martedì 29 aprile 2025

"Resoconto", Rachel Cusk

 

Atene, estate di un anno non precisato. Una scrittrice parte da Hearthrow dopo aver pranzato in un club londinese con un miliardario in procinto di acquistare una rivista letteraria. E' il lavoro a portarla in Grecia, nazione che conosce bene perché vi è già stata diverse volte. Sarà docente in un corso chiamato "Come scrivere" e gli studenti, principalmente greci, al termine dovranno sviluppare un racconto in lingua inglese.

Non convenzionale

Un libro deve per forza avere una trama per essere bello? No, anche se io preferisco che la abbiano, senza mi danno l'impressione di essere esercizi di stile e, per quanto possa apprezzarli, finiscono per coinvolgermi poco e per lasciarmi ancora meno.

E nelle 188 pagine di "Resoconto" (scritto nel
 2014, titolo originale "Outline") una trama vera e propria non c'è. Rachel Cusk, autrice inglese (ma nata in Canada nel 1967), della sua protagonista fornisce quattro notizie in croce, il nome proprio appare solo una volta verso la fine, il cognome mai, come l'età. Sappiamo che scrive, che è madre, che non ha una relazione in corso.

E' un libro fatto di incontri, quelli di lei con le persone che incrocia durante questa sua trasferta lavorativa, dieci capitoli per altrettante situazioni, a cominciare dal suo vicino di posto durante il volo da Londra ad Atene. Ci saranno poi Ryan, un altro docente del corso estivo; Paniotis, un vecchio amico, che le farà conoscere Angeliki, scrittrice greca reduce dalla promozione del suo ultimo lavoro in giro per la Polonia; la bella Elena; gli studenti del corso; eccetera.

Di alcuni di questi personaggi viene detto molto, ad esempio del greco conosciuto in volo (e con cui successivamente farà due gite in barca) che le racconta tutto di sé senza essere ricambiato, ma per lo più si tratta di chiacchierate fatte al tavolo di un bar o di un ristorante, dialoghi raccontati dalla protagonista che è la voce narrante. Considerazioni sull'amore, soprattutto di storie passate. Qualche citazione letteraria, molte divagazioni (non tutte interessanti), moltissimi ricordi.

Succede davvero poco, ma è la bravura stilistica della Cusk a rendere il libro interessante.
Primo romanzo di una trilogia, leggerò anche i due successivi.

Reading Challenge 2025, traccia annuale Scarabeo

domenica 27 aprile 2025

"Marya", Joyce Carol Oates

 

Innisfail (Stato di New York), anni Cinquanta. Marya Knauer ha soltanto 8 anni quando viene svegliata dalla madre, che sta respirando in quel suo modo rabbioso che la spaventa sempre tanto. Sono le tre e venticinque del mattino, la donna le dice di sbrigarsi, deve vestirsi e preparare Davy, mentre lei penserà a Joey. Marya non capisce, ma fa quello che le è stato chiesto. Sente dei rumori in strada. Poi un vicino porta lei, la madre e i suoi fratellini in città. Ed è solo nell'atrio dell'ospedale che scopre il tragico motivo di tutto quel trambusto: quella notte Joe, suo padre, è morto. E' stato ucciso nel corso di una delle sue tante risse. La madre non ascolta le proteste delle infermiere e trascina Marya all'obitorio facendo di quel corpo inerme massacrato di botte l'ultimo ricordo che la bambina avrà del padre.

Prezioso

Per fortuna esistono Vinted e persone a cui non interessa conservare libri così belli, assurdamente fuori catalogo e di cui non esiste la versione digitale in italiano. La copia che ho comprato, svenduta per un paio di euro, appartiene alla prima e unica edizione pubblicata da e/o nel 1990 (il libro è stato scritto quattro anni prima). Con le sue pagine ingiallite e, quelle finali, macchiate nell'angolo in alto a destra è sicuramente l'usato più malconcio che mi sia mai capitato, ma ho amato il suo essere vissuto tanto quanto la storia che mi ha raccontato, al punto da perdonargli la fatica fatta per leggere quei caratteri piccoli e poco inchiostrati.

