domenica 16 maggio 2021

"Le 10 mappe che spiegano il mondo", Tim Marshall



Geografia, storia e matematica sono state le materie che più ho amato durante tutto il mio percorso scolastico. La matematica, che adoravo, si colloca al terzo posto, mentre ancora oggi non so decidermi se assegnare l'oro a storia o a geografia.

Ecco perchè ho comprato questo libro subito dopo averlo visto fra le novità di IBS. Poi ho fatto l'errore di aspettare quattro anni per leggerlo, quattro anni durante i quali il libro è diventato in gran parte anacronistico: se in certe zone del mondo la situazione è statica, in altre ci sono stati cambiamenti (alcuni dei quali in corso) che rendono la lettura sgradevolmente superata e/o incompleta.
Dal punto di vista geografico ho apprezzato molto l'analisi geopolitica che fa descrivendo come la configurazione fisica - clima, composizione demografica della popolazione, accesso alle risorse naturali, ecc - condizioni i rapporti internazionali fra i vari popoli, ad esempio come la mancanza di guerre fra Cina e India sia dovuta in gran parte al loro confine naturale invalicabile per gli eserciti che è l'Himalaya oppure come la geografia interna del sud America le impedisca di imitare l'esempio dell'Europa unita a livello commerciale.


Il testo si compone di dieci capitoli (le 10 mappe del titolo...) che toccano (quasi) ogni angolo del mondo.
Si parte dalla Russia (geograficamente svantaggiata, ma con una grande disponibilità di petrolio e gas naturali), per passare alla Cina (con i suoi squilibri fra coste e campagne, ma protetta dalle caratteristiche geografiche dei suoi confini), quindi agli Stati Uniti (che godono di una posizione geografica unica che li pone al sicuro da ogni possibile invasione) e, a seguire, Europa occidentale (di cui spiega come le divisioni naturali create da monti, fiumi e valli portarono alla formazione di tanti Stati privi di una lingua comune, cioè l'opposto degli Stati Uniti. Evidenzia anche come il minor numero di pianure e i maggiori problemi di siccità siano alla base del divario fra nord e sud del continente
), Africa (la culla dell'umanità, siamo tutti africani. Un continente immenso con regioni, climi e culture diverse accomunate dall'isolamento dal resto del mondo), Medio Oriente (dove i confini geografici tracciati sulle mappe dagli europei si stanno ridisegnando con il sangue), India e Pakistan (uniti dalla geografia del subcontinente indiano, ma divisi da un odio profondo), Corea e Giappone (la prima definita dall'autore un problema irrisolvibile, la seconda trattata con un occhio benevolo), America Latina (la dimostrazione di come la geografia possa limitare anche quando si hanno a disposizione conoscenza e tecnologia) e, infine, Artide (con tutto il suo peso politico che muoverà gli interessi del XXI secolo).

Manca l'Oceania e qui mi viene malignamente da osservare che anche quando si gioca a Risiko quello è il continente meno interessante!

Perchè a
Tim Marshall  - che (cito dal breve trafiletto dedicatogli nell'aletta della sovracopertina) "è stato per trent'anni corrispondente estero di BBC e Sky News, inviato di guerra in Croazia, Bosnia, Macedonia, Kosovo, Afghanistan, Iraq, Libano, Siria, Israele" e che quindi non è un giornalista, ma un Giornalista e che indubbiamente sa di cosa parla - la guerra piace un po' troppo.

Quando descrive azioni militari del passato e quando immagina futuri scenari e strategie di guerra si rianima raggiungendo vette di esaltazione per me insopportabili e assumendo toni di assoluta superiorità verso tutto ciò che non è filo americano e - pur riconoscendogli una capacità che non ho e un'esperienza che non vorrei neppure avere - posso solo biasimare la sua visione "neocolonialista" del mondo con gli Stati Uniti al centro.

