domenica 23 maggio 2021

"Con parole precise", Gianrico Carofiglio



Un altro Carofiglio (sto sfruttando bene la traccia compleanno della Reading Challenge per gli autori nati a maggio), questa volta un saggio su un tema a lui tanto caro: il linguaggio.

Scritto nel 2015, rappresenta una sorta di prima "puntata" rispetto a "Con i piedi nel fango" (del 2018) che - non sapendolo - avevo letto l'anno scorso. Aggiungendo "La manomissione delle parole" (2010) si potrebbe tranquillamente parlare di una triologia in cui l'autore evidenzia i difetti del linguaggio politico e giuridico.

In questo la parte dedicata ai politici è minore, cosa che lo rende il meno anacronistico fra i tre saggi. Analizzando le metafore usate da Berlusconi, Bersani, Renzi, ecc,  Carofiglio evidenzia come queste possano diventare strumenti manipolatori quando i politici si esprimono per slogan.

"Le società nelle quali prevalgono le asserzioni vuote di significato sono in cattiva salute"

Maggiore lo spazio che riserva all'inutile complessità del linguaggio giuridico, sottolineando come per chi opera in questo campo sia un dovere farsi capire e di come per noi altri capire sia un diritto.
Ripete l'analisi già espressa ne "La manomissione delle parole", ma riportando molti esempi della lingua burocratica che - giustamente - definisce inumana, riesce anche a essere esilarante.

Fra le tante citazioni, tutte interessanti e mai banali - da Primo Levi a Ungaretti, da Tolstoj a Simenon - c'è anche un bellissimo passaggio dell'altrettanto bello "La ballata di Adam Henry" di McEwan. Le parole precise servono anche in letteratura: lì non c'è l'obbligo civile della chiarezza, ma "le storie devono produrre un senso".

Mi ha fatto sorridere leggere proprio da parte di Carofiglio un elogio alla concisione - una qualità che non mi sento di riconoscergli, soprattutto quando è in veste di oratore - e che di sicuro io non ho! E mi ha permesso di tradurre in parole quello che già sapevo di me, cioè di preferire le letture descrittive a quelle emozionali.

A proposito del linguaggio giuridico italiano, con l'articolo 1 della legge 23 dicembre 1996 n. 662 deteniamo il record mondiale (fonte Michele Ainis) del periodo più lungo usato in una legge, appunto: 23.510 parole! Per altro si tratta di una legge riguardante le misure di razionalizzazione della finanza pubblica...

E puntando il dito sui periodi assurdamente lunghi presenti anche nella letteratura, Carofiglio sostiene che per essere chiari non dovrebbero superare le 25-30 parole. Qui io commento con un "dipende" che, fresca della lettura di Philip Roth, mi rende inattaccabile, ma i periodi lunghi li ho sempre amati, così come quelli brevi tendono a irritarmi, ma anche in questo caso il "dipende" è obbligatorio...

Reading Challenge 2021: questo testo risponde alla traccia compleanno di maggio (l'autore è nato il 30 maggio 1961)