mercoledì 8 gennaio 2025

"La lettera segreta", Chloé Duval

 

Kerouac (Bretagna), maggio 2014. E' un martedì quando Flavie Richalet - 29 anni da compiere, professoressa di storia e geografia e scrittrice di romanzi rosa che fa leggere solo alle sue quattro amiche del club della maglia - trova fra la posta del giorno una lettera dove l'indirizzo è giusto, ma la destinataria non è lei, bensì una certa Amélie. Una lettera d'amore dove il mittente, un uomo che ha usato solo l'iniziale del proprio nome come firma, chiede alla sua Lili di raggiungerlo per trascorrere insieme il resto della loro vita, assicurandole che l'avrebbe aspettata per due settimane, tre, anche un mese...
Ma l'avrà attesa per quarantatré anni? Perché è questo il tempo che la lettera - scritta il 12 settembre 1971 - ha impiegato per arrivare a destinazione.

Stucchevole.

Come lo scorso anno ho inaugurato il 2025 con una pessima lettura, un altro romanzetto rosa che può senz'altro essere pane per un animo romantico, ma che è stato una purga per il mio.

Chloé Duval è uno pseudonimo. L'autrice - francese di nascita, ma residente in Canada - ha scritto "Le temps volé" (il tempo rubato, titolo ben più calzante della traduzione italiana) nel 2015. Unico suo romanzo arrivato in Italia e di certo non rimpiangerò gli altri sette.

Gran parte della vicenda è ambientata nel presente e ha Flavie come voce narrante, mentre negli spazi lasciati agli altri personaggi si passa al racconto in terza persona, anche per i (pochi) salti temporali nel passato. Lo stile è proprio semplice, povero:

"Mi sforzai di ignorare i battiti del mio cuore che si era imballato quando avevo incrociato lo sguardo del nipote di Erwan – in mia difesa devo dire che era bello come un dio e che nessuna donna sarebbe potuta restare indifferente davanti a lui – e riportai l’attenzione sullo zio prima che la bava cominciasse a colarmi sul mento."

Mancano anche un paio di congiuntivi.

Un susseguirsi incessante di personaggi e situazioni esasperanti, tutto è intriso di bontà e dolcezza. Né una parola, né un pensiero, né un atteggiamento, né un episodio negativo. Tutti amano tutti (e subito), tutti sono disponibili, tutti sono gentili, tutti sono bendisposti, tutti sono amabili. E tutti sorridono: novantasette sorrisi in 224 pagine sono un'impresa da Guinness!

Un libro che sicuramente rispetta il genere, ma dove c'è troppa forzatura a senso unico, con una trama vecchia e polverosa dove la lettera smarrita è soprattutto un pretesto per raccontare il colpo di fulmine fra la protagonista e il nipote del misterioso E. della missiva, con la "Duval" che confonde gli anni Settanta con gli anni Cinquanta e che inventa per i suoi personaggi del 2014 dialoghi e comportamenti che avrebbero fatto sorridere anche mia nonna.

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