sabato 24 febbraio 2024

"I giorni dell'abbandono", Elena Ferrante



Torino, inizio del nuovo millennio. Olga ha 38 anni, da quindici è sposata con Mario, da dieci è madre di Gianni e da sette anche di Ilaria. Casalinga aspirante scrittrice di un romanzo che non ha mai preso forma, impegnata com'era a seguire il marito nei vari spostamenti di lavoro, in Canada, in Spagna, in Grecia e da qualche anno a Torino. I figli da crescere, la casa da seguire e poi anche Otto, il cane lupo che Mario ha regalato ai bambini, ma soprattutto a se stesso. Un buon matrimonio, con una sola piccola crisi risalente a cinque anni prima, quando lui si era fatto prendere da un improvviso "vuoto di senso", finché...

"Un pomeriggio d'aprile, subito dopo pranzo, mio marito mi annunciò che voleva lasciarmi."

Ed è in quel momento che per Olga iniziano i giorni dell'abbandono.

Scritto nel 2002, secondo romanzo dell'autrice, forma una sorta di trilogia con "L'amore molesto" (letto nel 2019) e "La figlia oscura", l'unica opera della Ferrante che mi manca da leggere. Erano quasi tre anni che non lo facevo ed è stato appagante reimmergermi nella sua scrittura.

Un romanzo breve (211 pagine), ma potentissimo, che descrive una situazione ("Lo sfacelo di una separazione unilaterale") che non ho mai sperimentato e che non so come vivrei. Spero non come Olga.

"A trentotto, adesso, ero ridotta a niente, non riuscivo nemmeno a comportarmi come mi pareva giusto. Senza lavoro, senza marito, rattrappita, spuntata."

Con la protagonista come voce narrante, la Ferrante fornisce un'unica versione dei fatti. Olga è una donna devastata che si annienta, diventa volgare, cattiva, litigiosa, insofferente, soprattutto nei confronti dei figli (e del povero Otto).

Non sono madre e i miei genitori sono stati separati solo dalla morte, ma non occorre l'esperienza diretta per sapere che si può smettere di essere parte di una coppia, ma che non si dovrebbe mai smettere di essere genitori.

Qui, invece, abbiamo una madre che antepone la disperazione del suo stato a tutto, anche alle necessità primarie dei due figli, arrivando a gravi picchi di follia senza rendersi conto che mentre lei vive "l'oltraggio dell'abbandono", quelli a essere davvero abbandonati sono i bambini.
Dalla madre - assente in casa - e dal padre che se ne va e che torna a farsi vivo dopo 34 giorni adducendo un viaggio di lavoro all'estero, senza neppure una telefonata per loro.

Due bambini, per altro, odiosi: per quanto la situazione spinga a provare compassione nei loro confronti, quando Mario dice "Gianni mi è antipatico, Ilaria mi dà ai nervi" è impossibile frenare il "sapessi a me" che nasce da dentro.

Un libro che ogni donna dovrebbe leggere facendone tesoro, per non ritrovarsi a dover dipendere da qualcuno (economicamente, ma non solo) dovendo poi dare ragione alla madre di Olga:

"Le donne senza amore morivano da vive"

Adesso vorrei recuperare anche il film tratto dal romanzo.

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