Tokyo,
anni 50. E' in corso un’indagine sui presunti loschi traffici
dei funzionari del ministero X e quando il cadavere di un suo
esponente, Sayama Ken’ichi, viene ritrovato su una roccia di una
spiaggia del Kyushu, all’alba
di una gelida mattina di gennaio, gli inquirenti non ci mettono molto
a etichettarlo per quello che sembra, un suicidio per avvelenamento.
Tanto più che accanto a lui c’è il corpo di Otoki, anch’essa
morta per l’ingestione di cianuro. I suicidi di coppia, si sa, sono
frequenti, inutile indagare, anche se Torigai Jutaro, anziano
investigatore un po’ strampalato, non è convinto. Ma è l’unico
della sua sezione, finché da Tokyo non arriva il giovane Mihara
Kiichi, insospettito da alcuni particolari…
Un
noir in piena regola scritto nel 1958 e tradotto per la prima volta
in italiano nel '71 fra i Gialli
Mondadori con il titolo “La morte è in orario”, quindi riproposto due anni fa da Adelphi col titolo
attuale.
Avevo
grandissime aspettative, avendone sentito parlare solo che bene. Non
sono rimasta delusa, ma deve assolutamente piacere lo stile
giapponese e con questo libro ho capito quanto piaccia a me:
parecchio, perché altrimenti non avrei un giudizio positivo su una
storia come questa dove succede davvero poco.
L’indagine
poliziesca si basa esclusivamente su un’intuizione del
protagonista, a cui viene lasciata libertà di agire dai suoi
superiori (cosa impensabile in età moderna), e sui suoi ragionamenti
che ruotano attorno a orari dei mezzi di trasporto e supposizioni. Il
tutto con quel lento e ripetitivo ritmo nipponico che ha sul mio
congenito nervosismo l’effetto del Laxotan, flemma accentuata dalla
datazione, non per lo stile di scrittura di Matsumoto (piuttosto
freddo, ma garbato,
elegante e
intelligente.
Leggerò altro di suo, quel poco che è stato tradotto da noi), ma
per la datazione della storia, un’epoca in cui si comunicava ancora
attraverso i telegrammi e la birra la si teneva in fresco nei pozzi.
PS:
da italiana non ho potuto fare a meno di pensare a cosa succederebbe da
noi se anche qui fosse prassi comune suicidarsi quando l’interessato
si sente in odore di arresto per un qualche scandalo politico o
finanziario. Decisamente un uso che sarebbe bello imitare, altro che
piazza pulita...
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Challenge 2020: questo testo risponde alla traccia vagabonda di
marzo "un libro ambientato in Giappone"