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domenica 26 marzo 2023

"Il gioco del male", Angela Marsons

 

Black Country, marzo 2015. Sono trascorsi pochi mesi dalla risoluzione del complicato caso dell'ex istituto Crestwood e quella di Kim Stone è diventata una vera squadra. Ma adesso il sergente Bryant non condivide l'opinione della detective riguardo alla dottoressa Alexandra Thorne. Mentre lui ne è rimasto affascinato, Kim non capisce come la psicologa, nonostante il gran numero di titoli e di riconoscimenti di cui si fregia, non si sia resa conto di quello che stava per succedere: Ruth Willis, una sua paziente, ha ucciso a coltellate l'uomo che cinque anni prima l'aveva brutalmente stuprata. Alex la aveva in cura da tre mesi, cioè da quando la ragazza, non riuscendo a sopportare la scarcerazione dell'uomo per buona condotta, aveva tentato il suicidio, diventando poi un'assassina vendicatrice nell'arco di poche settimane nonostante la terapia.
E quello di Ruth sarà solo il primo caso che porterà le strade delle due donne a incrociarsi.

Nell'estate del 2019 avevo letto con piacere "Urla nel silenzio", primo e celebre episodio della serie con protagonista la detective Kim Stone. L'anno successivo il mio entusiasmo si era un po' raffreddato con la lettura de "Il primo cadavere", che non mi aveva pienamente convinta e così sono passati due anni e mezzo prima che mi decidessi a riprendere in mano la serie, ma credo che i futuri intervalli saranno più brevi e sono contenta che la Marsons si sia smentita (nel 2020 aveva affermato che la sedicesima puntata sarebbe stata l'ultima, invece è già stato pubblicato il diciassettesimo libro).

"Il gioco del male" (scritto nel 2015, titolo originale "Evil Games") - ad eccezione di una deduzione finale di Kim riguardo a una brutta storia di pedofilia che costituisce una trama secondaria parallela a quella principale - mi ha coinvolta e appassionata, come ogni thriller dovrebbe fare e come, invece, raramente succede.

La vicenda che ha come protagonista la psicologa, per quanto (fortunatamente) improbabile, non è certo impossibile e la Marsons la costruisce bene, nonostante la mente malata della donna venga svelata subito, la rivelazione non penalizza gli sviluppi successivi né diminuisce la tensione.
Il passato di Kim diventa un elemento del contrasto che si crea fra lei e la terapeuta e questa è stata un'abile mossa dell'autrice, che ripercorre quanto patito dalla Stone durante l'infanzia senza farlo pesare, mentre in casi analoghi (vedi le vicende di Kate Burkholder della mia amata Linda Castillo) l'obbligo di dover raccontare il passato al lettore occasionale diventa pesantemente ripetitivo per quelli appassionati alla serie.

Curiosamente "Il gioco del male" mi ha riportata nelle Midlands Occidentali inglesi dove era ambientato anche "La babysitter perfetta".
Neanche la Marsons fa dei luoghi una parte rilevante del libro, ma mi sono gustata le immagini di diverse bellissime cittadine, in particolare le gallesi Chester e Llangollen.

Reading Challenge 2023, traccia di marzo: libri con un edificio in copertina



domenica 15 maggio 2022

"Cat Person", Kristen Roupenian

Nel 2017 il racconto breve "Cat Person", che dà il titolo a questa raccolta (dodici in tutto), viene pubblicato sul The New Yorker diventando in breve tempo il racconto più scaricato della storia. Un vero e proprio caso letterario. Opera prima dell'autrice (una bostoniana classe 1982) che le è valso un contratto da un milione e duecentomila dollari per il suo primo libro (questo), poi pubblicato due anni dopo. Non solo: HBO nel 2018 (quindi prima ancora di vederli pubblicati) ha comprato i diritti dei racconti per trarne una serie antologica drammatica. Nello stesso anno la A24, casa cinematografica indipendente americana, ha comprato i diritti di una sceneggiatura horror scritta dalla Roupenian. 

Se ho fatto bene i calcoli basandomi sulle percentuali del mio Kindle, "Cat Person" è un racconto di circa 25 pagine: non male riuscire a fare tutti quei soldi con così poco!
Secondo Einaudi (editore italiano) il successo del racconto è dovuto alla sua capacità "di raccontare, senza scrupoli o ipocrisie, la verità sulle relazioni di questo inizio millenio".
Ed è la sintesi della recensione fatta da Marco Cantoni poco più di tre anni fa in un video su YouTube dove esalta le grandi capacità dell'autrice nel descrivere il modo di relazionarsi di questa epoca.

Se è così che funziona adesso, allora sono molto felice di essere nata nel 1969.

"Ragazzaccio", raccontato in prima persona plurale (una scelta originale e non facilissima, che sempre mi conquista) parla di una coppia che fa di un giovane amico depresso per essere appena stato lasciato dalla fidanzata il proprio schiavo sessuale, finendo col diventarne dipendenti.
"Look at Your Game, Girl" è ambientato in California nel settembre 1993. Jessica ha 12 anni e viene avvicinata al parco da un ragazzo molto più grande di lei che le presta un nastro con le canzoni di Charles Manson (il titolo del racconto è quello di una sua canzone).

"Sardine" è il gioco in quel momento più in voga fra le bambine ed è quello a cui Tilly obbliga tutti a giocare quando festeggia il suo undicesimo compleanno nella bella casa che suo padre divide con la sua giovane compagna. Finirà male.
E' uno dei racconti più confusionari (e uno dei due preferiti da Cantoni).

