martedì 12 marzo 2024

"Amabili resti", Alice Sebold

 

Norristown (Pennsylvania), 6 dicembre 1973. Susie Salmon ha 14 anni e per tornare a casa da scuola ha scelto di tagliare per il campo di granoturco. E' lì che incrocia il signor Harvey, il vicino strambo che abita nella casa verde. Ed è per curiosità, ma anche per educazione, che accetta di entrare con lui nel nascondiglio che ha costruito nel campo: vuole proprio vedere come ha fatto a scavare una tana a dimensione umana senza far crollare la terra attorno. Non sa ancora che George Harvey è un serial killer e che lei sarà la sua prossima vittima.
Lo scoprirà quando, dopo la morte, salirà nel suo Cielo. Da lassù vedrà tutto quello che succede sulla Terra, alla sua famiglia, al suo cane, al ragazzino a cui aveva appena dato il suo primo bacio, ai suoi amici e al suo assassino.
E ci racconterà tutto.

Alice Sebold, nata in Winsconsin nel 1963, ha all'attivo soltanto tre romanzi. Nel 2019 avevo letto il primo, "Lucky", l'autobiografia in cui racconta lo stupro subito quando aveva 18 anni. Quindi avevo subito comprato, "Amabili resti", certa che lo avrei letto in tempi brevi, e invece sono trascorsi quasi cinque anni: è senza dubbio il libro che ho preso più spesso in considerazione collegandolo a una delle tracce della Challenge finendo ogni volta per preferirgli un altro titolo.

La storia che racconta è famosissima e, immaginandolo carico di una tristezza indicibile, l'ho evitato più o meno consapevolmente.
E triste lo è, ma in maniera diversa da quello che mi aspettavo. Susie racconta la sua uccisione con un certo distacco e il suo ritrovarsi in un'altra dimensione, potendo usufruire di una certa continuità, rende la morte un passaggio, non l'evento definitivo che invece è.

"Ghost" è uno dei miei film preferiti e ho guardato tutte le stagioni di "Ghost Whisperer", ma - come mio marito si è visto "The Walking Dead" senza arrivare a credere all'esistenza degli zombie - la tematica dei fantasmi non ha mai fatto vacillare la mia convinzione che dopo la morte non ci sia assolutamente nulla.

Anche per questo trovo ridicola la frase con cui E/O ha chiuso la sinossi: "E Susie aiuterà tutti, i lettori per primi, a riconciliarsi con il dolore del mondo". Ma non scherziamo. Non riescono a essere convincenti credenze millenarie, figurarsi la favoletta inventata per un libro, dove ogni defunto fluttua in un suo personalissimo Cielo in cui basta desiderare una cosa per ottenerla, senza perdere di vista le persone amate o chiunque si voglia osservare.

Di religioso la Sebold si è limitata a piazzare una (evitabilissima) statua di San Francesco all'ingresso di questo aldilà, ma il suo Cielo ha troppi punti in comune con quel Paradiso a cui non credo.

Il meccanismo narrativo è comunque particolare e accattivante. Mi aspettavo, e avrei voluto, una maggiore rilevanza della vicenda criminale vera e propria, ma questo è un libro di narrativa, non un giallo, che punta sui legami ed è nella figura del padre che si concentra la grande sofferenza della storia, mentre il personaggio della madre di Susie ha molti punti in comune con quella dell'autrice, da lei descritta in "Lucky" e c'è ben poco di positivo nelle due donne.

In definitiva, dopo averlo tenuto a distanza per tanti anni, il libro ha deluso le mie aspettative perché non mi ha fatta stare male come temevo.
Ma soprattutto per le esagerazioni dei capitoli finali.


In "Ghost" la Goldberg riesce a far ridere espellendo dal suo corpo l'anima di un defunto durante l'affollata seduta spiritica ed è potente quando permette a Swayze di impossessarsi di lei per fargli riabbracciare la Moore, ma Susie che prende in prestito il corpo di Ruth è un eccesso che forse un animo romantico può apprezzare, mentre ai miei occhi rappresenta un finale macchiettistico per un libro che avrebbe meritato una conclusione più profonda e concreta.

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