sabato 31 dicembre 2022

"Buona fortuna", Barbara Fiorio

 

"Siamo genovesi. Abbiamo un detto per descriverci, tanto per mettere in chiaro quanto ci preme ingraziarci gli altri:
“Sun zeneise, riso reo, strinsu i denti e parlo cheo”.
Son genovese, riso raro, stringo i denti e parlo chiaro.
Come dire: non me ne frega niente di essere simpatico, non ho grandi motivi per ridere, tengo la testa bassa, mi occupo degli affari miei e se c’è qualcosa da dire la sintetizzo nel minor numero di parole possibili.
Tu vedi di capirla al volo.
Ti va bene, perfetto.
Non ti va bene, uguale.
"

Genova, dicembre 2010. Margot Martini deve il suo nome alla nonna francese, ma è l'unica cosa in lei a non essere genovese. Ha 38 anni, un gatto di 15 (Diesel) e da tre un fidanzato che si chiama Mario (ma che lei chiama Tormento) con cui ha uno di quei rapporti del tipo "facciamo finta che vada tutto bene". Dopo dieci anni da freelance è riuscita a ritagliarsi un suo spazio nella redazione del quotidiano locale occupandosi delle pagine di cultura e società.
Caterina Bonardi di anni ne ha qualcuno in più, 83, e dal dopoguerra gestisce la ricevitoria del lotto numero 3 in salita Santa Caterina. Come tanti commercianti delle generazioni passate sembra intenzionata a morirci dentro al suo negozietto ed è proprio quello che rischia di succedere quando una sera di fine anno un uomo fa irruzione nel suo bugigattolo e le intima di consegnargli l'incasso, colpendola alla testa perché infastidito dalla sua lentezza e lasciandola a terra priva di sensi.
La strada delle due donne si era incrociata solo poche ore prima di quell'episodio. Margot per un articolo aveva bisogno di dettagli sul gioco del lotto - nato proprio a Genova nel Cinquecento (e non a Napoli, come comunemente si pensa) - e Caterina glieli aveva forniti tutti. E adesso forse è lei che può dare qualcosa a questa donna che le ricorda un po' sua nonna.

La vera Caterina Bonardi, morta a 103 anni, non aveva nulla in comune con il personaggio di fantasia del romanzo, ma era il nome della nonna dell'autrice, particolare molto tenero che viene raccontato nei ringraziamenti.

E tenero è un aggettivo che userei per descrivere questo libro, di tutt'altro livello rispetto al romanzo di esordio della Fiorio ("Chanel non fa scarpette di cristallo") che avevo finito un paio di mesi fa definendolo "una belinata di libro": ecco perché ha un senso leggerli in ordine cronologico, per poter apprezzare i miglioramenti di chi scrive.

A differenza di quella favoletta, qui ci sono sia una buona costruzione dei personaggi, sia una bella trama, anche un po' gialla, con un finale dolce amaro che ho apprezzato molto: mi aspettavo qualcosa di banale e scontato, invece la Fiorio ha avuto il coraggio di essere realista, perché nella vita bisogna spesso accontentarsi.

Una lettura piacevole per chiudere l'anno e che l'inizio del libro fosse ambientato proprio in questi giorni è stata per me una piacevole sorpresa: l'avrei apprezzato anche leggendolo a luglio, ma mi piace quando una data coincide con quella del calendario.

E una lettura leggera, ma fino a un certo punto perché affronta temi che di leggero non hanno proprio nulla: non solo la solitudine delle persone anziane (che con il personaggio di Caterina diventa il tema portante), ma anche l'ipocrisia dei razzisti ("Non era una notizia da prima pagina, l’aggressore non ha avuto la decenza di essere extracomunitario o almeno musulmano, per cui niente polverone da alzare alimentando convenientemente i sentimenti di discriminazione di politici e cittadini. Sfiga vuole che il bastardo fosse un giovane italiano e a nessuno verrebbe mai in mente di intitolare un pezzo Italiano deruba e aggredisce una vecchietta. Non praticante ma battezzato secondo rito cattolico."), l'ignoranza e l'egoismo sociale ("Mi aggiro tra gente dallo sguardo agguerrito e polemico, nessuno ama trascorrere il proprio tempo al pronto soccorso e nessuno si sofferma a pensare che il suo attendere è inversamente proporzionale alla gravità del suo problema. Chissà se preferirebbero avere un codice rosso per eludere l’attesa."), il G8 di Genova ("Ero in piazza Paolo da Novi il 20 luglio 2001, mi ci è voluto più di un anno per smettere di avere paura delle persone in divisa.") e una critica acuta e pungente alla "Genova bene".

Di Genova ce n'è tanta in queste 199 pagine e non solo per la focaccia pucciata nel cappuccino esaltata anche da Malavasi: Margot è molto genovese e se la Fiorio si è ispirata a sua nonna per disegnare il personaggio di Caterina, mi piace pensare che abbia messo molto di sé in quello della sua protagonista. Noi siamo fatti così e ci piace.

"Be’, non abbiamo conquistato il mondo a barzellette, va detto. Abbiamo i comici più incazzati del Paese e anche i nostri migliori cantautori, se non si sono suicidati, sono comunque tristanzuoli.
In sostanza non siamo propriamente l’anima della festa e gli ultimi che ci hanno dato fastidio hanno riempito qualche pagina sui libri di storia."


Reading Challenge 2022, traccia dell'avvento di dicembre: un libro con in copertina persone con abiti invernali




mercoledì 28 dicembre 2022

"Nel monastero di Crest", Sandrine Destombes

 

Crest (dipartimento Drôme, Auvergne Rhône-Alpes), venerdì 2 maggio 2019. Il tenente Perceval Benoit vorrebbe tanto occuparsi di casi importanti, essere un investigatore e lavorare con i profiler. E invece da due ore sta pattugliando una strada boschiva dove il massimo che gli può capitare è incappare in un automobilista un po' alticcio. In effetti la macchina che ferma stava proprio procedendo come se a guidarla fosse un ubriaco, ma la donna al volante non sembra esserlo. Però sta facendo viaggiare una bambina sul sedile accanto al suo e anche questo non va bene.
E quando la piccola comincia a dire che quella donna non è sua madre, che lei e la mamma dovevano scappare perché avevano trovato il 6-6-B, che poi non l'aveva più vista e non ci crede che sia morta come le è stato detto, Benoit non può fare altro che seguire la procedura e intimare alla donna di scendere. Ma lei scappa, perdendo il controllo durante l'inseguimento. L'auto precipita in un burrone, la donna muore sul colpo, la bambina rimane gravemente ferita.
E Benoit ha il grosso caso su cui poter investigare.

Il più delle volte mi capita di leggere due o più romanzi di seguito dello stesso autore quando fanno parte di una serie, ma è una cosa che mi piace a prescindere e che vorrei fare più spesso perché mi dà un senso di continuità e poi, avendo l'abitudine di seguire l'ordine cronologico,  l'evoluzione di chi scrive è più tangibile.
Con Sandrine Destombes non è successo. Il giorno stesso in cui ho terminato "I gemelli di Piolenc" ho iniziato quest'altro suo libro (sono gli unici due a essere stati tradotti in italiano), ma l'ho trovato qualitativamente inferiore rispetto al precedente.

Al di là della storia in sé - troppo esagerata e con alcuni difetti - a non convincermi è stato il meccanismo narrativo. La Destombes sfrutta un unico (banalissimo) tipo di ingranaggio che vede i gendarmi battere Crest palmo a palmo mostrando a commercianti e passanti l'immagine della persona ricercata in quel momento finché qualcuno la riconosce e fornisce il dettaglio che permette di risalire alla sua identità.
Si procede così fino al terz'ultimo capitolo dove l'intera dinamica - passato, presente e probabile futuro - viene spiegata nel corso di un interrogatorio. Interrogatorio per modo di dire perché la Destombes qui non fa neppure lo sforzo di costruire qualcosa di intrigante, con domande, risposte, reazioni, pensieri, limitandosi a un monologo piatto. Sembra quasi di leggere non un libro, ma il racconto di qualcuno che lo ha letto.

Pessimo poi che un particolare molto importante nello sviluppo della storia venga svealto ai lettori stranieri in una breve nota del traduttore: forse l'autrice non pensava che il suo libro sarebbe stato tradotto in altre lingue, ma avrebbe potuto inventarsi qualcosa che avesse un senso non solo in francese.

