martedì 22 gennaio 2019

"La ragazza nel parco", Alafair Burke


New York, giorni nostri. La ragazza nel parco è seduta appoggiata ad un albero nelle prime ore del mattino. Ha lunghi capelli scuri, indossa un abito da cerimonia, è scalza e sta leggendo un libro mentre sorseggia champagne. Quando Jack le passa accanto durante il suo jogging mattutino e i loro sguardi si incrociano, lei gli sorride e alza la bottiglia verso di lui come a fare un brindisi.
Poche settimane dopo scoprire l'identità di quella ragazza diventerà fondamentale per l'avvocato Olivia Randall, chiamata a difendere Jack dall'accusa di triplice omicidio in seguito a una sparatoria avvenuta poco distante dal punto dell'incontro nello stesso parco. 
E' stata Buckley, la figlia sedicenne di Jack, a contattare Olivia. La ragazzina sa che Olivia è un ottimo avvocato penalista e sa anche che ha un debito morale nei confronti di suo padre per qualcosa successo più di vent'anni prima...

Un thriller che mi aveva attirato dal momento in cui era stato pubblicato e ancora di più dopo aver letto i due romanzi scritti a quattro mani con Mary Higgins Clark. Leggendo quelli, e ritrovandovi al 100% lo stile della mia amata Mary, avevo sperato che quello della Burke fosse altrettanto avvincente, ma direi proprio che non ci siamo. 

Mentre la Higgins Clark riesce sempre a prendermi dalla prima frase, con la Burke ho dovuto superare la metà del libro prima di sentire dentro di me la voglia di andare avanti per scoprire cosa sarebbe successo. Questo anche a causa della struttura del romanzo dove l'autrice si "perde" soprattutto nel raccontare il passato che lega i due protagonisti, l'avvocato e l'indiziato, trascinando il banale ricordo di una storia fra studenti universitari vecchia di vent'anni e facendo sospirare al lettore un colpo di scena che in realtà è intuibile fin dall'inizio e che comunque è irrilevante ai fini della categoria thriller cui il romanzo appartiene.

Poca sostanza anche nella parte istruttoria della vicenda e una suspense scarsa e limitata al finale che si regge in piedi solo perchè in fondo quasi tutto è possibile, soprattutto nella finzione.

Ciliegina sulla torta: l'antipatia della protagonista, accentuata dalla narrazione in prima persona che non fa sconti alla sua boriosità.

Nonostante ciò, non la considero una lettura totalmente negativa, sicuramente per il solito "ho letto di peggio", ma anche perchè la scrittura è scorrevole e il puzzle alla fine si completa. Peccato che fosse di pochi pezzi, ma tenendo conto anche del fatto che si tratta di un'opera prima, mi è rimasta la voglia di leggere qualcos'altro della Burke.

Reading Challenge 2019: questo testo risponde alla traccia di gennaio "un libro con la parola ragazza nel titolo"