domenica 28 febbraio 2021

"La nuova moglie", Jane Corry

 

Londra, settembre 2000. Lily ha 25 anni ed è a un punto di svolta della sua vita: è appena tornata dal viaggio di nozze e al lavoro le hanno assegnato un caso importante, la difesa di un uomo che vuole ricorrere in appello dopo essere stato condannato per il brutale omicidio della fidanzata. Lily è un avvocato inesperto, teme di non essere all'altezza del caso e le minacce anonime che comincia a ricevere aumentano le sue insicurezze.
Insicurezze che sta già vivendo anche nel suo fresco matrimonio: lei ed Ed si erano conoscuiti appena sei mesi prima e lui le aveva chiesto subito di sposarla, ma poi già durante la settimana trascorsa in Italia aveva cominciato a dubitare dell'amore di suo marito. Ma, del resto, lei può dirsi davvero innamorata di lui?
In questo clima di tensione all'interno della coppia ben venga la distrazione portata dalla figlia della loro vicina di casa: quando Francesca deve lavorare anche di domenica sono loro a badare a Carla.
E questo cambierà il destino di tutti.

Se c'è una cosa che non sopporto nelle serie TV è quando una puntata inizia mostrando un incidente, un cadavere, un fatto in qualche modo rilevante e subito dopo appare la scritta: "un'ora o una settimana o un anno prima" e quindi la storia ricomincia da capo fino ad arrivare al momento clou visto all'inizio, un meccanismo molto sfruttato nelle mie serie preferite (CSI & company) e sfruttato anche nel prologo di questo libro, cosa che in principio mi ha infastidita moltissimo, ma arrivata al punto di congiunzione della storia ho dovuto ammettere che l'autrice ha saputo gestirlo molto bene.

Non sono riuscita a trovare la pagina di Jane Corry (che credo sia uno pseudonimo) su Wikipedia, mi sarebbe piaciuto avere l'ordine cronologico dei libri che ha scritto. Su IBS vedo che la Newton Compton una decina d'anni fa ha pubblicato tre suoi romanzi che già dai titoli appartengono a un genere che non prendo neppure in considerazione ("Il segreto della collana di perle", "La donna con l’anello di rubini" e "Il segreto degli orecchini di smeraldo"), distanza dai miei gusti confermata dalla lettura delle trame.
Poi l'autrice è passata ai thriller e a Piemme che nel 2017 ha tradotto e pubblicato "La nuova moglie", l'anno successivo il più famoso "Le tre bambine" e il racconto "Cattive sorelle" (disponibile solo in digitale) e l'estate scorsa "Finchè morte non ci separi", letture che voglio assolutamente fare perchè questo suo primo thriller (ammesso che non ne abbia scritto altri mai tradotti) mi è piaciuto davvero tantissimo.

Un ottimo thriller psicologico diviso in due parti per un totale di 66 capitoli (più prologo ed epilogo) dove le due protagoniste femminili si alternano. I capitoli di Lily sono scritti in prima persona, quelli di Carla in terza, cosa che contribuisce a dare dinamismo al libro. Su Amazon c'è chi parla di lentezza nella recensione, cosa che non ho minimamente avvertito. In certi punti avrebbe potuto essere più snello, i rimandi all'adolescenza di Lily sono necessari per spiegare le dinamiche dei fatti del presente, ma vengono reiterati qualche volta più del necessario, questo sì, ma al di là di ciò l'autrice è stata molto brava a sviluppare una storia dove succedono tante cose, creando incastri sensati, usando pochissimi personaggi e piazzando qua e là diversi bei piccoli colpi di scena, cosa che dà quella suspense che non tutti i thriller riescono a fornire.

L'unico appunto negativo che faccio è l'immagine arretrata che dà della mentalità italiana, cosa che ultimamente mi succede spesso di trovare nei libri scritti da altri europei.
Avvilente (ma siamo o ci vedono davvero così?) e irritante (davvero inglesi o tedeschi sono migliori di noi?).