"Il corridore notturno" ci porta in Kenya al seguito di Aaron, un volontario texano che si ritrova a insegnare nella prima media di un istituto femminile. Le ragazzine sono tremende, cinquanta contro uno.
"Lo specchio, il secchio e il vecchio femore" ha per protagonista una principessa con il visino dolce che non riesce a scegliere un marito fra i tanti pretendenti, tutti belli, buoni e intelligenti, ma nessuno sembra essere quello giusto. Non sa cosa cerca, per questo non lo trova, finché una notte qualcuno bussa alla porta della sua stanza. Qualcuno o qualcosa?
Demenziale.
"Cat Person" Margot è una studentessa di vent'anni che per guadagnare qualche soldo vende bibite e snack all'interno di un cinema d'essai. Qui conosce Robert e, dopo lo scambio di numeri di cellulare, inizia quello di SMS... Avevo aspettative altissime su questo racconto, ma a stupirmi non è stato lui, bensì il tributo ricevuto. Racconta un qualcosa che, soprattutto nell'epilogo, è capitato almeno una volta nella vita della maggior parte delle donne perché i casi umani non risparmiano nessuna.
"Il bravo ragazzo" (il secondo racconto preferito da Cantoni) è il racconto più lungo e, probabilmente per questo, quello che risulta più coinvolgente. Il bravo ragazzo è Ted e lo incontriamo quando sta per compiere 36 anni. E' in un locale con Angela, la sua ultima ex che, come tutte le altre, non riesce a rassegnarsi alla fine della loro storia. E quando la donna reagisce al suo rifiuto tirandogli in testa un pesante bicchiere, Ted si ritrova sdraiato su una lettiga e i ricordi tornano indietro di vent'anni, al 1998, quando aveva cominciato a cucirsi addosso i panni del bravo ragazzo.
Contiene la descrizione del bacio più vomitevole che abbia mai letto: "Due pezzi di carne senza ossa che sbatacchiano di qua e di là, come un paio di lumache intente ad accoppiarsi nella caverna della tua bocca".

"Il ragazzo nella piscina", Taylor, Kath e Lizzie hanno dodici anni e durante un pigiama party guardano in VHS un horror erotico. Passano gli anni e da adulte si trovano a vivere due a Brooklyn e una in California. E quando Taylor si sposerà sarà a Kath che chiederà di organizzare il suo addio al nubilato: cosa fare per sorprenderla?
Una storiella che avrebbe meritato un finale coraggioso.
"Non avere paura", la protagonista - di cui non sappiamo nulla, né il nome, né l'età o altro - trova dietro a uno scaffale della biblioteca un vecchio libro malconcio. D'istinto lo prende e se lo porta a casa senza far registrare il prestito. E solo a casa si rende conto che è un libro degli incantesimi. Li metterà tutti in pratica ottenendo in cambio forza, denaro, intelligenza, bellezza... Ma non la capacità di fermarsi, di accontentarsi.
"La prova nel portafiammiferi", Laura sta studiando in un bar, David la osserva trovandola sciatta in modo affascinante. Sei mesi dopo lei insiste per trasferirsi in California. Un anno dopo lui torna a casa dal lavoro, lei gli mostra un ponfo: da lì in poi sarà solo prurito.

"Voglia di morire", un uomo ripensa a quando parecchio tempo prima viveva a Baltimora e a una ragazza conosciuta su Tinder, come tante altre. Ma lei non aveva accettato l'invito ad andare a bere qualcosa, lo aveva raggiunto direttamente al motel. E lì gli aveva fatto una precisa richiesta...

"Mordere" era quello che Ellie amava fare ai tempi dell'asilo ed era felice. Poi un giorno aveva sentito un'altra bambina dire di lei che era antipatica a tutti perché mordeva la gente e se ne era vergognata. Da lì non aveva più morso nessuno, anche se le sarebbe tanto piaciuto poterlo fare. Finché, ormai adulta, nel posto dove lavora era arrivato un nuovo capoufficio.

Terminato il libro, circa un'ora fa, ho riguardato il video dove Cantoni parla di questa raccolta, definendola clamorosamente bella. Per via del suo entusiasmo e della sicurezza con cui ne parlava il titolo era entrato immediatamente nella mia wish list, ma si è rivelato l'ennesima dimostrazione (non sono state tantissime, ma abbastanza da averne perso il conto) che io e lui cerchiamo nella lettura soddisfazioni davvero diverse. Ci sono state anche delle eccezioni, è grazie a Cantoni se ho avuto il coraggio di affrontare Philip Roth, ad esempio, ma forse ci vogliono mostri sacri per far incontrare il gusto di due persone divergenti come noi.

Nei racconti della Roupenian ci ho visto qualcosa di piacevole, di diverso dal solito, ma nulla che definirei "clamorosamente bello". E' brava, sì, e molto. Scrive bene e ha uno stile indubbiamente riconoscibile, però non l'ho trovata particolarmente eclettica, tutt'altro: i dodici racconti rientrano in un genere ben preciso e, seppur raccontando ovviamente storie diverse, mirano a stupire sempre nello stesso modo che già dopo il terzo o il quarto diventa del tutto prevedibile e in un racconto riuscire a stupire è la cosa più difficile, l'unica particolarità che riesce a conquistarmi e a fare la differenza e qui il mio pensiero va subito a "La lotteria" di Shirley Jackson, clamorosamente bello, questo sì.

Reading Challenge 2022, traccia di maggio: un libro che finisce con un numero di pagine pari

 

mercoledì 5 marzo 2025

"Piccole cronache", Carlo Maria Cipolla

 

Breve saggio (109 pagine) scritto nel 1997, è quello che ho trovato meno interessante rispetto ai quattro dell'autore che avevo letto in precedenza ("Il pestifero e contagioso morbo", "Allegro, ma non troppo", "Miasmi e umori" e "Tre storie extra vaganti").

Aneddotico

Diviso in ventiquattro capitoli, per lo più brevissimi, che riportano piccole o grandi curiosità legate alla storia dell'economia: come e perché per cinesi e vichinghi l'argento aveva più valore rispetto all'oro, l'etimologia di "lira" e di "dollaro", eccetera.

E poi c'è Genova, la mia Genova, e Cipolla ne parla tanto, ad esempio spiegando come la r
iforma della moneta pesante, che iniziò fra la fine del dodicesimo secolo e l'inizio del tredicesimo partendo da Genova e da Venezia, aprì l'era di un più complesso, ma più razionale sistema monetario.

Racconta come il debito pubblico venne imposto per la prima volta nel 
1167 dalla Repubblica di Venezia, seguita da Genova e Firenze.
Successivamente, nel 1274, a Genova
 "si decretò il consolidamento del debito pubblico che aveva raggiunto la somma di 305 mila lire genovesi del tempo. Nel 1407, quando aveva raggiunto la somma di 3 milioni di lire genovesi, i creditori dello Stato si consorziarono nel Banco di San Giorgio, che divenne il padrone dello Stato."

E fu ai banchieri genovesi, 
dominatori della scena finanziaria fra il 1530 e il 1620, che si rivolse Filippo II di Spagna, il re più ricco della sua epoca, ma anche il più indebitato.

