mercoledì 29 settembre 2021

"Un po' di follia in primavera", Alessia Gazzola


Roma, 4 marzo 2016. Ancora una volta Alice Allevi, a cui mancano pochi mesi per ottenere la specializzazione in Medicina Legale, si ritrova davanti al cadavere di qualcuno che non è un estraneo per lei: non solo sette anni prima aveva seguito le lezioni di psichiatria di Ruggero D'Armento, ma gli aveva anche parlato di recente quando il medico era andato in Istituto per una consulenza con il dottor Conforti. E ora qualcuno gli ha tagliato la gola.

Sesto romanzo della serie "L'allieva". Ormai mi è evidente che i legami ante mortem sono una caratteristica fissa dei casi in cui Alice si trova a essere coinvolta (e va bene, tanti autori fanno questa scelta) e mi è altrettanto chiaro che Alessia Gazzola non dà alle date la stessa importanza che hanno per me (e questo non mi va bene).

La data dell'omicidio (il 4 marzo) viene ripetuta cinque volte, mentre l'anno si evince grazie alla citazione dell'abbattimento dell'albero che era al centro di piazza della Quercia, fatto reale risalente al 5 dicembre 2015: "...raggiungo piazza della Quercia, ormai spoglia senza lo storico albero abbattuto lo scorso dicembre".
Bene, quindi siamo nel 2016 e l'accenno ai quasi quattro anni di Nur,
una bambina che compariva anche nel libro precedente dove aveva circa due anni, conferma che il salto dell'intera annata 2015 sia coerente con gli eventi.

Peccato però che Alice verso la fine del libro dica di sè: "Chi se non una patetica ventottenne con un rapporto controverso con la nostalgia?"

Di nuovo 28 anni, quelli che le erano già stati attribuiti ne "Le ossa della principessa", ambientato a cavallo fra il 2011 e il 2012, mentre ne "Una lunga estate crudele" tornava ad averne 27 ed è ambientato nel 2014.
Il 12 dicembre 2015 quanti ne avrà mai compiuti?
Vorrei poter dire che mi arrendo e che rinuncio a capirlo, ma in realtà questa mancanza di precisione verso un dettaglio che l'autrice avrebbe potuto (dovuto) fissare molto semplicemente mi dà un fastidio enorme.

Di certo c'è che con questa storia Alice arriva alla sospirata specializzazione in Medicina Legale. E' forse il libro dove viene dato più spazio alle sue vicende personali, cosa che non mi ha disturbata più di tanto perchè ormai so cosa aspettarmi. Rispetto all'idea che mi ero fatta dopo aver letto il primo romanzo, arrivata al sesto penso che quella che avevo etichettato come sfumatura rosa sia solo in parte tale: le vicende amorose della protagonista hanno il loro spazio, ma la frivolezza di queste letture è dovuta principalmente al poco spessore del personaggio, una giovane donna superficiale e ignorante.

Davvero non capisco perchè la Gazzola abbia scelto di inquadrarla in questo modo, perchè farla partecipare a una Conferenza Internazionale sui Diritti Umani per fargliela commentare con un "...ascolto interventi che per me sono più noiosi del contare le pecore"!

Mi rendo conto che un animo alla Gino Strada rappresenti più un'eccezione che la regola, ma mettere in bocca a un medico una frase del genere lo trovo un insulto alla categoria e relega Alice Allevi su un livello umano davvero molto basso.

La vicenda gialla ha la particolarità di prendere e seguire una strada per gran parte del libro per poi virare all'improvviso sul finale con la rivelazione del colpevole. La sorpresa non genera suspense (che comunque nei libri di questa serie non c'è mai), mentre trattando un episodio personale l'autrice è riuscita a commuovermi, facendomi pensare che forse nel genere drammatico darebbe il meglio di sè (anche se poi nei ringraziamenti ha citato Massimo Gramellini per le parole sulla tristezza e quindi non so più se a toccarmi il cuore sia stata lei o lui).

Reading Challenge 2021: questo testo risponde alla quinta traccia annuale, "otto libri scritti da autori dello stesso sesso"
 

sabato 25 settembre 2021

"Una lunga estate crudele", Alessia Gazzola

Roma, 5 giugno 2014. Mancano ancora più di due settimane all'inizio dell'estate, ma il caldo è già opprimente. E' mattino, Alice Allevi e Claudio Conforti sono in macchina diretti al Teatro del Bardo dell'Avon dove - come la sera prima li aveva informati l'antropologo Sergio Einardi - all'interno di una stanza segreta è stato ritrovato il cadavere mummificato di un uomo: un nuovo cold case per la specializzanda e l'ispettore Calligaris.
L'esame del DNA rivela in fretta l'identità del morto: Flavio Barbieri, classe 1963, scomparso dal 10 luglio 1990. Era stato visto per l'ultima volta proprio lì, nel teatro dove recitava Shakespeare. Quella sera aveva litigato furiosamente con il regista, ma Flavio non andava d'accordo con nessuno e tutti avevano preso alla lettera il messaggio che aveva lasciato scritto in un biglietto: "Non cercatemi".
E solo 24 anni dopo si scopre che non aveva fatto molta strada...

