Parigi, autunno di un anno non precisato. La stagione delle foglie morte è carica di drammi per la bella Aurélie: a ottobre l'improvvisa tragica morte del padre, a novembre la rottura altrettanto imprevista con Claude. Il primo le ha lasciato in eredità il piccolo e romantico ristorante Le Temps des cerises nel quartiere di Saint-Germain-des-Prés, il secondo invece solo il biglietto in cui le comunica di aver incontrato la donna della sua vita.
Entrambi hanno ridotto a brandelli il suo cuore.
Una devastazione talmente evidente che un poliziotto, vedendola affacciata a un ponte dell'ile Saint-Louis, la scambia per un'aspirante suicida: per sfuggire allo zelo del flic Aurélie entra in una libreria, soltanto perché è l'unico negozio ancora aperto in quell'ora preserale. Venti minuti dopo esce con il suo acquisto non previsto: "Il sorriso delle donne", dell'inglese Robert Miller. Aurélie non è una consumatrice di libri, ma quello lo divora in una notte perché parla proprio del suo ristorante e perché la protagonista sembra essere lei!
Anche questa volta Barreau mi ha servito su un piatto d'argento la frase perfetta per descrive il suo libro: "Sembra la trama di un film americano di terz’ordine".
Scritto nel 2010, quindi due anni dopo "Con te fino alla fine del mondo" che avevo letto a marzo, "Gli ingredienti segreti dell'amore" (stando a Wikipedia) è il libro che ha reso famoso questo autore di cui non è neppure certa l'esistenza. Mi piacerebbe sapere se i dubbi circa la sua identità siano emersi subito dopo questo secondo romanzo: in questo caso potrebbe trattarsi di una mossa pubblicitaria sfuggita di mano.
Ma se Nicolas Barreau è davvero un'invenzione di una casa editrice tedesca, dietro deve esserci un unico ghostwritter perché i due libri sono penosamente simili: un'altra futura coppia (non accusatemi di fare spoiler, chiunque inizi un romanzo rosa è certo del happy end: se cercate la sorpresa vi conviene cambiare genere) che si conosce in modo non convenzionale, un'altra situazione dove i contatti avvengono tramite delle lettere, di nuovo uno dei due che ignora la vera identità dell'altro e di nuovo una Parigi super dolce e super romantica.
Se con Jean-Luc del precedente romanzo Barreau creava l'atmosfera sognante grazie ai fiori e ai profumi della primavera, con Aurélie si aiuta con i colori dell'autunno fino ad arrivare alla Parigi prenatalizia, che deve essere (io ci sono stata in agosto) il massimo esempio di inquinamento luminoso possibile (e speriamo che il caro bolletta quest'anno imponga a tutti, non solo ai parigini, un po' di buon senso...).
"A Parigi faceva freddo e pioveva, ma quando sei innamorato il tempo non conta."
Insomma. Io il freddo patito a Torino (città che amo, ci tengo a precisarlo) nell'autunno del 1990 quando salivo per vedere mio marito (all'epoca fidanzato) impegnato col servizio militare me lo sento ancora nelle ossa al solo pensarci!
Ma queste romanticherie stucchevoli, di cui il romanzo è pieno, non sono il suo peggior difetto: è proprio la storia a essere debole e anche davvero poco appassionante, secondo me anche per gli amanti dei romanzi d'amore.
"Un buon libro è buono a ogni pagina", scrive Barreau: e quando non c'è neppure una pagina buona che libro è?
Reading Challenge 2022, traccia di settembre: un libro con la parola segreto/i nel titolo