"E loro (noi) risolsero i problemi del re di Spagna "da veri genovesi" con un tasso del 15% (non altissimo per l'epoca), ma con aggravi di ogni genere."

A quel punto il re chiese aiuto alle banche fiorentine mettendole in concorrenza con quelle genovesi, ma 
"gli andò male perché i fiorentini non furono all'altezza della situazione e si dimostrarono incapaci di sostituire quei diavoli di genovesi."

Cipolla aveva la grandissima capacità di riuscire a trattare un argomento come l'economia con spirito.

Riferendosi all'atto notarile datato 4 settembre 1312, che certifica come Giotto diede in affitto un telaio a interessi spropositati, non gli risparmia il suo sarcasmo:

"Come gli storici dell'arte hanno da tempo messo in chiara luce, Giotto era avidissimo di denaro ed era quanto mai abile nel procurarselo e nell'amministrarlo, ponendosi spesso anche ai limiti dell'usura, il che per uno che aveva dipinto così efficacemente scene di vita del poverello di Assisi è, quanto meno, paradossale."

Il nome di Leonardo, invece, spunta nel capitolo in cui racconta come fosse fra i tantissimi europei che, dopo aver scoperto la medicina cinese, si convinsero di poter guarire da vari malanni grazie al ginseng e al tè.

Tanti gli argomenti toccati, di varie epoche, dal tentativo di invasione dell'Inghilterra da parte della Spagna di Filippo II, che non riuscì nemmeno a fare ritorno in patria finendo col naufragare dopo infinite peripezie, alla truffa subita dal Governo fiorentino nell'estate del 1630 messa in atto dagli uomini che avevano ricevuto l'incarico di produrre nuovi giacigli in piena pestilenza.

Simpatico e leggero, ma senza tralasciare di evidenziare punti che non sono né una cosa né l'altra. 

"All'inizio del Cinquecento la popolazione del Messico centrale era di circa venticinque milioni di persone, ridotta a un solo milione un secolo dopo a causa della carneficina dei conquistadores e dei germi che avevano portato dall'Europa."

E descrivendo il collegamento diretto fra la scoperta dell'America e i bombardamenti alla Cina da parte degli inglesi, quelli che nel 1840 diedero il via alla guerra dell'oppio, mette in luce l'opportunismo degli uomini, soprattutto a certe latitudini.

"Oggi l'Occidente si scandalizza  di fronte allo spettacolo di Paesi dell'America Latina che riforniscono di droga il mercato Nord Americano con la complice inazione dei loro governi, e talvolta con la complice attività dei loro diplomatici. Si dimentica facilmente che poco più di un secolo fa l'Occidente praticò lo stesso infame gioco ai danni della Cina."

Reading Challenge 2025, traccia rebus di marzo: lettera e penna d'oca

lunedì 25 marzo 2024

"Mi è passato il mal di schiena", David Foenkinos

 

"Si sa sempre quando una storia comincia. Io ho capito subito che stava accadendo qualcosa, anche se, naturalmente, non potevo immaginare gli sconvolgimenti che ne sarebbero seguiti. In principio ho provato un dolore vago, giusto un pungolo nervoso nella parte bassa della schiena. Non mi era mai successo, non sono stato a preoccuparmi."

La voce narrante è un architetto quarantenne di cui non ci viene mai detto il nome. Sposato da vent'anni con Elise, due figli giovani, ma già indipendenti, vive un'esistenza regolare e apparentemente priva di problemi. Il dolore alla schiena lo coglie mentre è nella cucina della sua villetta, in una zona residenziale alla periferia di Parigi. 
E' una domenica pomeriggio (di un anno non precisato) e lui ed Elise hanno appena finito di pranzare con la coppia di amici che frequentano da sempre, quando parte la fitta.

Leggere all'inizio del libro che la cosa non lo preoccupa non suscita particolari reazioni, ma già dopo una quindicina di pagine ci si rende conto che il nostro narratore è un concentrato di ipocondria e di insicurezza. A mezz'ora dalla fitta ha già congedato gli amici e si è messo a letto e nelle tre mattinate successive colleziona una serie di lastre e due risonanze magnetiche: giusto perché non si era preoccupato ^^

David Foenkinos, autore parigino classe 1974, lo avevo scoperto per caso due anni fa, quando per la Challenge mi serviva un libro con la parola mistero nel titolo. Avevo quindi letto "Il mistero di Henri Pick" e, piacendomi, avevo inserito gli altri suoi titoli in wish list (dei suoi ventun romanzi soltanto otto sono stati tradotti in italiano).

Scritto nel 2013, "Je vais mieuz" (titolo originale), si divide in cinque parti più l'epilogo. Alla fine di ogni capitolo fa il punto della situazione misurando l'intensità del dolore in una scala da 0 a 10 e descrivendo il suo stato d'animo: a pagina 16 si dice preoccupato, venti pagine dopo è già disperato.

All'inizio pensavo che l'autore mirasse a far divertire basando la storia sullo stereotipo dell'uomo lagnoso che con 37 di febbre pensa già a cosa far scrivere sulla propria lapide, ma dopo aver finito il libro non ne sono più tanto convinta perché il romanzo è sì leggero e scanzonato, ma credo/temo che le esagerazioni di Foenkinos non siano delle forzature volute. Del resto, è un uomo e chissà se anche per lui è normale convincersi di avere qualcosa di grave sulla base di un semplice mal di schiena, come fa il suo protagonista...

Quel che è certo è che al povero architetto succede di tutto, un crollo verticale che dopo la salute travolge anche la sua vita lavorativa e affettiva, portando la commiserazione a livelli insopportabili.

"Quando si soffre bisogna organizzare qualcosa di ancor più sgradevole, perché solo il male può distrarre dal male"

Rende bene l'idea il padre quando lo descrive come un uomo che "ha il dramma dipinto in faccia, sempre l'aria da vittima, uno che vuole sempre essere compatito".

Un uomo che, quando si convince che il dolore alla schiena sia il risultato di "rancori tenuti dentro", per sciogliere le tensioni risolvendo i contrasti non risolti del passato arriva a contattare l'ex compagna di terza elementare che lo aveva ferito non invitandolo al suo compleanno!!