In definitiva la parte più interessante di questa lettura non è stata il libro, ma quello che ho trovato in rete su questo borgo medievale della Drôme, che conserva un centro storico ricco di stradine tortuose e passaggi coperti.


Il suo nome deriva dal costone roccioso che lo sovrasta e su cui si erge la torre di 52 metri (una delle più alte di Francia) immortalata anche nella copertina. In origine faceva parte di una fortezza risalente alla fondazione di Crest, nel X secolo, che nel 1633 venne fatta smantellare da Luigi XIII quando i protestanti cercarono di impadronirsene. Si salvò solo il torrione che venne poi usato come prigione fino al XIX secolo.


Reading Challenge 2022, traccia dell'avvento di dicembre: il libro in cima alla propria wish list


venerdì 23 dicembre 2022

"I gemelli di Piolenc", Sandrine Destombes

 

Piolenc (dipartimento Vaucluse, Provenza). Il piccolo paesino diventa famoso in tutta la Francia il 26 agosto 1989, quando i gemelli Lessage - Solène e Raphaël, 11 anni - scompaiono. Dopo oltre due mesi di incessanti ricerche, il corpo della bambina viene ritrovato all'interno di un cimitero a pochi chilometri di distanza da Piolenc, mentre del bambino non se ne sa più nulla.
Trent'anni dopo, il 21 giugno del 2018, è Nadia Vernois a scomparire: come i gemelli vive a Piolenc, ha 11 anni e frequenta la stessa scuola. Ma lei torna dopo due giorni, con un messaggio per Victor Lessage, il padre dei bambini: Solène lo perdona.
Basta quella frase per far riaprire le indagini.

Sandrine Destombes, parigina del 1971, ha pubblicato una tetralogia e quattro romanzi, dei quali solo questo del 2018 e quello successivo sono stati tradotti in italiano.
Con "I gemelli di Piolenc" ha vinto il premio VSD du Polar del 2018 come miglior thriller francese: non so quanto questo premio sia prestigioso, ma sicuramente il romanzo è avvincente.

La momentanea sparizione di Nadia non è il solo caso di cui il capitano della gendarmeria Julien Fabregas deve occuparsi: la storia diventa subito ben più intricata e, ovviamente, si intreccia a quella del 1989, appagando il mio amore per i cold case.

Poco più di trecento pagine divise in 64 capitoli (più prologo ed epilogo), quindi brevi (a rendere più veloce la lettura) e della stessa lunghezza (una beatitudine per i precisini come me).

E' un thriller alla francese: meno dinamico di quelli americani, meno psicologico di quelli inglesi, meno poliziesco di quelli italiani e per niente surreale come quelli tedeschi. Si basa sui ragionamenti di 
Fabregas  che si avvale dell'aiuto del suo predecessore, ormai in pensione, l'uomo che aveva seguito il caso dei gemelli rimanendone condizionato per tutta la vita.

La sparizione momentanea di Nadia è solo l'inizio di una serie di eventi che rendono la storia piuttosto intricata, ma ben sviluppata e ben spiegata, una narrazione a cui imputo solo una certa esagerazione in alcune dinamiche, che però non penalizzano la logica.

Reading Challenge 2022, traccia dell'avvento di dicembre: un libro scritto da un autore ancora in vita


martedì 20 dicembre 2022

"L'ultimo giorno di Roma", Alberto Angela

Roma, 18 luglio 64 d.C.
Lucius Herennius Vindex, detto Rufus, è un vigiles esperto. Parte del suo lavoro consiste nel perlustrare la città intervenendo là dove rilevi un possibile rischio di incendio. In questo sabato caldissimo il suo giro di ronda sarà più lungo e più attento del solito perché deve insegnare il mestiere alla giovane recluta Quintus Saufeius Saturninus - spiegandogli i pericoli dei vari materiali, dal legno, alle stoffe, alle farine, mostrandogli le tipiche situazioni in cui le persone non prestano la necessaria attenzione quando accendono un fuoco, facendogli scoprire i molteplici punti di approvvigionamento dell'acqua sparsi per la città - non sapendo che sarà tutto inutile perché alla fine di quella giornata Roma verrà distrutta dal Grande Incendio.

Questo è il primo volume de "La trilogia di Nerone" e ci racconta com'era Roma prima della devastazione (nel secondo volume viene descritto l'incendio e nel terzo, pubblicato a inizio mese, le conseguenze dello stesso).

Nerone è solo un protagonista indiretto: nel primo capitolo ci viene spiegato che l'imperatore (all'epoca 27enne) e Poppea sono fuggiti dalla calura romana rifugiandosi nella Villa Imperiale di Anzio.
Ma i due personaggi principali, Vindex e Saturninus, sono persone realmente esistite (di loro si parla su una stele funeraria oggi conservata nel Museo di Villa Vecchia di Villa Doria Pamphilj), come lo sono tutte le altre citate: basandosi su testi antichi, testimonianze dell'epoca ed epigrafi, Angela le inserisce nella storia che racconta costruendo attorno a ognuno delle situazioni plausibili, raccontandoci così la vita quotidiana della Roma dell'epoca, la sua urbanistica, la sua bellezza, la sua ricchezza, la sua povertà.

E' un'epoca successiva di cent'anni a Cleopatra e di una ventina rispetto alla Roma di Claudio raccontata da Danila Comastri Montanari nella mia amata (e altrettanto trascurata: sono passati più di tre anni dall'ultimo libro letto) serie di Publio Aurelio Stazio.

Alberto Angela riesce come sempre a far rivivere il mondo antico.

L'architettura della città e - cosa per me ancora più interessante - il modo in cui ci si viveva.
Come le case venissero usate solo per dormire, mentre per mangiare, lavarsi, lavorare, eccetera, bisognasse uscire, cosa che generava un indescrivibile affollamento nelle strade, con conseguente inquinamento acustico.

Ma c'era anche un inquinamento di tipo atmosferico, al punto che le polveri e i fumi prodotti dai forni delle terme, dai fornai e dai fuochi vari accesi ovunque farebbero scattare le centraline delle città moderne.

Anche l'abusivismo edilizio era un problema già presente (chissà se anche allora condonavano tutto...), le case non venivano costruite a norma e si risparmiava sui materiali, situazioni che dettero un grosso contributo al propagarsi dell'incendio.

E il servizio della nettezza urbana non era così diverso da quello attuale, con l'aggravante che veniva svolto dagli schiavi.

Angela descrive le loro condizioni in una Roma cosmopolita. Parla degli insediamenti dei siri, delle comunità ebraiche, dei primi cristiani a circa trent'anni dalla morte di Gesù, con Pietro e Paolo in vita.

Spiega la struttura amministrativa della città e dell'impero e ci porta all'interno di case e locali (compresa una libreria dell'epoca).

Evidenzia alcuni errori nei film, a cominciare da "Ben-Hur" dove per simulare le corse sono stati creati e impiegati quelli che erano carri da parata, molto diversi da quelli usati nella realtà, strutture leggere costituite da basse piattaforme con ruote piccole.

Gli spunti che offre Alberto Angela sono sempre interessanti e curiosi. Che la bocca della verità è un tombino dell'epoca voi lo sapevate?

Reading Challenge 2022, traccia dell'avvento di dicembre: un libro basato su una persona reale

domenica 18 dicembre 2022

"Casalinghe americane", Helen Ellis

 

Per chi ama leggere sono poche le cose più piacevoli dell'avere del tempo libero da trascorrere in una libreria passando in rassegna i titoli senza pensare alla propria wish list né ai libri consigliati da riviste, amici o social, perdersi sbirciando decine di trame e poi andare alla cassa con il libro sconosciuto che ci ha fatto innamorare per la copertina.

Mi piacerebbe poter dire che è andata così con questo, ma - se la vista mi spinge a leggere soprattutto in digitale - il lavoro, la pigrizia e l'assenza di una libreria vera e propria nel mio quartiere rendono questo colpo di fulmine molto meno romantico: l'ho scoperto circa un anno fa grazie (ma adesso devo dire per colpa) a un post su un gruppo Facebook dedicato ai libri. La copertina - folle, originale e indimenticabile - mi ha folgorata al punto da farmi ignorare il consiglio a lasciar perdere l'acquisto da parte di chi aveva scritto la recensione.
Vi consiglio di non fare lo stesso errore.

