lunedì 29 marzo 2021

"La figlia perfetta", Anne Tyler

Baltimora, venerdì 15 agosto 1997. E' il giorno in cui Jin-Ho e Suki arrivarono dalla Corea.
La prima ha cinque mesi ed è stata adottata da Bitsy e Brad Donaldson, coppia sulla quarantina, che hanno organizzato per la piccola un comitato di accoglienza in grande "stile" coinvolgendo parenti di ogni genere e grado, colorando il gate dell'aeroporto con palloncini e scritte di benvenuto e, naturalmente, fotografando e filmando a più non posso.
E il video di quel giorno verrà riproposto ogni anno per volere di Bitsy, maniaca delle feste a tema, per quella che diventerà la "festa del giorno dell'arrivo" e che coinvolgerà anche Sami e Zibah Yazdan, i genitori della seconda bambina coreana.
Immigrati iraniani di seconda generazione, quel giorno si erano presentati all'aeroporto in compagnia della sola Maryam, la nuova nonna paterna di Suki, prontamente rinominata con l'americanissimo Susan.
Perchè per loro, a differenza dei Donaldson, non è così importante trasmettere alla figlia la cultura della sua nazione di origine...

Come nella sinossi originale, anch'io nel mio abbozzo di trama mi limito a parlare delle due bambine, ma loro sono quasi un pretesto per raccontare la reale protagonista della storia, Maryam. Nata nel 1939 (come mia madre) a Teheran ed immigrata negli Stati Uniti nel 1958, la conosciamo nel 1997 (come tutti gli altri), quando ha 58 anni. Un personaggio non perfetto, ma che forse mi è piaciuto così tanto perchè mi sono tanto ritrovata nei suoi spigoli caratteriali. Una donna forte e indipendente che attraverso i ricordi ci racconta il suo percorso di vita.

Il libro avrebbe potuto essere più incisivo se avesse approfondito maggiormente le cruciali vicende della rivoluzione iraniana del '79 e se avesse trattato meno superficialmente la questione dell'integrazione razziale. Ho un caro amico iraniano, Milad, e i suoi racconti sono decisamente meno semplicistici e più interessanti.

Chiaramente la Tyler ha preferito mantenersi su toni lievi, non ho riscontrato la "spassosa comicità" con cui viene descritto nella prefazione, mentre i "momenti di grande tenerezza" ci sono e me li sono goduti. Una lettura davvero piacevole che mi ha fatto venire voglia di recuperare altri titoli dell'autrice.

Reading Challenge 2021: questo testo risponde alla traccia normale di marzo (il titolo deve iniziare con l'iniziale del nome di una partecipante alla Reading Challenge nata a marzo: Lara)

 

domenica 28 marzo 2021

"Cattive sorelle", Jane Corry

Londra, giorni nostri. Danielle e Susie sono sorelle, ma non potrebbero essere più diverse, fisicamente e caratterialmente: una è mora e l'altra e bionda, una è frivola e l'altra è posata, una sogna di fare l'attrice e l'altra la scrittrice... Non sono mai andate d'accordo, ma è a Susie che Danielle si rivolge quando teme che il marito Simon voglia ucciderla. E Susie accorre, non tanto per il vincolo di sangue, ma per quel segreto che le unisce dall'adolescenza...

Insulso raccontino di appena 49 pagine - per fortuna scaricabile gratuitamente sia su IBS che su Amazon - pubblicato poco prima dell'uscita de "Le tre bambine" (l'eBook ne contiene i primi due capitoli), a me ha dato l'impressione che la Corry lo abbia scritto da adolescente perchè davvero non sembra opera di uno scrittore professionista.

Anche questa volta l'autrice ha alternato i sei brevi capitoli fra le due protagoniste femminili, con quelli inerenti a Susie scritti in prima persona e quelli di Danielle in terza. Oltre a questo non c'è nulla che rimandi ai suoi tre trhiller che ho appena letto, il colpo di scena finale - che dovrebbe essere alla base di tutta la storia gialla - non giustifica gli sviluppi che avrebbe generato, ma la cosa terribilmente carente è il livello di scrittura, così piatto e banale da far pensare, come dicevo, che Jane Corry lo avesse nel cassetto dai tempi della scuola e che un editore furbastro lo abbia utilizzato per lanciare l'uscita del suo nuovo (all'epoca) romanzo.

Mi ci sono voluti 20-30 minuti per leggerlo e se non mi avessero reso un punto in più nella Reading Challenge mi pentirei di averli sprecati così.