Reading Challenge 2021: questo testo risponde alla prima traccia annuale, "dieci libri a scelta da leggere entro la fine dell'anno"
 

 

venerdì 26 febbraio 2021

"Fedeltà", Marco Missiroli

 

Milano, fine marzo 2009. Margherita ha superato i trent'anni, da tre ha aperto un'agenzia immobiliare ed è sposata con Carlo, che invece non ha ancora trovato una stabilità lavorativa. Sogna di diventare autore di un romanzo, ma nel frattempo riesce a scrivere solo cataloghi turistici, un lavoro da free lance a cui affianca l'insegnamento, un corso universitario che è riuscito a ottenere grazie alle conoscenze paterne e che lo impegna sei ore alla settimana.
Sofia ha 22 anni, si è trasferita a Milano da Rimini per studiare ed è una studentessa di Carlo.
Invece Andrea ne ha 26 ed è il fisioterapista di Margherita.
Chi tradirà chi (se qualcuno tradirà)?

Un libro di cui dopo la vittoria dello Strega 2019 avevo sentito parlare o benissimo o malissimo e che mi respingeva più che attrarmi, se mi sono decisa a leggerlo è stato principalmente per non dover più pensare se farlo o meno.

E adesso il mio giudizio si colloca in quella via di mezzo che non avevo mai trovato fra le opinioni altrui. Diciamo che i libri brutti sono altri, ma i libri che mi piacciono non sono questi.

Ho apprezzato il ruolo di primo piano che l'autore ha dato alla città in cui è nato (Rimini) e quella in cui vive (Milano): Milano molto più che Rimini, ma solo perchè è lì che si svolge la maggior parte del romanzo. Una presenza che se non si ha a che fare con quelle due città può sicuramente sembrare esagerata, ma per me - territoriale come sono con la mia Genova - rappresenta senz'altro un aspetto pregevole.

Ed è la prima volta in cui mi capita di trovare un collega giornalaio in un libro.

Ma quello che ho veramente ammirato è lo stile di scrittura, il modo in cui passa da un soggetto all'altro facendoli diventare a turno i protagonisti del frammento di storia raccontata, senza usare capitoli e con rarissimi stacchi. Si crea una fluidità che definirei magica e che mi è piaciuta davvero tantissimo, cosa che non posso dire nè dei protagonisti nè degli altri personaggi, gli unici ad avermi toccato sono stati Anna, la madre di Margherita, e il povero César.

E neppure la storia è riuscita a convincermi del tutto. Mi viene da dire: molto rumore per nulla.

Mi trovo a condividere solo in parte il messaggio che il libro trasmette, ammesso di averlo interpretato nel modo corretto, ma il tema è troppo personale per un blog.

Di certo sono d'accordo con un'affermazione fatta da Missiroli in un'intervista: essere fedeli è faticoso. E aggiungo: si può essere infedeli pur amando tantissimo. Molto meglio delle tante coppie fedeli per retaggio culturale (e spesso solo per mancanza di tentazioni) e non per amore.

Reading Challenge 2021: questo testo risponde alla traccia compleanno di febbraio (l'autore è nato il 2 febbraio 1981)


 

domenica 21 febbraio 2021

"Fumo negli occhi e altre avventure dal crematorio", Caitlin Doughty

Oakland (Stati Uniti), 2008. Caitlin Doughty  ha 23 anni e una laurea in Storia medievale quando riesce a ottenere il posto dei suoi sogni: addetta alla cremazione nell'impresa di pompe funebri a conduzione familiare Westwind Cremation & Burial. Vi lavorerà per quattro anni, trasferendosi poi a Los Angeles per frequentare una prestigiosa scuola di tanatoprassi. In questo particolare memoir racconta come il pensiero della morte l'abbia incuriosita fin da bambina, concentrandosi poi sugli anni del crematorio che l'hanno portata nel 2011 a fondare The Order of the Good Death, un'organizzazione che cerca di aiutare le persone ad accettare la morte e che sostiene la sepoltura naturale.