Helen Ellis, americana dell'Alabama e giocatrice professionista di poker, ha pubblicato due romanzi (che sono una commedia dark e una storia di vampiri adolescenti), una raccolta di saggi e questa raccolta di racconti, risalente al
 2016, raccolta che non è affatto "esilarante, piccante e genuinamente divertente", come recensito dall'Indipendent né "sagace, irresistibile e assurdamente divertente" come scritto nell'aletta di copertina.

Divertente non lo è per niente. O quanto meno non mi ha divertita e sono ancora meno d'accordo con l'affermazione del The Guardian secondo cui "Davanti a queste donne, lettore, puoi ridere o alzare gli occhi, ma è impossibile che non ti ci riconosca."

Ma per carità! Per riconoscersi in una qualunque delle donne protagoniste di questi racconti bisogna aver accumulato una serie di squilibri mentali da ospedale psichiatrico, oltre a un bagaglio di superficialità e di egoismo di cui ci si può solo vergognare.

Già da primo raccontino (sono tutti brevi, ma alcuni sono proprio brevissimi, come questo, appena due facciate e mezza), "Quello che faccio tutto il giorno", avevo intuito che non avrei letto le tragicomiche avventure di casalinghe americane, ma i deliri di chi può commuoversi (come questa voce narrante) perché possiede un cassetto dedicato solo ai brillantini.

Quello successivo, "La guerra della boiserie" è lo scambio di mail fra due donne 
- molto diverse per età, retaggio, educazione, stile e gusti in fatto di arredamento - che si ritrovano a dover condividere un corridoio.

La voce narrante di "Rovistando con le stelle" è una dei partecipanti VIP all'omonimo reality. Over quaranta, deve la sua fama all'unico libro scritto quindici anni prima, esattamente come Helen Ellis nel momento in cui scrisse questa raccolta: ho provato a cercare di capire se il racconto sia autobiografico e quindi se lei abbia davvero partecipato a questo programma, ma il mio inglese meno che scolastico e il disinteresse che a quel punto già provavo per autrice e libro, mi hanno fatto subito passare la voglia di approfondire.

"Il linguaggio in codice delle signore del Sud" è un elenco, per fortuna di appena due pagine, di espressioni con un significato nascosto, ad esempio chiedendo "Sono troppo appariscente?" queste signore intendono dire "Sono bellissima e sarebbe bene che tu me lo dicessi" (spero che con la traduzione si siano persi dei divertenti giochi di parole, altrimenti non capisco perché scrivere una cosa tanto inutile).

In "Ciao! Benvenuta al book club" la voce narrante presenta il funzionamento del book club a una possibile nuova iscritta.
Riferendosi alla socia più anziana - sopravvissuta a due mariti e a tre figli - se ne esce con una delle peggiori frasi che abbia mai letto in un libro: "Perdere un figlio non è la fine del mondo. La vita va avanti e non di rado va abbastanza bene".

Il racconto successivo è ambientato in Georgia dove "Il sarto" è il marito della voce narrante e ha la capacità di trovare il reggiseno perfetto per ogni donna. 
 
"Come diventare una signora a tutti gli effetti" dispensa in due pagine una susseguirsi di consigli per raggiungere questo traguardo, tutti di altissimo livello come "Non manghiucchiarti le cuticole" e "Non vantarti del tuo arredatore di interni".

In "Come diventare una mecenate" spiega la tecnica in otto mosse, che vanno dall'accettare i soldi del proprio marito al diventare accompagnatrice di un uomo gay all'elaborare il proprio look distintivo.

I "Portieri morti" sono quelli uccisi dalla voce narrante di questo racconto, una moglie che quando il marito è al lavoro non si annoia mai perché c'è da spolverare (e da uccidere i portinai del lussuoso stabile in cui vivono...).

In "Operazione soccorso reginette" una donna, che si fa chiamare zia Mandy, ha trovato il modo di incrementare le entrate di casa portando via le piccole partecipanti dei concorsi di bellezza per bambine ricollocandole in famiglie adatte, dietro ampio compenso.

Il racconto più breve, appena venti righe, inizia così: "Se qualcuno si sposta per farti spazio, prenditene di più". Si intitola "Impara dai gatti" ed è forse il più godibile, almeno se si hanno dei mici o li si conoscono.

La raccolta si chiude in grande stile con "Il mio romanzo vi è gentilmente offerto da Tampax" dove la voce narrante cerca di scrivere un romanzo che racconta di tre generazioni di donne e quindi di un sacco di mestruazioni.

In definitiva: questo libro ha di bello solo la copertina?
No, anche il font.
Reading Challenge 2022, traccia dell'avvento di dicembre: un libro che hai comprato perché ha una bella copertina


martedì 13 dicembre 2022

"L'amante di città. Mistero in Monferrato", Raffaella Romagnolo

 

Limena (Monferrato). Non è normale che la sonnolenta quiete di un paesino di campagna venga sconvolta da due omicidi. Ancor meno che entrambe le morti - avvenute a dieci anni di distanza - siano state causate da un violento colpo al lobo occipitale sinistro dato con un oggetto in legno di ulivo.
Il maresciallo Ernesto De Luigi nell'ottobre 1993 era arrivato da poco nel Basso Piemonte e dopo sei settimane di indagini inconcludenti aveva dovuto cedere alle pressioni giunte dall'alto, archiviando la morte
 della contessa Maria Pia Grimaldi Franzoni come furto finito male, pur non essendone affatto convinto. 
Ma adesso, nell'agosto 2003, sa come muoversi per svelare i misteri che Corrado Pintore, professore universitario 56enne, sembra essersi portato nella tomba e che potrebbero essere collegati non solo all'omicidio della contessa, ma anche a uno scambio di lettere risalente al 1940...

Questo 2022 lo ricorderò come l'anno delle opere prime. Raffaella Romagnolo, nata a Casale Monferrato nel 1971, ha scritto la sua (che è appunto questa) nel 2007. Successivamente ha pubblicato titoli ben più noti (nel 2016 il suo "La figlia sbagliata" figurava nella dozzina di candidati al Premio Strega, vinto poi da Albinati con "La scuola cattolica"), ma io - da odiosa precisina (era da un po' che non lo scrivevo ^^) - ho preferito partire dal suo primo romanzo, decisamente diverso come genere dagli altri che ha scritto.

E' un giallo con indagini vecchia maniera, che come ambientazione, personaggi, meccanismo e un pochino anche per stile, sembra ben più datato dei 15 anni che invece ha. Se la storia fosse stata collocata in un'epoca diversa sarebbe stato meglio, perché a quel punto la patina d'altri tempi sarebbe stata voluta, mentre mal si adatta al suo presente del 2003.

Anche la gestione dei piani temporali avrebbe potuto essere più curata, ma nel complesso è un gialletto piacevole, una lettura breve (165 pagine) che per me ha rappresentato un buon diversivo rispetto ai thriller che puntano su descrizioni truci, suspense, psicologia, analisi di laboratorio, eccetera.

Mi ha delusa la scelta di usare un paese di fantasia (nelle pagine di apertura l'autrice avverte che un Limena esiste, nel Veneto, ma lei lo ha scoperto solo dopo aver scritto il libro) e non uno reale perché il bello di leggere storie regionali è anche (a volte soprattutto) quello di ritrovarsi in posti noti e siccome la Romagnolo vive a Ovada, cioè a una decina di chilometri da mia sorella, se al posto di una finta Limena ci fosse stato uno dei paesini lungo l'Orba o Ovada stessa sarei stata più soddisfatta.

Reading Challenge 2023, traccia dell'avvento di dicembre: un libro scritto da un autore il cui nome e cognome iniziano con la stessa lettera


domenica 11 dicembre 2022

"Lo schiaccianoci", Ernst T. A. Hoffmann

 

Ho sempre trovato i soldatini schiaccianoci di una bruttezza e di un'antipatia angoscianti.
Se ho ceduto alla settima traccia dell'avvento della Reading Challenge, che chiedeva proprio la lettura di questa favoletta, è stato solo per il piacevole ricordo che mi hanno lasciato le "Considerazioni filosofiche del gatto Murr" (che avevo letto a gennaio dello scorso anno) e per il legame che sento di avere con Hoffmann, di cui ho già scritto in quella recensione.

Gli Schiaccianoci nascono in Germania ed esistono due leggende, entrambe risalenti alla fine del 1600 e legate alla stessa zona, quella dei Monti Metalliferi (Erzgebirge) nella Sassonia meridionale.

