sabato 31 marzo 2018

"Il metodo agenda a punti", Rachel Wilkerson Miller


Il metodo dell'agenda a punti, cioè il sistema Bullet Journal che ho fortemente corteggiato per più di due anni, appassionandomici a livello teorico senza riuscire a farlo mio nella pratica, finchè quest'anno ho finalmente trovato come adattarlo alle mie esigenze ed è Amore!

Nei taccuini con la carta puntinata ho trovato contemporaneamente la pace dei sensi e il risveglio della passione verso il "mondo della cartoleria". Nel mio Leuchtturm rosso fiammante riesco a racchiudere tutto, facendo un mix fra il Bullet Journal e l'agenda settimanale, con le mie amate liste e la mia organizzazione messa nero (anzi, blu: io scrivo in blu) su bianco, con piccoli dettagli di colore qua e là. Solo chi ama agende, diari, ecc, può capire il legame che si crea con questi oggetti, il piacere di usarli, la soddisfazione che dà spuntare le cose fatte, aggiungerne di nuove e avere tutto sotto controllo.

Detto questo, la mia opinione su questo manuale è ambivalente: non mi ha insegnato nulla che già non sapessi, ma è stato una piacevolissima lettura, come quando parlo di queste cose con le tre amiche che condividono questo mio interesse o come quando leggo i post nei gruppi FB a tema. Inoltre trovo che sia un oggetto molto bello: è bella la grammatura della carta, la sua morbidezza, adoro gli angoli arrotondati (che vorrei in tutti i libri), il font è stupendo e la grafica è semplice, elegante e allegra, tutto insieme.

Per contro, però, non mi sentirei di consigliarlo a chi non sa nulla di Bullet Journal perchè, secondo me, il metodo non viene spiegato in maniera esaustiva. In rete si trovano gratuitamente spiegazioni molto, molto più chiare e precise.

Quindi un manuale che non spiega bene la materia a chi non la conosce e non fornisce dettagli in più a chi la conosce già non ha una grande utilità, ma sono comunque contenta di averlo e sicuramente mi ricapiterà di sfogliarlo.
 
Questo testo non risponde a nessun requisito della Reading Challenge 2018.

mercoledì 28 marzo 2018

"Una cosa divertente che non farò mai più", David Foster Wallace


Non tutto quello che leggo mi piace, ma erano anni che non provavo così intensamente il desiderio di abbandonare un libro e non ha molto senso perchè ho letto cose ben peggiori (la Schianchi è l'ultimo esempio) e/o ben più lontane dai miei gusti e dai miei interessi ("I simulacri" dello scorso anno).

David Foster Wallace scriveva bene e la storia, bene o male, è divertente. E' lui il protagonista: racconta di quando, a inizio carriera, si ritrovò a dover scrivere un reportage sulle crociere extralusso.

Così, solcando il mare dei Caraibi per una settimana, circondato da un migliaio abbondante di sconosciuti, descrive la sua esperienza, cogliendo tutti  gli aspetti tragicomici dei ricchi americani in vacanza, della vita a bordo, del servilismo del personale, dell'organizzazione e di tutto quanto il resto.

Non sono mai stata in crociera, nè mai ci andrò, e non solo perchè soffro il mal di mare anche facendo il morto: io che abolirei gli stabilimenti e trasformerei in spiaggia libera tutti i litorali del mondo... io che mi sento male dalla rabbia ogni volta che passo di fianco al porto e vedo queste immense navi-palazzo...  io che odio i posti assegnati allo stadio, al cinema, perfino ai matrimoni... io che sono una turista lenta e capillare... io che riesco a socializzare solo con persone in linea con le mie idee su più di una questione... io in crociera???
E' il concetto di vacanza più distante da me che riesca ad immaginare e, in ultimo, per me la crociera è l'anti-mare per eccellenza!

Detto questo, è palese che il tema trattato non mi abbia messo a mio agio, così come non è il genere di umorismo che mi piace.
Anche lo stile giornalistico non è la mia passione e poi è abbastanza evidente che la storia era nata per un articolo e che si è trasformata in libro: sa di brodo tanto, troppo allungato.
Ma la cosa peggiore in assoluto, quella che ha fatto scattare l'odio profondo, è stata l'abuso di note da parte dell'autore! Un buon 40-45% del libro: note spesso molto lunghe che per questo, o per la frequenza, continuavano a farmi perdere il filo. Una cosa davvero insopportabile, soprattutto perchè ogni cosa descritta nelle note avrebbe potuto essere benissimo inserita nel contesto del discorso oppure liquidata con una semplice parentesi.
Immagino che volesse essere un espediente originale, ma il l'ho trovato soltanto stancante e inutile.
 
Reading Challenge 2018: questo testo risponde al requisito "un libro con un personaggio famoso come protagonista" (numero 25 degli indizi difficili).