domenica 26 febbraio 2023

"A occhi chiusi", Paula Hawkins

 

Fife Coast (Scozia), luglio 2022. Sono trascorsi due anni dal trasferimento, ma Edie continua a rimpiangere Londra. Quando Jake l'aveva convinta ad andare a vivere nella casa che aveva appena ereditato dal padre le aveva detto che si trovava a Edimburgo, mentre in realtà la città è a più di un'ora di distanza e la casa è completamente isolata, a picco su una scogliera che prima o poi finirà per inghiottirla! Ed è anche brutta, una costruzione bassa e tetra risalente agli anni Settanta, ben diversa dal grazioso cottage che ci si potrebbe immaginare pensando a quel tratto di costa!
Ed è in quella casa che Jake viene ucciso. A ritrovare il cadavere è Ryan, il suo più grande amico fin dall'infanzia. Edie li aveva conosciuti nel Sussex quando avevano undici anni e da quel momento il duo formato da Jake e Ryan si era trasformato in un trio indivisibile. Insieme erano diventati grandi, Edie e Jake si erano sposati e quando si erano trasferiti in Scozia Ryan li aveva seguiti. Quindi non è proprio possibile che sia stato lui a spaccare la testa a Jake uccidendolo. Oppure sì?

Se fossi in grado di capire l'inglese adesso mi metterei a navigare cercando una spiegazione del perché Paula Hawkins non abbia sviluppato la trama fino a sfornare un thriller da trecento pagine o giù di lì, preferendogli questa versione racconto lungo (o romanzo breve che dir si voglia) che ne ha appena 126.

Valérie Perrin attorno a un analogo trio di amici ne ha scritto ben 624...

Non arrivo a parlare di idea sprecata perché, seppur condensata, la storia è bella, ben costruita e ben raccontata. Mi ha pienamente convinta, come era successo con i tre precedenti romanzi dell'autrice.
Ma proprio per questo mi è dispiaciuto iniziare la lettura ieri sera e finirla già stamattina, avrei letto volentieri molte più pagine.

Così come avrei speso volentieri meno soldi! La versione cartacea del libro - scritto lo scorso anno e uscito in Italia questo mese - costa 14.90€, quindi qualche euro in meno rispetto alle novità con copertina rigida. Un'attenzione che l'editore non ha avuto per i lettori digitali: Piemme si fa pagare l'ebook ben 9.90€, una cifra che considero eccessiva in generale perché non tiene conto dei minori costi di produzione e di distribuzione, ma che a fronte della brevità del testo rappresenta una totale mancanza di riguardo nei confronti degli acquirenti.

Per curiosità ho cercato il libro su Amazon UK: la versione cartacea di "Blind Spot" costa appena 1 euro e il digitale 0.99!!

Complimenti all'editoria italiana!

Reading Challenge 2023, traccia di febbraio: libri scritti in terza persona

sabato 25 febbraio 2023

"Madame Claudel è in un mare di guai", Aurélie Valognes

 

Ferdinand Brun ha 83 anni e da tre vive nell'appartamento 1A all'8 di Rue Bonaparte in una "cittadina tranquilla" di una zona non precisata della Francia. E lui in quella casa ci vivrebbe benissimo insieme alla sua amata Deasy, una femmina di alano di sette anni, se solo non esistessero i vicini di casa e l'odiosa portinaia.
Ferdinand non è mai stato una persona di compagnia e il suo brutto carattere è peggiorato quando la moglie lo ha lasciato per il postino, per giunta italiano! E Marion, la figlia, si è trasferita per lavoro addirittura a Singapore, portandosi dietro il suo unico nipote!
Ma la solitudine dell'uomo diventa assoluta quando Deasy muore investita da un camion. Disperato cerca di emularla buttandosi sotto a un autobus, ma alla sua età è complicato agire in fretta e tutto ciò che ottiene è una botta alla mandibola, un ricovero in ospedale e la minaccia della figlia di chiuderlo in una casa di riposo.
L'aiuto, non richiesto e insperato, gli arriverà da due inquiline della palazzina: la piccola Juliette, una bambina di dieci anni, e da Madame Claudel, che ne ha qualcuno in più: 92.

Era da tanto che non lo scrivevo: ecco un libro che di bello ha solo la copertina!