Fra una situazione e l'altra, tutte più o meno paradossali, il libro fa però riflettere su
 come diamo la salute per scontata finché non la perdiamo, ma anche sui rapporti fra le persone, su com'è facile illudersi che noia e abitudine siano un tranquillo ménage matrimoniale o su come certe amicizie siano tali solo in determinate condizioni, momenti e luoghi.

E se al protagonista alla fine il mal di schiena passa (la traduzione italiana del titolo ci spoilera allegramente il finale), a me è venuto leggendolo: una contrattura alla zona lombare causata tre giorni fa da un banale incidente domestico.
Forse mi converrebbe cambiare il prossimo libro che ho in scaletta: "Se muoio prima di svegliarmi"...

Reading Challenge 2024, traccia gioco di società marzo, L'allegro chirurgo: libri dove il protagonista è un medico o una persona malata


mercoledì 1 marzo 2023

Reading Challenge: le tracce di marzo

  


TRACCE DA COLLEGARE

A - Uno o più libri con il titolo scritto in  maiuscolo
B - Uno o più libri di autori con tre nomi
C - Uno o più libri con un edificio in copertina

A:
  • La babysitter perfetta, Sheryl Browne (3 punti)
A+B:
  • Il libro degli specchi, Eugen Ovidiu Chirovici (3 punti)
B:
  • Nelle profondità del lago. S. K. Tremayne (3 punti)
B+C:
  • Un bel quartiere, Therese Anne Fowler (3 punti)
C:
  • Il gioco del male, Angela Marsons (3 punti)


I miei punti di marzo = 15



   TRACCE STAGIONALI

Primavera:
  • Un libro dove c'è un giardiniere
  • Un libro dove c'è un fiorista
  • Un libro dove c'è un pasticciere
  • Un libro dove c'è un dottore


TRACCE ANNUALI

01. Libri a scelta, la somma delle pagine deve dare 2023
  • Breve storia della vita privata, Bill Bryson 
  • Mrs March. La moglie dello scrittore, Virginia Feito 
  • Non lasciarmi sola, Nancy Tucker
  • Ho fatto la spia, Joyce Carol Oates 
  • Il silenzio di mia madre, Lauren Westwood 

02. 
My Self: cinque libri, uno per ogni categoria
  • Un libro ambientato nel tuo decennio di nascita
    Funny girl, Nick Hornby
  • Un libro ambientato nella tua regione
  • Un libro con in copertina il tuo colore preferito: blu(cerchiato)
    Vinto Visto Vissuto, Marco Benvenuto 
  • Un libro dove uno dei personaggi ha il tuo nome o soprannome
    La metà del cuore, Viola Shipman 
  • Un libro che dedichi a una persona che ami

03. Arcobaleno Mini: cinque libri, uno per ogni categoria
  • Giallo: un libro con un detective protagonista (anche dilettante)
    Le notti senza sonno, Gian Andrea Cerone 
  • Rosa: un romanzo rosa
  • Verde: un libro d'avventura
  • Blu: un libro su favole o miti
  • Nero: un horror

giovedì 11 maggio 2023

"Linea di sangue", Angela Marsons


Black Country, inizio ottobre 2016. Deanna e Maxime sembrano non avere nulla in comune. La prima aveva 47 anni, un ruolo di alto livello nel campo dell'assistenza sociale, un buon tenore di vita e un tranquillo ménage familiare. La seconda aveva 22 anni e un'esistenza allo sbando a causa della droga. Ma entrambe sono state uccise con un unico e preciso fendente al cuore e questo porta Kim Stone a pensare che i delitti siano opera della stessa persona.
E mentre le indagini procedono faticosamente a causa dei pochi indizi, alla detective arriva la notizia che mai si sarebbe aspettata di ricevere: è stata fissata l'udienza per il rilascio di sua madre da Bardsley Hause, la struttura per criminali psicopatici dove la donna è rinchiusa dal 1987. Questa volta Patricia Stone non ha fatto nulla per evitare l'udienza, sembra che le lettere ricevute dalla figlia l'abbiano cambiata.
Ma Kim non ha mai scritto a sua madre.

Ovviamente non potevo non sfruttare la traccia di maggio che chiede di leggere libri appartenenti a serie già iniziate per non avanzare con quella di Angela Marsons. 

Scritto nel 2016, come "Una morte perfetta", "Blood Lines" è il seguito de "Il gioco del male" e questo andava scritto nella sinossi, perché a leggerlo senza aver prima letto l'altro si perde il senso della trama orizzontale che, oltretutto, questa volta è quasi preponderante.

A tornare è la dottoressa sociopatica Alexandra Thorne e queste sono le storie trasversali che non mi piacciono: una serie con un protagonista che si occupa di diversi casi che iniziano e finiscono nel corso di un unico romanzo sì, ma anche nelle serie TV non ho mai apprezzato quando sono i criminali a ricomparire, dall'uomo che fuma di X Files al killer delle miniature di CSI Las Vegas, tanto per fare due esempi. Aver letto la prima parte soltanto due mesi fa mi ha permesso di notare che a uno dei personaggi apparsi anche nel libro precedente (dove aveva un ruolo marginale), in questo (dove invece ha una parte rilevante) viene dato un nome diverso (Shane vs Leo)!
Io sono senz'altro pignola, ma non è una svista da poco ed è incredibile che sia sfuggita prima della pubblicazione, in primis all'autrice.

Come quelli precedenti, il thriller è godibilissimo, ma più coinvolgente che convincente.

Dismessi i panni di RoboCop che Kim aveva vestito ne "La ragazza scomparsa", qui la Marsons in un attimo la trasforma in Enzo Maiorca, ma sono esagerazioni perdonabili, se prese con la giusta ironia.

E' più grave che non venga usata una doverosa logica per portare la protagonista a capire l'identità del colpevole. La vediamo correre verso una meta, riflettendo sui vari indizi e facendosi una serie di domande, finché:

"A un tratto rallentò, perché era come se nella mente le si fosse appena alzato il sipario. Le gambe quasi si fermarono mentre il cervello accelerava e cominciava a mettere insieme i pezzi. Oh merda, disse nell'oscurità. Ripartì subito, e questa volta stava correndo davvero. Perché adesso sapeva chi era responsabile di tutte quelle morti."
In pratica una veggente! Ho riletto fino alla nausea le domande che si fa e che la portano alla soluzione e, fidatevi della mia pedanteria, nessuna risposta è collegata al colpevole. Quella che davvero capisce - lavorando su computer, tabulati e altro - è la giovane agente Stacey Wood, ma le due non hanno ancora parlato quando Kim ha il suo lampo di genio. La Marsons ha delle buone idee, ma dovrebbe svilupparle con più attenzione, soprattutto mitigando l'immagine di Kim Stone, è un personaggio che funziona anche senza exploit fisici o mentali.