Reading Challenge 2021: questo testo risponde alla traccia cascata di marzo (lo collego a "Basta un caffè per essere felici" perchè scritti da autori stranieri)


 

sabato 27 marzo 2021

"Basta un caffè per essere felici", Toshikazu Kawaguchi

Tokyo, giorni nostri. Sono passati sette anni dalle vicende raccontate in "Finchè il caffè è caldo" e qualcosa è cambiato per i gestori del locale che, invece, resta immutato dal 1874.
Soprattutto è sempre possibile decidere di fare un viaggio nel tempo con la speranza di incontrare qualcuno e potergli dire o dare qualcosa, mettendo così a tacere i rimpianti o i rimorsi per non averlo fatto quando ce n'era stata l'occasione.
Ma il viaggio ha sempre la stessa caratteristica, quella di durare poco, solo il tempo necessario al caffè per raffreddarsi, ma mai del tutto!

Scritto due anni dopo il primo (quindi nel 2017) e uscito nella versione italiana a metà gennaio di quest'anno, è strutturato allo stesso modo dell'altro, cioè diviso in quattro capitoli che sono anche quattro storie autoconclusive con un leggero intreccio dei personaggi.

Di bello c'è che approfondisce e spiega l'identità e il ruolo della donna vestita di bianco che occupa la sedia-portale per i viaggi nel tempo, mentre delle quattro storie indipendenti ho apprezzato solo la seconda (madre e figlio). Le altre le ho trovate poco fantasiose e della terza (gli innamorati) dopo averla finita ho dovuto rileggerne alcune parti perchè i salti temporali sono gestiti in modo piuttosto confuso.

Ma l'aspetto peggiore è la grande ripetitività, superiore a quella del primo romanzo, che già ne era un notevole esempio: anche questa volta il ripasso delle regole viene proposto in ogni capitolo, mentre ho perso il conto delle volte in cui viene descritto come fra l'ingresso del locale sulla strada e quello che costituisce l'accesso vero e proprio al caffè ci sia un corridoio. Per altro il corridoio nel primo libro era una scala! 

Spero e credo che si tratti di un errore di traduzione, ma per me questi sono dettagli disturbanti, al pari di quanto è stato scritto nella sinossi che colloca il caffè "in un piccolo paese del Giappone" e non a Tokyo: sarebbe bastato leggere il primo libro per saperlo!

Ma il particolare che mi ha lasciato più perplessa è lo stupore di un personaggio nel constatare che fra le decine di persone che avevano voluto fare un salto nel passato "addirittura" quattro erano ritornate per vedere una persona morta, pur sapendo che nulla avrebbe potuto modificare il presente. Perchè stupirsi? I giapponesi hanno davvero una mentalità così diversa dalla nostra? O è Kawaguchi a non aver mai vissuto un lutto grave? Perchè se potessi tornare nel passato non avrei dubbi su chi incontrare: mia madre. Sarebbe bello rivederla anche sapendo di non poter fare nulla per salvarle la vita e non mi sembra ci sia da sorprendersi per questo.

Reading Challenge 2021: questo testo risponde alla traccia cascata di marzo (lo collego a "Finchè il caffè è caldo" perchè scritti dallo stesso autore)


 

 

mercoledì 24 marzo 2021

"Finchè morte non ci separi", Jane Corry


Penzance (Cornovaglia), 14 febbraio 2018. Per Vicki (Victoria) Goudman non è stato facile ricominciare tutto da capo, un'altra volta. Quarantasei anni e con alle spalle un divorzio che ha soltanto subito, adesso grazie al corso di aromaterapia riesce a fare un lavoro indipendente e che ama, ma va sempre a finire allo stesso modo: un attacco epilettico, la voce si spande, le clienti iniziano a disdire gli appuntamenti e a lei non resta altro da fare se non trasferirsi in un posto dove nessuno la conosce.
Questa volta è anche peggio perchè la polizia bussa alla sua porta quando è insieme a una cliente: David, il suo ex marito, è scomparso dal 31 gennaio e Tanya, la sua nuova moglie - cioè l'ex segretaria di cui lui si era innamorato quando era ancora sposato con Vicki - ha dirottato i sospetti su di lei.
Vicki sostiene di non vederlo dal 2013, cioè da quando hanno divorziato, ma qualcuno li ha fotografati mentre stavano litigando fuori da un ristorante solo poche settimane prima che lui sparisse.
E presto per Vicki si spalancano le porte del carcere, un luogo a lei fin troppo familiare...

E tre! Anche questa volta Jane Corry sfrutta la sua conoscenza delle patrie galere inglesi (derivante dall'aver insegnato scrittura in un carcere di massima sicurezza) dando a questa ambientazione un ruolo ancora più rilevante rispetto ai due thriller precedenti. Del resto Robin Cook, ex medico, ha ambientato tutti i suoi romanzi negli ospedali o negli istituti di ricerca, così come John Grisham, ex avvocato, scrive legal thriller. Devo sforzarmi di ragionare in quest'ottica perchè la reazione istintiva è quella di provare fastidio per la ripetizione.

