Nel dicembre 2022 avevo letto "L'ultimo giorno di Roma", il primo volume della trilogia di Nerone, dove Alberto Angela racconta com'era Roma prima della devastazione, mentre in questa seconda puntata è l'incendio il protagonista assoluto.
Avvalendosi delle (scarse) fonti riportate nei testi antichi e del sapere di archeologi e storici (che conoscono l'urbanistica dell'Antica Roma e l'arredamento tipico delle case dell'epoca), ma anche di chi per mestiere conosce bene la dinamica degli incendi (quindi chiedendo agli attuali vigili del fuoco romani cosa avrebbero fatto al posto dei vigiles dell'epoca con i mezzi che avrebbero avuto a disposizione) e dei meteorologi (in grado di capire come il clima di quei giorni estivi possa aver influito sulla tragedia), Alberto Angela compensa questa carenza con una ricostruzione attendibile e, per quanto possibile, precisa.
Naturalmente anche romanzata, uno degli aspetti più piacevoli dei suoi lavori.
Il racconto viene quindi ripreso dal punto in cui eravamo rimasti, dopo aver seguito il vigile Vindex e la recluta Saturninus nel giro di addestramento per la città. E' il 18 luglio d.C., un sabato, ed è calata la sera.
Gli storici sono concordi sulle origini accidentali e non dolose dell'incendio, ma non esistono descrizioni né sulla causa né sul luogo.
Le fonti antiche si riducono ai racconti di Svetonio (nato cinque anni dopo) e Cassio Dione (vissuto addirittura un secolo dopo), e soprattutto a quello di Tacito, che all'epoca era però soltanto un bambino e che successivamente scrisse:
Impossibile sapere quanto sia attendibile, ma è l'unico a indicare con precisione il punto in cui scoppiò l’incendio e testimonianze archeologiche sembrano confermare che il Circo Massimo venne effettivamente distrutto.
A prescindere da dove e come ebbe inizio, fu una catastrofe enorme.
Istintivamente - come veniamo più colpiti dai fatti che accadono nella nostra città o nella nostra nazione, o che colpiscono i nostri concittadini o connazionali - allo stesso modo ci impressionano maggiormente i fatti più recenti, ma ciò non toglie che i morti di duemila anni fa fossero esseri umani e che fecero una fine atroce.
Angela per rendere maggiormente l'idea della portata del disastro ricorre spesso al paragone con gli effetti dei bombardamenti alleati della seconda Guerra Mondiale, in particolare a quelli su Amburgo, Dresda e Tokyo, ponendo l'accento sul fatto che quegli eventi non sono stati frutto di incidenti o casualità, ma opera dell'uomo.
Sottolineando come scene analoghe si devono essere verificate anche nella Roma del 64 d.C. (ad esempio le tempeste di fuoco), riporta le testimonianze di chi in Germania o in Giappone certe atrocità le ha vissute.
E ancora:
Ma fu davvero Nerone a innescare l'incendio che imperversò su Roma per nove lunghi giorni distruggendola? Angela definisce questa come una fake news dell'epoca, divulgata probabilmente dai suoi detrattori (in particolare dai senatori) e diffusa tra il popolo esasperato per il disastro, quindi sopravvissuta alla sua morte alimentata da chi continuava a essergli ostile.
Senza fare alcuno sconto a Nerone ("Tutto questo non cancella affatto il suo narcisismo, la sua stravaganza, il suo cinismo e la sua crudeltà, che rimangono impressionanti"), spiega dettagliatamente i motivi che rendono inverosimile la sua responsabilità sull'incendio, smontando anche la credenza - tenace perfino ai giorni nostri - che lo vorrebbe intento a suonare la cetra mentre contempla la città in fiamme.