Aurélie Valognes, francese classe 1983, lo ha scritto e autopubblicato nel 2014, quando per lavoro viveva a Milano. La spinta dei book blogger francesi e il passaparola ne hanno decretato il successo, tanto che due anni più tardi era già stato pubblicato in quindici Paesi.
Da quel momento l'autrice ha scritto un romanzo all'anno, ma soltanto altri due sono stati già tradotti in italiano. Li avevo in wish list con questo, ma li ho appena eliminati.
Leggendo le trame ho notato molte similitudini con questo, storie di buoni sentimenti con alla base il confronto fra persone di generazioni molto distanti fra loro, dove l'altruismo e la bontà trionfano su sentimenti e stati d'animo negativi in un tripudio di serenità e pace per tutti.

Favolette.

Non il mio genere, anche se a volte capita che qualcuna mi conquisti, ma devono essere storie intelligenti, interessanti, per quanto possibile credibili, con una costruzione sensata, mentre questa è proprio bruttina, un'accozzaglia di spunti buttati lì, spesso subito abbandonati e/o mal collegati.

Già il titolo è fuorviante e questa volta non per colpa della traduzione italiana che è sì diversa dal titolo originale ("Mémé dans les orties"), ma che ne ha conservato il (non) senso perché Madame Claudel non è la protagonista e non si trova mai in un mare di guai (o in mezzo alle ortiche).

Il protagonista assoluto è lui, il burbero Ferdinand, che sembra essere nato dalla penna di un genovese, non di una francese!

"Le persone sono incredibili, prendono anche il minimo sorriso per un invito a chiacchierare"

"Il campanello è una doppia fregatura: pago la corrente per farmi disturbare"

Adorabile ^^

Chiaramente, vista l'impronta del romanzo, la sua scontrosità è frutto delle amarezze della vita e ben vengano i libri che portano a riflettere sulla solitudine degli anziani, ma ce ne sono tanti migliori di questo.

Reading Challenge 2023, traccia di febbraio: libri con i capitoli titolati

venerdì 24 febbraio 2023

"Venivamo tutte per mare", Julie Otsuka

 

Oceano Pacifico, anni Venti. Un gruppo di giovani donne giapponesi sta navigando verso l'ignoto. La povertà e la speranza di un futuro migliori hanno spinto le loro famiglie a farle sposare per procura con connazionali che hanno conosciuto soltanto attraverso una fotografia e qualche dolce lettera. Uomini che da tempo hanno lasciato il loro Paese stabilendosi sulla costa Occidentale degli Stati Uniti. Sono commercianti di sete pregiate, banchieri, dirigenti.
Le ragazze hanno paura, ma sono convinte che sia stato meglio sposare uno sconosciuto anziché un contadino del villaggio, almeno non si spaccheranno la schiena sui campi.

"Questa è l'America, ci saremmo dette, non c'è nulla di cui preoccuparsi. E ci saremmo sbagliate."

Ho scoperto Julie Otsuka due anni fa quando, leggendo "L'amante giapponese", avevo cercato approfondimenti sulle restrizioni, le confische, i trasferimenti forzati e l'isolamento patiti dai giapponesi residenti negli Stati Uniti dopo l'attacco di Pearl Harbor. Nata in California nel 1962, ma di origini giapponesi, è principalmente una pittrice, ma ha anche scritto tre romanzi brevi: questo, del 2011, è il secondo, preceduto da "Quando l'imperatore era un dio" (del 2002). Cerco sempre di seguire l'ordine cronologico, ma questa volta ho scelto di invertire i due titoli per una questione di storicità: il primo libro parla dei discendenti delle famiglie combinate protagoniste del secondo. "Venivamo tutte per mare", (titolo originale "The Buddha in the Attic") è un volumetto molto particolare a partire dall'uso della prima persona plurale. Dopo aver seguito queste donne durante la traversata oceanica, le vediamo sbarcare a San Francisco dove scoprono che le fotografie che avevano ricevuto non corrispondevano agli uomini a cui erano state sposate. Nessuno era giovane e piacevole come in foto, ma soprattutto nessuno era riuscito a fare fortuna in America. Erano andate via dal Giappone per evitare di passare la vita piegate nelle risaie come le loro madri, ma davanti a loro avevano comunque un'esistenza da passare ad ammazzarsi nei campi, cambiava solo il tipo di raccolto.
Erano state importate dal Giappone come manodopera gratuita.

Capitolo dopo capitolo passano gli anni. Ci viene raccontata la prima notte di nozze, i primi contatti con i bianchi americani, le gravidanze e la crescita dei bambini fino allo scoppio della guerra quando i giapponesi divennero i nemici.
E se i soldati americani combattevano quelli nipponici in mare e nei cieli, gli americani civili avevano dei giapponesi, civili come loro, a portata di mano - quelli che lavoravano come domestici nelle loro case, che raccoglievano la loro frutta nei loro campi, che si occupavano dei loro bambini e dei loro anziani e che facevano tutte quelle cose che loro non volevano fare - con cui prendersela e di cui avere paura.
Meglio allora privarli di tutto, cacciarli dalle coste e isolarli in quei campi di concentramento dove finisce anche la famiglia Fakuda di Isabel Allende.