Anche la struttura è sempre la stessa con le voci delle protagoniste femminili che si alternano nei tanti capitoli creando continui salti temporali, che per fortuna la Corry sa gestire molto bene, così come è brava a fornire elementi chiave nel corso della narrazione senza far capire quanto siano importanti per poi riprenderli  successivamente, ma anche questa volta ricorre a coincidenze per fare quadrare la storia. E sbaglia completamente la tempistica di quello che è uno dei momenti salienti della vicenda. Vicenda ricca di colpi di scena - più o meno grandi, come negli altri due romanzi - che rendono la lettura così avvincente da far passare in secondo piano gli aspetti negativi, però dovrebbe sforzare la fantasia (che di certo non le manca) per diversificare i suoi libri perchè presi singolarmente
sono belli, ma nell'insieme - soprattutto se vengono letti di seguito come ho fatto io - danno la spiacevole sensazione di "letto uno, letti tutti".

Detto questo, ho inserito il nome di Jane Corry negli alert del (meraviglioso) servizio "Gaia la libraia" offerto da IBS per essere informata all'uscita dei suoi prossimi libri: cercando su Amazon UK il titolo originale di questo (The dead ex: anche questa volta migliore del titolo scelto da Piemme) vedo che ne ha scritto altri negli ultimi anni, li leggerò senz'altro.

Reading Challenge 2021: questo testo risponde alla traccia normale di marzo (il titolo deve iniziare con l'iniziale del nome di una partecipante alla Reading Challenge nata a marzo: Francesca)


 

lunedì 22 marzo 2021

"Finchè il caffè è caldo", Toshikazu Kawaguchi

Tokyo, giorni nostri. In un'anonima stradina della capitale dal 1874 c'è un piccolo caffè. E' davvero minuscolo, ha soltanto tre tavolini da due e tre sgabelli al bancone. Ha anche tre orologi appesi alla parete, di cui soltanto uno segna l'ora giusta, ma se non si sa quale sia dei tre non si riesce neppure a capire in quale momento della giornata ci si trovi perchè il locale non ha finestre e l'ingresso non dà sulla strada, ma si trova ai piedi di una scala.
Anni prima ha suscitato molta curiosità quando un giornalista gli aveva dedicato un articolo in cui svelava il suo segreto: sedendosi in quel caffè era possibile viaggiare nel tempo. Ma l'interesse dei tanti che avrebbero voluto tornare nel passato per fare o dire qualcosa che non avevano detto o fatto, oppure per ridire o rifare qualcosa in modo diverso, si era scontrato con le regole ferree che bisogna seguire per far sì che tutto funzioni.
Ad esempio il caffè non deve raffreddarsi. Mai!

Sono tante le persone che snobbano i casi letterari, invece a me attirano: senza sottovalutare il potere della spinta editoriale, penso che se un libro viene letto da "tutti" e se a quasi tutti piace, è facile che piaccia anche a me, per un semplice calcolo delle probabilità. Un conto è lasciarsi influenzare nell'acquisto, un altro farsi condizionare nel giudizio.

Inoltre non volevo rimanere l'unica della Reading Challenge a non averlo ancora letto!

Adesso che l'ho finito un po' mi stupisce il grande successo che ha riscosso anche in Europa.
Opera prima, scritta nel 2015, lo vedo perfettamente in linea con la cultura e la mentalità giapponesi, meno con le nostre. Però trasmette un messaggio (pieno di retorica) buono (deducibile dal titolo metaforico e spiattellato nella sinossi) e, guarda caso, si è scelto di tradurlo nell'annus horribilis 2020...

Visto il tema del viaggio nel tempo, Amazon avrebbe potuto etichettarlo come fantasy al pari de "La bibioteca di mezzanotte". Invece questa volta ha optato per la rassicurante e sempre valida narrativa contemporanea.

Un libro breve, 177 pagine, diviso in quattro capitoli che sono anche quattro storie autoconclusive. I personaggi di ciascuna, oltre ad essere legati dal caffè e dai suoi gestori, lo sono anche dal meccanismo che li porta a fare da comparsa in un "racconto" per poi diventare protagonisti di un altro, formando così una specie di filo ininterrotto.

A chi, come me, fatica a memorizzare i nomi stranieri, specialmente quelli giapponesi a cui non si viene svezzati neppure dalle serie TV, conviene annotarsi le caratteristiche principali, altrimenti è un attimo perdersi con tutte quelle K qualcosa...