Un libro senza censure ("Chi non desidera leggere una descrizione realistica della morte e dei cadaveri, è incappato nel libro sbagliato") decisamente da leggere se si è interessati all'argomento.

Pochi giorni dopo aver preso il diploma, avevo inviato il mio curriculum a tutte le imprese funebri di Genova: come l'autrice, ero attratta dalla raffigurazione della morte in epoca Medievale (fra ossari, scheletri danzanti, tombe con soggetti macabri e corpi putrefatti accumulati dentro ai muri delle chiese) ed ero affascinata dalle scuole americane di tanatoprassi di cui avevo scoperto l'esistenza grazie ai medical thriller che all'epoca divoravo, ma mi sarei accontentata di essere assunta anche solo come segretaria. Anzi, a distanza di tanti anni dubito che mi sarebbe davvero piaciuto occuparmi del trattamento estetico delle salme, ma è un mondo che non ha mai smesso di affascinarmi.

L'autrice racconta l'episodio che da bambina le aveva fatto capire che siamo tutti destinati a morire, scatenando in lei un mix di terrore e di curiosità morbosa. Il mio ricordo risale ai miei sette anni, quando era morta la mamma di una mia compagna di classe e a mio nonno era capitata l'immancabile domanda che fanno i bambini in questi casi: "Dove vanno le persone quando muoiono?" e lui - da meraviglioso ateo qual era - mi aveva semplicemente portata al cimitero, dandomi una spiegazione logica, inconfutabile e probabilmente risparmiandomi quell'ossessione per morte e malattie che, invece, ha tormentato la Doughty.

La sinossi del libro è parzialmente fuorviante: "Seguiamo le tragicomiche avventure della giovane apprendista e dei suoi esperti colleghi alle prese con strani rituali funebri, assurde richieste dei parenti e i tanti segreti dell'industria funeraria". Messa così sembra una lettura unicamente divertente, invece - se è vero che l'autrice è dotata di un bell'umorismo macabro e che anche in questo ambito non mancano le assurdità - "Fumo negli occhi" è un libro serio, non solo racconta come funziona l'impresa funebre americana (che sfocia nella loro tipica esagerazione anche in questo settore), ma descrive i rituali funebri nelle varie epoche e culture, dalle pire di legno degli antichi romani al kotswage (la raccolta delle ossa) praticato ancora oggi in Giappone; confronta le tecniche di imbalsamazione degli antichi egizi con quella usata attualmente dagli americani (l'imbalsamazione è il trattamento più venduto nel settore funerario del Nord America ed è solo business, non ha nulla a che vedere con sacri rituali); parla di tradizioni che per noi sono barbarie, come il cannibalismo funebre del popolo Wari; di come ancora oggi alcuni monaci tibetani, non potendo seppellire i morti a causa della conformità del terreno, seguano un trattamento e una vera e propria ricetta per trasformare la carne in cibo per gli avvoltoi ("un metodo altruistico per disfarsi di un cadavere, perchè la sua carne andrà a nutrire altri animali": non sarebbe male farlo con tutti gli onnivori del mondo, un piccolo risarcimento per tutti gli animali di cui si sono cibati quando erano in vita...).

E se con l'eau de décomposition riesce a strappare un sorriso descrivendo le note olfattive della decomposizione, la Doughty per lo più spinge a serie riflessioni su come la morte sia la grande livellatrice, su come smettiamo di essere qualcuno (una persona) e diventiamo qualcosa (un corpo) appena moriamo, su come siamo tutti dei futuri cadaveri, su come iniziamo a morire dal momento in cui nasciamo o semplicemente
confrontando un bambino vissuto per tre ore e sei minuti con una donna morta a 102 anni.

Però alla fine il tema portante diventa quello dell'accettazione della morte e non mi sono trovata d'accordo con le considerazioni dell'autrice, è una questione non solo strettamente individuale, ma in continuo mutamento anche riguardo a ogni singola persona.

