venerdì 9 giugno 2023

"La ragazza francese", Lexie Elliott



La ragazza francese si chiamava Severine Dupas e aveva 19 anni quando, il 16 giugno di un anno non precisato, era scomparsa nel nulla. Si trovava in vacanza in Dordogna, nella casa di famiglia, mentre in quella a fianco il figlio dei proprietari inglesi stava ospitando per una settimana cinque amici. E proprio il sabato in cui erano ripartiti per l'Inghilterra si erano perse le tracce di Severine.
Sono trascorsi dieci anni da allora ed è marzo. I lavori di ristrutturazione alla casa francese dei genitori di Theo hanno richiesto lo svuotamento del pozzo ed eccolo lì il corpo di Severine. Quindi non se ne era andata, non era lei la ragazza che un autista dell'autobus diceva di aver visto salire quella mattina sul mezzo, non era andata a Parigi come aveva confidato a Theo, né da nessuna altra parte: era in fondo al pozzo.
E se non ha mai lasciato quella casa vuol dire che i sei ragazzi inglesi sono stati gli ultimi a vederla viva: così le indagini ripartono da loro.

Un altro thriller e un'altra opera prima: appena l'ho finito mi sono premurata di cancellare il nome dell'autrice dalla mia wish list insieme all'altro suo titolo già tradotto in italiano, "Come uccidere la tua migliore amica", e questo fa ben capire quanto poco abbia apprezzato questa lettura.

La trama in sé non sarebbe stata brutta: una misteriosa sparizione, che (con inspiegabile e inspiegata superficialità) era stata giudicata un allontanamento volontario, all'improvviso si rivela un caso di omicidio, un cold case. Ma è stata sviluppata malissimo.

L'errore principale è stato quello di aver scelto di usare come voce narrante uno dei personaggi, cosa che ha limitato tantissimo la ricostruzione del passato. Kate (è lei la protagonista) ricorda poco e sa ancora meno e la Elliott le fa raccontare malissimo quel poco che sa o che ricorda. Un personaggio debole, come lo sono gli altri, ma con un narratore esterno e dando rilievo alle indagini della polizia, forse ne sarebbe venuto fuori un discreto giallo. Invece il libro finisce presto col diventare noioso, dilungandosi in elementi di scarsa importanza e trascinando all'infinito le scarse e scarne riflessioni di questa donna che - nonostante stia correndo il rischio di vedersi imputare un omicidio - dopo dieci anni continua a crogiolarsi nel ricordo dell'amore perduto al termine di quella vacanza (per poi scoprirsi innamorata di un altro appena questo le confessa di esserlo di lei!!). E poi c'è Severine, la ragazza francese morta, di cui sappiamo pochissimo, solo quello che Kate ricorda di lei: quanto fosse bella, quanto fossero profondi i suoi occhi scuri, come non sorridesse mai, quanto fosse striminzito il suo bikini nero e come facesse dondolare un sandalo sul piede nudo. Ma Severine è presente perché Kate la vede. Non proprio come fanno Balthazar e Schiavone con le rispettive mogli: Severine non parla e Kate non le parla, ma si ritrovano fianco a fianco per strada, sedute sullo stesso divano, eccetera. Una presenza assurda, ma non troppo disturbante finché l'ho interpretata in chiave simbolica, un modo per far intendere come Kate in realtà pensasse continuamente a questa giovane ragazza e al suo tragico destino. Ma poi la Elliott arriva a farle fare qualcosa, perdendo del tutto la già scarsa logica del thriller, che ricorderò come il libro dal finale più inutilmente lungo, noioso e brutto che abbia mai letto (dopo questo mi riprometto di essere magnanima verso quelli che si concludono frettolosamente).

Reading Challege 2023, traccia annuale di aprile: otto libri della propria wish list