Bari, venerdì 24 luglio 2020. Qualcuno suona alla porta di un appartamento al 57 di via Diaz. Dall'interno Gilda Orefice si avvicina con fatica, aiutandosi con il bastone, di cui non può più fare a meno. Il terribile caldo di quei giorni rallenta ulteriormente i suoi movimenti, ma il vero ostacolo sono i suoi 84 anni.
Il visitatore suona ancora. Gilda si spazientisce: "Arrivo, arrivo. Diamine, la gente in ritardo pretende di avere fretta."
Il visitatore suona ancora. Gilda si spazientisce: "Arrivo, arrivo. Diamine, la gente in ritardo pretende di avere fretta."
Un'occhiata attraverso lo spioncino, giusto per essere sicura che dall'altra parte ci sia proprio la persona che sta aspettando, poi apre la porta invitando a entrare chi di lì a poco diventerà il suo assassino.
Scritto nel 2022, è attualmente l'opera più recente di Francesco Caringella che - dopo un inizio per me non entusiasmante - di libro in libro ("Non sono un assassino", "Dieci minuti per uccidere" e "Oltre ogni ragionevole dubbio") mi convince sempre più.
Un difetto lo ha e non è piccolo: quello di essere ripetitivo e non posso essere più precisa di così per evitare spoiler, non solo di questo romanzo, ma anche dei precedenti.
Diciamo che Caringella segue uno schema preciso, un po' troppo preciso, un qualcosa che non riguarda l'essere riconoscibili (cosa che solo i grandi scrittori riescono a ottenere senza cadere nel poco lodevole "letto uno, letti tutti"), quanto la tendenza a sviluppare storie diverse seguendo gli stessi meccanismi.
Ma se piacciono i romanzi ambientati nelle aule dei tribunali, quelli di Caringella sono sicuramente interessanti, non fosse altro che lui prima di essere uno scrittore è un magistrato, con conseguente cognizione di quello che scrive.
E sapendolo non c'è da stare troppo allegri...
“In tribunale non vince la verità migliore, ma la bugia raccontata meglio”
"Nelle aule di tribunale le cose non contano per quello che sono, ma per quello che sembrano."
"L’imputato andava prosciolto per mancanza di prove, non per mancanza di colpevolezza."
Che la legge sia uguale per tutti l'ho sempre considerata una bufala, ma leggere frasi di questo tipo scritte da qualcuno che conosce bene il meccanismo è abbastanza triste.
Il libro, invece, è avvincente: quello che nei piani dell'assassino doveva apparire come la morte naturale di una donna anziana, grazie all'acume della PM - che nell'appartamento nota qualcosa di stonato - si rivela per l'omicidio che è. Le indagini si concentrano in fretta su un unico sospettato e il 4 marzo dell'anno successivo inizia il processo a suo carico. Siamo al 35% del testo, da lì in poi raramente ci si allontana dall'aula di tribunale e a presiedere c'è Virginia Della Valle, già giudice in "Oltre ogni ragionevole dubbio". Tornano anche il giornalista Ferdinando Capolecchia e qualche altro personaggio minore.
La divisione in cinque parti (più prologo ed epilogo), a loro volta divise in capitoli brevi, rende la lettura molto veloce e incalzante seguendo tutto l'iter procedurale e quindi processuale, con un finale non dei più sorprendenti, ma indubbiamente appagante.
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