Una delle due è quasi più fiabesca della fiaba stessa: il "c'era una volta" riguarda un uomo - tanto ricco quanto solo a causa del suo pessimo carattere - che trascorreva i Natali a rompere le noci raccolte nei suoi boschi. Invecchiando aveva promesso una ricompensa per chi fosse riuscito a inventare un attrezzo capace di alleviargli lo sforzo. Vinse un contadino producendo un soldatino intarsiato nel legno e dotato di un meccanismo che gli permetteva di frantumare i gusci di noce schiacciandoli con la mascella. L'invenzione fece breccia nel cuore dell'uomo che diventò un benefattore per l'intero paese.

L'altra leggenda racconta che gli abitanti del posto costruirono un gigantesco soldatino di legno a rappresentanza della loro ribellione per l'inasprimento delle tasse: questa versione è molto più realistica e dà allo Schiaccianoci una bella immagine di simbolo di protesta. La preferisco a quella di illusorio portafortuna che in epoca moderna è stata attribuita a questi oggetti, che hanno perso anche la loro funzione di schiaccianoci, diventando solo l'ennesimo decoro natalizio nelle case e nei negozi.

Sia come sia, Hoffmann per primo (parliamo del 1816, mentre "La storia di uno schiaccianoci" di Alexandre Dumas padre è del 1845, che però ebbe molto più successo ed è a Dumas che Čajkovskij si ispirò per il suo balletto nel 1892) ha costruito attorno a lui questa storia, il cui titolo completo è "Lo schiaccianoci e il re dei topi".

Appena 112 pagine nella mia edizione, che iniziano la sera del 24 dicembre quando Fritz e Marie, i figli del Consigliere Stahlbaum, fremono cercando di immaginare quali regali li aspettano sotto l'albero allestito in salotto, dove non hanno avuto il permesso di entrare per tutto il giorno. In particolare si chiedono cosa porterà per loro il padrino Drosselmeier.

Ovviamente sotto l'albero c'è uno Schiaccianoci, il protagonista, che dopo questa lettura non mi è diventato più simpatico e a cui ho preferito di gran lunga il personaggio di Frau Mauserinks.
Il finale a misura di bambino, 
con il classico "e vissero felici e contenti", mi ha molto delusa perché non in linea con l'Hoffmann che conoscevo per il gatto Murr (scritto quattro anni dopo).

Ma del resto a me le favole non piacevano neppure quando ero piccola, figuriamoci adesso.

Certo ho apprezzato la morale, concordo sul fatto che il gradimento di un regalo non dipenda dalla sua grandezza o dal suo valore, a patto di non essere una persona avida che usa il soldo come bilancino e io non sono così. Ma - ahimè - non sono neppure un cuore tenero da "basta il pensiero". Ho risolto la questione smettendo di fare regali e chiedendo di non riceverne. Triste? Forse, ma non più del farli per obbligo e del dover indossare la maschera della riconoscenza all'apertura di un dono mentre nella testa volano i vaffa...

Reading Challenge 2022, traccia dell'avvento di dicembre: leggere "Lo schiaccianoci"

venerdì 9 dicembre 2022

"Una donna in fuga", Linda Castillo

 

Painters Mill (Ohio), gennaio 2020. E' Gina Colorosa la donna in fuga. E' scappata da Columbus nel cuore della notte, quando la polizia ha fatto irruzione in casa sua con un mandato di perquisizione e forse anche uno di arresto. Le hanno sparato colpendola a un braccio e ora sta viaggiando lungo le strade innevate per raggiungere la piccola cittadina dove a capo della polizia c'è Kate Burkholder, la sua ex migliore amica, la sua ex collega... Perché anche Gina è una poliziotta, una poliziotta che in passato non si è fatta troppi scrupoli ad abusare del suo ruolo, ma la sua etica distorta aveva comunque dei limiti e il mese scorso la sua squadra li ha superati e adesso la stanno cercando perché sa troppe cose di loro... Non ho fatto chissà quale spoiler: il libro svela subito l'identità della donna in fuga. Per fortuna i timori che avevo espresso dopo aver letto "Il tempo della vendetta" sono risultati infondati e Piemme ha tradotto anche questa sedicesima puntata della serie di Kate Burkholder, seppur con quasi due anni di ritardo rispetto all'uscita negli Stati Uniti. Una storia diversa dalle precedenti, dove gli Amish non sono coinvolti nel giallo come attori principali, ma largamente presenti perché la bufera di neve finisce per bloccare Gina e Kate nella fattoria di uno di loro. La convivenza forzata fra il giovane vedovo padre di tre figli e la poliziotta di città viene sfruttata dalla Castillo per raccontare il mondo Amish, dandone quella solita immagine che a me ricorda sempre un po' "La casa nella prateria", che tanto amavo da bambina, e che però era ambientata nel 1870... Il legame passato con Gina le dà soprattutto modo di far raccontare alla sua protagonista i suoi trascorsi dopo aver lasciato la comunità Amish a diciotto anni, come e perché era diventata poliziotta a ventuno e il motivo che l'aveva portata ad abbandonare Columbus scegliendo di tornare a Painters Mill, eventi che nei titoli precedenti erano stati solo abbozzati senza mai essere spiegati nei dettagli. Come sempre una lettura leggera, di puro svago, piacevole e non impegnativa, con tutto il calore che si prova (nonostante il gelo dell'ambientazione) quando si torna in luoghi già noti e con personaggi già cari: il bello delle serie (e speriamo che Piemme si spicci a tradurre gli altri due romanzi già pubblicati in America).

Reading Challenge 2022, traccia dell'avvento di dicembre: un libro pubblicato in Italia nel 2022

lunedì 5 dicembre 2022

"Di turno la notte di Natale", Adam Kay

 

Quando a settembre avevo letto "Le farò un po' male" di Adam Kay ero sicura che questo altro suo libro mi sarebbe tornato utile a dicembre per la Reading Challenge e infatti è risultato perfetto per la traccia "un libro con la parola Natale nel titolo".

Scritto quattro anni dopo, nel 2019, è identico all'altro, tranne ovviamente per gli aneddoti raccontati. Strutturato allo stesso modo, quindi come un diario (e le odiose note, per fortuna molto inferiori di numero), prende in esame soltanto le due settimane a cavallo dei Natali che l'autore ha trascorso lavorando in ospedale, in particolare ogni 25 dicembre dal 2004 al 2009 quando era specializzando in ginecologia e ostetricia.

La causa del suo ritrovarsi sempre di turno la notte di Natale va senz'altro attribuita al suo essere ebreo (non credente) e al non avere figli (cosa che gli ha precluso la corsia preferenziale riservata a chi è genitore), ma soprattutto al sistema sanitario inglese che porta gli specializzandi in medicina a cambiare ospedale ogni sei mesi, facendoli quindi risultare Natale dopo Natale come gli ultimi arrivati del reparto e, quindi, vittime sacrificali nella turnazione.

Adam Kay si fa di nuovo paladino dei suoi ex colleghi, ricordando come per il personale medico di tutto il mondo Natale sia un giorno come un altro.
Da figlia di ex autista AMT (il servizio pubblico degli autobus di Genova) ricorderei a Kay che lavorare 365 giorni all'anno non è un'esclusiva di medici e infermieri. Anche noi giornalai sfioriamo l'en plein, ci salvano solo i pochissimi giorni dell'anno in cui i quotidiani non escono, con conseguente facoltà per le edicole di tenere chiuso il giorno successivo.

Certo guidare un autobus e vendere giornali non è impegnativo come cercare di salvare delle vite, ma fa bene Kay a sottolineare che "per quanto sia merdoso lavorare in ospedale sotto Natale, per i pazienti è molto peggio trovarsi in questo luogo". Sempre gustosamente dissacrante ("Possiamo chinare il capo e fare una preghiera. Non per ringraziare il dio che - siamo onesti -, a partire da quella famosa, intensissima settimana, ha fatto più danni che altro"), qui - fra incarti del Mars usati come profilattici, macinini da pepe introdotti come vibratori e un bambino chiamato Spiro dalla madre perché aveva la spirale quando era rimasta incinta - gli aneddoti sono più divertenti rispetto al libro precedente, ma come nell'altro, con una leggerezza da sceneggiatore comico qual è, spinge a profonde riflessioni sul funzionamento (o malfunzionamento) di quella sanità nazionale che è un bene prezioso per tutti.