Quinto romanzo della serie "L'allieva" che ha subito mandato in frantumi la gioia provata con quello precedente per la scoperta della data di nascita di Alice.
Ne "Le ossa della principessa" c'erano (ci sono) due netti riferimenti ai suoi 28 anni ("...che importa se poi sono disgustosi al palato di un'adulta di ventotto anni?" e "...che abbia mai visto in ventotto anni di vita."), ma ecco che qui ringiovanisce: "Daniela ha ragione, sono una specializzanda. Quanto alla mia età, ho ventisette anni".

Mio marito ha cercato di minimizzare il mio fastidio parlandomi dei retcon di cui sono pieni i fumetti che legge, ma io non leggo fumetti, Alice Allevi è la protagonista di una serie di libri: sarebbe stato così difficile darle una data di nascita e mantenerla seguendo una cronologia corretta?

E anche la datazione di questa storia non torna.

Com'è evidente, a me piace collocare le storie che leggo in una data precisa, mi piace sapere l'età dei personaggi, ecc,  ecc, quindi sto molto attenta a questi dettagli e me li annoto.

Sorvolando su "La sindrome da cuore sospeso" che è il prequel, ne "L'allieva" viene citata la data della morte di Giulia Valenti: il 12 febbraio 2010. Alice è al primo anno di specializzazione.
"Un segreto non è per sempre" inizia in novembre, non viene specificato l'anno, ma è palese che si tratti sempre del 2010 per i riferimenti ai pochi mesi passati dalla precedente vicenda (che terminava in luglio). Alice è all'inizio del secondo anno di specializzazione.
"Le ossa della principessa" inizia nell'ottobre 2011, quando vengono ritrovati i resti di Viviana, la storia si sviluppa e si conclude la sera del 4 giugno 2012. E Alice è al terzo anno.
"Una lunga estate crudele" inizia esattamente dalla fine dell'altro, cioè dal mattino dopo: il 5 giugno. Dovrebbe essere il 2012 e invece no: è l'estate dei mondiali di calcio in Brasile, quindi il 2014 (e non è l'unico rimando a questo anno)!
Con il Kindle ci ho messo un attimo a ritrovare date e riferimenti dei libri precedenti, sono quelle che ho riportato. L'autrice nell'arco della notte fra il 4 e il 5 giugno ha fatto sparire il secondo semestre 2012, l'intero anno 2013 e il primo semestre 2014.
Forse ha preferito ambientare il libro nell'anno in cui lo ha scritto (è stato pubblicato nel 2015, ma è presumibile che lo abbia scritto - tutto o in parte - nel 2014), dopo un anno in cui non ha pubblicato nulla, guarda caso proprio il 2013 che viene saltato anche nella storia di Alice?
O forse è stata una scelta condizionata dalla serie TV (che non ho visto)?

Sia come sia, retcon o altro, a me queste cose danno fastidio e il crescendo di irritazione mi ha reso poco piacevole la lettura, che comunque non sarebbe stata una gran cosa.

Oltre agli abituali difetti - anche questa volta Alice non è del tutto estranea al fatto perchè il teatro del rinvenimento è proprio quello in cui lavora Cordelia, la ragazza che la ospita gratuitamente (altra cosa su cui avrei qualcosa da ridire...); almeno un paio di svolte sono frutto di assurde coincidenze; vengono omessi passaggi dell'indagine tramite non-spiegazioni ("Non so come abbia fatto Calligaris a localizzarla, ma nel giro di qualche giorno siamo in possesso degli elementi per rintracciare...") - stavolta la storia, dove il giallo intreccia passato e presente, è resa esageratamente ingarbugliata da alcuni inutili depistaggi. La Gazzola non dà il meglio di sè nella gestione dei diversi piani temporali e dovrebbe limitarli.

Figuriamoci, poi, se ci fa mancare la "manina" (e per fortuna quando un personaggio entra nell'ufficio di Calligaris stringe la mano all'ispettore!), ma torna anche il "piedino" e, direi per la prima volta, compare anche un "trenino": sicuramente Sacrofano non sarà collegata a Roma con un Freccia Rossa, ma - anche se (ipotizzo) il treno in questione dovesse avere solo due  vagoni - perchè (perchè!!!) scegliere di far esprimere una donna adulta come una bimbetta??? Perchè farle dire "perdindirindina", che era già abbastanza ridicolo pronunciato da Hugh Grant, o farle chiamare l'ex "innominabile", come se non pronunciarne il nome avesse un senso o un risultato?

Trovo il ricorso a queste scemenze uno svilimento dei propri lettori.

