Londra, 1974. Come tanti scrittori, editori, giornalisti, registi e artisti di vario genere, anche Alan Bennett si era trasferito a Camden Town. Da cinque anni abitava in una casa del 1840 quando, stanco di vedere un vecchio e malandato furgone parcheggiato sulla strada proprio davanti alla finestra del suo studio, aveva proposto alla donna che ci viveva di spostare il mezzo nel suo vialetto.
Mary Shepherd aveva accettato, come se fosse stata lei a fare un favore a Bennett. Nessuno dei due avrebbe immaginato che ci sarebbe rimasta per i successivi quindici anni, fino al giorno della sua morte.
Miss Shepherd, anziana nomade stanziale, aveva quel genere di eccentricità tanto cara a Bennett, uno di quei personaggi "accanitamente originali che scardinano le certezze degli inglesi benpensanti", come nella prefazione del libro viene ricordato da Nicholas Hytner, regista, nonché amico dell'autore.
E Bennett Miss Shepherd l'ha sfruttata per bene: con questo librino (l'introduzione è quasi più lunga del racconto) pubblicato proprio nell'anno della morte della signora (1989), con la commedia teatrale (1999) e con il film (2015), diretto proprio da Hytner e che adesso voglio recuperare (in fondo al testo c'è anche la sceneggiatura del film). E' il regista a farci sapere che ai tempi delle riprese la casa era ancora di proprietà di Bennett e che nessun ambiente venne modificato.
Di Bennett avevo già letto "La sovrana lettrice" nel 2017 e, lo scorso anno, "Nudi e crudi". Anche con questo terzo racconto mi ha fatto divertire, senza arrivare a considerarlo esilarante, un aggettivo che a quanto pare viene sempre associato all'autore, secondo me esagerando, ma questa considerazione non sminuisce il mio apprezzamento per il suo intelligente humor.
Il libro è una sorta di diario attraverso il quale Bennett racconta in ordine cronologico le stramberie della signora. Spesso si tratta di aneddoti brevissimi (Febbraio 1983. A. mi telefona nello Yorkshire per dirmi che è esplosa la caldaia e la cantina si è allagata. Unico commento di Miss S.: «Che spreco di acqua...») e ce la descrive in maniera clownesca ("Stamattina è vestita così: gonna arancione fatta di tre o quattro stracci per la polvere formato maxi; giacca di raso azzurro a strisce; foulard verde; occhialini azzurri e berretto a punta color kaki; sulla punta un distintivo con Rambo e teschio e ossa incrociate.") con la goffaggine derivante dall'età e da suo spropositato metro e ottanta di altezza. Una fervente cattolica (suora mancata) e anticomunista, che scriveva con costanza a vescovi e cardinali elargendo consigli sul futuro papa da eleggere (che deve essere alto "perché anche l'altezza conta, ai fini della conoscenza") e a Margaret Thatcher (il cui operato non le era del tutto congeniale, cosa che la portò a fondare un proprio partito, il Fidelis Party: "Sarà un partito che si preoccuperà della Giustizia e quindi non ci sarà bisogno di un’opposizione").
Una donna che a tratti suscita tenerezza come farebbe un bambino (Le chiedo se vuole una tazza di caffè. «Ma no, non si disturbi. Me ne basta mezza»), ma che il più delle volte esaspera e porta a chiedersi come Bennett abbia potuto sopportare la sua invadente e (letteralmente) invasiva presenza per quindici anni.
Ma fra le righe di questa storia c'è anche un carico di tristezza non indifferente. La signora del furgone non è un personaggio di fantasia, ma una povera donna che aveva svalvolato durante la seconda guerra mondiale, quando guidava le ambulanze, a causa di una bomba scoppiatale troppo vicino e che pare avesse anche ucciso il suo grande amore. Dopo il conflitto per lei - figlia della borghesia inglese con un promettente avvenire da pianista - c'erano, invece, stati solo ricoveri in ospedali psichiatrici e successivamente un'esistenza da barbona, nella carenza igienica - su cui Bennett torna a più riprese senza riuscire a renderla divertente - e svariate psicosi, vittima di atti di vandalismo e soggetta all'allontanamento generale.
Al suo funerale erano presenti soltanto l'autore, una coppia di residenti in Gloucester Crescent e l'infermiera dei servizi sociali che si occupava occasionalmente di lei.