Con l'abituale ricchezza di considerazioni (riferendosi a Pompei scrive: "Chissà quanti tra loro [i sopravvissuti all'incendio] avranno la sventura di vivere le due tragedie, trovandosi oggi qui e tra qualche anno sotto il Vesuvio. Roma ha all’incirca un milione di abitanti, e le probabilità che a qualcuno di loro sia effettivamente capitato sono abbastanza alte"), informazioni (riesce a rendere interessante anche il lungo elenco di rimedi dell'epoca contro ustioni e infezioni, con l'olio di mirto in testa nella classifica dei grandi - si fa per dire - guaritori), curiosità (la tradizione dei mercatini di Natale risale all'Antica Roma quando “in occasione delle feste Sigillarie, aggiunte, dopo Caligola, ai quattro giorni dei Saturnali, si innalzavano delle impalcature di legno dinanzi alle pareti dei Saepta e vi si esponevano delle piccole capanne, veri e propri presepi, dentro le quali si collocavano le immagini degli dei Lari, protettori della famiglia, insieme con altre statuette di cera, gesso o argilla, che i Romani si offrivano in dono scambievolmente durante la festività, accompagnandole con libri, vasi di vetro, coppe d’argento, gemme incise, perle, monili, scatole di avorio, eccetera”) e riflessioni che da sole dovrebbero far passare a chiunque la voglia di essere carnivori ("Ovunque si sente odore di fumo. Ma anche quello della carne bruciata del liberto. Noi proveremmo disagio e vergogna, portandoci la mano alla bocca, anche se in fondo è lo stesso odore che in cucina fa venire l’acquolina quando si cuoce una bistecca."), con un percorso di 354 pagine ci porta dal 18 al 27 luglio, giorno in cui l'incendio viene finalmente domato.
E dopo cosa successe? Lo leggerò nell'ultimo volume della trilogia, ma questa volta non farò passare di nuovo un anno.
Reading Challenge 2024, traccia stagionale crucipuzzle, inverno: giara nel testo
"Si hanno pochissime informazioni sulla sua dinamica e la sua evoluzione. Di conseguenza si tende a descriverlo superficialmente, riassumendo nove giorni di fuoco in pochi paragrafi."
Avvalendosi delle (scarse) fonti riportate nei testi antichi e del sapere di archeologi e storici (che conoscono l'urbanistica dell'Antica Roma e l'arredamento tipico delle case dell'epoca), ma anche di chi per mestiere conosce bene la dinamica degli incendi (quindi chiedendo agli attuali vigili del fuoco romani cosa avrebbero fatto al posto dei vigiles dell'epoca con i mezzi che avrebbero avuto a disposizione) e dei meteorologi (in grado di capire come il clima di quei giorni estivi possa aver influito sulla tragedia), Alberto Angela compensa questa carenza con una ricostruzione attendibile e, per quanto possibile, precisa.
Naturalmente anche romanzata, uno degli aspetti più piacevoli dei suoi lavori.
Il racconto viene quindi ripreso dal punto in cui eravamo rimasti, dopo aver seguito il vigile Vindex e la recluta Saturninus nel giro di addestramento per la città. E' il 18 luglio d.C., un sabato, ed è calata la sera.
Gli storici sono concordi sulle origini accidentali e non dolose dell'incendio, ma non esistono descrizioni né sulla causa né sul luogo.
Le fonti antiche si riducono ai racconti di Svetonio (nato cinque anni dopo) e Cassio Dione (vissuto addirittura un secolo dopo), e soprattutto a quello di Tacito, che all'epoca era però soltanto un bambino e che successivamente scrisse:
"L’incendio cominciò in quella parte del Circo, che è contigua ai colli del Palatino e del Celio, dove il fuoco, appena scoppiato nelle botteghe in cui si trovavano merci infiammabili, subito divampò violento alimentato dal vento.”
Impossibile sapere quanto sia attendibile, ma è l'unico a indicare con precisione il punto in cui scoppiò l’incendio e testimonianze archeologiche sembrano confermare che il Circo Massimo venne effettivamente distrutto.
A prescindere da dove e come ebbe inizio, fu una catastrofe enorme.
Istintivamente - come veniamo più colpiti dai fatti che accadono nella nostra città o nella nostra nazione, o che colpiscono i nostri concittadini o connazionali - allo stesso modo ci impressionano maggiormente i fatti più recenti, ma ciò non toglie che i morti di duemila anni fa fossero esseri umani e che fecero una fine atroce.
Angela per rendere maggiormente l'idea della portata del disastro ricorre spesso al paragone con gli effetti dei bombardamenti alleati della seconda Guerra Mondiale, in particolare a quelli su Amburgo, Dresda e Tokyo, ponendo l'accento sul fatto che quegli eventi non sono stati frutto di incidenti o casualità, ma opera dell'uomo.
