mercoledì 30 dicembre 2020

"Dora Bruder", Patrick Modiano

Parigi, 14 dicembre 1941. Dora Bruder, ha 15 anni, è francese, ma è anche ebrea. Una domenica sera non fa ritorno al Sacro Cuore di Maria, il collegio cattolico al quale i genitori, padre austriaco e madre ungherese, l'avevano iscritta probabilmente nel tentativo di nascondere la figlia (che per lo stesso motivo non avevano denunciato al censimento del 1940) ai nazisti.
Tredici giorni dopo la scomparsa appare un annuncio sul "Paris-Soir": "Si cerca una ragazza di 15 anni, Dora Bruder, m 1.55, volto ovale, occhi castano-grigi, cappotto sportivo grigio, pullover bordeaux, gonna e cappello blu marina, scarpe sportive marrone. Inviare eventuali informazioni ai coniugi Bruder, boulevard Ornano 41, Parigi".
Parigi, dicembre 1988. Patrick Modiano sfogliando quel vecchio numero del quotidiano legge l'annuncio, ne resta colpito e inizia a cercare notizie su Dora, capire cosa le sia successo diventa per lui quasi un'ossessione.
In questo libro racconta le sue ricerche e le sue scoperte.

Ricerche lunghe, durate anni. Scoperte poche e frammentarie, che lo conducono nel luogo in cui ha avuto fine la storia di milioni di ebrei (e non solo): Auschwitz.

Avevo molte aspettative su questo libro, ma sono state parzialmente deluse: Modiano non può raccontare la storia di Dora, come mi aspettavo, perchè su di lei riesce a raccogliere pochissimi dati certi. Impiega quattro anni soltanto per riuscire a scoprire la sua data di nascita. Riesce a trovare un'unica parente ancora in vita, che però ha solo vaghi ricordi della famiglia Bruder perchè era troppo piccola per poter fare di più. Così gli restano, e trasmette, una serie di freddi dati costituiti soprattutto da indirizzi. Riesce a tirare fuori 136 pagine intervallando la Parigi del 1942 con quella da lui vissuta da ventenne nel 1965 e inserendo spunti autobiografici legati al padre, ebreo di origini italiane.

Ne viene fuori un librino scritto benissimo (da un premio Nobel è giusto non solo aspettarselo, ma pretenderlo) che ha il grandissimo pregio di parlare degli orrori non solo del nazismo, ma anche della Francia collaborazionista. Dora Bruder è solo un pretesto, avrebbe potuto incentrare le sue ricerche su chiunque avesse vissuto quella persecuzione, quell'annientamento.

Lo fa, però, con una certa freddezza, o almeno è ciò che io ho avvertito, e per me 75 anni sono ancora troppo pochi per riuscire a pensare ai rastrellamenti, alle deportazioni, ai campi di concentramento, ecc, con distacco.

Reading Challenge 2020: questo testo risponde alla traccia normale di dicembre