"Marya" è un romanzo di formazione, considerato uno dei più personali dell'autrice: Marya nasce e vive fino all'età del college nella zona nord della Erie County dov'è cresciuta anche la Oates; uno dei suoi nonni era morto in seguito a una rissa come succede al padre di Marya; sua madre era stata cresciuta dagli zii a cui era stata affidata, come Marya. Ancor più autobiografiche sono le descrizioni dell'ambiente accademico che diventerà il centro dell'esistenza di Marya per la prima parte della sua vita adulta.

Coincidono anche gli anni e si tratta di un'epoca in cui il destino delle donne era quello di sposarsi e procreare: è quello che le famiglie e la società si aspettavano da loro, spesso era quello che loro stesse volevano (o erano convinte di volere). Poi per fortuna c'erano le eccezioni.

L'appartenenza di Marya a una famiglia che vive ai margini della società dà modo alla Oates di mettere al centro delle vicende quei contrasti culturali e sociali che è tanto brava a descrivere e a far capire, portando Marya tredicenne a stupirsi per l'opinione che ha di loro il nuovo insegnante di inglese ("E' convinto che contiamo qualcosa. Ma non ci conosce?"), ma anche a riscattarsi superando per intelligenza e impegno la ricca e viziata Imogene, improbabile amica del college, più le tante figure maschili che si considerano superiori a lei perché, per quanto talentuosa possa essere, è soltanto una ragazza, prima, e una donna, poi.

Una vita, quella di Marya, con tanto dolore e tanta violenza. Una bambina, figlia preferita del padre, che per un breve periodo si trova in balia degli umori materni, non sapendo distinguere cosa vorrebbe e ignorando cosa sarebbe giusto aspettarsi da un genitore ("Temeva che la madre si voltasse di colpo verso di lei scoprendola mentre faceva qualcosa di sbagliato, ma al tempo stesso desiderava che la guardasse: non sopportava il fatto che gli adulti non le badassero, che la attraversassero con lo sguardo senza notarla.") per poi finire in una casa e in una famiglia dove non si sente bene accetta perché in effetti non lo è.

Vittima di abusi che portano lei a un periodo di puritanesimo e la Oates alle sue meravigliose provocazioni.

"Chi aveva creato il mondo? esordiva il semplice catechismo. Dio aveva creato il mondo, si rispondeva da solo il catechismo."

Procedendo si arriva fino ai 34 anni della protagonista e a una conclusione tronca inaspettata, se non si legge prima la sinossi che la annuncia: avendola letta soltanto dopo sono rimasta spiazzata dal finale e inizialmente delusa. Ma poi, riflettendoci, mi sono resa conto che non era così importante andare oltre nella vita della protagonista e ho amato anche il non detto.

Reading Challenge 2025, traccia annuale Scarabeo

venerdì 25 aprile 2025

"L'ora blu", Paula Hawkins

 

"Ceramica, lacca Urushi, foglia d’oro, filamento d’oro, costola di artiodattilo, legno e vetro"

E' questa la didascalia che descrive l'opera esposta alla Tate Modern durante la mostra Sculpture and Nature, una delle poche sculture - sette in tutto - realizzate da Vanessa Chapman, rinomata pittrice stroncata dal cancro cinque anni prima.
Donna dotata di grande talento e di scarsa simpatia, aveva stupito l'ambiente artistico lasciando tutti i suoi lavori e i suoi scritti alla fondazione Fairburn, creata da Douglas Lennox, che era stato il suo gallerista fino a quando due anni di battaglia in tribunale avevano chiuso malamente il sodalizio.
Successivamente anche Lennox era morto e il figlio aveva ereditato la fondazione, ma è sul suo curatore, James Backer, che gli organizzatori della mostra si rifanno quando, dopo averla visitata, l'antropologo forense Benjamin Jefferies li informa che la costola presente nell'opera non è di un artiodattilo, ma è umana.

Fluttuante

Mi sono piaciuti tutti i thriller della Hawkins ("La ragazza del treno", "Dentro l'acqua", "Un fuoco che brucia lento" e "A occhi chiusi"), ma questo, scritto l'anno scorso, è quello che ho preferito.

La storia si svolge in un anno recente, non ci sono i soliti capitoli che alternano il presente al passato, ma quest'ultimo viene ricostruito grazie ai flashback dei personaggi e alla lettura di alcune lettere.

La macchina narrativa funziona molto bene, con gli ingranaggi ben collocati e che girano nel modo giusto.