La Otsuka è molto brava, non sembra una che ha scritto solo poco più di quattrocento pagine nell'arco di vent'anni e, almeno in questo libro, ha uno stile molto particolare, difficile da descrivere, ricorre spesso a elenchi di situazioni e di stati d'animo per raccontare il vissuto di queste donne, prima come figlie, poi come mogli, dopo come madri, quindi come giapponesi e straniere, infine come nemiche del popolo americano.

Un metodo non così scontato da apprezzare, almeno a giudicare dalle recensioni negative (poche) lette su Amazon. In particolare mi stupisce l'uso dell'aggettivo noioso, il cui contrario è divertente: mi domando cosa si aspettassero queste persone comprando un libro che parla di un argomento del genere.

Quegli elenchi sono intelligenti, ogni parola - nessuna banale - serve a dare una misura di quello che queste donne hanno subito e patito. La Osuka non voleva far divertire il lettore, anche volendo non avrebbe potuto. Sono storie vere ispirate alle biografie di chi veramente ha lasciato il Giappone e si è stabilito in America all'inizio del secolo scorso.

Ognuno ha la propria sensibilità, ma umanamente sarebbe più dignitoso annoiarsi solo quando si legge un'opera di fantasia.

Reading Challenge 2023, traccia di febbraio: libri con i capitoli titolati



giovedì 23 febbraio 2023

"Non lasciarmi sola", Nancy Tucker

 

"Oggi ho ucciso un bambino. Gli ho tenuto le mani intorno alla gola, ho sentito il suo sangue pomparmi forte contro i pollici. Lui si è dimenato e ha scalciato e un ginocchio mi ha preso in pancia, una fitta atroce. Ho ringhiato. Ho stretto. Il sudore rendeva la pelle scivolosa, ma non ho mollato, ho stretto e stretto fino a farmi sbiancare le unghie. È stato più facile del previsto."

Questo è l'incipit del libro, uno dei migliori thriller che abbia mai letto.

Nancy Tucker è inglese ed è giovane, ha meno di trent'anni, e "Non lasciarmi sola" (titolo originale "The First Day of Spring", pubblicato nel 2021) è la sua prima opera di narrativa, preceduta da due saggi non tradotti in italiano.

Che la storia sia ambientata in Inghilterra lo si dà per scontato per via della nazionalità dell'autrice. In realtà nessun posto viene citato, come non vi sono riferimenti a date specifiche, sappiamo solo che è appena iniziata la primavera.

Il libro alterna i capitoli del passato, che hanno Chrissie come voce narrante, a quelli del presente, dove è Julia a raccontare.
Fra le due epoche c'è un intervallo di poco più di quindici anni.
Julia ne ha 25, Chrissie soltanto otto ed è lei che si presenta a chi legge come infanticida.

E' un thriller psicologico che non fa leva sui soliti tasti per avvincere il lettore. La polizia ha un ruolo decisamente marginale, le indagini non sono mai protagoniste. Sappiamo cosa succede solo attraverso gli occhi della piccola assassina che, pagina dopo pagina, impariamo a conoscere, disprezzandola, finché qualcosa cambia.

E poi c'è la storia di Julia, giovane madre insicura al punto da sentirsi sempre inadeguata nei confronti della figlia Molly. Julia è maldestra, paranoica e vive nel terrore che i servizi sociali le portino via la sua bambina.

Un thriller particolare, ben scritto, ben costruito e che riesce in qualcosa che di norma è appannaggio dei libri di un genere diverso da questo: fa riflettere.
Ad esempio su quanto male possa fare la miseria.

Reading Challenge 2023, tracce annuale di gennaio: libri a scelta, la somma della pagine deve dare 2023 (questo ne ha 346)

martedì 21 febbraio 2023

"Il matrimonio di mia sorella", Cinzia Pennati

 

Genova, inizio maggio 2015. Oggi Celeste si sposa e sua sorella Agnese non le ha ancora portato l'album dei matrimoni! E' un album particolare che nella loro famiglia passa di sposa in sposa: per ogni matrimonio celebrato c'è una sola fotografia che ritrae la sposa di turno circondata da sorelle, madri, nonne, zie e cugine. E l'ultima sposina deve conservarlo per poi darlo alla sposa successiva. Quindi oggi Agnese dovrà consegnarlo a Celeste che in pompa magna sposerà Roberto, un matrimonio ben diverso dalla semplice cerimonia civile che anni prima ha unito Agnese a Luca.
Un matrimonio che oggi vacilla. Ma se a vacillare fosse anche quello di Celeste, ancor prima di venire celebrato?