In sostanza un librino che, più che essermi piaciuto, non mi è dispiaciuto e che mi ha trasmesso tutta quella serenità che ritrovo negli autori nipponici, non sempre  e non tanto per quello che viene raccontato, ma per come viene scritto, quel loro ritmo calmo e ripetitivo che su di me ha un effetto rilassante e sua mia sorella esasperante: credo che sarà lei a restare l'unica della RC a non leggerlo.

Reading Challenge 2021: questo testo risponde alla traccia cascata di marzo (un libro con una tazza in copertina)


mercoledì 17 marzo 2021

"Io ti guardo", Irene Cao

 
Venezia, ottobre, giorni nostri. Elena Volpe ha 29 anni e (copio dalla sinossi) "una bellezza innocente, ma sfacciata". Impegnata nel restauro di un dipinto a Ca' Rezzonico, viene travolta dall'incontro con Leonardo Ferrante, tenebroso chef di fama internazionale, ospitato nel palazzo dal proprietario (perchè nel romanzo appartiene a un privato e non è un museo).
Bello, imponente, magnetico, riesce facilmente a coinvolgere Elena nel gioco della passione di cui è maestro, mettendo subito in chiaro che sarà lui a dettare le regole e che lei non dovrà mai innamorarsi di lui: "Non sono uno da fidanzate".
La ragazza non è sicura di aver capito questa "frase criptica", sa solo che quell'uomo riesce a far crollare ogni sua resistenza portandola a fare cose a cui prima di conoscerlo non osava neppure pensare...

Spero si colga l'ironia voluta: proprio non riesco a prendere seriamente questo genere di libri. La Cao è un po' più brava della Schianchi che ho letto tre anni fa, ma entrambe sono lontane anni luce dall'erotismo di Miller o della Nin. E' colpa di questi due se ogni tanto mi lascio tentare dal genere erotico per poi ritrovarmi nell'abusata situazione del protagonista master soft che non arriva al sadomaso o al bondage veri e propri, ma che esercita sulla donna - ovviamente sempre bellissima, ma rigorosamente inibita e inesperta - una dominazione mentale che evidentemente non è di facile trasposizione letteraria.

In questo caso Leonardo riesce a far mangiare carne cruda a una Elena vegetariana fin dall'adolescenza, la trasforma da astemia a tracannatrice di vino e alcoolici e le fa fumare una canna quando in vita sua non aveva mai fatto neppure un tiro di sigaretta...
E ovviamente frantuma ogni possibile tabù, la lega, la benda, fanno sesso per strada, fanno sesso a tre (FFM, naturalmente!)... direi che manca solo il sesso anale, ma del resto questo è il primo libro di una serie, negli altri dovranno pur fare qualcosa di diverso, no?!

La Cao non riesce a essere nè coinvolgente, nè intrigante, nè eccitante. Scritto nel 2013, ha chiaramente sfruttato il successo di "50 sfumature di grigio" che lo ha preceduto di due anni: non faccio un confronto perchè non ho letto quella trilogia nè ho visto i film che ne hanno tratto, ma la storia è arcinota e i meccanismi sono gli stessi.

E' tristissimo come in questo genere di libri si tenti di far corrispondere l'emancipazione femminile con la capacità di vivere una storia di sesso senza lasciarsi coinvolgere sentimentalmente.
E sono sempre più insofferente alle espressioni usate nei romanzi rosa o erotici nel tentativo di trasmettere passione. La Cao non me ne ha risparmiata mezza: la lingua sfacciata o arrogante, lo sguardo assassino o che non lascia scampo, la voce diabolica, il sorriso satanico, con frasone tipo "Preparati,
Elena, perché la prossima cosa che mangerò sei tu" che nella vita reale creerebbero frigidità in qualunque donna, invece della sperata eccitazione!

Oltre tutto il libro, pur essendo recente, è già invecchiato male: WhatsApp ha segnato una svolta per i rapporti di un certo tipo, mentre qui i protagonisti sono ancora fermi agli MMS... Ma sono proprio loro - protagonisti e personaggi in generale - a essere poca cosa, inconsistenti anzichè affascinanti, e troppo, troppo, troppo vuoti. La cosa migliore del libro è l'ambientazione veneziana, ma non basta.

E ora mi chiedo cosa fare con la seconda e terza parte perchè per risparmiare 1.98€ ovviamente ho comprato il pacchetto dell'intera trilogia più il quarto volume uscito a cinque anni di distanza! Classico esempio di come la parsimonia genovese a volte possa costare cara...

