giovedì 25 gennaio 2024

"Nerone", Alberto Angela

 

Terzo e ultimo volume della trilogia di Alberto Angela dedicata a Nerone. Nel primo, "L'ultimo giorno di Roma", racconta com'era Roma prima della devastazione e nel secondo, "L'inferno su Roma", descrive l'incendio che la distrusse nel luglio del 65 d.C.
In "Nerone" vengono analizzate le conseguenze dello stesso, ma - e lo si capisce già dal titolo - il testo è soprattutto una biografia dell'imperatore.

Anche questo libro - dopo la commovente dedica di Alberto al padre Piero: "A mio padre, amico che manca, che mi ha trasmesso l’entusiasmo di viaggiare tra le stelle della conoscenza con la semplicità delle parole e la profondità del pensiero" - riprende da dove si era interrotto quello precedente.

E' il 29 luglio, le fiamme hanno raso al suolo Roma causando un numero di vittime impossibile da quantificare (ma sicuramente pari a decine e decine di migliaia) e un danno incalcolabile al patrimonio artistico.

La calunnia che vede Nerone come responsabile dell'incendio (una fake news dell'epoca, come l'aveva definita Angela nel volume precedente) inizia a diffondersi subito a opera dei suoi detrattori e ci viene spiegato chi gli era ostile e perché, chiarendo poi i motivi che portarono i cristiani a essere il perfetto capro espiatorio dell'incendio.

"Uno degli scopi di questa Trilogia è appunto quello di spiegare come e perché tutto questo sia accaduto. È proprio nel 64 d.C., infatti, che la Storia deciderà di trasformare quest’area piuttosto anonima [quella su cui sorge il Vaticano] in uno dei luoghi più significativi per la religione e per gli assetti geopolitici del pianeta. Tutto accadrà nell’arco di appena dodici settimane, il tempo intercorso tra l’inizio del Grande incendio e il martirio dei cristiani (metà ottobre)."

Dopo aver sottolineato che la fondazione della Chiesa di Roma non è riconducibile alla prima, presunta, predicazione di Pietro che la tradizione (basandosi su testi apocrifi risalente a oltre cent'anni dopo la morte dell'apostolo) colloca tra il 42 e il 43 d.C. ("Non vi sono testimonianze di alcun tipo che Pietro sia stato nella capitale a predicare la parola di Cristo in una data così “precoce”, né che abbia fondato alcuna Chiesa, tanto meno quella di Roma, al contrario di Paolo, che diede vita a diverse comunità in molte città dell’Impero."), ricostruisce come la nuova religione, come tanti altri culti, arrivò a Roma seguendo le rotte dei commerci da oriente.

Analizza quindi la sua diffusione non fulminea, ma costante, che la portò a mettere radici a Roma già pochissimi anni dopo la crocifissione di Gesù.
Ma è accertato che ai tempi di Nerone i cristiani "erano davvero pochi. Di certo una delle comunità meno numerose di Roma, se non quella più piccola in assoluto. Questo non corrisponde a ciò che tutti noi abbiamo sempre “saputo”, e cioè che i cristiani uccisi da Nerone furono tantissimi, folle intere date in pasto alle belve o crocifisse" e prosegue spiegando i motivi di questa percezione sbagliata, "senza nulla togliere alla tragica morte di tante persone innocenti (non è il numero delle vittime che cambia l’atrocità dei fatti), anche questa tuttavia è una delle tante fake news che ruotano attorno all’incendio e a Nerone".

Spiega come in principio le autorità imperiali consideravano quella dei cristiani come una delle tante sette presenti all'interno della comunità, quindi analizza i motivi che portarono una società tollerante come quella romana a osservare con diffidenza le anomalie dei seguaci di Cristo fino ad arrivare a considerarli “nemici dello Stato”, chiarendo come l'odio verso i cristiani non nacque dalle autorità, ma dal popolo, che già prima dell'incendio attribuiva a loro la colpa di suscitare, non onorandoli, l'ira delle divinità.

