venerdì 14 aprile 2023

"L'ultimo amore di Baba Dunja", Alina Bronsky



Černovo (Russia), estate di un anno recente. Baba Dunja ha più di ottant'anni. Ne aveva circa cinquanta quando, il 26 aprile 1986, nella vicinissima Chernobyl era avvenuto il più grande disastro nucleare della storia. Poi, dopo due giorni di relativa calma, era partito un frenetico piano di evacuazione e anche lei aveva dovuto lasciare la sua città.
Ma adesso è tornata.
Lei è stata la prima e per questo è diventata famosa. Ha ripreso possesso della sua casa e lì coltiva il suo orto e va avanti con la sua vita. Ogni tanto raggiunge la città abitabile più vicina, fa provviste per lei e per le (poche) altre persone che hanno seguito il suo esempio scegliendo di vivere nella zona morta, ma soprattutto ritira la posta, le lettere e i pacchi che la figlia Irina le spedisce dalla Germania. Nessuno consegna la posta a Černovo, ogni tanto si vedono solo dei tecnici che, protetti dalle loro tute bianche, fanno prelievi. Con loro c'è anche una dottoressa che insiste per visitarli. Ma nessun altro si azzarda, nelle città vicine rifiutano perfino di seppellire chi è stato contaminato dalle radiazioni di Chernobyl, perché anche da cadaveri continuano a essere pericolosi.
A Černovo sono in pochi e tutti anziani. E' per questo che Baba Dunja si sorprende quando un uomo arriva con una bambina, che deve essere per forza sana, ma non lo resterà per molto se dovrà bere l'acqua del pozzo come fanno loro.

Alina Bronsky è uno pseudonimo. L'autrice è nata nella Russia centrale, a duemila e rotti chilometri da Chernobyl, più di quanti ce ne siano fra Chernobyl e Genova (in linea d'aria sono 1.755). Cresciuta in Germania, dove vive tutt'ora, scrive i suoi romanzi in tedesco, ma ha dichiarato di non aver perso il suo legame con la Russia.
Classe 1978, aveva 8 anni al momento del disastro. Io poco più di 16 e ricordo bene le paure e, in certi casi, il panico che aveva creato nonostante la distanza.
L'atrocità vissuta da chi si trovava nelle zone colpite deve essere stata un qualcosa che nessun film, libro o serie TV possono arrivare a rappresentare.

"L'ultimo amore di Baba Dunja" non ha questo scopo, ma qua e là semina particolari che danno una chiara immagine della devastazione di questo territorio, dove ci sono molti più insetti e ragni perché ci sono pochi uccelli, dove gli uccelli maschi - sopravvissuti in numero ben maggiore rispetto alle femmine - devono cantare a squarciagola per cercare di aggiudicarsi una compagna, dove ci sono pochi topi perché non ci sono più persone a produrre rifiuti...

Ho scoperto il libro grazie a Teresa del canale YouTube Bee Book a Lula: lei ha una predilezione per i protagonisti anziani e Baba Dunja è indubbiamente un bel personaggio, un'ex infermiera coriacea che ha dovuto fare i conti con una vita dura, che nel presente ha raggiunto quella fase della vita in cui il giudizio degli altri conta meno che mai e che non scende a compromessi con l'ovest, neppure per fare quel viaggio che le permetterebbe di conoscere la nipote Laura, che non ha mai visto, ma che ama con tutta se stessa.
In una situazione surreale, Baba Dunja vive serenamente, felice di essere tornata a casa dopo un lungo allontanamento forzato che non racconta, ma di cui se ne percepisce la pena.

E' un romanzo breve (176 pagine) che si legge velocemente in un paio di giorni, da cui forse mi aspettavo qualcosa di più, ma che porta indubbiamente a riflettere su quanto male facciamo al pianeta che ci accoglie.

"Prima o poi questo posto dimenticherà quello che gli è stato fatto? Fra cento, duecento anni?"
No Baba Dunja: in realtà per essere nuovamente abitabile dall'uomo dovranno passarne da tremila ai ventimila!!
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