Ma soprattutto mi hanno lasciata a dir poco perplessa i suoi ragionamenti da angelo della morte per la risoluzione del problema della sovrappopolazione, perchè se è sicuramente vero che la scienza non ha allungato la vita, ma ha prolungato al vecchiaia, credo che magari sarebbe meglio puntare su un serio e universale controllo delle nascite anzichè convincere gli anziani di quanto sia bello morire.

Reading Challenge 2021: questo testo risponde alla traccia cascata di febbraio (un libro con una maschera in copertina)

 

venerdì 19 febbraio 2021

"I segreti di Gray Mountain", John Grisham


New York, 25 settembre 2008. Sono passati dieci giorni dal fallimento di Lehman Brothers e i 26.000 dipendenti della società non sono stati gli unici a perdere il posto di lavoro. A New York è diventato normale vedere uomini e donne camminare per strada reggendo scatole con dentro quegli effetti personali che fino a un attimo prima erano sistemati sulle scrivanie dei loro uffici.
Samantha Kofer è una di loro. Ventinove anni, da tre lavorava come associata da Sully & Pershing, il più grande studio legale del mondo.
All'improvviso si ritrova nella minuscola cittadina di Brady, in Virginia, in mezzo alle montagne, a fare la stagista in uno studio tutto al femminile che offre assistenza legale gratuita alle tante famiglie disagiate della zona.
Lei, che fino a quel momento si era occupata solo di diritto commerciale senza mai mettere piede in un'aula di tribunale, dovrà destreggiarsi fra cause testamentarie, spacciatori di metanfetamina, pignoramenti... E un grande nemico: quell'industria del carbone disposta a tutto per tutelare i propri miliardari interessi.

Dopo quasi due anni grazie alla traccia compleanno sono tornata a leggere il mio amato Grisham: un grandissimo Grisham, degno dei suoi primi romanzi!

Una storia che non mi sento di definire
originale, sotto diversi aspetti mi ha ricordato "Il rapporto Pellican" e non solo perchè dopo tantissimi anni l'autore ha riproposto una protagonista donna: anche qui ci sono poteri forti e la caccia a documenti che devono sparire a ogni costo. Una storia altrettanto efficace, magnetica e ancora più ricca di avvenimenti che creano grande aspettativa e una fortissima suspense, la stessa - che ricordo come se fosse ieri talmente era stata intensa - provata durante la lettura del libro del '92.
Curioso, e mi chiedo quanto sia casuale, che il protagonista maschile di allora si chiamasse Gray...

Ma "I segreti di Gray Mountain" è soprattutto un meraviglioso libro ambientalista. Mi ci sono volute quasi tre settimane per leggerlo perchè mi ha portata a cercare in rete tutte le notizie possibili su queste terribili strip mining, miniere di carbone a cielo aperto, con cui l'uomo sta devastando i monti Appalachi, e non solo.

Tutto quello che Grisham scrive non è fiction, ma triste realtà: è vero che negli Appalachi le miniere di carbone si sono letteralmente mangiate più di 600 montagne negli ultimi trent'anni e duemila chilometri di sorgenti negli ultimi venti. E' vero che l'incidenza di tumori nelle zone delle miniere è superiore di venti volte alla media nazionale. E' vero tutto quello che spiega della pneumoconiosi dei minatori, la terribile malattia del polmone nero. E' vero che i minatori senza la tutela dei sindacati sono trattati come "carne da macello". E non ho dubbi che sia vero anche che fra tutte le società carbonifere esistenti solo due o tre lavorino preoccupandosi dell'ambiente e della salute dei dipendenti.

Non sono una grande amante della montagna, ma quando mi capita di pensarci nel mio immaginario vedo luoghi puliti e incontaminati, rovinati qua e là dalla presenza dell'uomo, ma comunque scenari idilliaci rispetto al cemento che mi circonda. Con questa idea in testa fare una ricerca su Google immagini per "
strip mining Appalachia" è stato un puro strazio.