Reading Challenge 2022, traccia dell'avvento di dicembre: un libro con la parola Natale nel titolo


venerdì 2 dicembre 2022

"Una vacanza perfetta", Laure Van Rensburg


Baia di Chesapeake (Virginia), gennaio 2018. Ellie Materson è una studentessa universitaria di 23 anni, timida, indecisa e maldestra. E' proprio il tipo di ragazza in grado di colpire Steven Harding, professore di letteratura quarantenne, un uomo sicuro di sé in grado di fornire tutto il sostegno possibile a ragazze insicure come Ellie, a patto che siano bellissime, e lei decisamente lo è.
Proprio per questo l'aveva notata appena era entrata al Norman's Café, fradicia di pioggia, con l'area spaesata e vulnerabile.
Era successo sei mesi prima, uno dei rapporti più lunghi della sua vita e adesso Ellie lo ha sorpreso organizzando per loro un week-end lungo in un posto idilliaco, una villa di lusso affacciata sull'oceano e circondata dal bosco. Per tre giorni saranno finalmente da soli, lontani dal caos e dai continui impegni newyorkesi, isolati dal resto del mondo.
Un paradiso... sempre che non si abbia bisogno di aiuto.

Un'altra opera prima. Laure Van Rensburg, francese residente a Londra, aveva precedentemente pubblicato solo racconti su riviste di settore. Questo suo primo romanzo del 2019 è stato tradotto di recente in italiano e avrebbero anche potuto risparmiarcelo.

Aver messo le mani avanti nella sinossi scrivendo che si tratta di "un romanzo avvincente e irresistibile che gioca abilmente con i luoghi comuni del crimine, una casa isolata, una tempesta di neve, nessun segnale telefonico" non lo rende certo meno banale: l'autrice ha sfruttato ogni genere di cliché e non c'è proprio nulla di avvincente o di irresistibile. 
Una storia piatta che a tratti sembra la parodia di un romanzo erotico. I pochi avvenimenti vengono ripetuti nell'arco dei tre giorni, 336 pagine dove la noia caratterizza sia il presente, sia il passato che viene ricostruito attraverso i flashback dei due, altrettanto noiosi, protagonisti.

I capitoli alternano il punto di vista dell'uomo e della ragazza, quelli di lui sono scritti in terza persona, mentre Ellie è la voce narrante e questo è il massimo dell'originalità del libro che non è assolutamente "scritto magnificamente", come sostenuto sempre nella sinossi.
Particolarmente irritante è l'inserimento di termini di uso non comune, un tentativo di ricercatezza che stride moltissimo con lo stile altrimenti semplice dell'autrice. Ma se la storia e il modo in cui è stata raccontata non mi sono piaciuti, trovo che l'aspetto peggiore sia il messaggio che trasmette che di certo non aiuta il movimento Mee Too, a cui la Van Rensburg fa riferimento nei ringraziamenti (vorrei poter approfondire questo punto, ma per farlo dovrei raccontare cosa succede nel libro).

Reading Challenge 2022, traccia dell'avvento di dicembre: un libro con della neve in copertina

 

giovedì 1 dicembre 2022

Reading Challenge: le tracce di dicembre

 

Tracce dell'avvento (un solo libro per traccia):

  1. un libro con la parola Natale nel titolo
    "Di turno la notte di Natale", Adam Kay (1 punto + 1 punto foto)
  2. un libro con della neve in copertina:
    "Una vacanza perfetta", Laure Van Rensburg (3 punti)
  3. un libro scritto da un autore che ha la stessa iniziale per nome e cognome
    "L'amante di città. Mistero in Monferrato", Raffaella Romagnolo (1 punto)
  4. leggere: "Un grammo di felicità al giorno"
  5. leggere: "L'ufficio degli affari occulti"
  6. un libro con una palla di neve in copertina
  7. leggere
    "Lo schiaccianoci", Ernst T. A. Hoffmann (1 punto)
  8. un libro pubblicato in Italia nel 2022
    "Una donna in fuga", Linda Castillo (3 punti)
  9. un libro scritto da un autore ancora in vita
    "I gemelli di Piolenc", Sandrine Destombes (3 punti)
  10. un libro comprato perché ha una bella copertina
    "Casalinghe americane", Helen Ellis (1 punto)
  11. un libro basato su una persona reale
    "L'ultimo giorno di Roma", Alberto Angela (3 punti)
  12. leggere: "La signora Potter non è Santa Claus"
  13. un libro con in copertina persone con abiti invernali
    "Buona fortuna", Barbara Fiorio (2 punti)
  14. leggere: "L'orologio meccanico"
  15. leggere: "La bugia di mezzanotte"
  16. il libro in cima alla propria wish list
    "Nel monastero di Crest", Sandrine Destombes (3 punti)
  17. leggere: "La bambina di neve"
  18. libro a scelta facendo foto mentre lo si legge in pigiama
  19. leggere: "Il diritto di contare"
  20. un libro che ti ricorda una persona cara che non c'è più
  21. leggere: "La compagnia di mezzanotte"
  22. un libro che hai comprato da tanto tempo
  23. leggere: "Il canto di Natale"
  24. un libro con un titolo che dedichi a una persona che ami

Traccia bonus (uno o più libri): 
libri pubblicati nello stesso decennio
 
 
 
I miei punti = 22


Iscrizioni sempre aperte QUI
Casata: L'ordine della fenice
 
 

lunedì 28 novembre 2022

"La casa sull'argine", Daniela Raimondi


Stellata (Ferrara). E' il 1799 quando una carovana di zingari transita per il piccolo borgo. Alcuni carri rimangono impantanati nel fango obbligando gli abitanti del posto e i gitani a una convivenza forzata che si prolunga prima a causa del maltempo e successivamente per un'epidemia di tifo. Un periodo sufficiente a far nascere l'amore per un'improbabile coppia: Giacomo Casadio, contadino taciturno e schivo di 45 anni, perde la testa per Viollca Toska, bella come i suoi 22 anni. L'anno successivo è già nato quello che avrebbe dovuto essere il primo figlio e che, invece, rimarrà l'unico, ma che basterà a dare il via a una saga familiare che arriverà fino ai giorni nostri.

Daniela Raimondi, classe 1956 e originaria della provincia di Mantova, aveva già scritto una decina di libri di poesie prima di pubblicare questo che è il suo primo, e per ora unico, romanzo. Amazon mi dice che era uscito il 24 agosto 2020 e i conti (mi) tornano: una settimana dopo iniziavo a leggere "Gli anni della leggerezza", il primo titolo dei Cazalet, e ricordo benissimo di come a fine ottobre, dopo aver terminato la serie, mi fossi messa a cercare altre saghe familiari inserendo "La casa sull'argine" in wish list.

L'ho poi ignorato per più di due anni perché il più delle volte non mi trovo a mio agio con lo stile di chi non è solo uno scrittore, ma anche (o principalmente) poeta. Invece la Raimondi mi ha conquistata sotto ogni punto di vista. E' uno di quei libri che mi è dispiaciuto aver finito ed era dall'estate che non mi succedeva.

Un difetto questo romanzo lo ha e risulta evidente facendo il confronto con la saga dei Cazalet: la Howard ha scritto cinque libri da 500/600 pagine l'uno per raccontare un periodo di appena 19 anni, la Raimondi ha racchiuso in un unico libro di 400 pagine circa due secoli e mezzo.
Peccato!
Per quanto la lettura sia stata lo stesso appagante, avrei tanto voluto avere da leggere almeno una trilogia. Invece qui gli sviluppi sono davvero molto rapidi, soprattutto nei primi capitoli dove in ognuno viene raccontata l'esistenza di una generazione con grossi salti temporali (1800, 1847, 1861, 1909...). E' solo dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale che il ritmo rallenta e alcuni dei personaggi presentati ci accompagnano fino al 2013, dove si conclude la storia.

Nonostante la Raimondi faccia riferimento a ogni evento storico di rilievo - le guerre di Indipendenza, l'Unità d'Italia, le emigrazioni di massa, la prima Guerra Mondiale (bellissima e straziante la descrizione delle condizioni nelle trincee che fa attraverso l'esperienza di Beppe Casadio), l'ascesa del fascismo, la seconda Guerra Mondiale e la lotta Partigiana, il '68 e gli anni di piombo, più sporadici accenni internazionali, da Pearl Harbor alla guerra in Vietnam allo sbarco dell'uomo sulla Luna - tutto, sempre a causa dell'aver limitato la saga a un unico volume, si traduce per lo più in accenni inconsistenti (ad esempio l'unità d'Italia viene relegata in un'unica frase: "Terminata la seconda guerra d’indipendenza e formatosi il Regno d’Italia, Achille Casadio tornò a vivere a Stellata."). Solo gli anni di piombo godono di un maggior approfondimento, ma qua ricorro a un altro importante confronto, quello con la tetralogia de "L'amica geniale": pochi capitoli di un libro di 400 pagine non possono essere particolareggiati come un intero libro ("Storia di chi fugge e di chi resta").

