Londra, 1957. E' in un fumoso locale che Jack Rathbone conosce Vera Savage. Una coppia improbabile. Lui ha 17 anni ed è il rampollo di una ricca famiglia del Suffolk. Lei ne ha 30, figlia di operai di Glasgow, sposata con un uomo violento. In comune hanno l'amore per la pittura, l'impulsività e l'immaturità. Chi mai scommetterebbe su di loro? Eppure dopo appena sette settimane si imbarcano sulla nave che li porterà dall'altra parte del mondo, prima a New York, quindi in Florida, poi a Cuba e infine in Honduras, nella piccola cittadina fluviale di Port Mungo.
E' così che Gin, sorella maggiore di Jack, descrive il posto, un luogo dove difficilmente verrebbe voglia di trasferirsi. Invece Jack vi rimane per vent'anni, traendo forza dai suoi quadri per sopportare gli squilibri del suo rapporto con Vera, ma che si rivelano insufficienti quando muore Peg, la loro primogenita sedicenne.
Sono trascorsi sei anni da quando ho letto "Follia" e tre dalla lettura de "L'estranea": dubito che fra altri tre tornerò a leggere McGrath, queste esperienze mi possono bastare. Perché sono tre romanzi stilisticamente perfetti, ma che per atmosfere, tematiche, ritmo e conclusioni fanno precipitare in un abisso di cupezza che più invecchio e meno ho voglia di gestire.
Scritto nel 2004, viene classificato come giallo/thriller. Non sono d'accordo: il mistero che riguarda la morte di Peg è rilevante, ma non è il perno centrale di una storia che, secondo me, rientra nel genere della narrativa drammatica.
Storia che McGrath ha strutturato facendola raccontare da Gin, che procede senza un filo conduttore logico, raccontando gli episodi in ordine sparso, pochi a cui ha assistito in prima persona, molti che le sono stati raccontati dal fratello o da Vera, moltissimi che sono solo sue supposizioni.
Una serie di eventi descritti senza seguire nessuna cronologia dove sarebbe stato facilissimo cadere nella confusione senza la bravura dell'autore che, sfruttando pochissimo i dialoghi, distribuisce tasselli e incastri ricostruendo quarant'anni di vita dei suoi personaggi.
Tranquillità e moderazione che McGrath non elargisce a nessuno dei suoi personaggi, né in questo né negli altri due romanzi letti, né ai protagonisti né alle figure marginali, neppure quando inventa per loro un riscatto a cui si fa fatica a dare credito.
Menti deviate, menti disturbate e disturbanti.
Grande scrittore che, però, per me è diventato troppo difficile da sopportare a livello emozionale.
"Sulla spiaggia affollata, vidi rozzi bar fatti di blocchi di cemento, locali gestiti da cinesi dalla faccia dura e frequentati da prostitute e tipi loschi che scendevano dalle barche da pesca. Ricordo vie e vicoli polverosi, e canali che puzzavano - erano fogne a cielo aperto - e si buttavano nel fiume."
E' così che Gin, sorella maggiore di Jack, descrive il posto, un luogo dove difficilmente verrebbe voglia di trasferirsi. Invece Jack vi rimane per vent'anni, traendo forza dai suoi quadri per sopportare gli squilibri del suo rapporto con Vera, ma che si rivelano insufficienti quando muore Peg, la loro primogenita sedicenne.
Prosciugante
Sono trascorsi sei anni da quando ho letto "Follia" e tre dalla lettura de "L'estranea": dubito che fra altri tre tornerò a leggere McGrath, queste esperienze mi possono bastare. Perché sono tre romanzi stilisticamente perfetti, ma che per atmosfere, tematiche, ritmo e conclusioni fanno precipitare in un abisso di cupezza che più invecchio e meno ho voglia di gestire.
Scritto nel 2004, viene classificato come giallo/thriller. Non sono d'accordo: il mistero che riguarda la morte di Peg è rilevante, ma non è il perno centrale di una storia che, secondo me, rientra nel genere della narrativa drammatica.
Storia che McGrath ha strutturato facendola raccontare da Gin, che procede senza un filo conduttore logico, raccontando gli episodi in ordine sparso, pochi a cui ha assistito in prima persona, molti che le sono stati raccontati dal fratello o da Vera, moltissimi che sono solo sue supposizioni.
Una serie di eventi descritti senza seguire nessuna cronologia dove sarebbe stato facilissimo cadere nella confusione senza la bravura dell'autore che, sfruttando pochissimo i dialoghi, distribuisce tasselli e incastri ricostruendo quarant'anni di vita dei suoi personaggi.
"La vita migliore è quella tranquilla e i piaceri più soddisfacenti sono quelli assaporati con moderazione"
Tranquillità e moderazione che McGrath non elargisce a nessuno dei suoi personaggi, né in questo né negli altri due romanzi letti, né ai protagonisti né alle figure marginali, neppure quando inventa per loro un riscatto a cui si fa fatica a dare credito.
Menti deviate, menti disturbate e disturbanti.
Grande scrittore che, però, per me è diventato troppo difficile da sopportare a livello emozionale.
Reading Challenge 2025, traccia di febbraio cascata di lettere: fungo, mungo
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