverata. Escluso l'omicidio perché la donna era nella stanza da sola, resta da capire se sia stato un incidente o un atto volontario. Quattro giorni dopo muore un'altra donna, ma questa volta si tratta sicuramente di omicidio. Alba Caseggi è stata colpita due volte alla testa con una vanga mentre si trovava nel salotto della sua casa sulle alture di Struppa. Un probabile tentativo di rapina finito male. Passano altri quattro giorni e nel tratto di mare fra Nervi e Bogliasco viene recuperato il corpo di un uomo di colore privo di documenti.
Un surplus di lavoro per il commissario Mariani, proprio quando si era imposto di adottare orari da ufficio per avere più tempo da dedicare alla famiglia, ricucendo il rapporto con la moglie Francesca, che finalmente è tornata dagli Stati Uniti.

Intrecciato

Undicesima puntata della serie, uscita nel 2011: mi è piaciuto molto ritrovare Mariani dopo appena una decina di giorni ("Mariani e il caso irrisolto"). Fra le due vicende, invece, di tempo ne è trascorso di più, all'incirca un anno. E questo libro si sviluppa in ventisette giorni.

Tre casi comportano molte indagini, che Mariani conduce quasi in solitaria. Un giallo deduttivo con un po' troppi ingranaggi che finiscono per incastrarsi fra loro, con le solite improbabili coincidenze: persone coinvolte che si trovano casualmente a frequentare la stessa palestra, la madre del questore che nella clinica occupa proprio la stanza adiacente a quella della prima donna morta, una vecchia conoscenza di Mariani che lavora come giardiniere per la signora di Struppa e qualche altra ancora... Più Francesca, che torna a essere determinante nella risoluzione del caso con le sue deduzioni.

Non amo tutta questa casualità, critico sempre aspramente gli autori che prendono scorciatoie per far quadrare i dettagli, soprattutto quando basterebbe inserirne di meno, ma la Masella mi ripaga con letture piacevoli e coinvolgenti, sarebbe ingiusto essere pretenziosa.

Reading Challenge 2025, traccia cascata di lettere di maggio: cuore, suore


martedì 20 maggio 2025

"Copia conforme", Stéphanie Kalfon

 

Parigi, 9 novembre 2022. Emma, Paul e Nina: una famiglia felice, fino a quella sera. Per festeggiare l'ottavo compleanno della bambina i genitori la portano al luna park. Solita ressa, soliti rumori, spintoni e risate. Dopo tre colpi al tirassegno la madre si gira e comincia l'incubo: Nina è scomparsa. Gli agenti accorsi raccomandano tranquillità e fanno partire le ricerche che si concludono felicemente alle prime luci del mattino quando la piccola viene ritrovata nei bagni chimici di un cantiere. Racconta di aver inseguito un gattino perdendosi nel bosco senza più riuscire a trovare il piazzale del luna park, riparandosi poi nel primo posto dotato di una porta da chiudere che aveva trovato. Ma quello che avrebbe dovuto risolversi come un grande spavento da archiviare per sempre segna invece la fine di tutto perché Emma guardando la bambina ha una sola certezza: quella non è Nina, ma un'impostora che finge di essere sua figlia.

Malato

Terzo romanzo pubblicato nel 2023 da Stéphanie Kalfon, autrice parigina classe 1979, il primo (e per ora unico) a essere stato tradotto in italiano.

Romanzo breve, 198 pagine divise in tanti capitoli brevissimi (non numerati), cosa che normalmente mi velocizza la lettura, ma non questa volta, è una storia cupa e malsana, difficile da reggere per più di una ventina di pagine al giorno. 

Drammatico più che thriller, ha uno stile di scrittura che può piacere, ma non a me, pieno (in particolare nella prima metà) di quelle frasi a effetto che trovo sempre irritanti, soprattutto quando se ne abusa come ha fatto la Kalfon ("Impossibile appallottolare quella serata di spavento come un fazzoletto usato", "Mi accartoccio come la carta di un regalo", "Pazienza se la malinconia diventa un'amica provvisoria e prende in parte il posto di mia figlia", "Giro fra le corsie (del supermercato) che messe una dopo l'altra formano chilometri di solitudini").