Scritto nel 2018 e pubblicato nell'ottobre 2020, questo romanzo era entrato subito nella mia wish list perché ambientato a Genova. Cinzia Pennati, autrice di altri due libri per bambini, qui a Genova ci vive, se poi sia anche genovese (che non è la stessa cosa) non l'ho trovato scritto da nessuna parte. Di sicuro la storia che racconta potrebbe svolgersi ovunque, Genova è solo una comparsa, con qualche scorcio di mare e poche localizzazioni (neppure troppo felici, come la sopraelevata). Niente a che vedere con Bistolfi e Malavasi.

E' un romanzo al femminile reso particolare dallo svolgersi tutto in un unico giorno. Fra flash back e vari ricordi si torna indietro anche di parecchi decenni, ma il presente inizia quando Agnese, la voce narrante, si sveglia il mattino del matrimonio della sorella minore e finisce la sera dello stesso giorno. Forse la Pennati fa succedere un po' troppe cose durante la mattinata e il primo pomeriggio (per poi mettere il turbo), ma non tutti sono tignosi come me (mentre dalle recensioni su Amazon vedo che non sono l'unica ad aver notato uno smaccato errore anagrafico: manca una generazione fra Pedro e suo zio Ramon).

Del tutto inverosimile è che un tassista offra il trasporto dall'aeroporto Cristoforo Colombo alla Ruta di Camogli, ma questa forse voleva essere la nota ironica del libro ^^

Al di là della delusione personale per il poco spazio che viene dato alla mia città, il libro in sé può considerarsi carino, niente di eccezionale, ma comunque scorrevole.
Sicuramente, almeno nelle intenzioni, una lettura meno leggera di quello che si possa pensare leggendo titolo e trama: tocca tematiche di una certa importanza (le stesse che ho ritrovato scorrendo velocemente il blog della Pennati, Sosdonne.com, dove si firma come Penny) legate al ruolo multitasking che opprime moltissime donne che si ritrovano a essere contemporaneamente mogli, madri, figlie, casalinghe e lavoratrici senza ricevere granché sostegno né in ambito familiare né da parte della società.

Però esagera. E' m
artellante nel sottolineare anche più volte per capitolo quanto sia sfiancante la vita di una donna quando ha dei figli piccoli, cosa che non ho avuto modo di sperimentare, ma non per scelta e questo probabilmente spiega perché mi abbia infastidito il vittimismo esasperante della protagonista che, essendo anche la voce narrante, viene caricata da una moltitudine di frasi motivazionali terrificanti, come quelle che danno il titolo ai vari capitoli: metti un piede dopo l'altro, cerca la donna che vuoi essere, ogni tanto metti un punto, sei tu l'unica costante della tua vita, la felicità si nasconde nei posti più improbabili, non è mai troppo tardi e altre boiate simili che hanno avuto l'unico pregio di rendere il libro adatto alla traccia di febbraio a cui l'ho abbinato (libri con i capitoli titolati).

Reading Challenge 2023, tracce di febbraio: un libro di un autore mai letto e con i capitoli titolati


sabato 18 febbraio 2023

"Hotel Portofino", J. P. O'Connell

 

Portofino (Genova), estate 1926. Bella Ainsworth a 48 anni è riuscita a realizzare il suo sogno: ha comprato una villa affacciata sul golfo di Portofino e l'ha trasformata in un lussuoso hotel per aristocratici (come lei), preferibilmente inglesi (di nuovo, come lei). La stagione è appena iniziata e i problemi non mancano: non è semplice gestire una struttura rivolta a una clientela decisamente esigente e capricciosa e poi bisogna far quadrare i conti, occuparsi del personale e, come se non bastasse, subire le angherie e i ricatti di Danioni, il consigliere comunale degno esponente della neonata dittatura fascista.
A questo si aggiungono le preoccupazioni familiari e personali: un marito opportunista e maneggione, una figlia che a soli 26 anni è già vedova a causa di quella guerra che, invece, nel figlio ha lasciato ferite fisiche e psicologiche non ancora del tutto superate nonostante gli otto anni trascorsi dalla fine del conflitto.
Ma come padrona dell'Hotel Portofino non ha alternative: deve mettere a tacere le angosce e indossare il suo miglior sorriso, perché i suoi ospiti pagano anche per questo.