Ma è l'ambientazione a fare la differenza: Vanessa Chapman nel 1997 aveva comprato l'intera piccola isola di Erin, lungo la costa occidentale della Scozia, che ospita un'unica casa e che è collegata alla terraferma solo durante le ore di bassa marea. Un'isola immaginaria e la Hawkins ha raccontato al "The Guardian" come ha avuto questa ispirazione, una scelta felice, attorno alla quale ha palesemente costruito tutta la trama.

L'atmosfera di Erin -
 isolata (ma non totalmente), cupa (ma anche radiosa, in base alle condizioni meteorologiche), protettiva (o mortalmente pericolosa) - è perfetta per un thriller e sfruttare un'isola, le maree e le tempeste non ha nulla di originale (basti pensare ai romanzi di Tremayne, in particolare a "La gemella silenziosa"), ma sono contesti che mi piacciono e la storia è sufficientemente particolare dal non costituire un "già letto" nonostante le similitudini ambientali.

Reading Challenge 2025, traccia dadi di aprile: 30

martedì 22 aprile 2025

"Hypnosis", Karen Coles

 

Campagna inglese, 1906. Il manicomio di Angelton è immerso nel verde, circondato da prati e boschetti, con un torrente che scorre poco distante. Un tripudio di colori e di profumi che cambiano in base alle stagioni prima di coprirsi di bianco con la neve invernale. Tutte cose che Maud Lovell può limitarsi a osservare dalla finestrella della stanzetta in cui è rinchiusa e solo nei rari momenti in cui la sua mente non è offuscata dai sedativi che per il dottor Womack, direttore sanitario dell'istituto, insieme a purghe e docce ghiacciate costituiscono la cura migliore contro la follia. Tesi antiquate che finiscono per scontrarsi con quelle del nuovo assunto, il dottor Dimmond, convinto che il solo modo per superare i traumi sia affrontarli. Ma per farlo occorre ricordarli. E Maud, che dei suoi 27 anni di vita ricorda soltanto gli ultimi cinque trascorsi in manicomio, è per lui la paziente ideale da sottoporre all'ipnosi, la nuova tecnica che le permetterà di recuperare il suo passato superando così l'amnesia post traumatica che l'ha colpita.

Cupo

Scritto nel 2021, 
titolo originale "The Asylum", opera prima di Karen Coles, autrice inglese residente in Galles, in una zona che in epoca vittoriana ospitava ben tre manicomi. Da qui l'ispirazione per questa storia che piacerà senz'altro agli amanti del gotico, ma che a me non ha convinto.

Una bella scrittura, un'ottima ambientazione (ma eccessivamente bucolica) e una trama intrigante (più da thriller che da narrativa storica vera e propria) penalizzate da una linearità insufficiente e da uno sviluppo altalenante. 

La prima parte l'ho trovata soporifera, una pesantezza che mi ha fatto invidiare chi riesce ad abbandonare le letture. Sono andata avanti con ostinazione e arrivata alla metà ho pensato che l'avrei portato come esempio del perché vale sempre la pena non mollare: la parte centrale (quando si è nel pieno delle sedute di ipnosi) è coinvolgente, con atmosfere degne di McGrath. Ma dopo che Maud recupera la memoria il romanzo ha un tracollo, diventa ripetitivo (come se l'autrice avesse cercato in tutti i modi di allungare il finale), scontato (quello che dovrebbe essere il colpo di scena principale lo si è già intuito da più di cento pagine) e confusionario.

Arrivata alla fine mi è rimasto solo il sollievo per averlo finito.

Reading Challenge 2025, traccia annuale Scarabeo


domenica 20 aprile 2025

"The free", Willy Vlautin

 

Leroy Kervin si era arruolato nella Guardia Nazionale su insistenza del suo capo, che stava licenziando tutti quelli che non lo facevano. Il ragazzo era convinto che l'esercito non lo avrebbe mandato a combattere, preferendo sfruttare le sue doti di elettricista nelle basi in patria. E invece la sua Brigata era stata mandata in Iraq. Lui aveva 24 anni e sei mesi dopo il veicolo su cui viaggiava era saltato in aria centrando una mina: un compagno ucciso e due pesantemente feriti. Leroy era stato quello più fortunato, frattura alle braccia e un trauma cranico, grave al punto da farlo risvegliare in un ospedale tedesco, incapace di parlare e di camminare. Il Leroy che era partito per la guerra in realtà era morto nell'esplosione. Aveva impiegato mesi per riprendere le funzioni motorie, ma era un depresso, soggetto ad attacchi di panico, crisi di pianto.