Reading Challenge 2023, traccia di maggio: libri appartenenti a serie già iniziate


venerdì 21 aprile 2023

"La ragazza scomparsa", Angela Marsons

 

Black Country, marzo 2015. Charlie e Amy hanno nove anni e sono amiche per la pelle. Un legame che si è esteso anche alle rispettive mamme e, di conseguenza, ai due nuclei familiari: incontri quotidiani, serate in compagnia, vacanze condivise. E per le bambine stessa scuola e medesime attività extra scolastiche, fra cui il nuoto. E' all'uscita dal centro sportivo che vengono rapite e la madre di Charlie chiede che a occuparsi del caso sia la detective Kim Stone. Un incarico delicato soprattutto perché il doppio rapimento ha un precedente che risale al febbraio dell'anno prima quando altre due bambine erano state rapite e dopo tre giorni soltanto una era stata liberata.

Scritto nel 2015 (come "Il gioco del male"), "La ragazza scomparsa" è la terza puntata della serie con protagonista Kim Stone. Titolo fuorviante, visto che scompaiono delle bambine, non una ragazza, ma un altro thriller estremamente avvincente, ogni volta che dovevo riporlo perché avevo esaurito il tempo dedicato alla lettura l'ho fatto con grande dispiacere e ho già riservato alla quarta puntata della serie una traccia della Reading Challenge, chiaro segno di quanto la Marsons - dopo una partenza un po' incerta con "Urla nel silenzio" - mi abbia conquistata.

Le 382 pagine del libro si dividono in 113 capitoli (più prologo) brevi o brevissimi, particolare che come sempre dà una grande spinta alla lettura. Il ritmo incalzante e i tanti piccoli colpi di scena danno al thriller tutta quella suspense che si spera sempre di trovare in questo genere di libri.

Quindi storia coinvolgente, ben scritta e ben sviluppata. Ma non è certo un thriller perfetto. La Marsons non è una che si complica la vita e se può risolvere una questione con una coincidenza, un'esagerazione (da Kim Stone a RoboCop è un attimo!) o con un qualcosa di assolutamente improbabile, li butta dentro senza sforzarsi di creare sviluppi più logici e funzionali. La velocità di lettura tende a nascondere le pecche, più che altro le si immagazzina pensando che andando avanti ci sarà qualche sviluppo che darà loro un senso, come succede con molti thriller. Questa volta no e vorrei poter spiegare a cosa mi riferisco, ma sarebbero spoiler. Come nel precedente romanzo, anche questa volta ho trovato debole il modo in cui Kim arriva all'intuizione finale e la figura della veggente è davvero superflua ed evitabile, non serve a nulla e lede la coerenza della protagonista, ma tutti questi fattori negativi vengono surclassati dal modo in cui la Marsons riesce a rapire i suoi lettori.

Reading Challenge 2023, traccia di aprile: libri scritti da donne



venerdì 14 luglio 2023

"La ragazza della porta accanto", Jack Ketchum


"Il dolore non è solo una questione di male fisico, di un corpo allarmato che si lamenta dell'invasione che la carne sta subendo.
Il dolore può agire dall'interno. Intendo dire che qualche volta il dolore lo vedi."

E David, 12 anni, in quell'estate del 1958 lo vedrà, eccome, il dolore.

E' giugno e il New Jersey è ancora una zona rurale fatta di casette indipendenti, dove le porte non vengono mai chiuse a chiave perché tutti si conoscono e i ragazzini possono anche stare via tutto il giorno, andando a casa uno dell'altro, giocando nei giardini o andando al torrente, senza che nessuno si preoccupi per loro. David e i suoi amici stanno crescendo, a ritmi diversi, ma tutti, chi più chi meno, cominciano a considerare le femmine in modo diverso.
David guarda soprattutto Megan Loughlin, anche se è grande, ha ben due anni più di lui, ma è bellissima, con quella carnagione chiara e i lunghi capelli rossi. E poi vive proprio nella casa accanto alla sua: lei e Susan, la sorella minore, sono le nipoti di Ruth Chandler, che ha accettato di occuparsi di loro dopo che le due ragazzine sono rimaste orfane a causa di un brutto incidente che ha ucciso i loro genitori e lasciato sui loro corpi pesanti cicatrici.
Ruth ha già tre figli suoi a cui badare e deve farlo da sola, da quando quell'idiota irlandese figlio di puttana di suo marito l'ha lasciata. E ora ci sono due bocche in più da sfamare, oltretutto di due ragazze. E le ragazze sono stupide. Sono facili. Lei lo sa. Ma non poteva tirarsi indietro, la sola alternativa per quelle due sarebbe stata l'orfanotrofio. Sarebbe stato forse meglio?

Sì.

Un aggettivo per questo romanzo? Atroce. Ogni parola che il vocabolario dà per questo termine descrive perfettamente la storia che racconta: "Suscita raccapriccio e pena indicibile. Straziante oltre ogni immaginazione. Tormentosamente angoscioso".

Dallas Mayr, nato nel New Jersey, classe 1946, ha scelto uno pseudonimo - Jack Ketchum - che è un chiaro riferimento al soprannome che in Inghilterra ai tempi delle impiccagioni veniva usato per il boia: 
Jack Ketch. E come Jack Ketchum ha pubblicato una trentina di romanzi horror, tutti usciti in edizione economica, pochissimi tradotti in italiano. Questo, scritto nel 1989, è arrivato da noi solo vent'anni dopo in seguito all'uscita dell'omonimo film, nel 2007.

A rendere atroce questa storia è che Mayr ha romanzato qualcosa di realmente accaduto nel 1965 in Indiana. Se prima del romanzo non avessi letto la pagina dove Wikipedia descrive la terribile fine di Sylvia Likens, sicuramente tutto quello che Megan subisce mi avrebbe impressionata, ma non sconvolta.
Il prossimo libro che avevo in programma era "Le verità sepolte" della Marsons, mi serve un titolo che inizi con la L per la traccia annuale di maggio, ma stamattina ho deciso di sostituirlo con uno di McEwan: non me la sento di avere subito a che fare con altra violenza e credo che questo renda l'idea di quanto Mayr abbia colpito duramente.