Amo la mia Liguria, ma non ho mai subito il fascino di Portofino: ci sono stata solo due volte quando ero ragazza e non ho nessun desiderio di tornarci. Per quanto sia un posto oggettivamente bellissimo, ha il difetto di essere preso di mira da ricchi e riccastri, da vip di ogni risma e da chi non ha tutti i soldi che vorrebbe avere e che finge di averne di più, oltre a invidiare e ammirare quelli che ostentano patrimoni che più sono grandi e meno sono meritati.

Però Portofino resta una delle perle della mia regione, per cui quando sulla guida di Sky mi è comparsa la serie "Hotel Portofino" ho programmato la registrazione. Questo succedeva quasi un anno fa. Subito dopo avevo scoperto l'esistenza del libro, che non avrei mai letto se prima avessi guardato la serie TV. E adesso che il libro l'ho letto mi è definitivamente passato ogni stimolo a vederla.

Mi dispiace soltanto perché l'attrice che impersona Bella, Natascha McElhone, la ricordo volentieri da "Californication" e da "The Truman Show", ma la simpatia per lei non basta a farmi sciroppare una serie che Barbara Ellen di The Observer ha definito "così ridicola che potresti apprezzarla", affibbiandole un impietoso due stelline su cinque.

Io nei confronti del libro (che è stato tratto dalla serie TV, non il contrario) non mi sento di essere altrettanto generosa perché è sì molto lontano sotto a ogni aspetto da ciò che normalmente apprezzo (come genere, tematiche, ambientazione, eccetera), ma bisogna davvero essere di poche pretese per non trovarlo scialbo e insulso, pieno di luoghi comuni, povero di emozioni e così presuntuoso nel rapporto inglesi vs italiani da essere offensivo e razzista.

"Ci sono alcune cose per cui è meglio non fidarsi degli italiani."

"La messa rappresentava una occasione d’oro per osservare gli italiani nel loro habitat naturale.”

"Maledetti italiani. Sempre in cerca di soldi o potere."

"Sono certa che arriverà. Anche se la posta qui non è tanto affidabile. Per usare un eufemismo."

"Viscido italiano"

"Solo perché non sto strillando o gesticolando come amano tanto fare gli italiani non significa che non sia arrabbiato."

Ma quanto sono simpatici gli inglesi...

Reading Challenge 2023, tracce di febbraio: un libro scritto in terza persona e da un autore che non hai mai letto



giovedì 16 febbraio 2023

"Le streghe di Salem", Bruno Sebastiani

 

"Forse la barbarie è latente nell’uomo, è qualcosa che ci portiamo annidato nel profondo, anche quando ci reputiamo progrediti e civilizzati, anche quando ci sentiamo ispirati dalle verità universali suggerite dalla religione, qualsiasi religione."
Se a distanza di più di trecento anni sentendo citare Salem ognuno di noi pensa alle streghe è per colpa di quanto avvenne nel 1692: una caccia spietata che portò all'incriminazione di 144 persone (106 donne e 38 uomini) e all'impiccagione di 19 di loro (14 donne e 5 uomini), a cui va aggiunta la morte di un uomo che venne calato in una fossa e coperto progressivamente di un numero sempre maggiore di pietre, il cosiddetto "schiacciamento" previsto dalla legge contro gli imputati che rifiutavano di dichiararsi colpevoli o innocenti all'apertura del processo. Bruno Sebastiani, romano di Albano Laziale, classe 1947, è un autore atipico: macchinista in pensione delle Ferrovie dello Stato, ha all'attivo molti titoli che si dividono in maniera abbastanza equa fra fiction e approfondimenti storici. In questo saggio del 2018 ripercorre con precisione i fatti, fornendo dettagli geografici e una buona ricostruzione del contesto storico, per arrivare a spiegare cos'era il puritanesimo e come vivevano quegli inglesi arrivati in massa sulla costa orientale degli attuali Stati Uniti "portando via le terre ai nativi nel nome del loro dio". E dopo le guerre per cacciare i nativi, dopo l'invasione delle locuste, dopo un periodo di grande siccità, dopo il colossale incendio del 1691, nell'autunno di quello stesso anno arrivarono le streghe. Sebastiani ci fa entrare in casa del pastore Samuel Parris dove l'uomo viveva con la moglie Eldridge, la figlia Elizabeth di 9 anni, la nipote Abigail Williams di 11 e con Tituba, la donna di colore da lui acquistata al mercato degli schiavi di Barbados.
Questo non è il miglior testo che ho letto sull'argomento: l'autore ricorre spesso a una pungente ironia senza però riuscire a eguagliare maestri come Alan Zamboni (Curiuss) e Alessandro Barbero, si dilunga troppo nella parte che va da quando figlia e nipote del pastore, subito imitate dalle amiche, iniziano a simulare comportamenti innaturali all'inizio dei processi per arrivare poi a chiudere con un po' troppa rapidità.