Reading Challenge 2021: questo testo risponde alla traccia normale di marzo (il titolo deve iniziare con l'iniziale del nome di una partecipante alla Reading Challenge nata a marzo: Ines)

 

lunedì 15 marzo 2021

"Un gatto nel cuore di Torino", Juri Bossuto


Torino, novembre 2012. Che cosa fai se un gatto compare all'improvviso nel cortile del lussuoso palazzo storico dove vivi, nel cuore della Torino bene, palazzo dove sono in corso massicci interventi di restauro che hanno trasformato detto cortile in un cantiere, per giunta proprio quando sta per arrivare l'inverno e tu sai benissimo che la pelliccetta non proteggerà adeguatamente la bestiola, bestiola che intuisci sia stata abbandonata di recente e che quindi - non avendo le capacità, l'astuzia, gli anticorpi e tutto quello che in qualche modo permette ai randagi di sopravvivere all'addiaccio - avrebbe più che mai bisogno di qualcuno disposto ad accoglierla in casa, ma tu non puoi essere quel qualcuno perchè vivi con la tua compagna in appena 40 metri quadrati di mansarda e avete già un'altra gatta (che questa sia di razza spero sia solo un caso) e lei, Mela, non tollererebbe un altro felino sotto al suo stesso tetto?

Io e mio marito non viviamo in un palazzo storico, non viviamo nella Genova bene, non viviamo in una città con inverni freddi come quelli di Torino e non viviamo in 40 mq, ma in 92 e neppure questi sono tanti, per cui è capitato anche a noi di non poter adottare non uno, ma tanti randagi perchè ne avevamo già "troppi" (adesso cinque, ma c'è stato un tempo felice in cui erano otto). E allora cosa abbiamo fatto? Ci siamo semplicemente sbattuti per trovare loro una casa.

Juri Bossuto e compagna, invece, si attivano solo per sfamare la micetta nel cortile, le allestiscono un giaciglio (un semplice trasportino con dentro una vecchia felpa) e le fanno un po' di coccole, arrivando poi a definire rapimento l'intenzione di adottare la gattina da parte di una commessa della zona e poco importa se rapimento viene scritto fra virgolette!

Ho avuto a che fare con dei "Bossuto", persone che si erano in qualche modo affezionate a Pallina, a Gippi, ecc, quando erano randagi e che erano dispiaciuti quando ce li siamo portati a casa e non li hanno più visti in giro, noncuranti del fatto che Pallina nei suoi primi otto anni di vita in strada era stata investita tre volte, morsa malamente da un cane e altro.
In casa con noi è arrivata a 22 anni: non mi si venga a parlare di libertà!

Ma questa non è la storia di Pallina, bensì quella di Era e chi ce la racconta è uno storico e commentatore politico (anche ex consigliere della Regione Piemonte), ambientalista e animalista, che ha scritto altri due libri oltre a questo, "Il gigante armato: Fenestrelle, fortezza d'Europa" e " Le catene dei Savoia", sicuramente generi più adatti al suo modo di scrivere, pesante e noioso all'inverosimile... E non sto dicendo che la storia sia pesante e noiosa (io amo la storia), ma lo è lo stile dell'autore, decisamente inadatto al tema teneri micetti.

Non che mi aspettassi un qualcosa alla Doreen Tovey (non fosse altro perchè Bossuto non è un'anziana donna che vive in un cottage immerso nella campagna inglese), ma nemmeno tutta l'inutile ampollosità e tutti quei pomposi aforismi in cui mi sono imbattuta. Uno stile che mi ha ricordato moltissimo quello di Rissotto nel suo "Peglite": di entrambi non si può certo dire che scrivano male, ma nessuno dei due ha quella fluidità che contraddistingue gli scrittori professionisti, anche quelli meno capaci.

La cosa più bella del libro è l'oggetto libro: bella la carta, bella la rilegatura, bello il font, belle le sette illustrazioni (che
inspiegabilmente spuntano solo nella prima metà) e belle le zampine che decorano un angolo di ogni pagina, ma purtroppo il contenuto non è altrettanto bello.

Peccato, soprattutto perchè io e Bossuto la pensiamo allo stesso modo su molte cose, dalla politica al giudizio sui giudici di Masterchef (
"dispensatori di mediocrità eletti a maestri da chissà chi") e condivido la conclusione a cui dice di essere giunto ("l'essere umano può spesso definirsi un pazzo criminale per come macella, distrugge, trita, strazia la Vita che popola il pianeta Terra"), sperando che sia riuscito a diventare vegano come la sua compagna e che non lo sia solo "a tratti", come ha scritto in un post di sei anni fa su FB...

Ma lo avrei stimato di più se nel novembre 2012 si fosse attivato per risparmiare a Era il glaciale (lo dice lui) inverno torinese.