Le vicende non sono del tutto identiche, ma la sostanza sì: delle ragazzine - una reale e una inventata - diventate senza colpa l'oggetto del gioco malato di donne - una reale e una inventata - dalla personalità deviata e capaci di coinvolgere (in quelle che per loro erano punizioni atte alla redenzione) i propri figli e alcuni dei loro amici.

L'autore usa uno di questi amici come voce narrante, fornendoci con questa scelta una visione parziale, perché David vede tanto, ma non vede tutto. Il presente è il 1987 e David racconta i fatti dell'estate dei suoi dodici anni quando ne ha quarantuno, senza che l'età adulta possa aiutarlo a dare un senso a tutto lo strazio cui ha assistito, prendendone anche parte.

Un romanzo atroce, ma anche atrocemente bello. Sicuramente non per tutti: è bene sapere cosa si sta per leggere prima di farlo, soprattutto essere consapevoli che è esistita una Sylvia che ha davvero subito tutta quell'assurda malvagità.

 Reading Challenge 2023, traccia annuale di aprile: otto libri della propria wish list



sabato 11 settembre 2021

"Nemesi", Philip Roth


Newark (New Jersey), estate 1944. Il caldo torrido non è l'unica cosa a imperversare in città. L'altro flagello, ben più grave, è quello della polio. Il primo caso viene registrato in un quartiere italiano e quando si espande arrivando a quello ebraico colpisce anche il campo giochi in cui Eugene "Bucky" Cantor lavora come animatore.
E' un'epoca in cui a 23 anni non ci si sente e non si viene più considerati dei ragazzi, ma degli  uomini e Bucky è un uomo serio, che ha ben chiare le proprie responsabilità. Verso la nonna (l'unico familiare che gli è rimasto in vita), verso la fidanzata Marcia (che sogna di sposare), verso la sua nazione (che non ha potuto servire in guerra come avrebbe voluto a causa della grave miopia) e verso i suoi ragazzi del campo giochi.

E di nuovo mi sono stupidamente persa il filo cronologico delle opere di Roth: dopo aver letto per primo l'ultimo romanzo della sua trilogia ideale ("La macchia umana"), ho fatto lo stesso anche con i suoi romanzi brevi!

"Nemesi" è anche l'ultimo che ha scritto (nel 2010). Tre macrocapitoli per un totale di 183 pagine, ognuna delle quali intrisa di tormento, dolore, strazio, vulnerabilità. E' bene predisporsi psicologicamente a una lettura di questa portata. Io non ero preparata a tanta devastazione ed è stata una fortuna leggere contemporaneamente i rosa della Colgan e della Gazzola perchè ci sono stati giorni in cui dopo una decina di pagine di Roth e dei drammi che raccontava avevo proprio l'esigenza di staccare e buttarmi su delle stupidaggini.

Sulla frustrazione di Bucky per essere stato respinto alla leva e sulla sua angoscia al pensiero dei suoi due migliori amici che in Francia stanno combattendo contro il male tedesco, si abbatte il dramma della polio. Roth racconta il reale, l'epidemia (una delle tante) che nel '44 colpì gli Stati Uniti compresa la sua città natale, Newark. All'epoca undicenne, racconta le sensazioni e il clima di panico vissuti in prima persona. I ragazzini che nel libro si ammalano di polio, morendo o portandone i segni per tutto il resto della loro esistenza, hanno sperimentato ciò che nella vita è toccato davvero ai compagni di scuola e di gioco di Roth bambino. Il terrore e il dolore dei genitori da lui inventati sono gli stessi provati da quelli delle vittime reali. E forse avrà conosciuto anche un Mr Cantor, qualcuno con la sua angoscia per non sapere come combattere la sua personale guerra contro la malattia impedendole di colpire i suoi ragazzi, con i suoi sensi di colpa dovuti all'assurda convinzione di essere un untore, con i suoi dubbi e la sua rabbia verso quel Dio alla cui esistenza gli è stato imposto di credere alla nascita.

Un libro che rivela come certe cose non cambino mai: impossibile non pensare a George Floyd quando vengono citate le rivolte esplose a Newark nel luglio 1967 in seguito al brutale pestaggio di due poliziotti bianchi nei confronti di un taxista di colore.

Come è impossibile non pensare alla situazione attuale.

"...noi altri così sfortunati da prenderci la polio undici anni prima del vaccino. La medicina del ventesimo secolo ha fatto progressi fenomenali, ma un po' troppo lenti per noi"

La lettura di questo libro andrebbe imposta ai no-vax di oggi: tanto dite che siamo in dittatura, no?!

Reading Challenge 2021: questo testo risponde alla terza traccia annuale, "sei libri, l'iniziale dei titoli deve formare la parola Austen"
 

lunedì 25 febbraio 2019

"La dieta persona", Tiziana Stallone


L'autrice, biologa nutrizionista, ha selezionato quattro profili psicologici (il mangiatore malinconico, quello compulsivo, l'edonista e il mangiatore sociale) e nel libro descrive il rapporto che ciascuno di essi ha con il cibo, cercando poi di fornire consigli specifici.

Libro che si divide in tre parti:

- quello che dovete sapere prima di mettervi a dieta
- la dieta inizia proprio da voi
- la dieta persona

La prima e la seconda parte hanno confermato ciò che sapevo già da molti anni, e cioè che a livello teorico potrei quasi scrivere anch'io un libro sul cosa fare per dimagrire, non solo l'ovvio punto di partenza (cioè che per dimagrire bisogna mangiare di meno e muoversi di più), ma anche tutte le piccole cose che aiutano (o dovrebbero aiutare) chi è a dieta a mangiare di meno, dal bere almeno due litri d'acqua al giorno, al cominciare ogni pasto con un piatto di insalata, all'usare piatti piccoli, ecc, ecc...
Credo che ormai sia già stato detto tutto in proposito e, infatti, nel libro non ho trovato nessun nuovo suggerimento e se qualcuno mi chiedesse: "beh, cosa ti aspettavi?", la mia risposta sarebbe: "non lo so", ma resta il fatto che ci sono rimasta male.