Reading Challenge 2021: questo testo risponde alla traccia compleanno di gennaio (l'autore è nato l'8 febbraio 1955)
 

martedì 16 febbraio 2021

"La casa d'inferno", Richard Matheson


Maine (Stati Uniti), 21 dicembre 1970. Sono esattamente le 11.47 di una giornata fredda e tetra quando quattro persone, due uomini e due donne, entrano nella casa d'inferno. Sono il dottor Lionel Barrett, fisico che da vent'anni si occupa di parapsicologia, accompagnato dalla moglie Edith, più due medium, Florence Tanner e Benjamin Fischer. Sono stati ingaggiati dal ricchissimo signor Deutsch: 87 anni e con i giorni contati, l'uomo è disposto a sborsare centomila dollari al dottore e altrettanti ai due medium affinchè scoprano se esiste una vita dopo la morte. E non c'è posto migliore per farlo se non nella casa di Emeric Belasco, la casa più infestata del mondo.

Questo è un libro che da ragazzina mi avrebbe fatto impazzire: poltergeist, manifestazioni di energia cinetica, possessioni, voci, teleplasma e tutto il repertorio dell'horror a tema casa degli spettri.

Da adulta deve aver risvegliato nel mio subconscio quella sensazione di spavento che un tempo mi piaceva provare (soprattutto davanti allo schermo) perchè una notte ho avuto uno dei peggiori incubi che ricordi risvegliandomi urlante quando una figura simile a quella di "The ring" stava per attaccarmi.

Ma a livello conscio non riesco a considerla una lettura soddisfacente. La sensazione che mi ha lasciato è del tutto simile a quelle provate con "Io sono Helen Driscoll" e con "Io sono leggenda": Matheson ha uno stile semplice che rende facile la lettura, ma tratta generi decisamente lontani dal mio gusto, ancor più dei romanzi d'amore e questo rende l'idea del mio disagio nel leggerlo.

A ciò si aggiunge la datazione: non ho dubbi che per gli amanti dei classici del genere questi possano essere dei piccoli capolavori,
così come sono propensa a pensare che gli horror attuali non siano migliori, anzi (credo che horror sia spesso sinonimo di splatter dove dubito si possa ritrovare tutta la poesia di Matheson in descrizioni come "Capì dai rumori che Edith si stava sentendo male"), ma non subendone il fascino mi resta solo la sensazione di letture vecchie.

Per cui ho deciso di cancellare gli altri due suoi titoli che avevo in wish list ("Tre millimetri al giorno" e "The box e altri racconti") e di non leggere altro di suo.

Ieri sera, come ultimo tributo, ho guardato "Dopo la vita", il film del 1973 tratto da "La casa d'inferno": speravo in un po' di adrenalina horror, invece nulla. Il libro è migliore del film.
 
Reading Challenge 2021: questo testo risponde alla traccia compleanno di febbraio (l'autore è nato il 20 febbraio 1926)



domenica 14 febbraio 2021

"Debiti d'amore", Maria Masella



Borgo di Pegli, Genovesato, Regno di Sardegna, gennaio 1859. Sono giorni di grande tensione in tutto il Regno, a Genova in particolare: un'altra guerra è alle porte e la città si troverà a dover combattere a fianco dello stesso esercito da cui soltanto dieci anni prima aveva subito quel Sacco che i genovesi non riusciranno a digerire nemmeno nei successivi 172.
A Pegli, che dista dalla città un'ora e mezzo di viaggio in calesse, la vita scorre tranquilla, ma quella di Francesca Martelli, nubile ventiseienne dal dubbio passato, viene fatta a pezzi quando Daniele Tommasi le presenta un documento firmato dal fratello minore di lei: Federico e Daniele hanno giocato a carte e Federico ha perso, cedendo a Daniele la tenuta di Pegli, unica proprietà e mezzo di sostentamento dei fratelli Martelli.
Ma il debito d'onore non sarà l'unico modo in cui Daniele stravolgerà il futuro di Francesca...

Raramente faccio letture "di livello", ma di Harmony o simili non ne avevo mai letti. Questo appartiene alla collana "I romanzi Classic" edita da Mondadori e credo si differenzi dagli Harmony veri e propri solo perchè più carente di scene di sesso. Peccato, ci fossero state almeno quelle...

