Verbania, aprile 2018. Mancano un paio di mesi agli esami di maturità e un gruppo di liceali, tutti figli della Milano bene, si concede un lungo week-end nella sontuosa villa dei De Meo. E' stato il proprietario - ricco industriale con aspirazioni politiche nell'ultra destra - a fare pressioni sul figlio perché invitasse i compagni di scuola, forse nella tardiva speranza che il ragazzo socializzasse con quelli che lo avevano bullizzato fin dal primo anno di liceo.
E così Edoardo parte con Ilaria, Corrado, Stefano, Serena, Mirko e Zaira. E con Nadia, ovviamente, la sola e unica amica che abbia mai avuto.
Nadia che il mattino successivo all'arrivo viene trovata morta sul letto di una delle stanze dell'ultimo piano della villa, mentre Edoardo vaga in stato confusionale nei boschi attorno alla casa dove viene rintracciato dalla polizia. Si dichiara colpevole, appagando la PM Tagliaferri e il vicequestore Martini.
Ma qualcuno non è convinto: Ivan Castelli, criminologo di fama mondiale e padre della diciottenne uccisa.
Ferdinando Salamino - autore milanese (classe 1971), ma soprattutto psicoterapeuta e docente a Oxford - non era nella mia infinita wish list perché non avevo (e non ho) trovato la cronologia della sua serie che ha per protagonista Michele Sabella, ma quando a metà agosto sono incappata a sorpresa nel firma copie del suo nuovo romanzo (pubblicato a maggio di quest'anno) alla Giunti della stazione di Piazza Principe non mi sono lasciata sfuggire il piacere di avere una copia autografata.
E, presa dall'entusiasmo (era dai tempi di Vialli e Mancini che non chiedevo un autografo a qualcuno e il solo gesto mi ha fatto tornare indietro di trent'anni, a tempi blucerchiati ben diversi da quelli attuali...), gli ho fatto scavalcare tutta la scaletta di libri che avevo già programmato di leggere.
Un romanzo che definirei giallo, nonostante in copertina venga classificato come thriller. Castelli è un criminologo attivo, non si limita a consulenze e pareri, ma agisce indagando sull'omicidio della figlia. La trama consente a Salamino (autore anche di saggi in materia) di analizzare i comportamenti dei personaggi con padronanza ("Ogni omicidio aveva un'età determinata dalla maturità dell'atto, dalla pienezza del movente e dalla profondità delle dinamiche"), spiegando meccanismi difficili con una semplicità tale da renderli comprensibili anche a chi non sa nulla di psicologia e disturbi mentali.
Ho apprezzato questo suo non salire in cattedra, cosa che invece ho sempre trovato disturbante in quei professionisti di un settore che quando si trovano a scrivere libri come questo dimenticano che stanno realizzando un'opera di intrattenimento e non un trattato.
Mi hanno convinta di meno certi passaggi della storia, ad esempio avrei evitato il personaggio di Federico, inutile nonostante sia il ragazzo di Nadia, preferendo un maggiore approfondimento su questa ragazza al centro della storia perché vittima, ma di cui non viene data una motivazione per il repentino cambiamento avvenuto in quello che sarebbe poi diventato il suo ultimo anno di vita.
Ma Salamino, quando gli ho chiesto se la storia fosse autoconclusiva, mi ha risposto che lo era, aggiungendo che stava pensando ad altre vicende legate al protagonista.
Ivan Castelli non è simpatico: un uomo duro, anaffettivo e presuntuoso, ma di certo si presta a una serie tutta sua, magari con un futuro prequel (che di solito non amo) con al centro questo triste rapporto padre figlia.
E così Edoardo parte con Ilaria, Corrado, Stefano, Serena, Mirko e Zaira. E con Nadia, ovviamente, la sola e unica amica che abbia mai avuto.
Nadia che il mattino successivo all'arrivo viene trovata morta sul letto di una delle stanze dell'ultimo piano della villa, mentre Edoardo vaga in stato confusionale nei boschi attorno alla casa dove viene rintracciato dalla polizia. Si dichiara colpevole, appagando la PM Tagliaferri e il vicequestore Martini.
Ma qualcuno non è convinto: Ivan Castelli, criminologo di fama mondiale e padre della diciottenne uccisa.
Oscuro
Ferdinando Salamino - autore milanese (classe 1971), ma soprattutto psicoterapeuta e docente a Oxford - non era nella mia infinita wish list perché non avevo (e non ho) trovato la cronologia della sua serie che ha per protagonista Michele Sabella, ma quando a metà agosto sono incappata a sorpresa nel firma copie del suo nuovo romanzo (pubblicato a maggio di quest'anno) alla Giunti della stazione di Piazza Principe non mi sono lasciata sfuggire il piacere di avere una copia autografata.
E, presa dall'entusiasmo (era dai tempi di Vialli e Mancini che non chiedevo un autografo a qualcuno e il solo gesto mi ha fatto tornare indietro di trent'anni, a tempi blucerchiati ben diversi da quelli attuali...), gli ho fatto scavalcare tutta la scaletta di libri che avevo già programmato di leggere.
Un romanzo che definirei giallo, nonostante in copertina venga classificato come thriller. Castelli è un criminologo attivo, non si limita a consulenze e pareri, ma agisce indagando sull'omicidio della figlia. La trama consente a Salamino (autore anche di saggi in materia) di analizzare i comportamenti dei personaggi con padronanza ("Ogni omicidio aveva un'età determinata dalla maturità dell'atto, dalla pienezza del movente e dalla profondità delle dinamiche"), spiegando meccanismi difficili con una semplicità tale da renderli comprensibili anche a chi non sa nulla di psicologia e disturbi mentali.
Ho apprezzato questo suo non salire in cattedra, cosa che invece ho sempre trovato disturbante in quei professionisti di un settore che quando si trovano a scrivere libri come questo dimenticano che stanno realizzando un'opera di intrattenimento e non un trattato.
Mi hanno convinta di meno certi passaggi della storia, ad esempio avrei evitato il personaggio di Federico, inutile nonostante sia il ragazzo di Nadia, preferendo un maggiore approfondimento su questa ragazza al centro della storia perché vittima, ma di cui non viene data una motivazione per il repentino cambiamento avvenuto in quello che sarebbe poi diventato il suo ultimo anno di vita.
Ma Salamino, quando gli ho chiesto se la storia fosse autoconclusiva, mi ha risposto che lo era, aggiungendo che stava pensando ad altre vicende legate al protagonista.
Ivan Castelli non è simpatico: un uomo duro, anaffettivo e presuntuoso, ma di certo si presta a una serie tutta sua, magari con un futuro prequel (che di solito non amo) con al centro questo triste rapporto padre figlia.