martedì 23 gennaio 2024

"Fuori dal mondo", Ragnar Jonasson

 

Siglufjörður (Islanda), marzo 2011. La cittadina è in quarantena: un turista francese arrivato dall'Africa è morto ventiquattro ore dopo essere atterrato a causa di quella che l'autopsia rivelerà essere una febbre emorragica per la quale non esistono cure efficaci. La paura cresce quando muore anche l'infermiera che per prima si era occupata di lui e tutti si barricano in casa. Ma Ari Þór fa il poliziotto e non può concedersi il lusso dell'isolamento.
A fornirgli del lavoro, che in quella circostanza diventa quasi uno svago, è un certo Héðinn, che gli presenta un cold case: sua zia Jórunn è morta nel marzo 1957 a soli venticinque anni dopo aver ingerito del topicida disciolto nel caffè. Non è stato mai chiarito se si fosse trattato di un errore o di suicidio. Quello che Héðinn esclude è l'omicidio perché il fatto era avvenuto nell’Héðinsfjörður, un fiordo isolato dove vivevano soltanto cinque persone: i suoi genitori, la zia con il marito e lui, che all'epoca aveva pochi mesi. Ma adesso qualcuno gli ha dato una fotografia scattata quell'inverno dove compare anche un ragazzino. Quindi non erano soli come gli è sempre stato raccontato...

Dopo "L'angelo di neve" e "I giorni del vulcano", ecco la terza puntata della serie "Misteri d'Islanda".
Scritto nel 2012, titolo originale "Rof" (rottura), segue grosso modo la stessa struttura dei due romanzi precedenti, con eventi del passato che in qualche modo hanno risvolti o legami con il presente. Un'indagine vecchio stile basata esclusivamente su indizi e sentito dire che il protagonista della serie raccoglie fino a completare il puzzle.

Un giallo molto soft, ma anche per questo piacevole da leggere. E come sempre i romanzi di Jonasson sono un'occasione per "viaggiare" su Google immagini.
Questo è l’Héðinsfjarðarvatn, con il lago separato dal fiordo da una striscia di terra. E' lungo le sue rive che sorge la fattoria teatro dei fatti del 1957:


Un Paese dove gli zero gradi di marzo portano un personaggio a dire "Non fa poi così freddo", per quanto meraviglioso a livello paesaggistico, non rappresenta per me una grande attrattiva, ma la bravura dell'autore è anche quella di riuscire a rendere viva l'ambientazione.

La ricerca in rete dei posti citati mi ha fatto scoprire anche il meraviglioso cimitero di Hólavalla:


Non siamo più nel nord dell'Islanda, ma a Reykjavik. Davanti al cimitero abita il personaggio del prologo che non ha nulla a che vedere con il cold case seguito da Ari Þór: come speravo torna Ísrún, la giornalista televisiva che aveva già coperto un ruolo importante ne "I giorni del vulcano". Un'intervista telefonica in merito alla quarantena crea un nuovo contatto fra i due, permettendo a Jonasson di raccontare anche un'altra storia, quella di una brutale aggressione avvenuta due anni prima nella capitale ai danni di una donna e i relativi sviluppi nel presente che saranno oggetto dell'indagine della giornalista.

Si crea così un gioco di alternanze: 256 pagine divise in cinquanta brevi capitoli che trasportano il lettore dal nord al sud dell'Islanda, dal presente al passato, da un personaggio all'altro con non poche novità nelle varie trame orizzontali che li riguardano.

E mi ha fatto scoprire anche un'abitudine islandese a dir poco sorprendente: quella di lasciar dormire i bambini nei passeggini sui marciapiedi fuori dai negozi, ad esempio quando si beve un caffè al bar! Indubbiamente l'Islanda è un Paese più sicuro del nostro (anche se nel libro il bambino "parcheggiato" viene rapito), ma è anche un posto dove si dice "Vado a prendere una boccata di aria fredda"... Io un ipotetico figlio non lo lascerei fuori da solo, ma del resto non ci lascio neppure l'ombrello ^^

Reading Challenge 2024, traccia vagabonda gennaio: Islanda