mercoledì 28 febbraio 2024

"La curiosa vicenda dei gemelli Bonino. Ovvero, quando non è tutto oro quel che luccica", Renzo Bistolfi

 

Sestri Ponente (Genova), 3 giugno 1950. Paolo Bonino compie 25 anni e li festeggia con la madre. Vive ancora con lei, nel bell'appartamento che si trova proprio di fianco al lussuoso negozio di famiglia. Ne hanno fatta di strada, i Bonino: dal bisnonno analfabeta, che faceva il materassaio ambulante, al nonno e al padre di Paolo, che avevano prosperato grazie all'importazione di stoffe inglesi, e infine a lui, che dopo la morte del padre aveva ampliato il commercio avviando un laboratorio di cappelli.
C'era un'unica macchia sulla famiglia Bonino: Pietro, il gemello di Paolo, la pecora nera della famiglia. Da quattro anni espatriato in Argentina dopo un breve soggiorno nel carcere di Marassi, Pietro aveva cercato il fratello soltanto due volte e in entrambi i casi per battere cassa.
Strani gemelli i Bonino: identici esternamente, opposti interiormente. Paolo calmo e affidabile, Pietro irrequieto e prepotente.
Probabilmente è una fortuna che Pietro si trovi dall'altra parte dell'oceano, Paolo ne è consapevole e per questo rimane sconvolto quando riceve la lettera in cui il fratello gli annuncia il prossimo ritorno dicendogli, tanto per cambiare, di essere nei guai e di avere bisogno di aiuto.

L'ottavo romanzo del mio concittadino è quello che mi è piaciuto meno. Nelle note lui stesso dice di rendersi conto che questa storia è diversa dalle altre.

"E' un racconto piuttosto drammatico, a tinte scure, privo di quell'ironia che contraddistingue i miei personaggi. Qui c'è poco da sorridere."

Vero, anche se io ho sorriso ritrovando la mia Sampierdarena (il mio quartiere di nascita) e anche Pegli (quello in cui vivo). Pegli negli anni Cinquanta era stazione termale...


Un glorioso passato di cui i pegliesi si beano ancora oggi con la loro tipica spocchia, mal sopportata, oltre che da me, anche da Bistolfi, direi:

"Quella pretesa di lusso in versione balneare gli urtò i nervi, gli parve inutile e volgare"

Purtroppo, però, il libro non è un giallo come gli altri: c'è sì un mistero (anche più di uno), ma credo che un giallo per definirsi tale necessiti di un crimine e della conseguente investigazione.
Qui, invece, abbiamo un dramma che, ricostruendo il passato dei Bonino e dei Sanguineti (la famiglia di origine della madre dei gemelli), ha anche un po' il sapore della saga familiare (aspetto che ho apprezzato moltissimo), ma se anche compare un commissario di polizia (mi è mancato moltissimo il maresciallo Primo Galanti!) non ci sono i meccanismi dei bei gialli storici scritti precedentemente da Bistolfi.

Forse è stato il prologo a rovinarmi la lettura. Siamo all'inizio del novembre 1970, quindi quasi vent'anni dopo rispetto al successivo sviluppo del libro, e due donne si incontrano davanti alla tomba della famiglia Bonino. Fin dalle prime pagine ci viene quindi detto che Pietro è morto il 21 maggio 1952 e Paolo il 25 settembre 1970. Viene detto troppo in quel prologo: non solo la causa della morte di Pietro e il modo in cui è morto Paolo, ma le due ne commentano i caratteri opposti, la somiglianza fisica e fanno certe descrizioni che chiaramente non sono state messe lì per caso...

Tutto ciò fa capire subito la piega che prenderanno gli eventi rendendo facilmente intuibile il colpo di scena finale che, senza tutti quegli input seminati da Bistolfi all'inizio, sarebbe stato sorprendentemente bello.

Ma una cosa è verissima: non è tutto oro quel che luccica. Meno che mai quando di mezzo ci sono le palanche.

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