Da quando ho smesso di fumare, quasi 14 anni fa, ho anche ben chiaro come l'astinenza sia molto (ma molto) più facile della continenza. Purtroppo però non si può smettere di mangiare e, per questo, sono d'accordo con la Stallone quando dice che "l'obiettivo che dovremmo perseguire è la capacità di contenerci" ed è forse qui che mi aspettavo qualche consiglio incisivo, che invece non ho trovato.

Ma la delusione cocente è arrivata con la terza parte, quelle che analizza i profili di cui sopra perchè non mi sono riscontrata in nessuno di essi. Sorvolando su moltissimi dettagli, l'unico che potrebbe minimamente riguardarmi è quello del mangiatore sociale, non perchè io sia una persona socievole, ma perchè riconosco nella descrizione che viene fatta quella della mia famiglia ("pensiamo ai nonni che hanno vissuto la guerra e tendono a ipernutrire i nipoti": esattamente e nel mio caso hanno fatto così sia i nonni che i genitori).

Se abitassi a Roma e se potessi permettermi una visita da questa dottoressa (immagino parcelle particolarmente salate, essendo anche un personaggio televisivo), credo che prenderei in considerazione di farmi visitare, per avere una diagnosi veramente personalizzata e qui arrivo al pensiero che mi ha fatto sorridere durante tutta la lettura: l'affermare che una dieta deve essere cucita sulla persona, sulle sue abitudini, sulla sua personalità, ecc, in un libro destinato alla lettura "di massa", con tanto di dieta consigliata ad hoc per ciascuno dei quattro profili!

E, naturalmente, sono diete che rimandano al consiglio base: per dimagrire bisogna mangiare meno e muoversi di più (che poi è l'unico modo in cui sono/ero riuscita a dimagrire anch'io).

Reading Challenge 2019: collegamento a cascata con la traccia di febbraio. Lo collego a "Il gioco del suggeritore" perchè sia Carrisi che la Stallone sono nati a marzo (lui il 25 marzo 1973, lei il 17 marzo 1972)

mercoledì 17 marzo 2021

"Io ti guardo", Irene Cao

 
Venezia, ottobre, giorni nostri. Elena Volpe ha 29 anni e (copio dalla sinossi) "una bellezza innocente, ma sfacciata". Impegnata nel restauro di un dipinto a Ca' Rezzonico, viene travolta dall'incontro con Leonardo Ferrante, tenebroso chef di fama internazionale, ospitato nel palazzo dal proprietario (perchè nel romanzo appartiene a un privato e non è un museo).
Bello, imponente, magnetico, riesce facilmente a coinvolgere Elena nel gioco della passione di cui è maestro, mettendo subito in chiaro che sarà lui a dettare le regole e che lei non dovrà mai innamorarsi di lui: "Non sono uno da fidanzate".
La ragazza non è sicura di aver capito questa "frase criptica", sa solo che quell'uomo riesce a far crollare ogni sua resistenza portandola a fare cose a cui prima di conoscerlo non osava neppure pensare...

Spero si colga l'ironia voluta: proprio non riesco a prendere seriamente questo genere di libri. La Cao è un po' più brava della Schianchi che ho letto tre anni fa, ma entrambe sono lontane anni luce dall'erotismo di Miller o della Nin. E' colpa di questi due se ogni tanto mi lascio tentare dal genere erotico per poi ritrovarmi nell'abusata situazione del protagonista master soft che non arriva al sadomaso o al bondage veri e propri, ma che esercita sulla donna - ovviamente sempre bellissima, ma rigorosamente inibita e inesperta - una dominazione mentale che evidentemente non è di facile trasposizione letteraria.

In questo caso Leonardo riesce a far mangiare carne cruda a una Elena vegetariana fin dall'adolescenza, la trasforma da astemia a tracannatrice di vino e alcoolici e le fa fumare una canna quando in vita sua non aveva mai fatto neppure un tiro di sigaretta...
E ovviamente frantuma ogni possibile tabù, la lega, la benda, fanno sesso per strada, fanno sesso a tre (FFM, naturalmente!)... direi che manca solo il sesso anale, ma del resto questo è il primo libro di una serie, negli altri dovranno pur fare qualcosa di diverso, no?!

La Cao non riesce a essere nè coinvolgente, nè intrigante, nè eccitante. Scritto nel 2013, ha chiaramente sfruttato il successo di "50 sfumature di grigio" che lo ha preceduto di due anni: non faccio un confronto perchè non ho letto quella trilogia nè ho visto i film che ne hanno tratto, ma la storia è arcinota e i meccanismi sono gli stessi.

E' tristissimo come in questo genere di libri si tenti di far corrispondere l'emancipazione femminile con la capacità di vivere una storia di sesso senza lasciarsi coinvolgere sentimentalmente.
E sono sempre più insofferente alle espressioni usate nei romanzi rosa o erotici nel tentativo di trasmettere passione. La Cao non me ne ha risparmiata mezza: la lingua sfacciata o arrogante, lo sguardo assassino o che non lascia scampo, la voce diabolica, il sorriso satanico, con frasone tipo "Preparati,
Elena, perché la prossima cosa che mangerò sei tu" che nella vita reale creerebbero frigidità in qualunque donna, invece della sperata eccitazione!

Oltre tutto il libro, pur essendo recente, è già invecchiato male: WhatsApp ha segnato una svolta per i rapporti di un certo tipo, mentre qui i protagonisti sono ancora fermi agli MMS... Ma sono proprio loro - protagonisti e personaggi in generale - a essere poca cosa, inconsistenti anzichè affascinanti, e troppo, troppo, troppo vuoti. La cosa migliore del libro è l'ambientazione veneziana, ma non basta.

E ora mi chiedo cosa fare con la seconda e terza parte perchè per risparmiare 1.98€ ovviamente ho comprato il pacchetto dell'intera trilogia più il quarto volume uscito a cinque anni di distanza! Classico esempio di come la parsimonia genovese a volte possa costare cara...

