giovedì 22 febbraio 2024

"Tutti nella mia famiglia hanno ucciso qualcuno", Benjamin Stevenson

 

Australia, giorni nostri. Michael Cunningham sta per essere scarcerato dopo aver scontato tre anni per omicidio. Deve ringraziare la bravura di Marcelo - il suo avvocato, nonché patrigno - per una condanna così lieve. Chi non merita la sua gratitudine è Ernest, suo fratello, perché è stata la sua testimonianza a farlo finire dentro.
Nonostante il tradimento ci sarà anche lui alla grande rimpatriata familiare che zia Katherine ha organizzato: un lungo week-end di quattro giorni che trascorreranno tutti insieme ad alta quota.
Ma ci sarà giusto il tempo per l'arrivo di Michael e per la scoperta di un cadavere nella neve prima che una bufera li isoli allo Sky Lodge. Ernest, calatosi nei panni del detective dilettante, ha solo una certezza: che l'assassino sia uno di loro, perché tutti nella sua famiglia hanno ucciso qualcuno.

Scritto nel 2022, è il terzo romanzo pubblicato da Benjamin Stevenson (il primo tradotto in italiano e per me il primo letto con uno dei tanti Gruppi di Lettura organizzati su Telegram da Sara BookLovers). Un libro che fatico a classificare nella narrativa gialla e credo che l'autore sarebbe d'accordo con me visto che nei ringraziamenti scrive un "Spero che leggerlo sia stato divertente" che lascia pochi dubbi su quali fossero le sue intenzioni.

E lo stile è esattamente come lo avevo immaginato dopo aver letto (prima di iniziarlo) che Stevenson è un cabarettista: la voce narrante, Ernest - Ernie - Ern, si rivolge spessissimo ai lettori e sempre in maniera ironica e sarcastica, cosa che mi ha portato ad associarlo a Ricky Gervais. Mentre leggevo mi sembrava che fosse lui a raccontarmi la storia, con la sua faccia e la voce del suo doppiatore italiano in "After Life" e forse è anche per questo che non riesco a considerarlo un giallo, nonostante a tutti gli effetti lo sia.

Ci sono morti, nel passato e nel presente. Ci sono sospetti, indiziati, indagini e colpi di scena. C'è un narratore che si definisce affidabile
("Tutto ciò che vi dirò sarà la verità, o quantomeno la verità così come la conoscevo al momento in cui credevo di saperla. Potete prendermi in parola."). Ci sono tanti personaggi (ma non troppi come avevo sentito dire: i legami di parentela, e non, si ricostruiscono in fretta e facilmente). E ci sono tanti accadimenti: eventi risalenti a trentacinque anni prima, altri a tre. E naturalmente tutto quello che avviene nel presente.

Michael è un assassino.
Ha ucciso un uomo. E secondo te è sufficiente per essere un assassino? C’è chi ammazza e viene premiato con una medaglia. I soldati lo fanno di mestiere."

Sotto alcuni aspetti il libro funziona, ci sono parti ben costruite, piacevoli e/o toccanti. Stevenson è molto bravo nel generare equivoci per poi chiarirli, creando colpi di scena anche rilevanti.

"Non vorrei però che ci prendeste per un branco di psicopatici. Siamo gente normale: alcuni buoni, altri cattivi, altri soltanto sfortunati."

Mi ha fatto anche scoprire che Margaret Atwood e Ian Fleming hanno scritto per Playboy.

Ma alla fine c'è troppo. Una storia molto intricata. Esageratamente e forzatamente intricata, con situazioni paradossali, americanate degne di un brutto B movie. Eccessi che attribuisco al tentativo di sconcertare in maniera simpatica, ma che a me hanno reso pesante la lettura. Un libro che - dopo un buon inizio - ha smesso presto di chiamarmi e che ho finito di leggere senza più riuscire a provare quella bella sensazione che si sente quando finalmente si ha del tempo da dedicare alla lettura nel corso o alla fine della giornata.

PS: nei ringraziamenti sopracitati, Stevenson cita James Randall, il disegnatore della copertina australiana del libro, dicendo di esserne ossessionato. Risparmio la fatica della ricerca in rete a chi fosse curioso come me:


Non è così memorabile da perderci tempo in due, o più (e non solo per gli orridi colori)!

Reading Challenge 2024, traccia stagionale crucipuzzle, inverno: comignolo nel testo