Altra scelta che non ho apprezzato è stata quella di fare di Emma la voce narrante, cosa che rende solo immaginabile la situazione angosciante in cui viene a trovarsi la bambina, non riconosciuta e quindi respinta dalla madre. Un narratore esterno avrebbe reso il romanzo molto più ricco e completo. Per contro la Kalfon riesce a far entrare il lettore nella mente di questa donna tormentata, accrescendo l'angoscia man mano che si scoprono fattori del suo passato e del suo presente. Impossibile entrare nel dettaglio, ogni particolare sarebbe uno spoiler clamoroso.

L'ultima frase del penultimo capitolo sarebbe stata un finale perfetto, invece ce n'è ancora uno, evitabilissimo: sei pagine (è uno dei capitoli più lunghi) che non aggiungono nulla alla storia, ma che sono solo un altro inutile esercizio di stile dell'autrice.

Molto bello l'oggetto libro: copertina flessibile, ma robusta, leggermente zigrinata, piacevole al tatto, buona carta e splendido font! Un plauso alle
 Edizioni Clichy.

Reading Challenge 2025, traccia di maggio: libri di autori con il cognome di sei lettere

domenica 18 maggio 2025

"L'attesa dell'alba", Francesco Caringella

 

Roma, 22 luglio 2017. Sono le 23.20 quando Alberto Martinelli, 50 anni, professore di economia, esce di casa per andare a prendere la figlia adolescente ospite di un'amica. Sandra, la moglie, ha uno strano presentimento, si gira per dirgli che andrà lei, ma il marito sta già uscendo. Alberto tornerà a casa solo dopo molti mesi e nella condizione peggiore: un pirata della strada lo travolgerà facendo di lui un tetraplegico.
Un altro luglio, ma di cinque anni dopo. L'avvocato Filippo Santini non riceve mai senza appuntamento, ma quel giorno fa un'eccezione. La donna che gli siede di fronte gli racconta la tragedia che ha colpito suo marito condannandolo a una vita che non è più vita e che Alberto non vuole più.

Diritto di morire

La tematica è forte e Caringella la affronta dal punto di vista giuridico con giusti riferimenti ai
 tre casi che hanno fatto scuola in Italia in materia di eutanasia, Englaro, Welby e DJ Fabo, evidenziando carenze e ipocrisie della nostra legislazione ("Siamo un Paese bigotto, intriso di ipocrisia, di moralismo, di formule vuote. La vita è un bene sacro, che non appartiene a noi ma a Dio Creatore: nessun consenso e nessuna sofferenza ti autorizzano a uccidere un uomo. Un tabù: prima o poi cadrà, ma per ora è ancora solido."), ma dando spazio anche alle motivazioni dei contrari ("L’eutanasia non esiste nelle società poco sviluppate che, pure, conoscono la morte come e più di noi: è una scoperta degli intellettuali e politici di sinistra delle società occidentali, in cui l’etica religiosa non è stata sostituita da un’etica laica."), alle riflessioni filosofiche ("L’antico dibattito, che risale a Platone, Aristotele e Agostino, avrebbe preso un’altra piega se si fosse incentrato sul bisogno del malato di liberarsi da un corpo dilaniato dal male.") e religiose ("La funzione del giudicare è divina: dovrebbe spettare solo a Dio accertare la verità e regalare la giustizia. Solo l’Essere Supremo può stabilire ciò che è giusto e ciò che è vero, e distinguere il bene dal male.").

Io - che non sono né legislatrice, né fascista, né filosofa, né credente - la faccio semplice: ci vuole rispetto per chi non ce la fa più a vivere e ci vuole tutela per una scelta così estrema.

Purtroppo il libro non sfrutta bene il potenziale della tematica, c'è molta retorica, poca fluidità in certe parti che diventano pesanti e ci sono alcuni dettagli della trama che impoveriscono la storia, ad esempio il modo in cui Sandra sceglie l'avvocato a caso, perché attratta dalla targa mentre passeggia davanti al palazzo dove lui ha lo studio, peggio ancora l'inutile liaison che si crea fra i due.

C'è poi una frase del libro che mi ha colpita molto:

"In un’aula di giustizia non vince la storia migliore, ma la bugia raccontata meglio"

Purtroppo a colpirmi non è stato il suo significato perché quello lo aveva già fatto la prima volta che l'avevo letta, riportandola anche nella recensione ("La migliore bugia")! Evidentemente a Caringella piace plagiare se stesso, il prologo de "L'estate di Garlasco" e il quarto capitolo de "Il colore del vetro" si differenziano solo per dettagli di poco conto. Questa volta si tratta di un'unica frase, ma questo non rende meno grave questa ridicola abitudine che mi ha fatto passare la voglia di continuare a leggere l'autore.

