giovedì 14 maggio 2020

"Benedizione", Kent Haruf


Holt (Colorado), inizio estate. Dad Lewis ha 77 anni quando gli viene diagnosticato un cancro incurabile. Sa che entro settembre morirà e lo sanno anche la moglie Mary e la figlia Lorraine, tornata a Holt per trascorrere insieme al padre l’ultimo capitolo della sua vita. Cosa che invece non fa Frank, il figlio scappato di casa tanti anni prima. E' il più grande rammarico di Dad, quel figlio che non ha saputo accettare e che ha perso…

Ultimo romanzo della trilogia di Holt che inspiegabilmente è stato il primo ad essere tradotto e pubblicato in Italia. Non riesco a capacitarmi di una scelta editoriale così assurda e se fossi stata fra quelli che si sono trovati a leggere per primo il terzo libro della trilogia mi sarei arrabbiata tantissimo, non solo per una questione di ordine logico, ma anche perché in “Benedizione” si accenna ai fratelli McPheron con un clamoroso spoiler se letto prima!

E’ passato un numero imprecisato di anni dalle vicende di "Canto della pianura" e di “Crepuscolo”. Se in "Crepuscolo" avevo riscontrato il Kent Haruf più amaro, qui ho trovato quello più triste. In un’ambientazione più cittadina che rurale rispetto agli altri romanzi, è anche quello meno corale con un indiscusso protagonista.

Dad Lewis è un uomo d’altri tempi, preciso, metodico, affidabile. Ma anche inflessibile e moralista.

Al pari degli abitanti di Holt, puntuali a presentarsi in chiesa ogni domenica, ma non disposti ad accettare quel reverendo cacciato da Denver per aver osato difendere i diritti degli omosessuali e che ora, nella loro cittadina, predica addirittura il porgere l’altra guancia e l’amore verso il prossimo, nemici compresi. E cosa importa che sia scritto nel vangelo?

Ah, la meravigliosa ipocrisia cristiana…

Ma il reverendo Lyle e la sua famiglia sono solo alcuni dei personaggi che ruotano attorno a Dad. C’è Berta May, la vicina di casa dei Lewis che dopo aver perso la figlia per un tumore al seno si occupa della nipotina Alice. Ci sono le parrocchiane Willa e Alene Johnson, madre e figlia, una vedova, l’altra amante. E ci sono i "fantasmi" di Clayton e della moglie, che affiorano dai ricordi di Dad vecchi di quarant’anni...

Haruf, con la sua abituale e immensa bravura, costruisce un passato e un presente per ciascuno di loro creando figure con uno spessore che il più delle volte gli scrittori non sono capaci di dare neppure ai loro protagonisti.

Un libro triste, dicevo. Pur non avendo provato buoni sentimenti nei confronti dell’integerrimo Dad Lewis, non ho potuto fare a meno di commuovermi per la sua fine. Solo chi ha perso una persona amata per il cancro può descrivere quei momenti come ha fatto Haruf. E solo chi ha vissuto un lutto del genere può ritrovarsi nella sua ricostruzione dell’evento e io mi ci sono ritrovata più di quanto avrei voluto.

Magistrale l’insegnamento che si trae non solo da questo terzo volume, ma dall’intera trilogia: vale davvero la pena non cedere all’indulgenza? Rovinare la vita agli altri e a se stessi? Ma, soprattutto, chi ha il diritto di giudicare le scelte altrui, senza per altro sapere nulla di quello che ha vissuto e provato un’altra persona, sia essa figlio, genitore, amico o semplice conoscente?

Ovviamente nessuno, ma lo fanno in troppi.
 
Reading Challenge 2020: questo testo risponde alla traccia annuale "una trilogia" (3° volume)