Descrive in maniera dettagliata, e quindi per forza di cose, raccapricciante, come avvenivano le crocifissioni. E come non andasse meglio a chi veniva bruciato vivo fino a diventare una torcia umana o a quelli che dovevano "battersi" con belve feroci. Angela raccomanda di non giudicare con i parametri dei nostri tempi, spiegando che all'epoca chi subiva questi supplizi era considerato colpevole di un qualche reato meritevole di simili condanne.
Io faccio fatica. Un chiodo piantato sul calcagno è atrocemente doloroso oggi come duemila anni fa. Restare impassibili, magari anche divertirsi, davanti alla sofferenza di un altro essere vivente (e sottolineo essere vivente, umano o animale che sia) è per me qualcosa di inconcepibile.

A questo punto l'incendio viene archiviato e inizia la ricostruzione della vita di Nerone, partendo dal percorso che lo portò a diventare il mandante dell'omicidio della madre Agrippina e proseguendo con l'analisi dei motivi della prima congiura, nell'aprile del 65 d.C., come venne sventata e come iniziò l'ultima fase del suo regno "fatto di eccessi, bizzarrie, lussuria e progressivo scollamento dal suo ruolo di imperatore".

Ripercorre la sua vita amorosa, concentrandosi - fra le tante - sulle quattro donne che lo influenzarono maggiormente, Ottavia, Atte, Poppea e Statilia Messalina, oltre alla madre.

Arriva quindi alla Domus aurea, argomento tanto caro ad Alberto Angela. E' il punto della trilogia in cui emerge maggiormente l'ammirazione dell'autore per Nerone, arrivando a un'animosità insolita, quasi da tifoso, che emerge nei punti in cui scatta il confronto con Adriano:

 "Certamente Nerone si macchierà di azioni infami nei confronti di innocenti e avversari, veri o supposti, ma non si comporterà poi molto diversamente da tanti altri imperatori. E se si tessono le lodi di Adriano, riconoscendogli una sensibilità artistica e un’umanità sorprendenti (essenzialmente grazie alla benevolenza con cui Marguerite Yourcenar lo ritrae nel suo romanzo "Memorie di Adriano"), lo stesso bisogna fare con Nerone."

E ancora, in relazione alla Domus Aurea:

"Quella di Adriano era una ricca dimora imperiale concepita per se stesso e la corte, del tutto funzionale allo svolgimento dei suoi compiti di imperatore. In pratica, fece esattamente ciò che tutti avevano rinfacciato a Nerone, che in realtà aveva aperto la Domus Aurea al popolo.
Non è facile comprendere il perché di una simile differenza di giudizio. Forse riguardo a questo aspetto sarebbe bene rivalutare in senso positivo Nerone e in negativo Adriano. La figura di entrambi è stata deformata dai giudizi della Storia: se il primo è stato condannato dall’odio degli antichi, il secondo è stato osannato soprattutto per l’amore dei moderni. È incredibile, per esempio, che per una medesima colossale dimora imperiale, il primo sia visto come un folle megalomane e il secondo invece come un sensibile intellettuale… Qualcosa non quadra.
In conclusione, quindi, anche la narrazione della Domus Aurea è stata distorta dalle fake news che hanno nascosto a tutti un disegno sociale sorprendente e innovativo, di un uomo troppo avanti nei tempi."

Adesso però mi piacerebbe leggere un testo imparziale su Adriano...

Il testo si conclude con una panoramica piuttosto veloce che corre fra i progetti urbanistici di Nerone, spesso avveniristici, per la rinascita della città (presto naufragati perché "Roma è la città eterna, ma lo sono anche i suoi problemi"), la prima guerra giudaica, le spedizioni (il capitolo riguardante Ucraina e Crimea fa capire quanto poco sia cambiato in duemila anni), il viaggio in Grecia, le sue vocazioni atletiche e artistiche.

E si arriva al giorno della morte, il 9 giugno del 68 d.C.

"Ha appena trent’anni e mezzo, eppure è riuscito a fare tantissime cose, al punto da riempire ben tre volumi di questa Trilogia."

Una grande trilogia. Se tutti i docenti avessero le capacità e la passione di Alberto Angela, tutti amerebbero la storia.

PS: una piccola curiosità, il gesto del dito medio è un'invenzione greca.

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