Reading Challenge 2025, traccia dadi di maggio: 54

venerdì 16 maggio 2025

"McGlue", Ottessa Moshfegh

 

Zanzibar, 1851. McGlue riprende i sensi a stento, ha una brutta ferita alla testa ed è ancora ubriaco dopo gli eccessi della notte appena trascorsa. Capisce di essere chiuso nella stiva di un vascello che sta salpando. Ha la camicia sporca di sangue, ma non è il suo, non è ferito. Arriva il capitano Saunders, gli dice che ha ucciso Johnson. L'ufficiale Pratt rincara la dose, ha visto il corpo riverso fuori da un pub del porto, lo ha pugnalato al cuore.
McGlue non ricorda nulla e non ci crede, è sicuro che il suo migliore amico sia ancora vivo, chiede di vederlo. Ma l'unica risposta che ottiene è che lo stanno portando a Salem per processarlo.

Alcolizzato

Romanzo breve scritto nel 2014, è
 il primo lavoro pubblicato dalla Moshfegh, anche se da noi la traduzione è arrivata soltanto a marzo dell'anno scorso e la si poteva anche evitare.

Una trama scarna e non lineare, stancante da seguire, angosciosa e ambigua che disorienta, non è un libro che chiama. Se l'ho letto in due giorni (certo 144 pagine non sono molte, ma lo sono per me che sono lenta e che quotidianamente alterno la lettura di tre libri) è stato solo per un bisogno quasi fisico di finirlo.

Sono passati tre anni da quando avevo letto (e apprezzato)
 "Eileen", ero timorosa nel tornare sull'autrice per il concentrato di depressione che caratterizza quella storia, ma "McGlue" - un derelitto che se non sogna di farsi un goccetto è perché sta vomitando - me l'ha fatta rimpiangere, soprattutto a causa di una narrazione grottesca (in linea con il protagonista) che mi ha sfinita senza darmi nessuna soddisfazione.

Reading Challenge 2025, traccia annuale Province italiane

mercoledì 14 maggio 2025

"Pallida Mors", Danila Comastri Montanari

 

Roma, metà del I secolo d.C.

"Poteva esserci un collegamento tra il cadavere di una donna inchiodato in una tomba negletta e la morte improvvisa della matriarca della famiglia che di quella tomba era stata un tempo legittima proprietaria?"

E' quello che si chiede il senatore Publio Aurelio Stazio: per cercare di sfuggire al pressing quotidiano dei suoi numerosi clientes si era rifugiato in un'antica tomba trovando dietro a un muro di mattoni il cadavere decomposto di una donna che chiaramente non vi era stato messo per una degna sepoltura, ma nascosto da chi ne aveva inchiodato mani e piedi alla tavola su cui giaceva. Risalito con fatica al nome dei proprietari del loculo, si precipita alla loro domus trovandosi di fronte a un altro cadavere disteso, quello dell'ultima discendente della gens Velthinia, l'anziana Fastia, appena deceduta.

"Le coincidenze esistevano, si ripeté Aurelio, ma spesso portavano anche fuori strada"

Antiche credenze

Come quella delle Empuse, creature infernali che - secondo tradizioni greche già abbondantemente superate ai tempi di Publio Aurelio - potevano essere uccise soltanto se inchiodate a un sepolcro: è attorno a questa superstizione che Danila Comastri Montanari nel 2013 ha costruito la storia della diciottesima (e terz'ultima) puntata.


Il libro precedente, "Tabula rasa", letto nell'ottobre 2023 è quello che mi è piaciuto meno della serie. Con questo si è ampiamente riscattata, con una narrazione che alterna 
momenti intensi ad altri divertenti, anche con l'immancabile vena istruttiva che spazia fra medicina, culti religiosi e, ovviamente, storia.

La vicenda gialla - partendo dal cold case su cui il senatore si intestardisce, portandolo nel bel mezzo della foresta umbra - si intreccia a intricate vicende familiari del suo presente: quando sono arrivata al punto in cui viene svelato l'assassino stavo facendo colazione e dalla bocca mi è uscito un "Uhhh" sonoro simile a quello che si sente allo stadio quando il pallone sbuccia il palo. Ho riso di me stessa, ma è sempre bello quando la soluzione di un giallo riesce a sorprendermi.