"Non ci fu nessuna guarigione miracolosa per il nuovo Leroy Kervin"

Toccante

"The free" è la quarta meraviglia nata dalla penna di Willy Vlautin nel 2014. Autore che ormai è sul podio dei miei scrittori preferiti, scalzando Kent Haruf, che amerò sempre intensamente, ma le tematiche di Vlautin hanno una profondità e una rilevanza maggiori.

Un altro romanzo breve (256 pagine) che non si vorrebbe mai finire. Altri tre personaggi indimenticabili, con le loro disgrazie e le loro reazioni, chi non si dà per vinto e chi invece proprio non ce la fa più.

Come Leroy, che da sette anni si trova nella casa famiglia per disabili in una cittadina di provincia dello Stato di Washington dove lo avevano messo dopo la riabilitazione e che una notte, quando si rende conto di essere abbastanza lucido da provare a farla finita, si butta da una scala
 infilzandosi sulle stanghe di legno del cancelletto di sicurezza, rimediando solo nuove ferite e lo sconforto del fallimento.

Un dispiacere in più per Freddie McCall, il sorvegliante notturno del centro, che non si è accorto del girovagare di Leroy, vinto dal sonno dopo aver lavorato tutto il giorno al negozio di vernici. Un doppio lavoro reso necessario dal dover pagare le spese sanitarie per i quattro interventi subiti dalla figlia minore.

Freddie è una brava persona, non merita tutta quella sfortuna: ne è convinta Pauline Hawkins, l'infermiera del reparto, brava nel curare le ferite fisiche, ma anche quelle dell'animo.

"Sei uno stronzo"
"Non voglio fare lo stronzo"
"Se sei uno stronzo, sei uno stronzo. Non importa se lo vuoi fare o no. Lo sei e basta. Il trucco sta nel non esserlo"

Che si tratti del padre schizoide, di un anziano malato terminale o di una ragazzina scappata di casa e sfruttata da un manipolo di balordi, Pauline è presente, ma non tutti si possono salvare, lo sa lei e lo sa Vlautin, che non cede a banali romanticherie come avrebbero fatto tanti altri scrittori (nessuna storia d'amore fra Freddie, divorziato, e Pauline, single), preferendo mettere a nudo le voragini della nazione più potente del mondo a cui, per questo, è impossibile perdonare il modo in cui lascia indietro chi non riesce a inseguire e raggiungere il sogno americano.

Reading Challenge 2025, traccia cascata di lettere di aprile: vetro, retro, metro

mercoledì 16 aprile 2025

"Ultima chiamata per Mariani", Maria Masella

 

Genova, 15 maggio di un anno non precisato. Antonio Mariani è stanco: Francesca ha accettato l'offerta di lavoro negli Stati Uniti e starà là per un anno con le bambine. Si è portata dietro anche la suocera! Solo lui è rimasto in città, ma che andasse con loro non è mai stata una possibilità e non solo per il lavoro che lo blocca a Genova. Lavoro che vive con sempre maggiore apatia e non aiuta che le alte sfere continuino a remargli contro, affidandogli solo incarichi di scarso rilievo. Ad esempio tocca a lui l'indagine su una banale rissa fra due ecuadoriani scoppiata davanti alla Commenda di Prè, mentre l'omicidio di Filiberto Salvarezza, promotore finanziario piuttosto noto in città, viene affidato ad Amendola. Mariani ha quasi archiviato il suo caso quando, pochi giorni dopo, in un cantiere viene ritrovato il cadavere della moglie italiana di uno dei due ecuadoriani con cui il commissario aveva parlato due volte in ospedale. Una ragazza sfortunata, lo dicevano le sue mani, già così rovinate dal duro lavoro nonostante i vent'anni; lo dicevano i suoi occhi, offuscati da angoscia e paura; e lo dice la fine che ha fatto, colpita alla testa e poi ricoperta di pietre quando era ancora viva.

Troppe coincidenze

Nona puntata della serie che ha per protagonista il commissario Antonio Mariani e che cronologicamente segue "Primo", il prequel che, in quanto tale, avevo preferito leggere subito, nell'ottobre di due anni fa.

