San Francisco (Stati Uniti), settembre 2011. Celeste Roko, la Paolo Fox della California, sul finire dell'estate annuncia in televisione che nei mesi successivi a San Francisco si sarebbe verificato un bagno di sangue.
Per Amanda la profezia della sua madrina diventa il pretesto per allargare alla realtà il gioco di ruolo on-line di cui lei è il master (e per dimostrare ancora una volta a Celeste l'infondatezza dell'astrologia): fino a quel momento si era limitata a costruire fantasiose vicende criminali, ambientate a Londra nell'epoca di Jack the Ripper, con cui mettere alla prova l'ingegno e le doti investigative dei partecipanti, altri quattro adolescenti come lei sparsi per il mondo con l'aggiunta di suo nonno, a cui aveva affibbiato il ruolo del gobbo Kabel, non troppo acuto, ma servizievole e leale.
Dopo averli convinti non le rimane che setacciare la cronaca nera locale alla ricerca di casi particolari, estranei ai consueti atti di violenza di una grande città, che possano costituire un "bagno di sangue" fuori dal comune.
E che suo padre sia il capo della Sezione Omicidi di San Francisco può fare la differenza...
Quando sei Isabel Allende, puoi permetterti di approcciarti a un genere diverso dal tuo finendo con lo scrivere l'ennesimo bellissimo libro. Davvero non capisco le recensioni negative che vedo sia su IBS sia su Amazon, soprattutto da parte di chi specifica di amare l'autrice (e come si fa a non amare una scrittrice che si inventa il nome di Bruco Peloso per una galleria d'arte e che chiama Salvate-il-Tonno il gatto della protagonista?) e contemporaneamente la accusa di essersi persa in descrizioni inutili: la ricchezza di particolari, la costruzione dei personaggi, i riferimenti a situazioni reali del presente e del passato, fanno della Allende la grande autrice che è e fanno di questo romanzo un thriller intelligente, un thriller che - a differenza della maggior parte dei thriller comuni - porta a riflettere lasciando qualcosa dentro. E' un romanzo di spessore, come tutti gli altri suoi che ho letto, che ha in più la vicenda gialla.
Quest'ultima non ha nulla di eccezionale (ma a me è piaciuta moltissimo*), in forma ridotta e semplificata avrebbe potuto adattarsi a una puntata di "CSI Las Vegas" (*anche per questo), ma è molto ben costruita e sapientemente distribuita nel corso delle 462 pagine del libro. Nelle recensioni negative non poche persone lamentano il fatto che il giallo si riduce all'ultima parte e questo penso possa deludere un lettore di thriller alla Newton Compton (ma qui mi chiedo: si sono accorti di aver comprato un libro di Isabel Allende e non quello di un giallista di cui non esiste neppure la pagina su Wikipedia della sua nazione?), ma per me rappresenta una critica superficiale perchè in realtà il thriller inizia dalla prima frase del prologo e a poco a poco si sviluppa nei cinque macro capitoli (divisi a loro volta in sottocapitoli distinti dal giorno di riferimento) in modo via via sempre più incalzante: non è forse questo (tra le altre cose) il bello di un buon thriller?
E fra uno sviluppo e l'altro c'è semplicemente... Isabel Allende, con la ricchezza dei suoi personaggi, ognuno dei quali, anche quello di minor rilievo, ha una funzione precisa nel meccanismo della storia, e tramite le esistenze che ha inventato per loro l'autrice regala al lettore approfondimenti di storia e di attualità, con una capacità di analisi poco comuni anche fra i grandi autori.
Trovo avvilente che si possa bollare come "inutili divagazioni" le sue profonde considerazioni su divario e ingiustizia sociale, su violenza e giustizialismo. O come "noiose lungaggini" i suoi excursus, che questa volta vanno dai tupamoros uruguaiani alle bande di latinos che imperversano negli USA ai combattimenti fra cani, tematiche difficili da trovare in un banale thriller e di cui è insensato non apprezzare l'arricchimento che ne deriva.
E uno dei personaggi principali - Ryan Miller, ex soldato della Navy SEAL reduce della guerra d'Iraq - con i suoi ricordi della precedente missione in Afghanistan rende questo romanzo, datato 2013, dolorosamente attuale e profetico:
"Questa è una guerra d'occupazione, alla lunga insostenibile, perchè non si può sottomettere un popolo ribelle all'infinito"
"E' una guerra che si può vincere con il fuoco in campo, ma destinata a fallire sotto il profilo umano ed entrambe le parti lo sanno, è solo questione di tempo"