Ma il rimando maggiore lo faccio con Isabel Allende, e scusate se è poco! Credo sia stata una grande fonte di ispirazione per la Raimondi, per lo stile, per il modo di raccontare gli eventi attraverso i suoi personaggi e, soprattutto, per la "La casa degli spiriti", con quel realismo magico che normalmente non tollero e derido, ma che amo nei grandi autori.

Sperando che Daniela Raimondi stia lavorando a un altro romanzo bello come questo, chiudo con tre punti.

Una fotografia della bella Rocca Possente di Stellata:


Un ringraziamento per avermi risvegliato dei bei ricordi di mia madre con diverse canzoni citate, in particolare questa, uno dei suoi cavalli di battaglia (preciso: era così stonata da far sanguinare le orecchie... e cantava sempre!):

«Signorina Maccabei,
venga fuori, dica lei,
dove sono i Pirenei?»
«Professore, io non lo so, lo dica lei.»
E un appunto: la stazione ferroviaria di Genova si chiama Piazza Principe, non Porta Principe!! Ci teniamo ^^

Reading Challenge 2022, traccia di novembre: un libro di un editore che non hai letto a ottobre (Nord)

venerdì 25 novembre 2022

"Parrucchiere per signora", Irina Grekova

"Russia, anni Sessanta, un'austera donna si divide tra la cura dei figli e la professione di cibernetico. Porta da tre anni i capelli lunghi e decide di tagliarli."

Rileggendo adesso la sinossi del libro mi domando cosa mi abbia spinta all'acquisto. Risposta che in realtà conosco: averlo trovato usato e in super offerta sul sito del Libraccio mentre cercavo proprio un librino da poco per ottenere la spedizione gratuita.

Una lettura veloce - sono solo 105 pagine nel formato A6 di Sellerio - e piuttosto inutile, a tratti anche irritante per me che, evidentemente, ho proprio un'incompatibilità nei confronti degli autori russi, che siano classici o (più o meno) contemporanei.

Elena Wentzel - nata a Tallin nel 1907 quando l'Estonia faceva ancora parte dell'Impero Russo - figlia di due insegnanti, è stata un 
personaggio di spicco dell'Unione Sovietica come docente e matematica, nonché dagli anni Settanta come scrittrice, firmando le sue opere con lo pseudonimo di Irina Grekova.

"Parrucchiere per signora" lo ha scritto nel 1962 e la storia si svolge proprio negli anni '60. La protagonista, 
Maria Vladimirovna Kovalëva, è una donna di mezza età, madre di due figli di venti e ventidue anni, tanto pigri da non svuotare neppure i posacenere traboccanti di cicche facendo così imbestialire la madre al rientro dal lavoro. Una sera di primavera, stufa di doversi arricciare i capelli ormai lunghi dopo tre anni di trascuratezza, va dal parrucchiere. La fila è lunga, ognuna delle donne in attesa vuole mettere la propria chioma nelle mani del parrucchiere. Solo Maria accetta che a farle taglio e permanente sia Vitalij, l'apprendista. La donna è molto soddisfatta del risultato, almeno fino al primo lavaggio, quando si rende conto che per gestire al meglio i "nuovi" capelli avrà bisogno di andare a farsi fare la piega ogni settimana. Il seguito ovviamente non lo racconto, ma se anche lo facessi non avrei molto da scrivere. E' una storia che descrive episodi del quotidiano della donna e del ragazzo, relativi soprattutto alle rispettive mansioni. Maria è la direttrice dell'Istituto dei Computers, e questo - fra le righe - è probabilmente l'aspetto più significativo del librino: un esempio di come nell'Unione Sovietica - un po' per ideologia, un po' per necessità (Victor Zaslavsky nella sua introduzione ricorda come gli effetti dei 25 milioni di morti patiti durante la Seconda Guerra mondiale crearono un enorme squilibrio fra il numero delle donne e degli uomini, così grande da trascinarsi fino agli anni Settanta) - la partecipazione femminile al mondo del lavoro fosse massiccia a ogni livello e in ogni ambito, anche in settori - dall'ingegneria alla chirurgia - dove ancora oggi (e chissà per quanti altri decenni ancora) anche nei più democratici degli Stati il dominio maschile è assoluto.

Reading Challenge 2022, traccia di novembre: un libro con la copertina flessibile

mercoledì 23 novembre 2022

"La cliente", Pierre Assouline

 

Parigi, metà anni Novanta. Un biografo è soprattutto un investigatore. E' per questo che la voce narrante del romanzo si reca ogni giorno agli Archivi di Stato per portare avanti una ricerca sullo scrittore di cui sta raccontando la vita.
Cerca una lettera del 1941, quella con cui qualcuno aveva denunciato la famiglia di quello scrittore obbligandoli a dimostrare entro quindici giorni di non essere ebrei.
Non è stato semplice per il biografo ottenere dal Ministero della Cultura l'autorizzazione necessaria per accedere agli Archivi francesi, per altro una concessione estremamente vincolante: può solo leggere. Niente fotografie, niente fotocopie, niente appunti. E non potrà parlare di quello che leggerà perché i documenti risalenti alla Seconda Guerra Mondiale sono ancora segretati.
Meglio aspettare che siano tutti morti prima di divulgare il marcio di quegli anni...
Ma, fra le centinaia di lettere tutte simili, quella che attira la sua attenzione è datata 8 dicembre 1941 e a colpirlo è il nome della famiglia oggetto della denuncia: Fechner.
La famiglia di François Fechner, il marito della cugina di sua moglie, non solo un parente acquisito, ma un amico a cui è profondamente legato.
Per cui sa bene che alla fine della guerra l'unico dei Fechner a tornare vivo dai campi di sterminio era stato il padre di François.
Ed ora lui, il biografo, sa il nome della persona che nel 1941 li denunciò alla polizia preposta alla questione ebraica, di fatto condannandoli a morte: è una donna ed è ancora un'affezionata cliente dei pellicciai Fechner.

Pierre Assouline, nato in Marocco nel 1953 e trasferitosi in Francia da ragazzo, è scrittore, giornalista e biografo.
Questo romanzo, scritto nel 1998, è un'opera di fantasia fino a un certo punto. Perché - se i Fechner e i fatti qui raccontati sono stati inventati - negli anni dell'Occupazione francese di famiglie Fechner, deportate dopo essere state denunciate dei conoscenti, ce ne sono state tante.

Assouline non fa nessuno sconto a quei francesi che - spesso più per opportunismo che per reale convinzione - hanno scelto di schierarsi dalla parte del Male.

"Se si fosse trattato soltanto di odio, sarebbe stato semplice. Ma quando il male si esprime in tutta la sua banalità, quando appare profondamente quotidiano, la ragione depone le armi. Perché, con l'Occupazione, la politica non c'entra più. Per quattro anni ogni momento è stato il momento della verità, quello che rivela la parte di umano o di disumano di ciascuno di noi"

La citazione in copertina rimanda a "Dora Bruder", un paragone calzante per l'argomento trattato, ma solo per quello: qui non c'è ombra del distacco che avevo riscontrato in Patrick Modiano.

In questo bel libro, piuttosto breve (168 pagine), il Male trasuda, ogni scoperta del biografo accresce lo sconcerto suo e del lettore. Capire come la malvagità possa raggiungere un simile livello in un essere umano gli diventa priorità assoluta e noi scopriamo insieme a lui la verità, arrivando a uno dei finali più amari e desolanti che mi siano mai capitati fra le mani.

Un finale carico di un significato che non passerà mai di moda, non finché la guerra continuerà a essere considerata un'opzione valida per risolvere un problema.

"La guerra? Quelli che se la ricordano farebbero meglio a dimenticarla, ma quelli che l'hanno dimenticata ci guadagnerebbero a ricordarsene."

