venerdì 8 marzo 2024

"La signora in tweed", Charles Exbrayat

 

Londra, anni Cinquanta. Imogene McCarthery - prossima ai cinquant'anni, un metro e settantotto centimetri di altezza, muscolosa come tanti uomini possono solo sognare di essere, soprannominata red bull dalle colleghe (non è chiaro se per la chioma rosso fuoco o se per il suo caratterino ancora più incandescente) - da vent'anni lavora come dattilografa negli uffici dell'Ammiragliato. Da altrettanti anni, proprio a causa del lavoro, ha dovuto lasciare le Highlands e trasferirsi a Londra, sopportando la convivenza con gli inglesi.
Cosa non facile "
dal momento che per miss McCarthery si iniziava a essere stranieri a partire da Glasgow".
Ma adesso deve tornare a casa, non per una vacanza, ma per lavoro: sir David Woolish, direttore dell'Ammiragliato, nonché capo dell'Intelligence Department, l'ha arruolata affidandole il delicato incarico di portare dei documenti segreti a un funzionario governativo momentaneamente alloggiato proprio a Callender, perla della contea di Perth e cittadina natia di Miss McCarthery, che parte immediatamente prendendo la sua missione molto (molto) sul serio, certa di sbaragliare il nemico come fece Robert Bruce con gli inglesi il 24 giugno 1314 a Bannockburn!

Curioso che un personaggio come Imogene McCarthery sia venuto in mente a un francese. Charles Exbrayat, nato e morto a Saint-Etienne (1906 - 1989), ha scritto moltissimi romanzi. Questo - il primo a essere stato tradotto in italiano - è anche il primo di sette della serie che ha come protagonista questa indomita scozzese: sebbene la storia sia ben lontana dal XIII secolo e non sfiori nessuna battaglia, è quasi impossibile leggerne le imprese senza pensare a William Wallace.

Se a distanza di quasi trent'anni dall'uscita "Braveheart" continua a essere il mio film preferito, "La signora in tweed" non si avvicina neppure alla lista dei libri più amati, ma è stata ugualmente una letturina piacevole e divertente, che mi lascia la speranza di veder tradotti anche i successivi sei titoli della serie.

Avevo letto di un paragone fra Exbrayat e Paul Gallico ed effettivamente delle similitudini nei loro lavori ci sono: due protagoniste atipiche che si mettono in moto per portare a compimento una missione, con tenacia e cipiglio. 
E' probabile che il francese per il suo libro (pubblicato nel 1959, quindi un anno dopo rispetto a "La signora Harris") abbia preso spunto dall'idea del collega americano, ma Imogene McCarthery e Ada Harris sono particolari in modo diverso, come sono diverse le avventure che si trovano a vivere.

"La signora in tweed" ha una partenza folgorante, un primo capitolo eccezionale e un secondo molto piacevole, dove vengono raccontati passato e presente della vita di Imogene e descritto il suo temperamento, reso particolare dal fervente amore per la Scozia, attaccamento tramandatole dal defunto padre, che genera durante le 192 pagine, ma soprattutto all'inizio, situazioni esilaranti, in particolare per gli 
attacchi ai Windsor, usurpatori dei Tudor.

Chissà cosa direbbe Imogene sapendo che gli storici negli ultimi anni hanno stabilito una connessione fra i Windsor  e i Tudor: Elisabetta II, infatti, sarebbe stata una discendente di Margherita di Scozia, sorella di Enrico VIII e nonna di Maria Stuarda, regina di Scozia, davanti alla cui statua conservata nell'abbazia di Westminster Imogene si inginocchia chiedendo "
la pazienza e il coraggio necessari per vivere un giorno in più tra gli inglesi".

Dal terzo capitolo la storia ha perso parte della sua attrattiva, ma questo a causa della mia personale avversione verso spionaggio e inseguimenti: "La signora in tweed" è e resta un romanzo divertente, ma se Imogene parte dicendosi "pronta a morire per la Corona!", in realtà è lei quella che finisce per mietere cadaveri in un incessante susseguirsi di equivoci e situazioni strampalate.

Ed ecco la piccola Callander, meno di tremila abitanti, comunemente considerata la porta di accesso alle Highlands:


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