martedì 26 aprile 2022

"Luce della notte", Ilaria Tuti


Friuli Venezia Giulia, dicembre 2018. Sono passati pochi giorni dalla risoluzione del caso di Trevenì e pochi ne mancano al Natale quando Giulia Leban chiede aiuto al commissario Teresa Battaglia: Chiara, la sua bambina di nove anni, ha fatto un sogno, vagava in un bosco, si fermava davanti a un albero sulla cui corteccia qualcuno aveva intagliato una luna e una stella. Poi si metteva a scavare alla base del tronco fino a disseppellire il corpicino livido di un bambino.
Ha senso imbastire un caso sull'incubo di una bambina? E' quello che si chiede l'ispettore Marini, ma anche questa volta il resto della squadra è con il commissario e lui non può tirarsi indietro.

Il romanzo è stato pubblicato nel 2021, ma la storia segue a ruota quella di "Fiori sopra l'inferno", quindi avviene alcuni mesi prima dei fatti di "Ninfa dormiente": non mi piacciono prequel e affini, non mi piace dover "dimenticare" quello che già so della trama orizzontale e non capisco il senso di tornare indietro anziché seguire una normale cronologia.

E in questo caso non mi è piaciuta neppure la sensazione che ho avuto, quella di star leggendo una storia nata ben prima del 2021 come racconto e poi ripescata dal cassetto, allungata (vorrei poter dire arricchita, ma non sarebbe vero perché è piuttosto povera) per farle raggiungere l'aspetto di un romanzo con le sue 256 pagine (credo scritte con un font grosso, perché la lettura in digitale è stata incredibilmente veloce) e quindi data alle stampe.

Ho trovato anche lo stile più acerbo, molto più in linea con "La ragazza dagli occhi di carta" (racconto pubblicato nel 2015) che con i due romanzi.
Forse c'era una scadenza contrattuale da rispettare? Magari non era ancora pronto "Figlia della cenere" (quello che attualmente è l'ultimo romanzo della serie), uscito soltanto cinque mesi dopo questo (ed è strano)...
Non lo so e le mie ovviamente sono solo ipotesi basate unicamente sull'impressione che ho avuto leggendo.

La lettura mi ha davvero trasmesso una sensazione di frettolosità, con almeno un paio di punti cruciali non sufficientemente approfonditi: ad esempio al 44% spunta una data, che poi si rivela fondamentale nello sviluppo, e sono dovuta tornare indietro per capire come mai Teresa Battaglia avesse chiesto proprio di quel giorno. E, anche rileggendo, ho trovato il collegamento appena intuibile, i passaggi che portano a quella data non vengono spiegati come sarebbe stato giusto fare, anche nell'interesse dell'autrice.

E' questo il motivo principale per cui, dopo aver adorato "Fiori sopra l'inferno" e detestato "Ninfa dormiente", adesso non posso dire di aver apprezzato "Luce nella notte".

La Tuti saggiamente fornisce (anche) una spiegazione razionale a chi (io) mal sopporterebbe solo quella surreale legata al sogno e la storia è un bel cold case (che tanto amo), ma parecchio inverosimile nella semplificazione dell'epilogo, dove la sensazione di urgenza che avvertivo ha raggiunto il culmine.

E questa è una storia che avrebbe meritato almeno un centinaio di pagine in più per le tematiche importanti che tocca, la guerra dei Balcani, l'immigrazione dei profughi, il loro sfruttamento. Ma la Tuti, appunto, le tocca soltanto, limitandosi a fornire qualche dato alla portata di chiunque abbia la sana abitudine di leggere i quotidiani e/o di seguire telegiornali e trasmissioni di approfondimento.
Quando si sceglie di servirsi di fatti di questa portata per la trama del proprio romanzo bisognerebbe andare ben oltre al temino scolastico.

Molto bello il passaggio di condanna a cacciatori e bracconieri:

"Le pareti dipinte decenni addietro di un beige ora stinto accoglievano i trofei di caccia del padrone. Scoiattoli, un gatto, diversi caprioli, due cinghiali enormi con i loro cuccioli, tre barbagianni e un gallo cedrone. Teresa li trovava rivoltanti. Non aveva mai capito come si potesse accogliere in casa teste impagliate dagli occhi sbarrati e vitrei, pellicce e piumaggio opachi, l’odore orribile dell’imbottitura dove prima c’era il calore di un piccolo cuore. Era come abbracciare la morte e ritagliarle ogni giorno uno spazio nella propria vita. Le creature sacrificate parevano ricambiare il suo sguardo e chiedere compassione."
Peccato però che Teresa Battaglia non sia vegana (e non mi risulta che lo sia neppure Ilaria Tuti), ma solo una onnivora ipocrita a cui mi piacerebbe far notate che anche gli animali che finiscono nei suoi piatti avevano un piccolo cuore prima di essere uccisi!

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