Non voglio incentrare il discorso sul chiedermi se valga la pena scrivere, pubblicare e leggere questi libri: hanno la loro fetta di mercato e tanto basta. Di sicuro, però, non rappresentano un genere che amo, come tutti i libri romantici, del resto.

Questo è entrato nella mia libreria per un unico motivo: l'essere ambientato a Pegli, il quartiere in cui vivo.

Pubblicato nel gennaio 2020, è il primo volume di una trilogia di cui il mese scorso è uscito il secondo, "Eredità d'amore". Appurato che l'autrice è nata a febbraio, avevo pensato di leggerli entrambi sfruttando la traccia compleanno della Challenge, invece mi ritengo soddisfatta di essere riuscita a finire "Debiti d'amore" e qui mi fermo.

L'ambientazione pegliese, ciò che mi aveva spinta a uscire così tanto dalla mia comfort zone, è stata forse l'aspetto più deludente: vengono citate la spiaggia e Villa Banfi, più pochi altri dettagli utili solo a capire dove si colloca l'immaginaria tenuta Martelli:


Mi aspettavo qualcosa di più vivo e descrittivo, scene di vita quotidiana di quella Pegli che all'epoca era un borgo e che in seguito, come la Masella scrive nelle note, sarebbe diventata la prima località turistica ligure di fama internazionale.

Va un po' meglio nelle parti in cui i protagonisti si aggirano nel centro storico di Genova, ma in definitiva mi ha toccato solo il riferimento a Klainguti, storica pasticceria dal 1828, che ha tristemente chiuso lo scorso novembre.

Anche i fatti storici in cui Genova ebbe un ruolo di primissimo piano e a cui ho voluto dare risalto nel descrivere il libro, nello stesso non vengono approfonditi (e ci stà), ma solo usati marginalmente nella trama che è noiosa e che ha non pochi spunti inverosimili, personaggi banali, dialoghi e concetti vuoti e ripetitivi.

Mi ero approcciata ai primi capitoli con un certo divertimento dovuto al ricordo di come Stefania Bertola prende in giro questi librini nel suo spassoso "Romanzo rosa", ma in breve passaggi come...

(frase di chiusura di un capitolo):
"Doveva dimenticare Daniele Tommasi. Anzi, l'aveva già fatto"
(frase di apertura del capitolo successivo):
"Una settimana era trascorsa dal breve viaggio a Genova, ma Francesca non era riuscita a dimenticare Daniele"

...hanno ucciso tutta la mia buona volontà al punto che - se prima di iniziare la lettura mi ero proposta di leggere almeno uno dei moltissimi gialli scritti da Maria Masella per i Fratelli Frilli - ho poi cambiato idea in fretta perchè superati i 50 anni anche i libri da leggere vanno scelti con la consapevolezza dell'aspettativa di vita rimanente.

Reading Challenge 2021: questo testo risponde alla traccia compleanno di febbraio (l'autrice è nata il 10 febbraio 1948)



venerdì 5 febbraio 2021

"Volevamo andare lontano", Daniel Speck

Milano, 5 aprile 2014. Julia ha 36 anni ed è finalmente riuscita a coronare il suo sogno: il mondo della moda ha riconosciuto il suo talento di stilista e per lei e il suo piccolo marchio di abbigliamento tutto sta per cambiare. Ma sarà, invece, un uomo a stravolgere la sua vita: Vincent, che l'ha seguita in Italia proprio per poterle parlare. Per Julia un estraneo, un anziano signore con cui non ha mai avuto a che fare, ma che dice di essere suo nonno, di essere il padre di suo padre Vincenzo, quel padre che Julia ha visto solo una volta nella vita, quando aveva 8 anni, un padre italiano, mentre Vincent è tedesco, come lei... E le sta anche dicendo che Vincenzo non è morto come le aveva detto sua madre, ma che è vivo e abita in Italia. Julia d'istinto vorrebbe credere a sua madre, non all'estraneo che ha davanti, ma lui ha una foto scattata sessant'anni prima che ritrae una giovane donna che assomiglia troppo a Julia per non essere una parente.

