martedì 17 maggio 2022

"Il maledetto", Joyce Carol Oates

 

Princeton (New Jersey), 24 giugno 1984. Fra il 1900 e il 1910 la cittadina universitaria fu teatro di una serie di episodi inspiegabili. M.W. van Dyck II, storico e voce narrante del romanzo, ottant'anni dopo cerca di fare chiarezza condensando gli eventi (che coinvolsero anche un suo antenato) in quattordici mesi a partire dal 7 marzo 1905: a differenza di altri studiosi, infatti, lui colloca l'inizio dell'anno della Maledizione non con il matrimonio di Anabel Slade, celebrato nel giugno di quell'anno, ma tre mesi prima, quando un linciaggio del Ku Klux Klan avvenuto a Camden, un centro della supremazia bianca del New Jersey, spinse Woodrow Wilson (futuro ventottesimo presidente degli Stati Uniti) a far visita al reverendo Slade...

Ho affrontato questa lettura con molto timore a causa della trama (decisamente al di fuori della mia comfort zone) e di alcune recensioni stroncanti. Riguardo alla storia non posso dire di essermi sentita a mio agio durante la lettura perché il genere gotico è davvero tanto distante da ciò che mi piace e che mi prende, ma la Oates scrive talmente tanto bene da rendere la trama quasi un dettaglio trascurabile e ritenerla "una delle scrittrici più sopravvalutate del nostro tempo", come qualcuno ha fatto in una recensione su Amazon, è una becera bestemmia.

"Il maledetto" è un tomo di 679 pagine divise in quattro parti, con capitoli che si alternano fra brevissimi, mediamente lunghi e lunghissimi. E' il quinto titolo appartenente alla Gothic Saga ed è l'unico ad essere stato tradotto in italiano (e qui non possono mancare i soliti insulti agli editori per la mancanza di rispetto verso il lavoro degli autori stranieri e verso i lettori italiani).

La storia portante è troppo soprannaturale per potermi piacere, ma rende alla perfezione l'atmosfera gotica e qui è impossibile non riconoscere la bravura della Oates, che raggiunge livelli altissimi nel modo in cui orchestra personaggi realmente esistiti e fatti storici realmente accaduti con personaggi e situazioni di pura fantasia, riuscendo a far immedesimare chi legge negli stati d'animo - sempre angoscianti e soffocanti - di chi all'inizio del Novecento credeva alle apparizioni dei defunti o all'esistenza di demoni, cercando di dare poi una spiegazione logica a quei fatti attraverso l'interpretazione che lo storico sviluppa ottant'anni dopo.

Ma le parti migliori del romanzo sono state per me quelle che probabilmente eliminerebbe chi lo considera esageratamente lungo: amo lo stile descrittivo dell'autrice e le sue divagazioni storiche. Nonostante le quasi 700 pagine, avrei gradito un maggior approfondimento di certe tematiche (la questione razziale, l'evoluzionismo, il suffragio femminile) che vengono affrontate ma che, una volta esaurito il loro apporto a un qualche sviluppo della vicenda, vengono abbandonate troppo in fretta.

Fra i personaggi realmente esistiti quello più famoso, per lo meno per noi europei, è Jack London, di cui la Oates ci offre un quadro impietoso: arrogante, alcolizzato e perfino razzista.

E poi c'è Upton Sinclair,
scrittore socialista dell'epoca e autore, fra l'altro, de "La giungla", romanzo di denuncia sulla condizione dei lavoratori (e non solo) nei mattatoi di Chicago. La Oates, facendo di lui un personaggio del romanzo, può arricchirlo con più di un appello alla coscienza di chi legge per tutelare gli animali ignorantemente usati come oggetti per vezzo ("I cappelli femminili qui sono enormi, adorni di piume di struzzo molto graziose e svolazzanti" "Quanti struzzi devono essere sacrificati perché la vanità delle nostre signore possa risplendere?") o per ingordigia ("Le galline sono le più sfruttate delle creature-lavoratrici! Prima vengono loro sottratte e divorate le uova; poi, vengono divorate esse stesse"), denunciando la condizione degli animali allevati e uccisi per soddisfare il palato degli onnivori.

"Upton provò un moto di ribrezzo per i mangiatori di carne, che non avevano la più pallida idea di cosa stavano mangiando: né della sua vera natura, quella di animali sofferenti e terrorizzati, e della qualità adulterata dovuta all’industria della carne.
Si passò una mano tremante sugli occhi e per un momento gli parve di sentire di nuovo il forte odore rancido, nauseante eppure stranamente sensuale dei recinti degli animali e dei mattatoi in cui era vissuto per due mesi. L’odore di sangue, interiora, escrementi animali, carne cruda, e terrore animale… L’aria stessa viva e pulsante del fetore di creature viventi trasformate in semplice carne; grida di panico animale, e d’orrore; gli occhi di creature consapevoli che sporgevano dalle orbite nel terrore della morte, lingue che ciondolavano dalla bocca… Lo stridio di maiale di tutto l’universo lo aveva chiamato Upton Sinclair nel suo romanzo; strida che salivano fino all’alto dei Cieli, che non prestavano il minimo ascolto alla loro sofferenza. E se l’umanità si fosse resa conto di questa sofferenza, c’era un modo facile per placare la colpa: Sono solo animali."
E qui torno a condividere il post di Essere animali per togliere ogni illusione a chi ha l'ignoranza di credere che adesso funzioni diversamente rispetto al 1906 (anno di pubblicazione de "La giungla") e per chi è abbastanza onesto da voler guardare che quello che si mette nel piatto sono (erano) esseri viventi.

"Perché il genere umano insiste nel mangiare animali?"
Se lo chiedeva Upton Sinclair, me lo chiedo io.

Reading Challenge 2022, traccia di magio: un libro ambientato in Irlanda, Inghilterra, Italia o Stati Uniti (ho scelto Stati Uniti)