Ma vado avanti, ormai voglio finire la quinta traccia annuale della Reading Challenge con questa serie.

Qui la lunga estate crudele scorre e il libro termina quando è arrivato l'autunno. Autunno 2014! Mi auguro di trovare continuità con la datazione del prossimo...

Reading Challenge 2021: questo testo risponde alla quinta traccia annuale, "otto libri scritti da autori dello stesso sesso"
 

lunedì 20 settembre 2021

"Le ossa della principessa", Alessia Gazzola


Roma, ottobre 2011. Degli scavi portano alla luce i resti di un cadavere. L'analisi del DNA accerta che si tratta di Viviana Montosi, la studentessa di archeologia scomparsa il 23 gennaio 2006 ad appena vent'anni. Inevitabile temere un collegamento con la recente sparizione di Ambra Negri della Valle, collega di Alice Allevi all'Istituto di Medicina Legale perchè le due erano state compagne di scuola al ginnasio e nella loro classe c'era un ragazzino squilibrato allora e tuttora. Ma se invece le cause della sparizione di Viviana fossero partite da molto più lontano? Ad esempio da Gerico?

Quarto romanzo della serie "L'allieva" e finalmente viene citata l'età di Alice: 28 anni, quindi è del 1983. E anche il giorno del compleanno: 12 dicembre. Avere la data di nascita di un/una protagonista regala un magnifico senso di completezza a una precisina come me!

Sono trascorse solo poche settimane dalle vicende narrate in "Un segreto non è per sempre" e Alice (adesso al terzo anno di specializzazione) si ritrova al centro di questa nuova storia, stavolta non per il suo ruolo di medico legale, ma per la collaborazione con l'ispettore Calligaris, deciso a fare di lei una poliziotta.

Trattandosi di un cold case in principio ero convinta che non ci sarebbe stato alcun collegamento fra Alice e la vittima, invece no: indiretto, ma c'è. Ormai mi sono quasi assuefatta all'uso sfacciato delle coincidenze fatto dalla Gazzola e aspettarmele non basta a renderle meno fastidiose. La storia avrebbe funzionato perfettamente anche senza la scomparsa di Ambra e senza che lei e Viviana fossero state compagne di scuola, anzi, ne avrebbe guadagnato perchè quel dettaglio crea una falsa pista che la ingarbuglia inutilmente, l'autrice non ha gestito bene i diversi piani temporali e per fare andare al loro posto ogni tassello bisogna ragionarci.

Purtroppo tornano le manine e, come sempre, le svolte più o meno importanti continuano ad avere origini da situazioni fortuite: Alice che va a prendersi una pizza da asporto e lì incontra casualmente una coppia di personaggi, Alice e Claudio leggermente infortunati in un tamponamento e lei che sente il medico dell'ambulanza dire a Claudio una cosa importante risalente a un anno prima, ecc... Quasi tutti gli ingranaggi si muovono grazie al caso e non basta che un personaggio chieda ad Alice come faccia ad avere tanta fortuna per rendere accettabile questo meccanismo narrativo sfruttato ad oltranza.

La struttura data dall'indagine risulta gravemente sminuita da questa cosa e anche dal fatto che alla fine (almeno per ora) l'epilogo arrivi sempre con la piena confessione del colpevole dopo essere stato messo alle strette molto superficialmente, senza mai una convocazione ufficiale e senza che nessuno di essi capisca di avere bisogno di un avvocato.

Il risultato è troppo blando anche per un rosa crime ed è un peccato perchè ho letto libri propriamente gialli o thriller che si reggevano su storie ben meno articolate di quelle create dalla Gazzola. E' penalizzante anche la scelta di una protagonista così disinteressata a politica e attualità, addirittura compiaciuta della sua ignoranza.

Ma dei quattro letti, questo è sicuramente il libro che mi è piaciuto di più. Indubbiamente influisce il mio grande amore per i casi irrisolti, leggendo avevo l'impressione di assistere a una delle puntate della mia amata serie TV (non mi stupirei se la Gazzola si fosse ispirata proprio a quei copioni), però è anche il romanzo più giallo. C'è sì del rosa, ma quello che c'è riguarda soprattutto Viviana rientrando quindi nelle indagini. Quel poco che riguarda Alice serve a far procedere la vita del personaggio e non dà l'impressione di star leggendo un romanzo d'amore.

La Gazzola è molto brava nel tratteggiare le vicende passate che coinvolgono i protagonisti con pochi cenni che permettono a chi non avesse letto i libri precedenti di conoscere i collegamenti, ma senza ammorbare i lettori fedeli con il dettagliato resoconto del passato che hanno già letto e riletto (vedi Linda Castillo).

Nelle note l'autrice spiega di essersi ispirata a una vacanza fatta in Israele e Palestina nel 2011. Lì aveva saputo che un gruppo di lavoro dell'Università La Sapienza aveva ritrovato a Gerico lo scheletro di una principessa: tutto il resto è romanzo. Mi piace quando gli autori raccontano com'è nata l'idea del libro che hanno scritto.
 