Reading Challenge 2022, traccia bonus di novembre: libri cartacei

lunedì 21 novembre 2022

"Primo amore e altri affanni", Harold Brodkey

 

Harold Brodkey, scrittore e giornalista americano, nasce nel 1930 e muore nel 1996, lasciando al mondo quattro raccolte di racconti e due romanzi.
"Primo amore e altri affanni" è la prima delle quattro raccolte. Pubblicata nel 1958, comprende racconti scritti fra il '54 e il '57 apparsi in precedenza sul "New Yorker".

Quanti racconti sono? La sinossi dice dieci, ma nella mia versione digitale ce ne sono soltanto nove.
Non mi arrabbio e non indago perché dei nove che ho letto non me ne è piaciuto nessuno, per cui non faccio un dramma dell'inspiegabile mancanza del decimo.

Dei nove superstiti, quattro sono un po' più lunghi (lunghi relativamente, visto che il cartaceo è di appena 173 pagine totali).

I primi tre hanno lo stesso protagonista, la voce narrante di cui non viene detto il nome (in seguito ho letto che sono parzialmente autobiografici).

Ne "Lo stato di grazia" ripensa all'estate del 1943, quando aveva 13 anni, viveva a St. Louis e contribuiva al precario bilancio familiare facendo il bambinaio di Edward, un bambino di sette.

"Primo amore e altri affanni" è il racconto più lungo e forse è per questo che è stato scelto per intitolare la raccolta. Siamo sempre a St. Louis, la voce narrante ha 16 anni e scopre l'amore, mentre la madre spinge la sorella maggiore a sfruttare la sua bellezza per sposare un ragazzo ricco.

"La lite" è quella che avviene nel 1948 a Bordeaux fra la voce narrante e un compagno di università durante la loro vacanza estiva in Europa. Dopo quasi due mesi di peregrinare in bicicletta fra i due scoppia l'insofferenza reciproca.

"Educazione sentimentale" ha come protagonista una giovane coppia. Lei è Caroline Hedges di Baltimora, lui Elgin Smith, di St. Louis. Si conoscono ad Harvard, in settembre. Lui la nota perché tanto graziosa, ma è convinto di poter mirare solo a ragazze brutte come lui, e invece...

E' probabile che Elgin Smith sia la voce narrante dei primi tre racconti, ma non ne sono sicura.

St. Louis e la crescita del personaggio potrebbero rendere ovvia la cosa, ma non viene detto chiaramente, come invece accade negli ultimi cinque racconti - "Allo specchio", "Laura", "Trio per voci gentili", "Pastorale" e "La Dama Bruna dei Sonetti" - tutti molto brevi, che descrivono momenti diversi della vita della protagonista, Laura, che in "Allo specchio" conosciamo diciannovenne mentre si sta preparando per uscire con Henry, che quella sera le farà conoscere sua madre. Ma in realtà Laura ha già in testa Martin, nonostante sia meno ricco dell'altro. Nei racconti successivi Laura è moglie e madre, la storia arriva fino ai suoi 28 anni.

Quello che meno mi è piaciuto di questi racconti (oltre a degli spaghetti con cetrioli, il piatto preferito della figlia di Laura, una delle combinazioni culinarie più disgustose che riesca a immaginare!) sono proprio le figure femminili, Laura in particolare, che sembrano voler rappresentare ciò che Brodkey sintetizza in una frase: "Il guaio di essere donna".

Certo negli anni '50, americani e non solo, era consueto aspirare a "sistemare" la propria figlia con il classico "buon partito" per garantire non solo a lei, ma all'intera famiglia, una vita più agiata, ma l'immagine di queste donne frivole e vanitose, ben contente di fare le belle statuine parcheggiate in un angolo mi ha reso questa lettura ben poco romantica e molto affannosa, trasmettendomi principalmente una grande inquietudine e senza mai riuscire a catturare veramente il mio interesse.

Che poi i racconti siano scritti in maniera impeccabile è certo ed è il motivo per cui non escludo di leggere in futuro altro di Brodkey, forse i due romanzi, per il suo stile, ma anche per l'ammirazione che provo nei suoi confronti per aver parlato nel quotidiano di cui era redattore della sua omosessualità e della sua malattia, in quegli anni Novanta, quando il mondo era pieno di esseri meschini e ignoranti convinti che se stavi morendo di Aids era per colpa delle tue scelte sessuali e per questo non avevi il diritto di stupirti né tanto meno quello di venire rispettato.

Reading Challenge 2022, traccia di novembre: una raccolta di racconti


sabato 19 novembre 2022

"I quaderni botanici di Madame Lucie", Melissa Da Costa


Auvergne, 9 luglio di un anno recente. Amande Luzin ha appena compiuto trent'anni e da diciotto giorni è vedova: un incidente stradale ha stroncato la vita del marito, altrettanto giovane, e quella della loro bambina, che avrebbe dovuto nascere in agosto.
Come è possibile sopravvivere a un simile strazio? L'unica cosa che Amande riesce a fare è scappare dalla loro città, Lione, e affittare una casetta di sessanta metri quadri nel cuore dell'Auvergne, lontana da tutto e da tutti, chiudersi dentro e non far entrare niente e nessuno, neppure la luce.
Finché la vita torna a bussare alla sua porta: prima nelle sembianze di un gatto randagio grigio e spelacchiato, che alla fine dell'estate cerca un po' di calore; poi nelle vesti della dinamica Julie Hugues, a cui non si può non aprire la porta perché quella casa era di sua madre e lei è la nuova proprietaria; infine sotto forma di carta, quella dei minuziosi diari in cui Madame Lucie annotava tutto ciò che riguardava la cura dell'orto. Un orto che era già stato un'ancora di salvezza per l'anziana donna quando aveva perso il marito e che può rivelarsi altrettanto utile anche per Amande.

E' passato poco più di un mese dalla lettura di "Tutto il blu del cielo" e il secondo romanzo (scritto nel 2020) di Melissa - mai una gioia - Da Costa ha risposto a una delle tracce di novembre.

Sinceramente non so se avrò voglia di leggere anche il terzo quando lo scriverà e la motivazione è spiegata con quello che ho scritto fra il suo nome e il suo cognome: se nell'altro romanzo conoscevamo Émile nel momento in cui scopriva di essere condannato a morte da un'impietosa malattia, apprendendo poi anche il tragico passato di Joanne, la co-protagonista, in questo l'asticella di drammaticità rimane alzata al massimo con la prematura morte di un trentaduenne, una neonata partorita morta e tutta la conseguente devastazione non solo della giovane vedova, ma anche dei genitori e del fratello di lui.
Considerando la quantità di libri esistenti e l'impossibilità di leggere tutto ciò che vorrei, preferirei evitare una terza storia così drammatica.

Certo la letteratura è piena zeppa di protagonisti ancora più sfortunati di questi, senza dimenticare romanzi e saggi che raccontano fatti realmente accaduti, con conseguente aggravio, ma le storie della Da Costa - dove il dramma viene usato con lo scopo di spingere alla rinascita - mi creano disagio e fastidio. Una sensazione latente durante la lettura di "Tutto il blu del cielo" e che questa volta è esplosa.

Forse è successo perché li ho letti a breve distanza o forse non ho digerito l'idolatria al pino sacro e i banchetti per la luna piena, ma in un modo o nell'altro tutta la positività che l'autrice cerca di trasmettere su di me ottiene il risultato opposto.

Mi piacerebbe leggere un suo romanzo beandomi dell'immersione totale nella natura che lei riesce a trasmettere e della sua capacità di descrivere zone rurali della Francia, così diverse dalla solita Parigi, ma altrettanto splendide, se non di più. Ma un romanzo dove nessuno muore e nessuno soffre.
Soprattutto non un manuale di auto-aiuto spacciato per narrativa.

Reading Challenge 2022, traccia di novembre: un libro ambientato principalmente in una casa o in un castello


 

giovedì 17 novembre 2022

"Insegnami la tempesta", Emanuela Canepa

 

Roma, 19 marzo 2000. E' il giorno in cui Emma, appena ventiduenne, partorisce Matilde. Al suo fianco non c'è il padre biologico, ma il ragazzo che sposandola l'ha salvata dalle apparenze, così care ai suoi rigidi genitori, e in fondo anche a lei. E non c'è Irene, l'amica che sei mesi prima è scappata dalla città senza aiutarla come aveva promesso di fare.
Città di Castello, estate 2018. Emma aspetta che le venga aperto il cancello del monastero delle Clarisse. E' da lì che la sera prima l'ha chiamata Irene, dopo diciotto anni di silenzio. Ed è lì che si è rifugiata Matilde, quella figlia con cui non è mai riuscita a instaurare un rapporto convenzionale, con cui anche quando era solo una bambina un semplice abbraccio fra loro risultava innaturale e con cui adesso non riesce più a parlare.