Libro, spettacolo teatrale e film sono venuti dopo, con relativa fama, e probabilmente ancora oggi c'è chi va a farsi un selfie davanti al vialetto che ospitava il suo furgone. Le stesse persone che in vita si sarebbero allontanate da lei con disgusto.
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Mary Shepherd aveva accettato, come se fosse stata lei a fare un favore a Bennett. Nessuno dei due avrebbe immaginato che ci sarebbe rimasta per i successivi quindici anni, fino al giorno della sua morte.
Miss Shepherd, anziana nomade stanziale, aveva quel genere di eccentricità tanto cara a Bennett, uno di quei personaggi "accanitamente originali che scardinano le certezze degli inglesi benpensanti", come nella prefazione del libro viene ricordato da Nicholas Hytner, regista, nonché amico dell'autore.
E Bennett Miss Shepherd l'ha sfruttata per bene: con questo librino (l'introduzione è quasi più lunga del racconto) pubblicato proprio nell'anno della morte della signora (1989), con la commedia teatrale (1999) e con il film (2015), diretto proprio da Hytner e che adesso voglio recuperare (in fondo al testo c'è anche la sceneggiatura del film). E' il regista a farci sapere che ai tempi delle riprese la casa era ancora di proprietà di Bennett e che nessun ambiente venne modificato.
Di Bennett avevo già letto "La sovrana lettrice" nel 2017 e, lo scorso anno, "Nudi e crudi". Anche con questo terzo racconto mi ha fatto divertire, senza arrivare a considerarlo esilarante, un aggettivo che a quanto pare viene sempre associato all'autore, secondo me esagerando, ma questa considerazione non sminuisce il mio apprezzamento per il suo intelligente humor.
Il libro è una sorta di diario attraverso il quale Bennett racconta in ordine cronologico le stramberie della signora. Spesso si tratta di aneddoti brevissimi (Febbraio 1983. A. mi telefona nello Yorkshire per dirmi che è esplosa la caldaia e la cantina si è allagata. Unico commento di Miss S.: «Che spreco di acqua...») e ce la descrive in maniera clownesca ("Stamattina è vestita così: gonna arancione fatta di tre o quattro stracci per la polvere formato maxi; giacca di raso azzurro a strisce; foulard verde; occhialini azzurri e berretto a punta color kaki; sulla punta un distintivo con Rambo e teschio e ossa incrociate.") con la goffaggine derivante dall'età e da suo spropositato metro e ottanta di altezza. Una fervente cattolica (suora mancata) e anticomunista, che scriveva con costanza a vescovi e cardinali elargendo consigli sul futuro papa da eleggere (che deve essere alto "perché anche l'altezza conta, ai fini della conoscenza") e a Margaret Thatcher (il cui operato non le era del tutto congeniale, cosa che la portò a fondare un proprio partito, il Fidelis Party: "Sarà un partito che si preoccuperà della Giustizia e quindi non ci sarà bisogno di un’opposizione").
Una donna che a tratti suscita tenerezza come farebbe un bambino (Le chiedo se vuole una tazza di caffè. «Ma no, non si disturbi. Me ne basta mezza»), ma che il più delle volte esaspera e porta a chiedersi come Bennett abbia potuto sopportare la sua invadente e (letteralmente) invasiva presenza per quindici anni.
Ma fra le righe di questa storia c'è anche un carico di tristezza non indifferente. La signora del furgone non è un personaggio di fantasia, ma una povera donna che aveva svalvolato durante la seconda guerra mondiale, quando guidava le ambulanze, a causa di una bomba scoppiatale troppo vicino e che pare avesse anche ucciso il suo grande amore. Dopo il conflitto per lei - figlia della borghesia inglese con un promettente avvenire da pianista - c'erano, invece, stati solo ricoveri in ospedali psichiatrici e successivamente un'esistenza da barbona, nella carenza igienica - su cui Bennett torna a più riprese senza riuscire a renderla divertente - e svariate psicosi, vittima di atti di vandalismo e soggetta all'allontanamento generale.
Al suo funerale erano presenti soltanto l'autore, una coppia di residenti in Gloucester Crescent e l'infermiera dei servizi sociali che si occupava occasionalmente di lei.
Libro, spettacolo teatrale e film sono venuti dopo, con relativa fama, e probabilmente ancora oggi c'è chi va a farsi un selfie davanti al vialetto che ospitava il suo furgone. Le stesse persone che in vita si sarebbero allontanate da lei con disgusto.
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