"Nel XXI secolo il Messico non pone alcuna minaccia territoriale agli Stati Uniti, anche se la prossimità causa problemi all'America perchè alimenta la fame di manodopera illegale e droghe del suo ricco vicino"

Quindi per l'autore è colpa dei messicani se gli statunitensi si drogano e se non mettono in regola il personale delle pulizie?

Questo è un esempio che può anche far sorridere (a patto di non essere un messicano obbligato dalla fame ad accettare qualunque condizione lavorativa), ma sono tanti i temi in cui mi sono trovata in disaccordo con Marshall: come non ha evidenziato il potere che Washington si è presa sulla NATO (e quindi sul mondo), come ha liquidato in quattro righe la guerra in Vietnam, come ha giustificato l'intromissione degli USA nel cambio di Governo in Ucraina, come ha minimizzato il ruolo di "polizia internazionale" assunto dagli Stati Uniti in America Latina...
Ma anche la superficialità con cui ha descritto
i danni fatti nel mondo da noi europei quando i colonialisti hanno tracciato confini geografici sulla carta senza tenere in nessuna considerazione la topografia e le culture delle varie regioni, in Africa, nel Medio Oriente, in Corea e in Sud America o il modo in cui noi europei e gli arabi (e adesso anche i cinesi) abbiamo saccheggiato l'Africa delle sue risorse e delle sue genti. Fatti che per noi appartengono alla storia, ma che condizionano ancora il presente di milioni di persone e che un libro che vuole spiegare il mondo attraverso le mappe avrebbe dovuto approfondire come, invece, non fa.

Marshall preferisce biasimare l'Europa per la (secondo lui) minima spesa che destina alla difesa, ammirando per contro gli Stati Uniti che investono sulla ricerca e sullo sviluppo delle forze armate una somma che lui quantifica superiore al bilancio militare di tutti gli altri paesi della NATO messi insieme.
E quasi deride noi europei perchè dopo le due guerre mondiali e il tracollo dell'Unione Sovietica ci sentiamo al sicuro da futuri conflitti, mentre per l'autore non è così e qui arriva a immaginare eserciti russi ed europei fronteggiarsi nel corridoio fra la costa baltica e l'inizio dei Carpazi (non spiccando per originalità, tra l'altro, come la storia bene insegna...).

Ma è nell'ultimo capitolo che la distanza di vedute fra me e Marshall è diventata incolmabile: se già ero arrivata a quel punto  molto delusa dal non aver trovato nemmeno un accenno alle energie rinnovabili e disgustata dal modo in cui aveva parlato positivamente della produzione di soia che starebbe facendo del Brasile un colosso dell'agricoltura, senza toccare il tema della devastazione della foresta amazzonica nè specificare che tipo di soia producono (OGM) ed esportano (destinata quasi esclusivamente agli allevamenti, quindi ve la mangiate voi), con le 14 pagine dedicate all'Artide la mia costernazione è diventata totale.

E' riuscito a parlare del riscaldamento globale (cioè l'unico motivo per cui esiste questo capitolo) senza mai usare la parola "danni", preferendole "effetti", che solo agli stolti e agli illusi può fare meno paura. Ma è andato oltre presentando lo scioglimento dei ghiacci come un fattore positivo che renderà più agibile l'accesso alla regione e quindi ai giacimenti di petrolio e alle riserve di gas naturale, arrivando ad affermare che la fusione della calotta polare - riducendo la tratta percorsa dalle navi che vi transitano - fa abbassare le emissioni di gas serra! Mi ha dato un'idea: quasi quasi per dimagrire domani mi faccio amputare un arto!

Nelle ultime righe arriva la "sorpresa": auspica che si possa superare l'avidità intrinseca nel genere umano gestendo le riserve artiche a beneficio di tutti! Finalmente una cosa su cui siamo d'accordo, ma dubito che lui lo avrebbe pensato e scritto se ad avere 32 rompighiaccio, di cui 6 a propulsione nucleare, fossero gli americani invece  dei russi...

Reading Challenge 2021: questo testo risponde alla traccia compleanno di maggio (l'autore  è nat0 il 1° maggio 1959)