Black Country, inizio ottobre 2016. Deanna e Maxime sembrano non avere nulla in comune. La prima aveva 47 anni, un ruolo di alto livello nel campo dell'assistenza sociale, un buon tenore di vita e un tranquillo ménage familiare. La seconda aveva 22 anni e un'esistenza allo sbando a causa della droga. Ma entrambe sono state uccise con un unico e preciso fendente al cuore e questo porta Kim Stone a pensare che i delitti siano opera della stessa persona.
E mentre le indagini procedono faticosamente a causa dei pochi indizi, alla detective arriva la notizia che mai si sarebbe aspettata di ricevere: è stata fissata l'udienza per il rilascio di sua madre da Bardsley Hause, la struttura per criminali psicopatici dove la donna è rinchiusa dal 1987. Questa volta Patricia Stone non ha fatto nulla per evitare l'udienza, sembra che le lettere ricevute dalla figlia l'abbiano cambiata.
Ma Kim non ha mai scritto a sua madre.
Ovviamente non potevo non sfruttare la traccia di maggio che chiede di leggere libri appartenenti a serie già iniziate per non avanzare con quella di Angela Marsons.
Scritto nel 2016, come "Una morte perfetta", "Blood Lines" è il seguito de "Il gioco del male" e questo andava scritto nella sinossi, perché a leggerlo senza aver prima letto l'altro si perde il senso della trama orizzontale che, oltretutto, questa volta è quasi preponderante.
A tornare è la dottoressa sociopatica Alexandra Thorne e queste sono le storie trasversali che non mi piacciono: una serie con un protagonista che si occupa di diversi casi che iniziano e finiscono nel corso di un unico romanzo sì, ma anche nelle serie TV non ho mai apprezzato quando sono i criminali a ricomparire, dall'uomo che fuma di X Files al killer delle miniature di CSI Las Vegas, tanto per fare due esempi. Aver letto la prima parte soltanto due mesi fa mi ha permesso di notare che a uno dei personaggi apparsi anche nel libro precedente (dove aveva un ruolo marginale), in questo (dove invece ha una parte rilevante) viene dato un nome diverso (Shane vs Leo)!
Io sono senz'altro pignola, ma non è una svista da poco ed è incredibile che sia sfuggita prima della pubblicazione, in primis all'autrice.
Come quelli precedenti, il thriller è godibilissimo, ma più coinvolgente che convincente.
Reading Challenge 2023, traccia di maggio: libri appartenenti a serie già iniziate
E mentre le indagini procedono faticosamente a causa dei pochi indizi, alla detective arriva la notizia che mai si sarebbe aspettata di ricevere: è stata fissata l'udienza per il rilascio di sua madre da Bardsley Hause, la struttura per criminali psicopatici dove la donna è rinchiusa dal 1987. Questa volta Patricia Stone non ha fatto nulla per evitare l'udienza, sembra che le lettere ricevute dalla figlia l'abbiano cambiata.
Ma Kim non ha mai scritto a sua madre.
Ovviamente non potevo non sfruttare la traccia di maggio che chiede di leggere libri appartenenti a serie già iniziate per non avanzare con quella di Angela Marsons.
Scritto nel 2016, come "Una morte perfetta", "Blood Lines" è il seguito de "Il gioco del male" e questo andava scritto nella sinossi, perché a leggerlo senza aver prima letto l'altro si perde il senso della trama orizzontale che, oltretutto, questa volta è quasi preponderante.
A tornare è la dottoressa sociopatica Alexandra Thorne e queste sono le storie trasversali che non mi piacciono: una serie con un protagonista che si occupa di diversi casi che iniziano e finiscono nel corso di un unico romanzo sì, ma anche nelle serie TV non ho mai apprezzato quando sono i criminali a ricomparire, dall'uomo che fuma di X Files al killer delle miniature di CSI Las Vegas, tanto per fare due esempi. Aver letto la prima parte soltanto due mesi fa mi ha permesso di notare che a uno dei personaggi apparsi anche nel libro precedente (dove aveva un ruolo marginale), in questo (dove invece ha una parte rilevante) viene dato un nome diverso (Shane vs Leo)!
Io sono senz'altro pignola, ma non è una svista da poco ed è incredibile che sia sfuggita prima della pubblicazione, in primis all'autrice.
Come quelli precedenti, il thriller è godibilissimo, ma più coinvolgente che convincente.
Dismessi i panni di RoboCop che Kim aveva vestito ne "La ragazza scomparsa", qui la Marsons in un attimo la trasforma in Enzo Maiorca, ma sono esagerazioni perdonabili, se prese con la giusta ironia. E' più grave che non venga usata una doverosa logica per portare la protagonista a capire l'identità del colpevole. La vediamo correre verso una meta, riflettendo sui vari indizi e facendosi una serie di domande, finché:"A un tratto rallentò, perché era come se nella mente le si fosse appena alzato il sipario. Le gambe quasi si fermarono mentre il cervello accelerava e cominciava a mettere insieme i pezzi. Oh merda, disse nell'oscurità. Ripartì subito, e questa volta stava correndo davvero. Perché adesso sapeva chi era responsabile di tutte quelle morti."In pratica una veggente! Ho riletto fino alla nausea le domande che si fa e che la portano alla soluzione e, fidatevi della mia pedanteria, nessuna risposta è collegata al colpevole. Quella che davvero capisce - lavorando su computer, tabulati e altro - è la giovane agente Stacey Wood, ma le due non hanno ancora parlato quando Kim ha il suo lampo di genio. La Marsons ha delle buone idee, ma dovrebbe svilupparle con più attenzione, soprattutto mitigando l'immagine di Kim Stone, è un personaggio che funziona anche senza exploit fisici o mentali.
Reading Challenge 2023, traccia di maggio: libri appartenenti a serie già iniziate