Reading Challenge 2021: questo testo risponde alla quinta traccia annuale, "otto libri scritti da autori dello stesso sesso"
 

mercoledì 15 settembre 2021

"Appuntamento al Cupcake Café", Jenny Colgan


Londra, gennaio 2011. Isabel (Issy) Randall ha 31 anni e un posto da office manager alla Kaliga Deniki: cioè fa la passacarte e quanto il suo ruolo sia poco importante all'interno della società immobiliare diventa evidente quando Graeme, il suo capo, la inserisce nei tagli al personale resi necessari dalla crisi economica. Il fatto che da otto mesi abbiano una relazione segreta non le riserva un trattamento di favore, ed è così che Issy si trova a perdere nello stesso giorno lavoro e fidanzato.
Dopo settimane di recriminazioni e di sconforto sarà Helena - coinquilina e migliore amica - a spingerla a rimettersi in piedi. Ma sarà soprattutto l'attrazione per il negozietto sfitto al 4 di Pear Tree Court a darle la carica per realizzare il sogno di aprire una pasticceria tutta sua, dove mettere a frutto le tante meravigliose ricette di nonno Joe, che l'ha allevata al posto della madre girovaga.
Ma per aprire il Cupcake Cafè non bastano le ventimila sterline della liquidazione: serve un prestito bancario. E qui entra in scena Austin, consulente finanziario, trasandato, ma bello e più dolce del più dolce dei cupcake sfornanti da Issy.

Come già detto, dopo una serie di letture abbastanza impegnative avevo voglia di leggerezza e, oltre alla serie della Gazzola, mi sono concessa anche questo chick lit. E' il genere di libro che trovo sul sito de Il libraccio a pochi euro e che compro quando sono a un passo dal raggiungere le spese di spedizione gratuite. Anche se ormai ho superato da un pezzo l'età per questo genere di lettura, i chick lit continuano a piacermi, ma anche in questa categoria ce ne sono di validi e di meno validi.

Questo della Colgan era partito abbastanza bene, Issy è una protagonista tenera, ma non melensa, sognatrice, ma concreta, sfortunata, ma non lagnosa. In poche parole: sopportabile. A circa metà dell'opera, però, l'autrice ha iniziato a guastarmi la lettura inanellando una serie di situazioni, pensieri, desideri, ecc, di un'arretratezza imbarazzante, lanciando anche un pessimo monito alle donne, quello di smetterla di scartare uomini nella speranza che ne arrivi uno migliore, col rischio di "arrivare a quarant'anni da sole e amaramente pentite per aver buttato via un principe azzurro un po' sbiadito quando ne avevano trenta".

Da questa visione degna di nonna Abelarda scaturisce anche l'astiosa (pessima) reazione che Issy ha di fronte alla gioia dell'amica quando questa si innamora (corrisposta): "Lei non aveva niente mentre Helena aveva tutto. Era così difficile da accettare, così ingiusto"!
Orribile! Un po' di invidia sarebbe stata umanamente comprensibile (e meno male che all'inizio Issy non era lagnosa...), ma se si vuole bene a una persona si è felici della sua felicità, che - tra le altre cose - non ci crea danno nè ci preclude nulla.

Brutte anche le superficiali generalizzazioni che toccano i diversi stati sociali dei personaggi, ma da un romanzo rosa - dove solo i cattivi vengono puniti come meritano, mentre per tutti gli altri il lieto fine è assicurato - sarebbe utopico aspettarsi di trovare consapevolezza e una seria analisi.

Comunque il libro, nella sua inutilità e fra un'incongruenza e l'altra (una pasticciera che compra i croissant all'ingrosso; un bancario che non ha la domiciliazione delle bollette; ecc) riesce a svagare il giusto.
Come extra, per chi ha l'animo del pasticciere, quasi ogni capitolo inizia con una delle ricette di nonno Joe.

Chiudo con una critica all'editoria italiana. Jenny Colgan ha la sua brava pagina su Wikipedia UK: classe 1972, ha scritto moltissimo, fra cui 13 romanzi singoli (in italiano ne hanno tradotti quattro) e molti altri facenti parte di brevi serie. "Appuntamento al Cupcake Café" fa parte di una serie di due romanzi, ma il seguito non è stato tradotto. Stessa cosa per "La bottega dei cuori golosi", che è il primo di una serie di tre e l'unico a essere stato tradotto. Ma il capolavoro è stato fatto con "Il faro degli amori appena nati", che è il secondo (e l'unico tradotto in italiano) di un'altra serie di tre!

Geni assoluti!