Reading Challenge 2025, traccia stagionale crucipuzzle, primavera: pugnale

lunedì 12 maggio 2025

"I viaggiatori del binario 5", Clare Pooley

 

Londra, primo trimestre di un anno non precisato. Gli orari di lavoro rendono abitudinari, i pendolari lo sanno bene: giorno dopo giorno si finisce per avere un vagone preferito, perché è quello che si ferma più vicino alle scale della stazione di arrivo. Poi si individua il lato migliore dove prendere posto. E si finisce per diventare pignoli anche riguardo al sedile.
Sono stata pendolare ferroviaria per due anni, dal luglio 1996 (quando io e Fabio abbiamo comprato l'edicola) al giugno 1998 (quando ci siamo sposati e mi sono quindi trasferita nello stesso palazzo del negozio), un tragitto che facevo quattro volte al giorno e, nonostante fosse breve, soltanto dieci minuti a corsa, mi aveva portata a sviluppare tutte le manie descritte nel libro.
Iona Iverson, 57 anni, parte ogni mattina dal capolinea di Hampton Court diretta a London Waterloo sedendosi in direzione di marcia sul sedile a destra della fila sette nel terzo vagone. Un vagone che è il preferito di tante altre persone, come la ragazza rossa che ha soprannominato troppo carinissima, il ragazzo esotico sospettosamente simpatico e anche chic ma sessista, il tizio sempre in tiro e pieno di spocchia. Ed è proprio quando quest'ultimo rischia di soffocare con un'acino d'uva che Iona si ritrova a strillare "C'E' UN DOTTORE SUL TRENO?!" finendo col doversi accontentare di un infermiere, il sospettosamente simpatico Sanjay.

Motivazionale

Clare Pooley dal 2018 ha pubblicato un romanzo ogni due anni, arrivando quindi a quota quattro, ma in italiano ne sono stati tradotti soltanto due, "Il taccuino delle cose non dette", che ho letto quattro anni fa, e questo, scritto nel 2022, che ho trovato più godibile, forse perché non troppo rosa.

L'autrice ha messo insieme un altro gruppetto mal assortito di persone, mischiando età, ceti ed etnie, creando intrecci alquanto improbabili nella vita reale, ma che nella fiction possono godere di tutta l'elasticità possibile finendo col funzionare a meraviglia.
 
I personaggi questa volta richiamano parecchio quelli di "Non buttiamoci giù", privati però del tipico cinismo ironico di Nick Hornby, mentre torna il desiderio di accontentare tutti predominante nell'altro romanzo della Pooley, che qui cade nella sagra delle frasi motivazionali, riuscendo però ad affrontare con intelligenza le varie tematiche che mette in gioco, discriminazioni sessuali, bullismo, malattie, insicurezze di vario genere.

La parte migliore è quella che riguarda Emmie: la Pooley descrive benissimo il rapporto tossico che ha con il suo fidanzato, il modo in cui certe persone riescono a prevaricare con atteggiamenti, pressioni e pretese che la parte debole può finire per non riconoscere come malate e inaccettabili.

Come si fa a capire la differenza fra premura e controllo?

La Pooley lo spiega bene e penso possa essere utile a chi non si rende conto di essere vittima della sottomissione indotta.

Mi è piaciuto anche come nelle note abbia spiegato come le sia venuta l'idea per questo libro, a chi o cosa si sia ispirata per personaggi e situazioni.

Di sicuro, però, non ha mai preso un treno in Italia!

"Nonostante ci fosse un’ottantina di persone assembrate in un contenitore di metallo relativamente piccolo, la carrozza era, come sempre, molto silenziosa, a parte il rumore delle ruote sui binari, i brusii che sfuggivano dalle cuffie di qualcuno e sporadici colpi di tosse."

Reading Challenge 2025, traccia rebus di maggio: gatto e gomitolo


venerdì 9 maggio 2025

"La busta gialla", Marco Francalanci

 

Torino, 2015. E' solo per la curiosità del suo fisioterapista se Marco Francalanci scopre, quando ha già 70 anni, di avere delle cicatrici nella zona lombare. Il professionista ipotizza che siano state causate da numerose iniezioni, che Francalanci è certo di non aver mai fatto. Eppure i segni ci sono... Sarà Paola, l'anziana madre, a raccontargli come ha rischiato di morire quando aveva soltanto tre mesi, salvato da un farmaco sperimentale messo a punto dai nemici. Perché era l'autunno del 1944 e c'era la guerra.

