Svezia, novembre, città e anno non precisati. Un lunedì come tanti a Ove viene comunicato il prepensionamento forzato. Quello che per me sarebbe un sogno, per lui rappresenta un dramma: convinto che una persona senza un lavoro sia solo un peso per la società e non avendo più uno scopo se non quello di aspettare la morte, Ove - ad appena 59 anni - decide di andarle incontro. Da uomo preciso, quale è sempre stato, alle 16 del suo primo giorno da pensionato ha già predisposto tutto: ha chiuso le utenze, disdetto l'abbonamento al giornale e controllato che i caloriferi siano spenti. Non deve fare altro che salire sullo sgabello con la corda che ha già legato in un cappio. Niente può dissuaderlo dalla decisione presa, a eccezione di un rumore infernale proveniente dall'esterno e che Ove riconosce subito per quello che è, un automezzo che striscia contro il muro della sua villetta: sono arrivati i nuovi vicini.
Capita anche a me di commuovermi leggendo un libro, ma era dal novembre scorso (cioè da "Cambiare l'acqua ai fiori") che non mi succedeva di arrivare a piangere: con gli ultimi due capitoli di questo sono arrivata a un passo dai singhiozzi.
E dire che per gran parte della lettura la storia di Ove non mi aveva conquistata più di tanto. Lo trovavo un libro con una storia carina e simpatica, sufficientemente originale, con un protagonista particolare.
Stilisticamente un buon libro, anche considerando che si trattava di un'opera prima scritta da un autore all'epoca trentunenne che affrontava con grande bravura temi pesanti, come l'anzianità (anche se - da quasi 52enne - avrei molto da ridire sul considerare anziano un uomo che ha solo sette anni più di me, cazzarola!!) e il lutto.
Non mi sorprendeva il successo avuto, però non avrei potuto giudicarlo un libro appassionante, non mi chiamava dal comodino e ammetto di aver messo fra ieri e oggi il turbo per riuscire a finirlo prima di partire (domani) per una mini vacanza al mare di tre giorni.
Ma avvicinandomi alla fine, come la Parvaneh del romanzo, mi sono resa conto di essermi affezionata a quel "vecchietto", così "burbero, scontroso, rancoroso, tirchio, acido e asociale" che meriterebbe la cittadinanza onoraria genovese, perchè qui siamo tutti un po' degli Ove ^^
Un uomo che mi ha fatto pensare a mio padre, non perchè fosse scorbutico (non lo era), ma perchè con le mani sapeva costruire o aggiustare qualsiasi cosa, perchè anche lui era fissato con una marca di automobili (le Opel anzichè le Saab) e perchè come Ove era già morto vent'anni prima di morire veramente, con la vedovanza.
Backman fa delle considerazioni sulla morte molto profonde e molto vere. Probabilmente stamattina non ho pianto per il suo Ove, ma per mia madre e per mio padre. E anche per riconoscere che a poco più di cinquant'anni sono già arrivata a quel certo punto quando "ci si rende conto di aver raggiunto l'età in cui c'è da guardare più indietro che avanti".
Un po' triste? Sì, parecchio.