Reading Challenge 2021: questo testo risponde alla traccia sorpresa di marzo

 

 

domenica 14 marzo 2021

"La biblioteca di mezzanotte", Matt Haig

Bedford (Inghilterra), 27 aprile, giorni nostri. E' una serata orribile per Nora Seed: alla soglia dei 35 anni è appena stata licenziata dal negozio di strumenti musicali dove lavorava da 12. Anche la madre del ragazzino a cui dava lezioni di pianoforte una volta alla settimana le dà il benservito. Il futuro non promette nulla di buono e ogni speranza crolla quando qualcuno suona alla porta di casa dandole una terribile notizia e privandola dell'unico grande affetto che le era rimasto. Adesso non ha proprio più nessun motivo per andare avanti, l'aldilà - ammesso che esista - non può essere peggiore della sua vita terrena...
Quello che non sa è che c'è un passaggio fra la vita e la morte: e così si ritrova in una biblioteca con un infinito numero di libri le cui copertine raccolgono tutte le sfumature di verde possibile: hanno spessori diversi e ognuno racconta cosa sarebbe stata la sua vita se avese fatto delle scelte diverse. Solo un libro ha la copertina grigia, il più pesante: quello dei rimpianti.
E adesso Nora deve provare a sfogliarli sperando di trovare una dimensione felice che abbia voglia di vivere.

Ci sono volute Claudia e la Reading Challenge per spingermi a leggere un fantasy: qui non ci sono sortilegi, elfi o folletti, ma Amazon lo classifica in questo genere e per me ci sta tutto visto quanto è surreale la storia.

Una storia raccontata con uno stile di scrittura fin troppo semplice (sinceramente dall'autore - di cui ho sempre sentito parlare benissimo per "Come fermare il tempo", che ho in wish list - mi aspettavo molto di più), che i tanti rimandi filosofici non bastano a far salire di "livello" e che, anzi, ho personalmente trovato disturbanti per le ovvietà che man mano miravano a sottolineare, così come la morale del libro - seppur condivisibile - è troppo prevedibile, scontata e banale per riuscire a lasciare un segno importante in chi legge (o almeno a me non ha colpito).

Un'altra leggerezza di Haig è stata quella di cercare di dare una spiegazione logica alla sua invenzione narrativa coinvolgendo la fisica quantistica e gli universi paralleli quando avrebbe potuto continuare a giocare con la fantasia lasciando il libro nella sfera di favoletta quale è.

La protagonista - una donna inconcludente che si crogiola nell'autocommiserazione e che nella vita reale (o nel ruolo principale di un altro tipo di racconto) avrei detestato - qui svolge al meglio la sua funzione, quella di dare un senso alla necessità del "gioco" delle sliding doors con lo scopo di portare il lettore a chiedersi come avrebbe potuto essere la sua vita se nel passato avesse fatto scelte diverse. Un meccanismo in cui sarei una pessima giocatrice perchè posso definirmi una persona decisa che non subisce la pressione altrui: non che questo renda indenni dalle scelte sbagliate, ma se riguardo i 51 anni trascorsi c'è solo una cosa che farei e che non ho fatto e solo una che invece ho fatto e che starei attenta a non fare più. In definitiva non sentirei il bisogno di immergermi nei volumi di una mia personale biblioteca di mezzanotte...

Un romanzo veramente molto distante da me, ma che - nonostante finora abbia descritto solo quelli che per me sono difetti - è stata una lettura abbastanza piacevole perchè scorrevole e perchè su qualcosa io e Matt Heig la pensiamo allo stesso modo...

"Nora avrebbe desiderato vivere in un mondo privo di crudeltà, ma gli unici mondi che aveva a disposizione erano quelli dove c'erano anche gli esseri umani"

...senza mai  scordare che:

"Gli esseri umani sono soltanto una delle 9 milioni di specie che abitano la terra"

Reading Challenge 2021: questo testo è la traccia gold di marzo

 

 

venerdì 12 marzo 2021

"Le tre bambine", Jane Corry



 
Londra, settembre 2016. Alison ha quasi 34 anni e la sua vita è rimasta segnata da un episodio accaduto 15 anni prima. Rabbia, rimorsi e rimpianti la hanno relegata in un'esistenza priva di legami sia sentimentali che di amicizia a cui si aggiungono i problemi economici, perchè i corsi d'arte non le permettono di guadagnare abbastanza ed è per questo che si ritrova ad accettare anche il lavoro di insegnante in un carcere maschile di minima sicurezza.
Kitty ne ha 26 di anni, ma la sua vita di un tempo è finita nel luglio 2001: da allora vive in un istituto, non può più camminare e i pensieri che a lei sembra di esprimere chiaramente sono in realtà farfugliamenti indistinti che nessuno riesce a capire.
Però qualcosa sta cambiando, sta cominciando a ricordare...