Reading Challenge 2021: questo testo risponde alla traccia normale di marzo (il titolo deve iniziare con l'iniziale del nome di una partecipante alla Reading Challenge nata a marzo: Ines)

 

lunedì 27 maggio 2024

"Motel Life", Willy Vlautin

 

Reno (Nevada), inizio novembre 1996. "Frank, sono rovinato": è questo che Jerry Lee dice svegliando suo fratello in piena notte. Jerry Lee piange a dirotto, ma ciò che colpisce il fratello minore è quello che indossa: un giaccone nero, gli scarponi da lavoro e le mutande. Niente pantaloni. Polly Flynn si è arrabbiata con lui e glieli ha bruciati, racconta. Quindi se ne è andato e si è messo al volante, nonostante fosse un po' sbronzo, ma è stato per colpa della neve se non ha visto il ragazzino in bicicletta. Se lo è trovato davanti all'improvviso e lo ha centrato in pieno. Lo ha ucciso! E poi, non sapendo cosa fare, ha caricato il corpo in macchina, che adesso è nel parcheggio del motel.

"Siamo tutti incasinati, quindi tendiamo a stare con gente incasinata. E per me è giusto che sia così. Ma questo non vuol dire che siamo persone cattive, no? Se sei stato sfortunato non vuol dire che lo sarai sempre, no? Certa gente è sfortunata, ma le cose possono cambiare. Non penso che ci sia gente condannata alla sfortuna."

Forse non esiste un abbonamento alla sfortuna, ma a volte è difficile credere che sia così.

I fratelli Flannigan sono due giovani uomini: non ci viene detta l'età, sappiamo solo che hanno due anni di differenza. Appartengono a quella categoria di persone da cui si tende a prendere le distanze: due disadattati per i quali comprare un cartone da sei di birra rappresenta la prima cosa da fare quando le cose vanno male. Persone di cui è facile ritenersi migliori. Ma sulla base di cosa? Perché siamo più stabili, più ricchi, più puliti? Ma cosa sarebbe successo a Frank e a Jerry Lee se il padre non avesse abbandonato la famiglia per scappare dalla città e dai suoi debiti di gioco quando erano bambini? E se la madre non fosse morta di cancro quando erano adolescenti? E se il nonno materno, l'unico parente rimasto, se li fosse portati nel Montana anziché lasciarli in un motel di Reno con 200$ e tante scuse per non volerli fra i piedi? E se Jerry Lee non avesse perso la parte inferiore di una gamba per una stupida ragazzata sei mesi dopo la morte della madre?

E se, e se, e se... Non ci pensiamo mai, ma forse non ci sono persone migliori di altre, ma solo degli "e se" diversi.

Fino a marzo non avevo mai sentito nominare Willy Vlautin. Poi mi è apparsa la copertina di un suo libro in una pubblicità di Amazon su Facebook, ho letto la trama e mi ha colpita, l'ho cercato su Wikipedia: nato proprio a Reno nel 1967, fra il 2006 e il 2021 ha scritto soltanto sei romanzi, dei quali "Motel Life" è il primo.

Nella postfazione scritta nel 2020 spiega il fenomeno dei motel a Reno, nati per dare un posto dove dormire ai frequentatori dei casinò. Ce n'erano più di 120, successivamente caduti in declino con la nascita dei casinò che offrivano anche stanze per la notte. La cosa curiosa è che fin dai suoi sette anni sognava di vivere in uno di quei motel e se questo era il suo sogno da bambino mi viene da pensare che abbia collezionato anche lui una sfilza di sfortunati "e se".

Libro meraviglioso sulla miseria e il disagio sociale, una scrittura che mi ha fatto innamorare di ogni singola parola ed era da Kent Haruf che non vivevo un simile idillio. Due protagonisti a cui è impossibile non affezionarsi.
Siamo appena a maggio, ma credo di aver già trovato la mia miglior lettura dell'anno.

Reading Challenge, traccia stagionale crucipuzzle, primavera: notte nel testo

giovedì 27 giugno 2019

"La gemella sbagliata", Ann Morgan


Londra, anni 80. Helen ed Ellie sono due gemelline fisicamente identiche, ma completamente diverse sotto ogni altro aspetto. Tanto la prima è brillante, intelligente, sicura di sè, estroversa e diligente, quando la seconda è poco acuta, insicura e pasticciona. Helen è la leader, quella che decide tutto quello che possono decidere di fare da sole due bambine di 6 anni, quindi principalmente a cosa giocare.
E in un giorno d'estate, mentre sono al parco, a Helen viene l'idea di invertirsi i ruoli: si cambiano i vestiti, Helen si disfa la treccia e si fa i codini ed Ellie fa il contrario. Tornando a casa la vicina di casa le confonde, perchè è proprio grazie alla pettinatura che sono sempre state distinguibili, ma poi anche la mamma cade nel tranello. E le due bambine si divertono, sono riuscite a fregare tutti...
Al momento di andare a dormire, quando Helen va verso il suo lettino perchè il gioco non ha più senso adesso che sono sole, Ellie fa i capricci, vuole continuare. Helen la accontenta, pensando che la notte  rimetterà le cose a posto. Ma non sarà così.

Ancora un romanzo che non mi trova d'accordo con la categoria di genere in cui è stato classificato: è la storia di Helen e il desiderio di scoprire cosa sia successo nelle varie tappe della sua vita non ha nulla a che vedere con la suspense tipica dei thriller.

Non sono comunque rimasta delusa, anzi, il libro è bello e funziona molto meglio in chiave drammatica. Tutto ruota attorno allo scambio di persona e l'anello debole della vicenda è proprio l'inverosimiglianza di come due piccole bambine possano venire davvero confuse dalla madre, dagli insegnanti, anche dalle amichette. Soprattutto di come quella affetta da un ritardo mentale riesca ad essere credibile nei panni dell'altra, sveglia più della media. Sarebbe bastato non esagerare con il divario di Q.I per rendere la storia più godibile.

Ma facendo uno sforzo per sorvolare su questo improbabile "dettaglio", è impossibile non lasciarsi intenerire dai disagi patiti da Helen, riflettendo su quanto male possa causare una famiglia disfunzionale. 

Un'opera prima che non sembra tale, Ann Morgan scrive bene alternando i capitoli del presente, scritti in terza persona, a quelli del passato, scritti in seconda persona: è la prima volta che trovo l'uso di questo tempo in un romanzo e mi è piaciuto moltissimo, mi ha fatto sentire molto più coinvolta nella storia e non credo sia facilissimo scrivere in questo modo senza cadere in un noioso elenco di azioni ripetute. Davvero brava (anche la traduttrice, Rachele Salerno).

Reading Challenge 2019: collegamento a cascata con la traccia di giugno. Lo collego a "Il diario di Eva" perchè entrambi entrambi gli autori sono anglofoni