Come spiegare il dramma della guerra ai bambini

Libro scovato per caso lo scorso anno sugli scaffali del Libraccio di Savona, pubblicato nel 2017 da Francalanci, giornalista del Secolo XIX e successivamente anche di Repubblica.
Una storia personale che si intreccia (predominando) a quella dell'Europa, dell'Italia e, soprattutto, di Genova.

La busta gialla del titolo è quella che la madre dell'autore dà per scontato che il figlio abbia trovato, perché è lì che sono conservati i documenti relativi al ricovero di Marco neonato al Gaslini, dal novembre 1944 al gennaio 1945. Ricovero che lei e il marito avevano preferito tenergli nascosto.

Questo è quello che succede nel prologo, raccontato da Francalanci in prima persona, mentre è Paola la voce narrante del romanzo. La donna ripercorre la sua vita a partire dai diciassette anni, le prime esperienze lavorative, gli svaghi dell'epoca, il modo in cui ha conosciuto Luigi (futuro padre di Marco), il fidanzamento, il matrimonio, la gravidanza, la nascita di Marco, la disperazione per la malattia e la felicità per la guarigione.
Tutto descritto molto dettagliatamente.
Troppo dettagliatamente.

Mi aspettavo qualcosa di diverso da questo libro: un saggio storico, magari romanzato, ma non certo un memoir. La devastazione della guerra, i bombardamenti, l'occupazione nazista sono scenari di sottofondo. Ci sono solo pallidi accenni alle rappresaglie, al massacro della Benedicta, alle fucilazioni sul Turchino; stessa cosa per le Fosse Ardeatine e l'eccidio di Marzabotto.

Descrizioni estremamente semplificate che non rendono minimamente l'idea degli orrori, del terrore, dei disagi e della rabbia di quegli anni e affermazioni come "I tedeschi sono sempre così gentili. Sorridono sempre quando li incrocio" e "Non si può giudicare nessuno in base all'abito che porta, alla divisa che indossa" mi hanno dato il voltastomaco.

Senza quelle sarebbe forse un buon libro da far leggere in quarta o quinta elementare, per far capire ai bambini cos'è stata la guerra, senza rischiare di spaventarli.
Una visione davvero molto morbida rispetto a quella con cui sono cresciuta io (e senza traumi) con ciò che mi ha tramandato la mia famiglia partigiana, per altro colpita anch'essa dalla meningite, solo che Renato, il fratellino di mia madre, non ce l'ha fatta.

Reading Challenge 2025, traccia annuale Province italiane



mercoledì 7 maggio 2025

"Mariani e il caso irrisolto", Maria Masella

 

Genova, 27 settembre di un anno non precisato. E' stata una lunga estate per il commissario Antonio Mariani, trascorsa interamente al monoblocco dell'ospedale San Martino, una degenza estenuante conseguenza del grave ferimento subito a giugno. Con moglie, figlie e madre oltreoceano, Mariani è debole, solo e soprattutto annoiato. Finché l'amico Torrazzi va a trovarlo parlandogli dell'ultima autopsia di cui si è dovuto occupare: il corpo di Elisabetta Tommasi, 24 anni, è stato ritrovato vicino al Carlini con diverse ferite da taglio al ventre, nessuna letale, ma che nell'insieme hanno causato la morte per dissanguamento. La donna era al settimo mese di gravidanza, fatto che rende ancora più macabro l'omicidio e che rimanda immediatamente Mariani a due casi analoghi che l'anno precedente non era riuscito a risolvere. E ora l'assassino è tornato a colpire.

Paziente impaziente

I gialli di Maria Masella sono quello che mi ci vuole in un periodo in cui nella lettura cerco soprattutto distrazione: mi coinvolgono e mi occupano la mente, senza avere la pretesa di essere impegnativi, ma intrecciando storie comunque ben costruite (nonostante anche questa volta ingranaggi rilevanti vengano risolti da improbabili coincidenze).

Considerata anche la quantità dei titoli che compongono la serie voglio cercare di accelerare il ritmo ed è il motivo per cui meno di un mese dopo aver finito "Ultima chiamata per Mariani" ho letto questo, il decimo (e a breve inizierò l'undicesimo).

