Londra,
14 maggio 2012. E’ durante una partita di cricket che il
diciassettenne Adam Henry accusa violenti dolori addominali, il primo
segnale di una malattia spaventosa, la leucemia, che diventa ancora
più terribile quando la religione professata si oppone alle
trasfusioni di sangue. Per l’ospedale che ha in cura il ragazzo
l’unica alternativa a una morte sicura e atroce è quello di
portare il caso in tribunale.
E
la delibera toccherà al giudice dell’Alta Corte Fiona Maye: 59
anni, sposata senza figli con Jack da 35. Un’unione resa “facile”
da un’ottima intesa, ma che vacilla proprio nel momento in cui la
strada del giudice sta per incrociarsi con quella del ragazzo malato…
Di
nuovo, senza averlo programmato, mi sono regalata per la quarta
primavera consecutiva una lettura di McEwan dopo "Chesil Beach", "Cortesie per gli ospiti" e "Nel guscio".
Pur
avendo apprezzato tutti i romanzi, direi che questo è il migliore. Mi era stato
caldamente consigliato da una cliente che non vedo l’ora di rivedere
in edicola (la signora Elisabetta è una di quelli che, potendolo
fare, è rimasta scrupolosamente a casa) per poterla ringraziare.
McEwan
è un altro che scrive davvero bene. Bravissimo nella creazione dei
suoi personaggi, principali e non, ma impareggiabile nel mettere in
scena situazioni difficili che portano inevitabilmente a giudicare, a
esporsi, non solo a schierarsi da una parte o dall’altra, ma anche
a mettersi nei panni altrui chiedendoci cosa faremmo noi in quella
situazione.
E riesce a fare tutto ciò senza esporre al lettore il
proprio punto di vista.
Alla
vicenda del ragazzo malato e sognatore, che mette in conflitto Stato
e libertà di culto, si affianca quella personale della donna, il
giudice che ha portato la freddezza professionale anche nella sua
vita privata. Ed è stata quest’ultima a coinvolgermi maggiormente,
forse perché - da atea - ritengo ci sia poco da dire riguardo alla
prima questione, mentre – da moglie – so che ce n’è molto
sulla seconda, anche se decisamente non posso mettermi nei panni di
Fiona.
"Non ci resta molto tempo. Chissà quanto. Non tanti anni. O ricominciamo a vivere, a vivere sul serio intendo, oppure ci arrendiamo alla prospettiva di essere infelici da adesso alla fine”
Voglio assolutamente recuperare anche il film tratto dal romanzo, “Il
verdetto”.
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Challenge 2020: questo testo risponde alla traccia vagabonda di
aprile "un libro ambientato in Inghilterra, Scozia o Galles"