Ha però il grande pregio di puntare il dito sulla cattiveria umana: perché la caccia alle streghe di Salem, come i fatti analoghi avvenuti in molte parti d'Europa, è stata senz'altro frutto dell'ignoranza dei tempi e del fanatismo religioso, ma non solo.

"Si potrebbe pensare che l’uomo bianco, che si dice tanto rispettoso dei vari comandamenti emanati da colui che venera chiamandolo Signore, trovi poi sempre una qualche scusante per disattendervi, se ciò va a suo vantaggio."

Reading Challenge 2023, traccia di febbraio: libri di autori mai letti

domenica 12 febbraio 2023

"Dura Lex", Danila Comastri Montanari

 

Roma, 47 d.C. "Patrizio per nascita, senatore per scelta, detective per passione": questa è l'essenza di Publio Aurelio Stazio e non è certo un periodo tranquillo per lui. Se solo credesse all'esistenza degli dei, penserebbe a un loro accanimento nei suoi confronti perché contemporaneamente si ritrova a subire l'attacco di Lentulo che vuole cacciarlo dal Senato per le sue troppe assenze ingiustificate, a dover contrattare contro gli schiavi a servizio nella sua domus che, per un motivo che ancora gli sfugge, hanno improvvisamente incrociato le braccia, sordi alla minaccia di essere venduti in blocco, e a dover difendere una liberta accusata di infanticidio. In un'epoca in cui la mortalità infantile, soprattutto nel primo mese di vita, è un qualcosa di tristemente normale, il Senatore pensa di vedere un collegamento nella morte di tre piccini e se le indagini possono riportarlo fra le braccia di una vecchia fiamma non sarebbe un peccato non approfittarne? Quindicesimo episodio della saga e mi sono stupita da sola constatando che sono passati quasi quattro anni da quando avevo letto "Nemesis", il titolo precedente a questo.

Questa volta lo sviluppo della vicenda porta Publio Aurelio a discutere una causa nei panni di avvocato, particolare che rende il romanzo una sorta di legal thriller storico.
Ed è la storia la vera protagonista. Come sempre la Comastri Montanari è molto attenta a quella che era la realtà della Roma Imperiale, fornisce approfondimenti sulle leggi dell'epoca - dalla Lex Cornelia (che prevedeva la pena di morte per chi veniva accusato di stregoneria) alla Lex Iulia de adulteriis (legge contro l'adulterio che prevedeva l'esilio su un'isola) alla Voconia de mulierum hereditatibus (che proibiva alle donne di ereditare grossi patrimoni) - e regala dettagli curiosi, come il funzionamento degli orologi ad acqua.
"Dura Lex" è stato scritto nel 2009 e l'autrice bolognese è stata in grado di trattare tematiche tristemente ancora attuali ai giorni nostri: se, per fortuna, l'alto tasso di mortalità infantile è una piaga superata (quanto meno per noi che abbiamo la fortuna di vivere in una certa parte di mondo), dobbiamo però ancora fare i conti con la diseguaglianza di genere, con la violenza sulle donne e con chi si oppone allo Ius Soli. Siamo senza speranza.

Reading Challenge 2023, traccia di febbraio: libri scritti in terza persona



giovedì 9 febbraio 2023

"Mrs March. La moglie dello scrittore", Virginia Feito

 

New York, anni '60. I March vivono in un lussuoso appartamento nell'Upper East Side. Lui è uno scrittore di successo e lei è... la moglie. Un ruolo a cui si dedica totalmente, anche a costo di privare il figlio Johnathan di ogni attenzione. Soddisfatta e compiaciuta, vacilla quando la commessa della sua pasticceria di fiducia dà per scontato che il marito si sia ispirato a lei per il personaggio di Johanna, la protagonista del suo ultimo romanzo. Un dubbio sconvolgente per Mrs March perché, nonostante non lo abbia letto, sa che il libro racconta la storia di una prostituta grassa e patetica. E siccome "nulla è più spaventoso del giudizio degli altri", le paranoie di Mrs March prendono il sopravvento fino all'auto convincimento che George, il marito, sia responsabile dell'omicidio di Sylvia Gibbler, una ragazza scomparsa alcune settimane prima proprio nella cittadina del Maine dove lui va abitualmente a caccia con il suo editor.