Questo è il secondo romanzo scritto (nel 2020) da Emanuela Canepa, che per via del cognome pensavo fosse genovese, mentre è nata a Roma, nel 1967.
Con il primo, "L'animale femmina", ha vinto il Premio Calvino nel 2017. Cerco sempre di leggere i libri seguendo l'ordine cronologico, ma questa volta ho fatto un'eccezione per "colpa" della Reading Challenge: una traccia di novembre chiede la lettura di un libro con una o più candele in copertina e fra i tanti titoli nella mia wish list ho trovato solo questa candelina.

Sicuramente recupererò "L'animale femmina", perché - per quanto "Insegnami la tempesta" (titolo orribile: non attrae e non ha rimandi alla storia che racconta) sia stata una lettura controversa per me - è stata piacevole, questo principalmente grazie allo stile di scrittura dell'autrice e alla sua grande capacità di costruire tutta la vicenda andando a ritroso.
Vicenda che non mi ha convinta del tutto o forse è l'aver avuto un legame con mia madre profondamente diverso da quello che (non) c'è fra Matilde ed Emma a rendermi impossibile capire davvero quello che Emanuela Canepa intendeva trasmettere.

Non riesco a immaginare un distacco, una freddezza così profondi fra una madre e una figlia, un tale livello di non conoscenza reciproca, di mancanza di dialogo.

E non sono sicura di aver interpretato la figura di Emma come era nelle intenzioni dell'autrice, ma è a lei che io attribuisco le colpe, una donna anaffettiva, non solo nei confronti della figlia, ma anche del marito, tanto disponibile e paziente da risultare inverosimile in un contesto reale.
Una donna che per diciotto anni ha scaricato sull'amica di allora la colpa per le conseguenze della sua incapacità di agire da sola.
Una donna che soffre di gelosia vedendo la figlia più affezionata al patrigno, senza mai assumersi la responsabilità delle sue mancanze.
Una donna che vive la sua condizione di madre come una condanna, un baratro per i suoi sogni di gioventù, un sacrificio continuo.
Una donna che della figlia pensa: "Quindi è questo l’individuo egoista che ho cresciuto. Quello per cui continuo a pagare." senza mai accennare a un'autocritica.

Senza mai pensare che Matilde non le aveva chiesto di nascere.

Reading Challenge 2022, traccia di novembre: un libro con una o più candele in copertina


domenica 13 novembre 2022

"Undicesimo: fuma. Storia efferata di delitti e sigarette", Antoine Laurain

 

Il 10 gennaio 2005 è il giorno in cui in Italia è entrata in vigore la legge 3/2003 (art. 51: “tutela della salute dei non fumatori") che vieta il fumo nei luoghi pubblici chiusi. Io all'epoca avevo appena compiuto 36 anni e da 19 fumavo quasi due pacchetti di sigarette al giorno (togliendo il "quasi" quando ero allo stadio a vedere la Samp). Fumavo anche in edicola e i mesi da quel gennaio al successivo agosto sono stati fra i più tormentati della mia vita. Potevo fumare solo sulla soglia del negozio, di fretta e non riuscendo mai a godermi la sigaretta. Ero ancora più nervosa e irascibile del solito, tanto che verso maggio, per la prima volta in vita mia, avevo iniziato a prendere in considerazione l'eventualità di smettere. Avevo quindi aspettato le ferie estive, giusto per evitare il rischio di ammazzare qualcuno, e una domenica sera avevo fumato quella che sarebbe diventata la mia ultima sigaretta. Per tre settimane avevo patito vere e proprie crisi di astinenza, con sudori freddi e tremori, ma alla fine il fisico si era liberato dalla dipendenza dalla nicotina. "Undicesimo: fuma" è l'ultimo dei romanzi di Laurain tradotti in italiano che mi rimaneva da leggere (gli altri sono "La donna dal taccuino rosso", "Rapsodia francese" e "Il cappello di Mitterand") e ho raccontato perché ho smesso di fumare per spiegare la mia sorpresa davanti all'incipit del libro.

La vita di Fabrice Valentine, protagonista e voce narrante di questo romanzo scritto nel 2008, si sconquassa quando in Francia (nel 2007) entra in vigore la legge analoga alla nostra.

Valentine ha cinquant'anni, fuma da quando ne aveva 17 (come me), è sposato con Sidonie, da cui ha avuto una figlia, Emma, e riveste un ruolo da quadro alla HBC Conseils. Amo l'umorismo di Laurain e ha iniziato subito a farmi ridere costruendo per Fabrice e Sidonie un primo incontro esilarante. Lei - che successivamente diventerà redattore capo di una rivista di arte contemporanea - è responsabile dell'allestimento di una mostra. Lui, che ha la mia stessa considerazione per l'arte moderna ("Latta, bronzo, plastica e vetro: mi sembrava tutta roba sottratta a una discarica e raffazzonata alla meno peggio") vi è stato trascinato da un collega. E' quando spegne una sigaretta in quello che a tutti gli effetti è un posacenere - già bello pieno di cenere, per altro - che un grido femminile lo blocca: il posacenere era un'opera d'arte e la cenere che conteneva non era il prodotto di altre sigarette fumate, ma le ceneri della madre dell'artista. Io non ho mai fatto gaffe di questo tipo e, soprattutto, non sono diventata una serial killer dopo aver smesso di fumare, che è quello che invece succede a Valentine: su insistenza di Sidonie, ricorre all'ipnosi per togliersi il vizio, ma qualcosa va decisamente storto... A sorpresa ho trovato
un po' di Genova anche in questo libro, nella figura di Renzo Piano, citato con il suo Centre Pompidou (per me orribile).
Come negli altri romanzi di Laurain che ho letto, la storia è ambientata a Parigi, sua città natale, e nonostante gli omicidi non è un giallo. E' una storia abbastanza surreale, abbastanza divertente, abbastanza coinvolgente. Scritta molto bene e molto introspettiva.
"Quando si comincia una carriera di fumatore non si è in sostanza che l'assassino di se stessi"
Le sigarette possono sembrare le assolute protagoniste perché citate in ogni pagina, ma è la vita di Valentine a esserlo e Laurain - raccontando il suo presente e il suo passato - esplora ogni tipo di rapporto, Valentine figlio, Valentine marito, Valentine padre, Valentine amico, Valentine dipendente, Valentine collega, Valentine uomo. Un personaggio che racchiude tutte le sfaccettature di una persona normale, sia in positivo che in negativo, con in più una vera e propria ossessione per il fumo, una dipendenza psicologica che io non credo di aver mai avuto e forse è (anche) per questo che non ho mai ammazzato nessuno. Almeno finora.

Reading Challenge 2022, traccia bonus di novembre: libri cartacei


giovedì 10 novembre 2022

Reading Challenge 2023


Sono ufficialmente aperte le iscrizioni alla Reading Challenge 2023: anche quest'anno Claudia è riuscita a inventarsi un nuovo meccanismo, la fantasia di questa ragazza non ha limiti!

Torneranno le tracce annuali, ci sarà la novità assoluta delle tracce stagionali e ci saranno anche tre tracce diverse ogni mese.

Cliccando qui o nel banner in alto troverete il link del regolamento sul blog di Claudia e se decidete di iscrivervi e vi va di farla con me chiedete di essere inseriti nella mia casata, l'Ordine della Fenice.


Ci tengo a sottolineare che, nonostante il gran numero di tracce, la Challenge è molto libera, c'è chi legge un centinaio di libri all'anno come me, chi ne legge molti di più, chi molti di meno: nessuno giudica, nessuno critica, nessuno obbliga.

C'è chi detesta queste sfide, spesso sostenendo di non voler essere condizionato nella scelta di cosa leggere. In realtà la Challenge di Claudia è talmente aperta che basta avere una buona scorta di libri ancora da leggere (e se si ama farlo è impossibile non averla...) e/o una wish list di libri che si vorrebbero comprare che raramente ci si trova a dover cercare altro, ma lo scopo delle RC è anche quello di uscire dalla propria confort zone ed è una cosa che può soltanto arricchirci. 

L'attesa delle nuove tracce l'ultimo giorno del mese e la conseguente ricerca dei libri adatti sono fra le cose che più amo fare, a un livello che non avrei mai creduto possibile prima di appassionarmi a questo "gioco".