Certo dato lo scempio che hanno fatto traducendo a vanvera i libri di un Autore come Kent Haruf, non c'è da stupirsi per la mancanza di una ricerca su un autore minore qual è Jenny Colgan, ma io mi incazzo lo stesso per questa faciloneria che vivo come una grande mancanza di rispetto nei confronti di chi scrive, ma anche di chi legge (e che paga per farlo).

Reading Challenge 2021: questo testo risponde alla settima traccia annuale, "sei libri di sei categorie diverse" (libro di un autore mai letto)

 

martedì 14 settembre 2021

"Sindrome da cuore in sospeso", Alessia Gazzola


Sacrofano (Roma), 12 dicembre 2009. Alice sta festeggiando i suoi 23 anni in famiglia quando la serenità - non solo degli Allevi, ma dell'intero borgo - viene stravolta dal ritrovamento di un cadavere: è quello di Tamara Yur'evna Mironova, la 36enne badante russa di Amalia, la nonna di Alice che, per via di questo collegamento, si ritrova coinvolta nelle indagini scoprendo che forse c'è una branca della medicina adatta a lei: medicina legale.

Terzo romanzo della serie "L'allieva", che in realtà è un prequel, cosa che ho scoperto solo a inizio lettura e non è stata una sorpresa gradita perchè a me i prequel non piacciono.
Pubblicato nel 2012, quindi effettivamente dopo gli altri due, a me ha dato l'impressione di essere stato scritto prima, sia per lo stile ancora più acerbo, sia perchè la caratterizzazione dei personaggi è appena abbozzata.

Cercando notizie sul prequel, ho anche scoperto che Alessia Gazzola è un medico legale e questa è stata un'altra sorpresa: leggendo Robin Cook è evidente che sia medico di professione, stesso discorso per l'avvocato John Grisham, mentre quella predominanza di rosa nei libri della Gazzola mi rende difficile immaginarla alle prese con un'autopsia, ma ha iniziato a pubblicare a ridosso della laurea e forse non ha mai esercitato come medico.

Comunque sia qui abbiamo Alice ancora più giovane e più immatura: arrivata al quinto anno di medicina ha capito di aver intrapreso la strada sbagliata perchè "non riesco a rapportarmi con la sofferenza umana". Presumo che il riferimento vada alla sofferenza fisica delle persone malate o ferite perchè poi, di punto in bianco, decide di volersi specializzare in medicina legale (nonostante la dichiarata repulsione verso i cadaveri): evidentemente rapportarsi con la sofferenza dei parenti dei deceduti non le crea altrettanto disagio...

Tutto questo per dire che avrei gradito una maggiore logica da parte dell'autrice, soprattutto che inventasse per la sua protagonista una motivazione seria per portarla a scegliere questa specializzazione, non la cotta adolescenziale per Claudio Conforti: ma, insomma, giusto a 13 anni puoi arrivare a scegliere la scuola superiore per andare in quella dove c'è il ragazzino che ti piace!

Di nuovo la vittima è una persona che Alice aveva conosciuto e di nuovo la Gazzola sfrutta le coincidenze per far girare gli ingranaggi della trama, ancora più sfacciatamente, non tenendo in nessuna considerazione l'improbabilità quasi assoluta di incontrare in un ospedale della capitale proprio quel qualcuno che pochi giorni prima si era visto litigare in una strada di Sacrofano! E dai...

Per fortuna questa volta mancano manine e piedini, ma prosegue l'abuso di "sconcertare", nelle sue varie forme: qui viene usato sette volte, come ne "L'allieva", ben nove in "Un segreto non è per sempre": ma sono io che mi sconcerto, con i tanti bei sinonimi che ci sono...

Nonostante tutto, come scritto ieri, anche questo libro si lascia leggere: con le sue 212 pagine è il più breve di tutta la serie, una lettura davvero veloce anche per me che lo faccio lentamente. Va anche detto che questo genere di libri non mi porta a fare ricerche in rete per cercare le immagini dei luoghi citati (ho indagato solo su Sacrofano, che è un bel borgo medievale) nè tanto meno per approfondire dettagli storici o di altro genere: non è un fattore positivo, ma indubbiamente risparmio molto tempo.

La vicenda gialla, seppur intuibile, è quella che finora ho apprezzato di più, eccetto il finale sbrigativo.

E, alla faccia delle mie tante critiche, devo riconoscere che mi sono abituata a questo pagliaccetto di protagonista che è Alice Allevi e ho la curiosità di leggere gli sviluppi.

Reading Challenge 2021: questo testo risponde alla quinta traccia annuale, "otto libri scritti da autori dello stesso sesso"
 

lunedì 13 settembre 2021

"Un segreto non è per sempre", Alessia Gazzola

Tarquinia (Viterbo), novembre 2010. Un lavoro fuori sede attende Alice Allevi, studentessa al secondo anno di specializzazione in Medicina Legale: deve accompagnare il dottor Anceschi nella Maremma laziale per un caso di interdizione. E' quello che chiedono i figli di Konrad Andras Azais, anziano scrittore ungherese di fama internazionale, spaventati dalla prospettiva di perdere la cospicua eredità paterna. E non ci vorrà molto prima che il caso si trasferisca all'obitorio...