Opera prima di Virginia Feito, madrilena classe 1988. Un esordio con il botto pubblicato in patria nel 2021 e tradotto in italiano lo scorso settembre.
Una storia piuttosto originale che approderà anche sul grande schermo, scritta così bene e con un'atmosfera così particolare da portarmi a dare ragione alla recensione del New York Times che era arrivato a paragonare il libro ai romanzi di Patricia Highsmith, una delle scrittrici che ho più amato e di cui ho letto tutto.

Mrs March è una donna attenta solo alle apparenze e al giudizio altrui, maligna e curiosa nei confronti delle altre donne e delle altre coppie. Ossessionata sotto diversi aspetti e con paturnie assurde, ha come unico pregio quello di disprezzare la caccia:

"Non so perché ti piaccia passare tanto tempo con qualcuno che si diverte a uccidere.
È uno sport crudele."
Chiede al marito, sentendosi dare una delle giustificazioni più ottuse che abbia mai sentito in merito:
"Sei gentile a preoccuparti degli animali, tesoro, ma non dubitare nemmeno per un secondo che loro non farebbero lo stesso con noi. Se non peggio."
Peccato che Mrs March sia una squilibrata totale, ma è talmente carica di quell'altezzosità borghese e di quel perbenismo che tanto detesto da non avermi ispirato compassione neppure quando dal suo passato sono emerse le carenze affettive patite durante l'infanzia. Ricordi che - grazie alla mia solita ignoranza in campo artistico - mi hanno fatto scoprire l'esistenza di un ritratto di Vermeer conservato al Metropolitan Museum meno famoso de "La ragazza col turbante" (o con l'orecchino di perla...): "Studio di fanciulla", che Mrs March bambina vede somigliante a sé stessa (non si fa certo un complimento!!) facendo della fanciulla la sua amica immaginaria, Kiki.

Certo non deve essere piacevole ritrovarsi nell'ingresso della propria casa con cappotto e cappello senza ricordare se si era in procinto di uscire oppure se si è appena tornati, ma resta uno dei personaggi più snob e irritanti in cui mi sia imbattuta ("Persino nelle sue fantasie Mrs March si sentiva in dovere di salvare le apparenze"). E' però anche un personaggio magnifico nella sua costruzione, una protagonista assoluta per un bel libro con un finale magistrale che porta a dimenticare la lentezza che a tratti accompagna la lettura (ma del resto anche questo calza col glorioso paragone con la Highsmith).

Faccio solo un appunto alla Feito, quello di aver reso carnivoro un cervo facendogli mangiare addirittura un coniglio, quando questi splendidi animali sono assolutamente erbivori.
Sarebbe bastato informarsi un minimo per scoprire che l'unica eccezione dimostrata risale all'avvistamento nel Nord Dakota di un cervo dalla coda bianca ripreso da un gruppo di studiosi mentre era intento a mangiare un pulcino. Un gesto estremo dettato dall'esigenza di sopravvivere in mancanza  di sostanze nutrienti. Se si considera che questi animali quando non riescono più a trovare erba secca e frutti selvatici si adattano a mangiare la corteccia degli alberi, si può capire quanto sia innaturale per loro cibarsi di carne.

Reading Challenge 2023, traccia annuale di gennaio: libri a scelta, la somma delle pagine deve dare 2023 (questo ne ha 336)


martedì 7 febbraio 2023

"Il segreto del commendator Storace. Ovvero, quando si dice morire sul più bello", Renzo Bistolfi

 

Sestri Ponente (Genova), 14 ottobre 1957. E' una domenica pomeriggio e nel lussuoso palazzo di piazza Tazzoli c'è un bel remescio, per dirla da genovese: il commedator Lisandro Storace sa che non arriverà a festeggiare l'82° compleanno e per questo ha convocato in uno dei suoi salotti il cavalier Damonte (l'amministratore dei sui beni), il monsignor Malacalza (che era già stato chiamato tre volte per impartirgli l'estrema unzione, facendo altrettanti viaggi a vuoto), il maresciallo Galanti (che avrebbe tanto voluto potersene stare a casa per sentire alla radio la partita della sua - e della mia - Samp), e poi la Jole (la fida domestica) con l'Ersilia Pittaluga e la Gioconda Pescetto (le vicine di casa). Ma soprattutto Nicolò, sbarcato a Genova il giorno prima da New York, da dove era partito subito dopo aver ricevuto il telegramma di quel prozio di cui non conosceva neppure l'esistenza.

"Ben presto distinse i tetti d’ardesia, le torri, le cupole, le facciate che si sovrapponevano: un merletto frastagliato, complesso e stupendo che si stagliava ad anfiteatro sul rosa del cielo. Le finestre scintillavano misteriose sotto i primi raggi del sole autunnale.
Nick rimase senza fiato: quella visione era meravigliosa, incantata, non aveva mai veduto niente di simile."