Scritto nel 2010, ha una vicenda gialla che abbraccia tre settimane, con un epilogo che porta a dicembre. A renderlo particolare è ovviamente la condizione del protagonista, bloccato in ospedale, soggetto all'autorità del personale medico e ben lontano dall'aver ripreso totalmente le forze. Nonostante ciò si ritrova al centro delle indagini, prima da infiltrato, poi chiamato direttamente in causa dal vicequestore, quindi messo di nuovo da parte.

Un commissario Mariani che pensa di dimettersi una volta uscito dall'ospedale, cosa che l'esistenza di altri diciassette volumi fa ben capire che non farà, e scovare un serial killer gli darà la giusta carica per riprendersi.

Di sicuro questi gialli meriterebbero copertine migliori.

Reading Challenge 2025, traccia cascata di lettere di maggio: cuore


sabato 3 maggio 2025

"Americana", Don DeLillo

 

New York, anni Settanta. David Bell ha 28 anni ed è bello: occhi azzurri, capelli biondi, altezza che sfiora il metro e novanta, fisico prestante. Ormai si è abituato a essere scambiato per un attore, con tanto di richiesta di un autografo. Ma lui lavora dietro alle quinte, non del cinema, bensì della televisione. E' autore di un noto programma trasmesso dal network di cui è anche dirigente. Frivolezze e mondanità fanno parte del suo lavoro: tanti soldi, tante donne, tante feste, tanti contatti. Tutto cambia quando, a sorpresa, il suo programma viene silurato: David affitta un camper, compra una cinepresa, raduna tre compagni di avventura e parte per il Midwest. Scopo: produrre un documentario sui Navajo per il cinema indipendente.

Digressivo

Dopo tanti tentennamenti ho trovato il coraggio per affrontare Don DeLillo, che - se possibile - mi intimoriva ancora più di Philip Roth.
Nato nel Bronx nel 1936 (stesso anno di mio padre), da genitori immigrati dalla provincia di Campobasso, ha scritto questo suo primo romanzo nel 1971: non è considerata la sua opera migliore, ma avercene di autori capaci di scrivere così bene fin dall'esordio! E lo dico nonostante non sia stata un'esperienza di lettura da colpo di fulmine, come mi era successo con Roth e con la Oates.

Mi piacciono le digressioni e sapevo che sono un tratto distintivo di DeLillo, però non mi aspettavo che potessero arrivare a essere l'essenza di un romanzo. Più di una volta mi sono persa fra i tantissimi personaggi che spuntano e scompaiono prima di capire che non erano importanti singolarmente, ma nel loro insieme, un mezzo per descrivere la società dell'epoca.

David è la voce narrante delle 420 pagine del romanzo, divise in quattro parti e dodici capitoli, di cui solo tre abbastanza brevi, gli altri tutti lunghi o lunghissimi. In realtà le parti avrebbero potuto essere soltanto due: prima c'è David immerso nella sua sfavillante vita newyorkese, con situazioni, ambientazioni, dialoghi e personaggi che mi hanno dato l'impressione di leggere una lunga sceneggiatura di "Mad Men" (anche se in realtà l'unico che lavora come pubblicitario è suo padre); poi c'è il David on the road, in verità con poca strada e tantissimi incontri.

Lo scopo di David, al di là dei Navajo, è quello di incontrare e raccontare la gente comune, quella lontana dal sogno americano che lui ha vissuto appieno a New York.

"Questo è l’unico paese al mondo in cui la violenza fa ridere"

Sono convinta che se avessi letto "Americana" un anno fa mi sarebbe piaciuto molto più di quanto non lo abbia apprezzato adesso perché giusto a maggio dell'anno scorso ho letto "Motel Life" e il modo in cui Vlautin racconta i disagi delle persone, soprattutto il genere di persone che sceglie di raccontare, non ha rivali.
Ma questo è solo il mio primo DeLillo.


Reading Challenge 2025, traccia stagionale crucipuzzle, primavera: veleno

giovedì 1 maggio 2025

Reading Challenge: tracce di maggio

     


Tracce generiche:
  • libri con un teschio in copertina
  • libri di autori con il cognome di sei lettere
    Copia conforme, Stéphanie Kalfon (2 punti)

Traccia cascata di lettere:
  • Cuore: Mariani e il caso irrisolto, Maria Masella (2 punti)
  • Suore: Recita per Mariani, Maria Masella (2 punti)

Traccia rebus:
  • I viaggiatori del binario 5, Clare Pooley (3 punti)

Traccia dadi:
  • L'attesa dell'alba, Francesco Caringella (2 punti)


I miei punti di maggio: 11