domenica 15 gennaio 2023

"Quello che non vuoi sapere", Jessica Treadway

 

Everton, sobborgo di Albany (Stato di New York). Hanna e Joe Schutt vengono aggrediti nella loro casa al 17 di Wildwood Lane durante la notte del week-end del Ringraziamento da quello che la stampa ribattezza come "il killer della mazza da croquet". Joe muore a causa dei terribili colpi ricevuti, mentre a lei restano per sempre sul volto le cicatrici di quel folle attacco, ma nessun ricordo dei fatti.
Ed è per questo che tre anni dopo il tribunale accoglie l'appello dell'uomo arrestato, processato e condannato per l'omicidio e l'aggressione: Rud Petty ha ottenuto un nuovo processo in virtù del Sesto Emendamento, perché la difesa durante il primo non aveva potuto controinterrogare Hanna a causa della sua amnesia.
Nessuno sa che lei sta cominciando a ricordare qualcosa, ma ha paura di ricordare troppo: perché Rud non era uno sconosciuto, ma il fidanzato di Dawn, la figlia minore della coppia, e in molti ad Everton - procuratore e detective compresi - sono convinti che la ragazza quella notte fosse con lui.

Jessica Treadway, americana classe 1961, è un'insegnante di letteratura con un passato da reporter e su Amazon.com ho visto diversi suoi romanzi, ma in italiano hanno tradotto soltanto questo (titolo originale "Lacy Eye", scritto nel 2015)  e "Qualcosa da nascondere" (scritto l'anno successivo), che inizierò domani.

"Quello che non vuoi sapere" è stata per me una lettura visivamente difficile a causa dell'impaginazione compressa, ma piacevole, è uno di quei libri che ti chiama dal comodino (o da dove lo si tiene) e lo fa pur non essendo certo un thriller memorabile.

Più che la storia in sé, a essere particolare è la narrazione in prima persona fatta da Hanna nel suo presente: niente indica di quale anno si tratti, ma ne sono passati quattro dall'aggressione e uno dalla richiesta di un nuovo processo da parte del condannato. Capitolo dopo capitolo (titolati e tutti abbastanza lunghi) racconta non solo i fatti legati a quei due episodi, ma ricostruisce la sua intera vita. Hanna bambina e figlia, Hanna giovane donna senza più i genitori, Hanna moglie e poi anche madre.

Volendolo analizzare, è come se il libro fosse sdoppiato: pur essendo senza ombra di dubbio un thriller psicologico - sicuramente un po' scontato, ma abbastanza ben costruito, senza errori e che non sfrutta le odiose coincidenze come fanno tanti - nei rapporti fra i membri della famiglia Schutt diventa molto introspettivo e forse è per questo che Amazon lo ha classificato (secondo me sbagliando ed esagerando) nella narrativa contemporanea.

Anche se la Treadway non sembra voler sottolineare le disfunzionalità di questa famiglia, io ne ho rilevate davvero tante. Hanna è una donna insicura (già prima dell'aggressione), che allontana immediatamente i pensieri sgradevoli, come se ignorando i problemi quelli potessero risolversi da soli; che si gira costantemente dall'altra parte tutte le volte in cui le capita di notare qualcosa di preoccupante; che non dice mai quello che pensa e che non chiede spiegazioni agli altri per quello che fanno o dicono ferendola.

Una donna che ha sviluppato forti complessi di inferiorità nei confronti del marito e della figlia maggiore, Iris, e che - pur nutrendo una preferenza per quella minore, che sente più simile a lei - a più riprese si stupisce per come Dawn all'apparenza non si renda conto di non avere i mezzi della sorella, perché è Iris quella bella, intelligente, simpatica, socievole e popolare e, soprattutto, non è strabica come Dawn. Inconcepibile.

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