Dopo aver letto "La nuova moglie" alla fine del mese scorso, sono stata contenta che una traccia di marzo della Reading Challenge mi permettesse di leggere subito il secondo thriller di Jane Corry, ma averli letti in così rapida successione ha fatto sì che notassi maggiormente le tante similitudini fra i due romanzi.

Abbiamo di nuovo due protagoniste femminili le cui voci si alternano nei (tanti) capitoli, quindi la struttura è la stessa, così come è del tutto simile la caratterizzazione dei vari personaggi.
Abbiamo di nuovo un carcere: l'autrice ha insegnato scrittura in un carcere di massima sicurezza, cosa che evidentemente le ha dato degli spunti narrativi, ma ha sbagliato a sfruttare il meccanismo in entrambi i libri.
E c'è poi un altro fatto - non da poco e assolutamente identico, ma che non spiego per evitare lo spoiler - che riguarda due delle protagoniste, una mancanza di fantasia che mi ha dato veramente tanto fastidio.


Nonostante ciò il libro mi è piaciuto, e tanto, perchè - al di là di dare l'impressione di qualcosa di "già letto" e di un escamotage (fondamentale per lo sviluppo della storia) della cui verosimiglianza bisognerebbe chiedere a un neurochirurgo - è una storia coinvolgente, forse con un po' troppi colpi di scena che però sono anche quelli che rendono difficile staccarsi dalla lettura.

Bello il cameo della Lily de "La nuova moglie".

Pessimo il titolo italiano: l'originale "Blood sisters" sarebbe stato facilmente traducibile, ma anche più carino (sicuramente più sensato) da mantenere.

Reading Challenge 2021: questo testo risponde alla traccia normale di marzo (il titolo deve iniziare con l'iniziale del nome di una partecipante alla Reading Challenge nata a marzo: Lara)
 

lunedì 8 marzo 2021

"Il gioco delle ultime volte", Margherita Oggero

 

Amsterdam, 25 agosto 1989. Nicola Molino e Matteo Molinaro hanno 19 anni e si stanno godendo l'Europa grazie all'Interrail. Dopo la Francia e il Belgio sono arrivati nei Paesi Bassi senza sapere che lì le loro strade si divideranno per trent'anni.
Torino, 2019.
Nicola adesso è medico d'urgenza al Pronto Soccorso. Alla fine del turno si è trovato di fronte una ragazzina di nemmeno 17 anni, un'età a cui probabilmente non arriverà mai perchè le sue condizioni sono disperate.
Una paziente come tante, ma Nicola non riesce a togliersi dalla testa quel viso bellissimo nonostante il trauma, forse perchè
a sentire i testimoni sembra che si sia buttata volontariamente sotto al tram in arrivo...
E il lungo week-end da trascorrere a Chamois nella baita dei Ferroni, amici di sua moglie Teresa, più che una distrazione rappresenta un peso per lui. Non ha nessuna voglia di isolarsi per tre giorni con altrettante coppie di gente che non conosce e ancora non sa quanto sia sbagliato questo pensiero perchè almeno una di quelle persone la conosce benissimo!

Romanzo breve, appena 164 pagine, e particolare sotto vari punti di vista. In primis mi sorprende che Amazon lo classifichi come thriller psicologico e IBS addirittura come thriller e suspense: per me si tratta di pura narrativa contemporanea. Un libro drammatico, claustrofobico, dove il grande potenziale introspettivo non viene però approfondito come avrei voluto e come la Oggero avrebbe saputo fare benissimo se si fosse concessa un romanzo più corposo.

Un romanzo con tanti personaggi, troppi in relazione al numero delle pagine: raccontando qualcosa di tutti si finisce per forza per non andare in profondità con nessuno. Una "compagnia problematica", come viene ben descritta da uno dei componenti.

Un romanzo con un titolo fuorviante: quel gioco delle ultime volte
(a cui nella sinossi viene inspiegabilmente dato grande risalto) che viene proposto da uno dei personaggi minori e che ne coinvolge soltanto due (sempre minori), i quali raccontano due aneddoti piuttosto insignificanti sprecando un'idea attorno alla quale avrebbe potuto svilupparsi un romanzo molto articolato e coinvolgente.

Un romanzo che mi è piaciuto, molto, finchè non mi sono resa conto del fatto che, mancando dei necessari approfondimenti e sviluppi, racchiudeva molti difetti. Il principale quello di creare una grandissima aspettativa per "la spiegazione" che quando arriva si sgonfia in modo assurdo e la sinossi (tutta sbagliata, sembra di leggere un altro libro) contribuisce non poco ad aumentare la delusione per un finale che non è soltanto sbrigativo, ma riesce a essere contemporaneamente prevedibile e inverosimile.