Sottolineando come scene analoghe si devono essere verificate anche nella Roma del 64 d.C. (ad esempio le tempeste di fuoco), riporta le testimonianze di chi in Germania o in Giappone certe atrocità le ha vissute.
"La tempesta di fuoco generatasi ad Amburgo a seguito del terribile bombardamento subìto dalla città nel luglio del 1943 provocò venti che spirarono a oltre 200 chilometri orari, creando una sorta di uragano ustionante che, secondo le testimonianze, incendiò e uccise chiunque si trovasse in strada. (...) I bambini furono strappati dalle braccia dei genitori dalla forza dell’uragano e trascinati nel fuoco dai vortici; persone che pensavano di essere ormai in salvo crollavano di colpo, uccise dal calore; chi sopravviveva era costretto a camminare sui morti; i soccorritori, per salvare se stessi, dovevano abbandonare moribondi e malati."
E ancora:
"I bombardamenti che colpirono Tokyo tra il 9 e il 10 marzo 1945 generarono rapidamente una tempesta di fuoco talmente violenta che l’immenso calore bruciò i vestiti, la pelle e i capelli dei suoi abitanti. Migliaia di persone morirono arse vive. Se ne parla poco, ma le ondate dei bombardamenti incendiari sulle città giapponesi provocarono più vittime delle atomiche."
Ma fu davvero Nerone a innescare l'incendio che imperversò su Roma per nove lunghi giorni distruggendola? Angela definisce questa come una fake news dell'epoca, divulgata probabilmente dai suoi detrattori (in particolare dai senatori) e diffusa tra il popolo esasperato per il disastro, quindi sopravvissuta alla sua morte alimentata da chi continuava a essergli ostile.
Senza fare alcuno sconto a Nerone ("Tutto questo non cancella affatto il suo narcisismo, la sua stravaganza, il suo cinismo e la sua crudeltà, che rimangono impressionanti"), spiega dettagliatamente i motivi che rendono inverosimile la sua responsabilità sull'incendio, smontando anche la credenza - tenace perfino ai giorni nostri - che lo vorrebbe intento a suonare la cetra mentre contempla la città in fiamme.
Con l'abituale ricchezza di considerazioni (riferendosi a Pompei scrive: "Chissà quanti tra loro [i sopravvissuti all'incendio] avranno la sventura di vivere le due tragedie, trovandosi oggi qui e tra qualche anno sotto il Vesuvio. Roma ha all’incirca un milione di abitanti, e le probabilità che a qualcuno di loro sia effettivamente capitato sono abbastanza alte"), informazioni (riesce a rendere interessante anche il lungo elenco di rimedi dell'epoca contro ustioni e infezioni, con l'olio di mirto in testa nella classifica dei grandi - si fa per dire - guaritori), curiosità (la tradizione dei mercatini di Natale risale all'Antica Roma quando “in occasione delle feste Sigillarie, aggiunte, dopo Caligola, ai quattro giorni dei Saturnali, si innalzavano delle impalcature di legno dinanzi alle pareti dei Saepta e vi si esponevano delle piccole capanne, veri e propri presepi, dentro le quali si collocavano le immagini degli dei Lari, protettori della famiglia, insieme con altre statuette di cera, gesso o argilla, che i Romani si offrivano in dono scambievolmente durante la festività, accompagnandole con libri, vasi di vetro, coppe d’argento, gemme incise, perle, monili, scatole di avorio, eccetera”) e riflessioni che da sole dovrebbero far passare a chiunque la voglia di essere carnivori ("Ovunque si sente odore di fumo. Ma anche quello della carne bruciata del liberto. Noi proveremmo disagio e vergogna, portandoci la mano alla bocca, anche se in fondo è lo stesso odore che in cucina fa venire l’acquolina quando si cuoce una bistecca."), con un percorso di 354 pagine ci porta dal 18 al 27 luglio, giorno in cui l'incendio viene finalmente domato.
E dopo cosa successe? Lo leggerò nell'ultimo volume della trilogia, ma questa volta non farò passare di nuovo un anno.
Reading Challenge 2024, traccia stagionale crucipuzzle, inverno: giara nel testo