Lei è Deborah (Debby), studi interrotti dopo la licenzia media e due lavoretti, baby-sitter per una vicina di casa e badante per un'altra.
Quest'ultima è l'ultra novantenne Caterina Mazzacurati, vedova da più di cinquanta, che adesso teme (con ragione) che il figlio voglia chiuderla in una casa di riposo, quello stesso figlio che anni prima le aveva fatto vendere il bell'appartamento in centro piazzandola in quello meno bello a Barriera di Milano.
Anche Linda, la madre di Debby, nonché moglie di Oreste, aveva dovuto vendere l'appartamento del centro - regalo di matrionio dell'agiato padre - per mettere una pezza alla catastrofe causata dal marito. Un disastro, ma che adesso Debby se ne esca con questa idea del volerlo far fuori le sembra decisamente un po' eccessivo.
Scritto nel 2023 è al momento l'ultimo romanzo di Margherita Oggero e non è uno dei migliori. Una pletora di storie indivudiali che hanno per protagonisti gli abitanti del quatiere e di un caseggiato in particolare.
Wikipedia mi spiega che Barriera di Milano è un antico quartiere a nord di Torino: nel 1853 venne costruita attorno alla città una cinta daziaria dotata di varchi, chiamati barriere, e che quella di piazza Crispi venne chiamata di Milano perché guardava in quella direzione.
Un quartiere proletario dove la Oggero colloca la sua "brava gente" raccontandoci le loro storie. Il libro è preceduto da un lungo elenco, "Personaggi: protagonisti, comprimari e comparse, in ordine di apparizione", una trovata più originale che utile, un'accozzaglia di nomi che prima della lettura serve solo a inquietare pensando che sono troppi, che non si riusciranno mai a memorizzare, eccetera. Uno spavento inutile perché una buona parte è, come precisato, una comparsa e solo leggendo si capisce chi è importante e quali sono i vari legami.
Di gente brava ce n'è ben poca fra ladri, spacciatori, puttanieri e altro, e la maggior parte sembra pronta per il festival dei tamarri, ma la Oggero è la Oggero e le stoccate che tira non sono poche.
Per quei politici che costruiscono le proprie campagne sugli slogan e per quegli elettori che continuano a cascarci; per quei genitori che anziché punire i figli per una nota grave vanno a scuola e prendono a pugni l'insegnante e per quelli che hanno sostituito il dizionario dei nomi con una rivista di gossip creando una generazione di Sharon, Nathan, Colin e Chanel che accostati a cognomi come Gaudino o Nuzzolese fanno morire dal ridere, per non piangere; per le trasmissioni come "C'è posta per te" e per i telespettatori che credono nella geniunità che rifilano.
Più serie considerazioni sul disagio delle nuove generazioni e sulla mancanza di prospettive patite in certe situazioni sociali.
Infine l'ultimo breve capitolo, che non è fuori dalla storia come potrebbe sembrare e chi non ne ha capito il senso non deve attribuire colpe alla Oggero, ma limitarsi a leggere autori meno raffinati.
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