Il ragazzo è l'unico dei presenti a non sapere a cosa si riferisca il commendatore quando attacca a parlare di "quella faccenda là". E quando l'anziano muore "proprio sul più bello", cioè prima di riuscire a chiarire ciò che gli stava tanto a cuore, sempre Nicolò è l'unico a non darsi pace, ansioso di scoprire quale segreto lo zio si sia portato sottoterra, anche a costo di rischiare di finirci lui stesso.

Il mio buon proposito di leggere almeno un libro all'anno di Bistolfi finisce sempre col naufragare miseramente: l'ultima lettura risale al dicembre 2021, per cui ho lasciato passare tutto lo scorso anno senza concedermi il piacevole tuffo nella Genova degli anni '50 che questo autore mi regala sempre, dove ritrovo in ogni pagina legami con quello che raccontavano di quei tempi mia madre e i miei nonni, le stesse abitudini della mia famiglia, lo stesso modo di parlare...

Qui c'è addirittura una Jole, che era il nome di mia madre, anche se il suo era scritto con la I, come non mancava mai di sottolineare.

E ci sono i Tralalêro, tanto amati da mio nonno. Fra i tanti video presenti su You Tube, ho scelto quello di "Baccicin", come omaggio a una me stessa piccolissima (non avevo più di tre anni) registrata sui nastri del Geloso mentre la cantava calcando sulle "braghe gianche" in maniera piuttosto ridicola ^^

I fatti avvengono a un anno dalla risoluzione del caso del libro precedente, "Lo strano caso di Maria Scartoccio. Ovvero, un brutto fatto di cronaca a Sestri Ponente", e ritroviamo il personaggio del maresciallo Galanti, ma dei quattro romanzi di Bistolfi letti in precedenza questo ha la storia meno interessante nella sua chiave gialla.

Bellissima, invece, l'ambientazione, il sontuoso appartamento del commendator Storace. Nelle note dell'autore (sempre interessantissime) Bistolfi spiega di essersi ispirato a quello di un vecchio amico residente a San Donato, nel centro storico. Mentre per l'esterno ha scelto una casa che lo aveva colpito durante una passeggiata per la sua Sestri.

Eccolo qua il palazzo di piazza Tazzoli del commendator Storace, dove si svolge il 90% della storia:


Essendo a due passi da me (come scrivo ogni volta, Sestri confina con il quartiere dove abito, Pegli) vuoi non andarlo a fotografare?!?

Reading Challenge 2023, traccia stagionale, inverno: un libro che contiene la parola "montagna/e" nel testo

mercoledì 1 febbraio 2023

Reading Challenge: le tracce di febbraio

 


TRACCE DA COLLEGARE

A - Uno o più libri scritti in terza persona
B - Uno o più libri di autori mai letti
C - Uno o più libri con i capitoli titolati

A:
  • Dura Lex, Danila Comastri Montanari (3 punti)
  • A occhi chiusi, Paula Hawkins (1 punto)
A+B:
  • Hotel Portofino, J. P. O'Connell (3 punti)
B:
  • Le streghe di Salem, Bruno Sebastiani (2 punti)
B+C:
  • Il matrimonio di mia sorella, Cinzia Pennati (2 punti)
C:
  • Venivamo tutte per mare, Julie Otsuka (1 punto)
  • Madame Claudel è in un mare di guai, Aurélie Valognes (2 punti)


   TRACCE STAGIONALI

INVERNO
  • Un libro che contiene la parola neve nel testo
    Guida il tuo carro sulle ossa dei morti, Olga Tokarczuk (2 punti)
  • Un libro che contiene la parola cioccolata/o nel testo
    L'avvocato canaglia, John Grisham (3 punti)
  • Un libro che contiene la parola "montagna/e nel testo
    Il segreto del commendator Storace. Ovvero, quando si dice morire sul più bello, Renzo Bistolfi (3 punti)

I miei punti di febbraio = 22


TRACCE ANNUALI

01. Libri a scelta, la somma delle pagine deve dare 2023
  • Breve storia della vita privata, Bill Bryson 
  • Mrs Maarch. La moglie dello scrittore, Virginia Feito 
  • Non lasciarmi sola, Nancy Tucker 

02. My Self: cinque libri, uno per ogni categoria
  • Un libro ambientato nel tuo decennio di nascita
  • Un libro ambientato nella tua regione
  • Un libro con in copertina il tuo colore preferito
  • Un libro dove uno dei personaggi ha il tuo nome o soprannome
  • Un libro che dedichi a una persona che ami