lunedì 25 luglio 2022

"Tre", Valérie Perrin

 

La Comelle (Borgogna, Francia), 3 settembre 1986. E' il primo giorno di scuola: Nina Beau, Etienne Beaulieu e Adrien Bobin stanno per iniziare la quinta elementare. L'unica cosa che hanno in comune è l'anno di nascita, il 1976, ma quando Nina si mette in mezzo agli altri due bambini prendendo ciascuno per mano nascono "i tre", un piccolo clan impenetrabile per chiunque, ma non indissolubile perché nel presente della storia - in quel dicembre 2017 dove comincia il libro - ci viene subito detto che due di loro non si vedono da diciassette anni e altri due non si parlano da quattordici.
A raccontarci tutti i perché è Virginie, la voce narrante del romanzo, anche lei nata nel 1976...

"Grazie a tutti i miei animali passati, presenti e futuri: mi fate crescere"

Questa è la frase con cui Valérie Perrin conclude i ringraziamenti al termine del libro ed è da lì che voglio iniziare a buttare giù le mie impressioni perché in questa storia emergono più che mai l'amore e il rispetto che l'autrice ha per gli animali. Dare alla sua protagonista principale, cioè a Nina adulta, il ruolo di direttrice di un rifugio per animali abbandonati è stata chiaramente una scelta dettata dal bisogno di dare voce a quei poveri esseri viventi che non possono raccontarci le loro pene. E la Perrin è una portavoce eccezionale.

Con passione e intelligenza porta il lettore a ragionare su come i bisogni degli animali non siano poi tanto diversi dai nostri:

"Nina entra nel gattile, dove è tutto uno stiracchiarsi, sbadigliare e pazientare. Le bestiole aspettano braccia che le accolgano, un appartamento, una casa, un balcone, un giardino, una vista, abitudini diverse da lì, un vecchio scapolo o una famiglia numerosa, ricca o povera non importa, quel che conta è l’attenzione e l’affetto."
Rivela e condanna tutta l'ignoranza e la viltà di certi comportamenti:
"Non c’è cosa peggiore di quelli che li riportano indietro: «Alla fine non va bene, ha paura di tutto, guaisce sempre», «È aggressivo, sembra che non gli piacciamo», «Forse era meglio un gatto di un cane», «Sto divorziando e mia moglie non lo vuole», «Puzza, perde peli, è brutto, ha le flatulenze», «Mantenerlo mi costa troppo...»."
Sbatte in faccia la realtà che molti si ostinano a non voler considerare: che gli animali non sono oggetti da sfruttare per il nostro divertimento e per la nostra curiosità negli zoo, nei parchi a tema, negli acquari, nei circhi. Io, genovese, dovrei morire senza aver visto un pinguino - salvo un improbabile viaggio in Patagonia - e invece a mezz'ora da casa mia ne potrei vedere almeno una dozzina, quelli rinchiusi nella minuscola vasca dell'acquario di Genova. Quando il nonno porta Nina bambina al Paa (Parco d'attrazione animalista) e alla fine della giornata le chiede se si è divertita e cosa le sia piaciuto di più, la piccola risponde "Il trenino", perché è libero, a differenza degli animali.

"Viviamo in un mondo in cui al Salone dell’agricoltura i bovini vengono filmati come star del cinema, accarezzati, ammirati e pochi giorni dopo sgozzati nell’ombra, a porte chiuse."
Uno degli ultimi capitoli è un manifesto animalista in piena regola: crudo - come serve che sia per combattere l'ignoranza e l'ipocrisia di molti - e commovente per chi contro quell'ignoranza e quell'ipocrisia ci fa i conti quotidianamente.
Così tante persone avrebbero bisogno che qualcuno si occupasse di loro
Ma ne avessi mai trovato uno fra quelli che sminuiscono e deridono gli animalisti accusandoli di non fare niente per gli esseri umani che fosse impegnato in una qualsiasi attività meritevole!! Uno! Mai successo. Sicuramente chi è attivista per una causa benefica è capace di rispettare le scelte altrui mentre chi non fa niente non fa niente e basta, né per il gattino né per il mendicante. Non sacrificherebbe mai né un euro né un minuto del suo tempo. E invece di vergognarsi e tacere, critica e sfotte.

Queste considerazioni sono "solo" pietre preziose incastonate nel gioiello che è questo romanzo. Se dopo aver letto "Cambiare l'acqua ai fiori" e "Il quaderno dell'amore perduto" mi era stato difficile stabilire quale mi fosse piaciuto di più, questa volta non ho dubbi: "Tre" è il mio preferito.

Anche qui vengono sfruttati i salti temporali che ci portano a seguire le vicende dei tre (e dei personaggi di contorno) dai loro 10 ai 41 anni, con annate particolarmente rilevanti, naturalmente il 1986/87 e poi il 1990, il 1994, il 2000, il 2003 e il 2017. La Perrin volteggia nel trentennio compreso fra il momento in cui si conoscono e il presente del libro con capacità e precisione, non avendo paura di datare gli eventi (e non sbagliando mai un riferimento temporale), costruendo nell'arco delle 624 pagine le esistenze di ciascuno, intrecciandole in una concatenazione di causa-effetto che va via via a comporre il quadro completo mentre si procede verso il finale.

C'è un risvolto giallo nella storia - secondo me non tale da giustificare l'inserimento nella categoria "gialli con investigatori privati/amatoriali" da parte Amazon e addirittura nella "narrativa gialla" su IBS, semplicemente perché la sparizione misteriosa che ci viene raccontata non costituisce mai una vera fonte di investigazione - ma è comunque un aspetto molto importante del romanzo, gestito anch'esso benissimo dall'autrice.

Ma lei è proprio brava nel coinvolgere riuscendo a creare interesse per ogni cosa successa e che succederà, su ogni particolare introdotto, anche se minimo, dal motivo per cui il maestro Antoine Py nel marzo 1987 prende di mira proprio Adrien al sapere se Badi, l'ultimo vecchio del rifugio, riuscirà a trovare una famiglia in grado di regalargli il tempo che gli resta con un po' (magari un po' tanto) di quell'affetto che ogni essere animale merita (noi esseri umani siamo sempre più lontani dall'averne diritto per il solo fatto di esistere).

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