venerdì 21 febbraio 2020

"Microfictions", Régis Jauffret


"Microfictions” è un’imponente raccolta di racconti, ben cinquecento. Ma ciò che lo rende particolare, suppongo unico, è la “lunghezza” di ciascuno: due pagine soltanto.

E da qui si può partire per elencare gli indiscutibili pregi dell’autore. Jaufrett scrive bene, molto bene. Uno stile secco e asciutto, intelligente e colto. Ha una fantasia inesauribile, è riuscito a inventarsi cinquecento vicende, altrettanti protagonisti e migliaia di personaggi secondari. Soprattutto è riuscito in due sole pagine a narrare cinquecento storie autoconclusive e sensate.

Non mi stupisce che "Microfictions" venga incensato dalla critica di alto livello, ma per me – che posso solo provare a fare una critica di bassissimo livello – pur riconoscendone a pieno le qualità letterarie, sale sul podio come libro più disturbante che abbia mai letto, scalzando “American Psycho” di Bret Easton Ellis dopo ben 24 anni di indiscussa supremazia.

Dall’inizio dell’anno ho letto dieci racconti al giorno che mi hanno procurato non pochi incubi notturni. In quasi tutti i racconti muore qualcuno e non si tratta mai di morte naturale, ma di omicidi o suicidi. Quasi tutti i racconti si sviluppano all’interno di famiglie o di ménage di coppia, di conseguenza abbiamo mogli che uccidono mariti, mariti che uccidono mogli, figli che uccidono genitori e anche tanti genitori che uccidono figli. Dalle famiglie ci si sposta sulla strada, ma anche quando la violenza viene perpetrata da sconosciuti su sconosciuti non c’è da stare allegri.

Quando non c’è qualcuno che muore, c’è comunque qualcuno vittima di abusi, percosse, stupri. Nella migliore delle ipotesi abbandoni.

Specifico che non si tratta di racconti gialli. Qui si uccide o ci si uccide per disperazione, degrado, noia. Situazioni grottesche raccontate con un distacco e con un cinismo raggelanti. Io - che sono tutt’altro che tenera e amabile, oltre che ben poco romantica, tanto da essermi divertita ritrovandomi nel sarcasmo di certi passaggi (“il cielo rosa punteggiato di nuvole sembrava la foto di una malattia della pelle”) - avrei sinceramente paura a vivere accanto a una mente capace di partorire simili fantasie, un uomo che riesce a parlare dei pedofili come di “appassionati di bambini”, giusto per fare un esempio di ciò che intendo per disturbante.

Un buon centinaio di racconti mi sono sembrati esercizi di bravura stilistica e se c’era un senso non sono stata in grado di coglierlo. Pochi, pochissimi, sono tristi e strazianti in maniera commovente. Ma la maggior parte è così sconcertante da far apparire stonati i due soli racconti a lieto fine dell’intera raccolta.

Ma la cosa più sconvolgente è la frase finale della sinossi:

"Microfictions è un libro che parla di tutti noi

Per quanto io sia impietosa nei confronti del genere umano, mi domando come si possa aver letto questi racconti e poi affermare una cosa del genere.

Reading Challenge 2020: questo testo risponde alla traccia annuale "un libro con più di mille pagine"