Secondo romanzo della serie "L'allieva". Una lettura che ho portato avanti con maggiore serenità rispetto a quella precedente, probabilmente perchè sapevo cosa aspettarmi, ma anche perchè Alice Allevi qui viene presentata in versione leggermente più matura rispetto all'esordio (anche se ancora geograficamente e politicamente ignorante).

Sono passati solo pochi mesi dal caso Giulia Valenti e, di nuovo, Alice si ritrova ad avere a che fare con una vittima che aveva incontrato proprio poco tempo prima che morisse. Questo non va bene e ci sono altri meccanismi che si ripetono nelle due storie: di nuovo una vicenda familiare, di nuovo protagonisti dei consanguinei, di nuovo rapporti non proprio consoni fra fratellastri...

La Gazzola fin qui non ha dato prova di grande fantasia, non solo nella trama, ma anche nella scrittura vera e propria. Verso la fine usa la frase "Le cose sono andate così" e da lì racconta l'evolversi dei fatti: questo lo posso fare io quando racconto un libro a mio marito, ma un autore dovrebbe sforzarsi di costruire una narrazione, non buttare giù una lista di episodi (tizio ha scoperto questo e quindi ha fatto quello, allora caio ha pensato e ha fatto... ecc, ecc...).

E, volendo sfruttare sfacciatamente certe coincidenze (come incontrare per caso uno dei personaggi al supermercato) per far proseguire la storia, avrebbe dovuto ambientare la serie in un piccolo centro e non nell'immensa Roma.

Devo anche sottolineare che aver letto il suo libro contemporaneamente a Philip Roth - se da un lato mi è stato molto utile per allentare l'inquietudine che mi trasmetteva "Nemesi" - dall'altro l'accostamento è stato impietoso ed eccessivo per la "povera" Gazzola (lo sarebbe stato pressochè per chiunque), che però dovrebbe imparare da Roth (tra le tante cose) che solo se nell'azione è coinvolto un bambino si può usare (e torno a dover dire: di nuovo) il termine "manina" (da "Nemesi", giustappunto: "Lei lo aveva stupito porgengogli la piccola mano da stringere").

E sono solo parzialmente d'accordo con lei quando scrive:

"Ogni libro ha diritto a una chance. E non esistono libri belli o brutti, perchè non esiste un parametro vero per giudicare un libro. Esiste solo la soggettività"

Io, invece, sono dell'idea che i libri oggettivamente belli esistano (ma che possano non piacere) e che esistano anche quelli oggettivamente brutti (ma che possano piacere).

I libri della Gazzola non sono oggettivamente belli, ma neppure brutti: si lasciano leggere e va bene così.

Reading Challenge 2021: questo testo risponde alla quinta traccia annuale, "otto libri scritti da autori dello stesso sesso"
 

 

sabato 11 settembre 2021

"Nemesi", Philip Roth


Newark (New Jersey), estate 1944. Il caldo torrido non è l'unica cosa a imperversare in città. L'altro flagello, ben più grave, è quello della polio. Il primo caso viene registrato in un quartiere italiano e quando si espande arrivando a quello ebraico colpisce anche il campo giochi in cui Eugene "Bucky" Cantor lavora come animatore.
E' un'epoca in cui a 23 anni non ci si sente e non si viene più considerati dei ragazzi, ma degli  uomini e Bucky è un uomo serio, che ha ben chiare le proprie responsabilità. Verso la nonna (l'unico familiare che gli è rimasto in vita), verso la fidanzata Marcia (che sogna di sposare), verso la sua nazione (che non ha potuto servire in guerra come avrebbe voluto a causa della grave miopia) e verso i suoi ragazzi del campo giochi.

E di nuovo mi sono stupidamente persa il filo cronologico delle opere di Roth: dopo aver letto per primo l'ultimo romanzo della sua trilogia ideale ("La macchia umana"), ho fatto lo stesso anche con i suoi romanzi brevi!

"Nemesi" è anche l'ultimo che ha scritto (nel 2010). Tre macrocapitoli per un totale di 183 pagine, ognuna delle quali intrisa di tormento, dolore, strazio, vulnerabilità. E' bene predisporsi psicologicamente a una lettura di questa portata. Io non ero preparata a tanta devastazione ed è stata una fortuna leggere contemporaneamente i rosa della Colgan e della Gazzola perchè ci sono stati giorni in cui dopo una decina di pagine di Roth e dei drammi che raccontava avevo proprio l'esigenza di staccare e buttarmi su delle stupidaggini.

