Un uomo ricchissimo quanto potente. La sua amante. Sesso estremo. Un milione di dollari chiesto da lei come pegno d'amore. Un accredito in banca, che però poi viene bloccato.
Un ultimo gioco sadomaso, lui legato a una sedia e imprigionato dentro a una tuta di latex rosa. Una pistola e un colpo alla testa.
"Non dovete credere che questa storia sia reale, l'ho inventata io. Se qualcuno vi si riconosce, che si prepari un bagno caldo"
E qualcuno vi si è riconosciuto...
Scrittore bizzarro questo Jauffret: l'anno scorso avevo già avuto un corposo assaggio della sua freddezza (ma anche della sua bravura) con "Microfictions". Adesso sono passata dalle 500 pagine di quella raccolta di racconti alle 151 di quest'unica storia, un romanzo-verità che Jauffret narra in prima persona immaginando di dare voce all'assassina.
Cioè a Cécile Brossard, la donna che per quattro anni fu l'amante (anzi, la Mistress) del ricchissimo banchiere francese Edouard Stern e che lo uccise a Ginevra il 28 febbraio 2005. Arrestata due settimane dopo, confessò l'omicidio e il 18 giugno 2009 venne condannata a 8 anni e mezzo di carcere (la procura ne aveva chiesto 11), dei quali scontò soltanto 18 mesi, tornando il libertà il 9 novembre 2010, non so per quale motivo.
Già al processo le furono risconosciute molte attenuanti, la sua infanzia difficile, ma soprattutto le vessazioni, i soprusi, le umiliazioni e le minacce che le venivano inflitte da Stern (forse era lui il vero dominatore?).
Il libro non arriva al processo: con salti temporali ben riusciti e senza tanti giri di parole (in pratica l'opposto di Dicker...) racconta il passato della donna, il rapporto fra i due, quello di lei con il marito, l'omicidio, il tentativo di fuga in Australia, il ritorno in Europa, fino all'ammissione di colpevolezza.
Navigando su siti francesi e svizzeri non sono riuscita a trovare notizia di un aspetto importante: se la Brossard ha collaborato al libro. Senza questo dettaglio è impossibile capire quanto Jauffret abbia romanzato la vicenda, ma indubbiamente c'è molta realtà altrimenti la famiglia Stern non avrebbe chiesto il ritiro e la distruzione di tutte le copie di "Sévère" (titolo originale dell'opera) citando in giudizio autore ed editore per violazione della privacy, per poi rinunciare all'azione legale un paio d'anni dopo con la motivazione di essere contrari a ogni forma di censura. Quindi sapevano che avrebbero perso la causa...
Di sicuro Edouard Stern non esce bene dal racconto, se tutto corrisponde a verità viene da dare ragione a Jauffret quando sostiene che ci sono casi in cui le vittime in seguito agli accertamenti si rivelano più colpevoli di chi li ha uccisi. Personalmente mi è bastata una foto che ritrae entrambi sorridenti inginocchiati accanto a un'antilope con un foro di proiettile in mezzo agli occhi per dirottare tutta la mia pietà sull'animale.