Parigi, estate 2019. I tre ragazzi Popper - Serge, Jean e Nana - hanno smesso da un pezzo di essere ragazzi, ma quando pensano a loro stessi come unità familiare è così che continuano a definirsi. E, come la giovinezza è ormai lontana, anche l'unità vacilla: il cancro, che si era portato via il padre più di vent'anni prima, il 15 dicembre dell'anno precedente ha fatto il bis rendendoli orfani del tutto. Al dispiacere si uniscono i rimpianti, come quello di rendersi conto di non essere stati abbastanza curiosi circa la storia della loro famiglia quando ancora avrebbero potuto fare delle domande ai genitori.
E quando sei ebreo e questa consapevolezza ti coglie mentre ti trovi sdraiato di fianco a tuo fratello sul letto di un albergo di Auschwitz e nella stanza di fianco ci sono tua sorella e tua nipote, quella che ha voluto fare con voi tre questo viaggio della memoria, bè, non deve essere piacevole realizzare che ormai è tardi per recuperarla.
Scritto nel 2021 è attualmente l'ultima opera di prosa di Yasmina Reza - drammaturga, scrittrice, nonché autrice e sceneggiatrice teatrale - nata a Parigi nel 1959 da madre ungherese e padre iraniano, entrambi ebrei.
Privo di capitoli (ma con frequenti intermezzi che non ne fanno sentire la mancanza) e piuttosto breve (186 pagine), è un libro che probabilmente avrei apprezzato di più se non ne avessi subito il bombardamento sui social (soprattutto su IG) e i relativi entusiastici giudizi.
Mi aspettavo un'ottima scrittura e quella l'ho trovata, come mi è piaciuto il dissacrante umorismo della Reza («Non capisco perché nonna si è fatta cremare. Mi sembra assurdo che un’ebrea si faccia cremare». «L’ha voluto lei». «L’idea di farsi infilare in un crematorio con quello che ha passato la sua famiglia è assurda»), ma quello che non ho trovato sono i "personaggi indimenticabili" promessi nella sinossi.
Non lo è Jean, la voce narrante, che ritaglia per sé un ruolo piuttosto marginale, e non lo è nessuno degli altri (non pochi, visto l'intreccio di legami familiari). Soprattutto non lo è Serge, il fratello maggiore, che abusa di cibo, fumo e alcool spiccando per le sue ossessioni scaramantiche e che non merita di avere il titolo.
Personaggi stereotipati che non riescono a generare un arco narrativo coinvolgente nonostante le tematiche: malattia e olocausto.
Turismo per immagini. Arrivati in Polonia Jean dice di Auschwitz che è la cittadina più fiorita che abbia mai visto. Le ricerche su Google immagini portano ovviamente al campo di concentramento, ma usando Oświęcim (il nome polacco) si scoprono panorami di una piacevolezza inaspettata:
E quando sei ebreo e questa consapevolezza ti coglie mentre ti trovi sdraiato di fianco a tuo fratello sul letto di un albergo di Auschwitz e nella stanza di fianco ci sono tua sorella e tua nipote, quella che ha voluto fare con voi tre questo viaggio della memoria, bè, non deve essere piacevole realizzare che ormai è tardi per recuperarla.
Inconcludente
Scritto nel 2021 è attualmente l'ultima opera di prosa di Yasmina Reza - drammaturga, scrittrice, nonché autrice e sceneggiatrice teatrale - nata a Parigi nel 1959 da madre ungherese e padre iraniano, entrambi ebrei.
Privo di capitoli (ma con frequenti intermezzi che non ne fanno sentire la mancanza) e piuttosto breve (186 pagine), è un libro che probabilmente avrei apprezzato di più se non ne avessi subito il bombardamento sui social (soprattutto su IG) e i relativi entusiastici giudizi.
Mi aspettavo un'ottima scrittura e quella l'ho trovata, come mi è piaciuto il dissacrante umorismo della Reza («Non capisco perché nonna si è fatta cremare. Mi sembra assurdo che un’ebrea si faccia cremare». «L’ha voluto lei». «L’idea di farsi infilare in un crematorio con quello che ha passato la sua famiglia è assurda»), ma quello che non ho trovato sono i "personaggi indimenticabili" promessi nella sinossi.
Non lo è Jean, la voce narrante, che ritaglia per sé un ruolo piuttosto marginale, e non lo è nessuno degli altri (non pochi, visto l'intreccio di legami familiari). Soprattutto non lo è Serge, il fratello maggiore, che abusa di cibo, fumo e alcool spiccando per le sue ossessioni scaramantiche e che non merita di avere il titolo.
Personaggi stereotipati che non riescono a generare un arco narrativo coinvolgente nonostante le tematiche: malattia e olocausto.
"Non il massimo dell'allegria questa storia"
Turismo per immagini. Arrivati in Polonia Jean dice di Auschwitz che è la cittadina più fiorita che abbia mai visto. Le ricerche su Google immagini portano ovviamente al campo di concentramento, ma usando Oświęcim (il nome polacco) si scoprono panorami di una piacevolezza inaspettata:
Reading Challenge 2025, traccia annuale Scarabeo