Sulla frustrazione di Bucky per essere stato respinto alla leva e sulla sua angoscia al pensiero dei suoi due migliori amici che in Francia stanno combattendo contro il male tedesco, si abbatte il dramma della polio. Roth racconta il reale, l'epidemia (una delle tante) che nel '44 colpì gli Stati Uniti compresa la sua città natale, Newark. All'epoca undicenne, racconta le sensazioni e il clima di panico vissuti in prima persona. I ragazzini che nel libro si ammalano di polio, morendo o portandone i segni per tutto il resto della loro esistenza, hanno sperimentato ciò che nella vita è toccato davvero ai compagni di scuola e di gioco di Roth bambino. Il terrore e il dolore dei genitori da lui inventati sono gli stessi provati da quelli delle vittime reali. E forse avrà conosciuto anche un Mr Cantor, qualcuno con la sua angoscia per non sapere come combattere la sua personale guerra contro la malattia impedendole di colpire i suoi ragazzi, con i suoi sensi di colpa dovuti all'assurda convinzione di essere un untore, con i suoi dubbi e la sua rabbia verso quel Dio alla cui esistenza gli è stato imposto di credere alla nascita.

Un libro che rivela come certe cose non cambino mai: impossibile non pensare a George Floyd quando vengono citate le rivolte esplose a Newark nel luglio 1967 in seguito al brutale pestaggio di due poliziotti bianchi nei confronti di un taxista di colore.

Come è impossibile non pensare alla situazione attuale.

"...noi altri così sfortunati da prenderci la polio undici anni prima del vaccino. La medicina del ventesimo secolo ha fatto progressi fenomenali, ma un po' troppo lenti per noi"

La lettura di questo libro andrebbe imposta ai no-vax di oggi: tanto dite che siamo in dittatura, no?!

Reading Challenge 2021: questo testo risponde alla terza traccia annuale, "sei libri, l'iniziale dei titoli deve formare la parola Austen"
 

lunedì 6 settembre 2021

"L'allieva", Alessia Gazzola


Roma, 12 febbraio 2010. Giulia Valenti ha solo 23 anni quando viene ritrovata cadavere nel suo lussuoso appartamento romano. Per Alice Allevi, giovane specializzanda in Medicina Legale, la vista di quel corpo senza vita è sconvolgente perchè la strada delle due ragazze si era recentemente incrociata nei camerini di un negozio. Un veloce scambio di battute, ma Giulia era riuscita lo stesso a colpire Alice e questa superficiale conoscenza contribuisce ad aumentare la sua innata curiosità, spingendola a travalicare i limiti che la sua professione e la legge impongono, rendendo ancora più vacillante la sua già precaria posizione all'interno dell'Istituto.

Dopo un mese pieno di letture impegnative, avevo bisogno di qualcosa di leggero e con Alessia Gazzola ho fatto centro. Fin troppo, ma non posso dire di essere rimasta delusa, il libro è esattamente quello che mi aspettavo, un librino (e questa volta uso il termine senza riferirlo al numero delle pagine, che sono 384) che non si può classificare nel genere giallo nè tantomeno in quello thriller come fanno arditamente sia Amazon che IBS (presumo su indicazione dell'editore), ma che è un chick lit crime, dove il rosa contamina anche la vicenda gialla, che tutto sommato non è neppure male.

La mia idea sarebbe quella di leggere tutti gli otto romanzi della serie per completare la traccia annuale della Reading Challenge che prevede la lettura proprio di otto titoli scritti da autori dello stesso sesso. Dopo le prime cinquanta pagine de "L'allieva" ho pensato che mi sarei fermata a questo, ma si è dimostrato un libro così lieve che penso di poter riuscire a procedere. Anche perchè auspico un'evoluzione nello stile di scrittura, che qui è davvero sempliciotto ("Dubito ci sia" ribatte lui, dubbioso), ma che - trattandosi di un'opera prima scritta quando l'autrice aveva 29 anni - in teoria dovrebbe essere migliorato.

Ma soprattutto spero si verifichi una crescita personale della protagonista!

Alessia Gazzola ha decisamente esagerato con lei. Si può essere distratti, pigri, sognatori, ecc, ma allo stesso tempo adulti. Alice Allevi è adulta (anche se non sono riuscita a risalire alla sua età effettiva), ma solo anagraficamente: si comporta, ragiona e parla come un'adolescente, cosa che, soprattutto in ambito lavorativo, rende il suo personaggio davvero poco credibile. Anche se non è ancora un medico fatto e finito, ma "solo" una specializzanda, non è comunque una scolaretta e se l'intento dell'autrice - facendole confondere Haiti con Tahiti o facendole chiamare manine e piedini le estremità - era quello di trasmettere la sua simpatia al lettore, quello che invece crea è una donna immatura e un po' (tanto) scemotta. Peccato.