Che questa non possa essere davvero l'ultima chiamata per Mariani lo si sa in partenza, visto che la serie è composta (a oggi) da ventisette volumi, ma - fra titolo e ultime righe - immagino che ai tempi della pubblicazione (2009) abbia fatto tremare non poco i fedeli lettori. Io stessa, pur sapendo che ritroverò il protagonista in tantissimi altri gialli, sarei quasi tentata di iniziare già stasera il prossimo libro.

Un giallo piacevole caratterizzato, però, da coincidenze territoriali improbabili, se non impossibili: Genova non è un paesino e la storia tocca diverse zone distanti fra loro, una addirittura in provincia, luoghi dove i personaggi (un po' troppi: Maria Masella dovrebbe seguire l'esempio del nostro concittadino Renzo Bistolfi che mette l'elenco all'inizio di ogni libro) si incrociano e si tratta di ingranaggi fondamentali per lo sviluppo e per la spiegazione della storia.

Un appunto alla sinossi che parla dell'inizio di un'estate afosa, mentre leggendo si scopre che la rissa - che dà il via a tutto - in realtà avviene il 15 maggio e si arriva all'epilogo in poche settimane, senza neppure toccare l'inizio dell'estate.

Ma nel complesso la lettura è coinvolgente e ogni garbuglio viene ben chiarito, un ottimo intrattenimento per gli amanti del genere.

Reading Challenge 2025, traccia cascata di lettere di aprile: vetro, retro


domenica 13 aprile 2025

"Le bugiarde", Rebecca Reid

 

Londra, un mercoledì mattina invernale di un anno non precisato. Lila, Nancy e Georgia: 33 anni ciascuna, un'amicizia particolare nata in collegio e diventata indissolubile all'inizio del sesto anno, quando è successo qualcosa destinato a diventare il loro grande segreto. Nessuna può cedere, crollerebbero tutte. Così sono rimaste "amiche", pur detestandosi, disprezzandosi, temendosi.
E anche quella mattina sono tutte e tre in chiesa, tutte presenti, solo che una di loro è dentro alla bara.

Avverso

Rebecca Reid, inglese, pubblica romanzi di vario genere. Questo, del 2019, titolo originale "Perfect Liars", è stato il suo primo thriller e al momento è l'unico a essere stato tradotto insieme a "I complici", scritto l'anno successivo.

Come tantissimi thriller alterna i capitoli fra passato e presente, distanziati da un intervallo di sedici anni, e ogni capitolo si concentra su una delle tre protagoniste, facendo del libro un romanzo corale. Tre ragazze 
prima e poi tre donne irritanti. Una perfezionista, una inaffidabile, una maniaca del controllo: se nel prologo, durante il funerale, ci si chiede chi ci sia dentro alla bara, procedendo nella lettura si comincia a pensare che una bara tripla non sarebbe stata tanto male! E ci sono anche altri personaggi indisponenti, ma tutto fa parte della storia.

Legami condizionati da un segreto risalente al passato comune, rapporti malsani, atmosfera collegiale, competizione, rivalsa, presunzione: non c'è nulla di originale e ci sono anche alcuni espedienti narrativi introdotti solo per suscitare una momentanea suspense senza poi avere alcun seguito, ma il libro coinvolge e intriga, si ha voglia di leggerlo, chiedendosi se il grande segreto del passato, quello a cui tutto ruota attorno, varrà l'attesa. A un certo punto lo si intuisce prima che venga svelato, ma poi le carte vengono rimescolate, per le protagoniste e per chi legge, quel tanto che basta da creare un buon colpo di scena finale che appaga lasciando un buon ricordo della lettura.

Reading Challenge 2025, traccia cascata di lettere di aprile: vetro

venerdì 11 aprile 2025

"Mia madre è un fiume", Donatella Di Pietrantonio

 

"Certi giorni la malattia si mangia anche i sentimenti"

Esperia Viola, detta Esperina, nasce il 25 marzo del 1942, alle pendici del Gran Sasso, fra Colledara e Tossicia. Frutto di un congedo del padre soldato, avrà cinque sorelle e una vita dura, segnata dalla fatica, dalla povertà, dall'ignoranza, dallo svantaggio di essere nata femmina in un'epoca in cui essere sottomesse agli uomini era la normalità. Una vita che la malattia sta cominciando a cancellare dalla sua mente e così la figlia gliela racconta.