Infine un romanzo malinconico per me che ho un'età di poco superiore a quella del protagonista e che a 19 anni, proprio come lui, ho goduto di quella cosa magnifica che era l'Interrail di allora, un biglietto che permetteva agli under 26 di viaggiare ovunque in Europa, eri tu a scrivere la destinazione sul "biglietto", salivi a bordo del treno e via, l'avventura iniziava.
E' con l'Interrail che ho fatto il mio primo viaggio da adulta, 42 ore filate di treno con molti meno cambi di quelli che sarebbero necessari adesso (all'epoca c'era un fantastico treno notturno che partiva da Genova verso le 21 e ti permetteva di svegliarti al mattino già a Francoforte) per arrivare a Bergen, in Norvegia, al seguito della mia Samp con alcuni amici, compreso quello che poi sarebbe diventato mio marito, per ridiscendere alcuni giorni dopo facendo qualche tappa, ma con la fretta di arrivare a Udine per la successiva partita di campionato. Che bei tempi che erano, quanto me li sono goduti! Mi ritrovo perfettamente con un altro dei personaggi del libro che rimpiange l'incoscienza degli anni del liceo (per me della scuola professionale) e quelli immediatamente successivi. E, a differenza di tanti, ero pienamente consapevole che quella spensieratezza sarebbe stata unica, dettaglio non da poco per vivermela come meritava.

Reading Challenge 2021: questo testo risponde alla traccia compleanno di marzo (l'autrice è nata il 22 marzo 1940)


 

giovedì 4 marzo 2021

"Come uccidere il padre. Genitori e figli da Roma a oggi", Eva Cantarella

Grosso modo la percentuale di saggi che leggo ogni anno si avvicina al 10% delle mie letture e si tratta sempre di testi divulgativi che raramente mi hanno messa in difficoltà. Con questo di Eva Cantarella ho mirato un po' troppo in alto rispetto alla mia preparazione scolastica che mi aveva portata a studiare l'antica Roma soltanto alle medie!

Senza contare che avrei dovuto leggere prima il precedente saggio che l'autrice ha dedicato alla famiglia,
"Non sei più mio padre. Il conflitto fra genitori e figli nel mondo antico".

Entrambi sono nati dal desiderio di verificare se i fatti di cronaca nera tristemente quotidiani, o quasi, maturati in ambito familiare vadano davvero imputati alla cosiddetta crisi della famiglia moderna, in particolare al rapporto fra padri e figli, come molti sostengono.

La Cantarella dimostra e spiega come questo rapporto fosse molto più conflittuale nell'antichità e come lo fosse molto di più per gli antichi romani rispetto agli antichi greci: mentre per i primi il parricidio era un crimine frequente, le fonti greche praticamente lo ignorano.

Per farlo - a differenza di Alberto Angela, cioè l'unico altro autore di cui ho letto saggi legati agli antichi romani - la Cantarella non si limita a raccontare le usanze del tempo, ma si basa su elementi che fin dalla prima pagina mi hanno dato l'impressione di partecipare a una lezione di diritto romano. Materia a me del tutto sconosciuta che mi ha spinta a chiedere a Paolo, il mio più vecchio amico, nonché avvocato: "Ma le XII Tavole e le Leges Regiae sono sinonimi o sono due cose diverse?", scoprendo che storia del diritto romano era stato il suo primo esame universitario e che il 30 e lode fu largamente meritato visto che a distanza di 34 anni ricorda tutto e che quel tutto ci ha tenuto a spiegarmelo bene, facendomi pensare che forse avrei fatto bene ad essere paziente aspettando il "sì" o il "no" che probabilmente mi avrebbe dato come risposta Chiara a cui avevo fatto la stessa domanda poco prima...

Comunque sia adesso, grazie a Eva Cantarella e a Paolo, ho abbastanza chiari gli aspetti di familias, pater familias, dote, hereditas, ecc, del diritto romano. Cosa di cui sono senz'altro contenta, ma le difficoltà riscontrate mi hanno portata a eliminare dalla mia wish list tanti altri titoli dell'autrice che mi ero segnata, mantenendo soltanto quelli dei due ebook che ho già comprato.

Non c'è nulla di male nel riconoscere i propri limiti, anzi, ma se si ha qualche nozione vale senz'altro la pena leggerla.

Reading Challenge 2021: questo testo risponde alla traccia normale di marzo (il titolo deve iniziare con l'iniziale del nome di una partecipante alla Reading Challenge nata a marzo: Claudia)