La particolarità che, temo, verrà trascinata per tutta la serie è la distrazione di Alice, aspetto per me molto irritante in generale (e del tutto inaccettabile in un medico) e se c'è una cosa che proprio non sopporto è chi attribuisce alla sfortuna eventi determinati dalla propria disattenzione o incuria: è per questo che all'inizio della lettura ho pensato che non sarei riuscita a procedere con la serie (e anche per l'inutile sfoggio di grandi marche), ma alla fine ho dovuto riconoscere che il libro ha svolto a sufficienza la sua azione di svago. Il seguito potrebbe anche migliorare.


Reading Challenge 2021: questo testo risponde alla quinta traccia annuale, "otto libri scritti da autori dello stesso sesso"
 

giovedì 2 settembre 2021

"Eredità", Vigdis Hjorth


Lillestrom, contea di Viken (Norvegia), 17 dicembre 2013. Un uomo di 85 anni cade dalle scale della sua grande casa mentre sta scendendo per andare ad aprire la porta agli idraulici. Muore il giorno dopo per le complicanze dovute alla caduta. Lascia una moglie, un figlio, tre figlie, alcune società, molti soldi e due ville al mare. E saranno queste due case, lasciate in eredità unicamente alle due figlie minori, a risvegliare i rancori del figlio maschio - che fin da piccolo ha sofferto per la scarsa considerazione del padre - e a ridare voce a tutte le angosce della primogenita, che da quel padre ha patito per ben altro e ben di più.

Quando gli avvenimenti di un libro possono essere raccontati in poche righe è evidente che la trama non è il suo punto di forza. "Eredità" è un romanzo fortemente introspettivo. Vincitore dei due massimi premi letterari norvegesi (il Norwegian Booksellers' Prize e il Norwegian Critics Prize), definito un romanzo di alta letteratura da "Altenposten" (l'equivalente norvegese del nostro Corriere della Sera) e osannato dalle principali testate mondiali (come riportato nella sinossi), io l'ho trovato di una pesantezza assoluta.

Iniziato il 16 agosto, sono riuscita a finirlo soltanto ieri sera: tutte le volte in cui avevo tempo per leggere era sempre un altro dei titoli in lettura a "chiamarmi" e negli ultimi giorni mi ci sono dedicata con impegno non per voglia o per interesse, ma per il bisogno di arrivare al termine e mettere fine a questo tormento.

Le 374 pagine sono divise in ben 139 capitoli, alcuni medi, pochi piuttosto lunghi e la maggior parte brevissimi, anche solo di poche righe. L'autrice attraverso la voce narrante - quella di Bergljot, la primogenita, critica e redattrice teatrale over 50, madre di tre figli adulti, nonna, figlia, sorella, ex moglie, compagna, amica, ecc - e con salti temporali a cui ho faticato un po' ad abituarmi, maschera dietro alla contesa ereditaria delle due case al mare il vero fulcro del romanzo, facilmente intuibile.

Relegare ai margini del raccontato il vero protagonista, cioè il dramma, è stata una scelta originale e per certi versi di effetto, però tutto quel gran parlare dell'eredità, ripetendo più e più volte le stesse questioni, l'ho trovato sfinente. E, proprio perchè ripetitivo, non ho apprezzato lo stile dell'autrice.

"Dissi loro che mi sentivo sollevata perchè adesso non temevo più nulla di sgradevole da parte di mio padre. Risposero che capivano bene cosa intendessi dire. Ammisi che il pensiero del funerale mi terrorizzava, risposero che capivano bene cosa intendessi dire. Dichiarai che temevo il peccato originale, risposero che capivano bene cosa intendessi dire"

Oppure...

"Lars era seduto nella sua poltrona preferita, quella rivolta verso il prato, il bosco e il fiume. Non stava leggendo i giornali, non stava fumando, guardava il prato, il bosco e il fiume"

Se proseguissi con gli esempi dovrei ricopiare quasi l'intero libro. Le ripetizioni non mi dispiacciono quando vengono usate come rafforzativo per sottolineare un concetto importante, ma quelle della Hjorth non le ho trovate utili alla prosa e l'abuso che ne ha fatto ha reso la lettura pesante e noiosa. Per me non è un bel modo di scrivere.

E i riferimenti a Jung e a Freud non sono stati sviluppati in modo da poter risultare interessanti a chi è ignorante come me nella materia in questione. I conflitti interiori di Bergljot sono quelli di una persona irrisolta, ma la ripetitività del testo finisce col produrre fastidio anzichè la dovuta comprensione. Ma ovviamente non è lei il personaggio peggiore: fra madre, padre, sorelle, fratello, compagno, amiche, amici, si salva solo Trofast, il cane!

"La vita degli uomini è paragonabile ai romanzi, pensai, quando hai letto molte pagine di un libro, anche se è noioso, ti chiedi come continuerà"

Mica vero, quando è noioso l'unica cosa che ti chiedi è: ma perchè non sono capace di abbandonare i libri che non mi piacciono?

Reading Challenge 2021: questo testo risponde alla terza traccia annuale, "sei libri, l'iniziale dei titoli deve formare la parola Austen"