Ormai ho preso l'abitudine di scrivere quando e perchè un titolo è entrato nella mia wish list, ma di questo proprio non lo ricordo, come non ricordavo nulla della trama quando a fine gennaio l'ho iniziato (come scrivo ogni volta in cui serve spiegarlo, non rileggo le sinossi prima di iniziare un libro perchè mi è capitato di trovarci odiosi spoiler). Ricordavo che riguardava la Germania e l'Italia ed ero convinta che fosse ambientato durante la seconda guerra mondiale, invece no.

Il libro è diviso in tre parti e 77 capitoli, per un totale di 543 pagine che abbracciano sessant'anni anni e tre generazioni. Inizia nel 2014 e, con incessanti flashback (gestiti abbastanza bene) torna indietro fino al 1954, quindi alla guerra si accenna solo di sfuggita.

Una saga familiare in piena regola, una lettura piacevole, ma non memorabile, che senza dubbio ai miei occhi viene penalizzata dal confronto che non posso impedirmi di fare con la tetralogia de "L'amica geniale".

Una partita che la Ferrante vince a mani basse: Speck non è altrettanto bravo a gestire i salti temporali, non riesce ad essere profondo come lei, filosofeggia, ricorre a metafore banali ("La vita è un circo e noi siamo gli artisti che camminano sulla fune. Senza rete"), ma soprattutto non sa rendere parte integrante della storia i personaggi e gli eventi storici reali a cui spesso fa riferimento. Con lui sono solo marginali, li usa per scandire il tempo che passa e - anche quando un fatto realmente accaduto diventa determinante nella vita di un suo personaggio -  non riesce ad andare in profondità, a dare una visione incisiva dei fatti. I contesti sono importanti, soprattutto quando toccano politica e tematiche sociali, ma Speck li gestisce in maniera troppo superficiale.

Nel suo libro l'emigrazione degli italiani dal sud al nord (sia verso il nostro settentrione che in Germania) ha un ruolo fondamentale e - se a tratti presenta interessanti accuse contro il divario sociale ("Giovanni non potè fare a meno di chiedersi perchè in questa società le cose migliori fossero sempre destinate a pochi, e non era sempre detto che quei pochi fossero anche i migliori") - il più delle volte cade negli stereotipi, sull'Italia e sugli italiani, presentando milanesi e siciliani con una disparità che solo l'Umberto Bossi dei tempi "La Lega Nord ce l'ha duro" e i fenomeni come lui potrebbero condividere, ma ponendo sempre i tedeschi uber alles:

"Ancora una volta, Giovanni era sbalordito da quel popolo, che si era risollevato dalla devastazione della guerra armato solo di disciplina e abilità tecniche, giungendo a un livello quasi inimmaginabile"

Caro Speck, "solo" neanche per sogno, ti sei dimenticato di tutto quello che ONU, USA ecc, hanno fatto nel dopoguerra per risollevare la tua Germania. Senza di loro non vi sarebbero bastate tutta la disciplina e l'abilità dell'universo per togliervi le pezze dal culo, diciamolo, eh...

Avrei gradito una maggiore onestà intellettuale, ma - come dicevo - il libro è carino, piacevole, voglio senz'altro recuperare la miniserie omonima disponibile su Rai Play e forse anche leggere l'altro romanzo dell'autore tradotto in italiano ("Piccola Sicilia"), ma resta il fatto che se è Elena Ferrante a evidenziare aspetti negativi della sua Napoli me ne dispiaccio, ma lo accetto, mentre la mia tolleranza si riduce quando un autore tedesco fa subire uno scippo alla sua protagonista appena esce da Napoli Centrale.

E mi offendo letteralmente di fronte ad affermazioni come:

"In assenza degli interessati, anche gli italiani sapevano essere diretti"

Tutto sommato non so quanto mi convenga leggere anche l'altro suo romanzo.

Reading Challenge 2021: questo testo risponde alla prima traccia annuale, "dieci libri a scelta da leggere entro la fine dell'anno"