Crudele

Della Di Pietrantonio avevo già letto "L'arminuta", "Bella mia" e "Borgo Sud". Questo, scritto nel 2010, è il suo romanzo di esordio (con cui vinse il Premio Tropea nel 2011). Lo stile diretto dell'autrice è già definito e riconoscibile, ma - come "Borgo Sud" - non mi ha pienamente convinta e per lo stesso motivo: il poco spazio dato al tema portante della storia, il terremoto de L'Aquila nel caso di "Borgo Sud" e la malattia degenerativa in "Mia madre è un fiume".

La figlia 47enne è la voce narrante del breve romanzo (128 pagine), cercando di non far perdere alla madre le sue memorie rispolvera con e per lei ricordi comuni e le riporta fatti più o meno importanti del passato, quelli che era stata la madre stessa a raccontarle, ripercorrendo non solo la vita di quest'ultima, ma anche quella di nonni, zii e cugini. Grandi famiglie, quindi tanti nomi, tanti legami di parentela, a tratti si corre il rischio di confondersi.

Al centro di ciò il rapporto non facile né particolarmente bello con questa madre che la figlia definisce inaccessibile. Emerge tanta sofferenza davanti al decadimento e allo smarrimento dell'anziana, ma c'è molto più passato che presente e si finisce col leggere una storia aneddotica.

Ma a rovinarmi la lettura è stata la strage di animali descritta: animali che nei libri della Di Pietrantonio sono sempre e solo bestie, considerati e descritti al pari di oggetti al servizio dell'uomo, ma qui ha esagerato, nella quasi totalità delle pagine c'è almeno un animale che viene sfruttato, maltrattato, ucciso e/o mangiato. Un tale eccesso che l'ambientazione contadina e la datazione della maggior parte degli episodi raccontati non bastano a giustificare.

Reading Challenge 2025, traccia rebus di aprile: fragole e aglio

mercoledì 9 aprile 2025

"Il teatro sulla spiaggia", Joanna Quinn

 

"Chilcombe è una grande casa ricoperta di edera, con un’infinità di frontoni e camini che disegnano un profilo di linee spezzate, triangoli aguzzi alternati a gruppi di comignoli svettanti"

Dorset, marzo 1928. E' Cristabel Seagrave a vedere per prima il corpo della balena che nella notte ha trovato la morte sulla spiaggia nella tenuta della sua famiglia.  Con una risolutezza inaspettata in una bambina di 12 anni, scrive a re Giorgio per rivendicare il possesso del cadavere, nonostante per
 legge tutto ciò che si arena sulle coste inglesi sia appannaggio della Corona.
"Che tristezza. Povera balena": mentre Flossie, la sorella minore, si dispiace per l'animale (l'unica a farlo), Cristabel immagina di trasformarne la carcassa in un teatro, dove lei e i suoi fratelli potranno mettere in scena le rappresentazioni che amano tanto.

Misero

Opera prima (scritta nel 2022) di Joanna Quinn, londinese di nascita (1976), ma cresciuta nel Dorset. Ed è il primo dei due volumi della saga dei Seagrave: leggerò sicuramente anche il secondo, perché l'ho già comprato e perché questo non ha finale, è un romanzo spezzato, senza neppure quel tipo di chiusura tipica dei libri appartenenti a serie, quella che - lasciando una o più porte aperte verso i seguiti - è pur sempre una conclusione della puntata, mentre in questo caso non proseguire equivarrebbe ad abbandonare una lettura a metà, cosa che non faccio mai.

E la lettura non è stata disastrosa, ma deludente a causa delle aspettative generate dall'affermazione di Alessia Gazzola riportata sulla fascetta del libro: "Orfani del Cazalet, è arrivata una nuova dipendenza"!

Di sicuro l'autrice si è molto ispirata alla pentalogia della Howard, ne ha ripreso ambientazione, tematiche, personaggi, ma tutto in versione ridotta, non c'è margine di confronto. Meno volumi, meno anni, meno personaggi. Ma soprattutto meno spessore. 

Questa prima parte racconta ventidue anni della famiglia Seagrave, dal 1919 al 1941 (andando anche a ritroso per ricostruire il passato del padre di Cristabel). Si va, quindi, da quando la Prima Guerra Mondiale è appena finita a quando la Seconda è appena iniziata e qui, con il coinvolgimento diretto di un personaggio, ci sono un paio di capitoli più profondi, ma di incisivo c'è davvero poco.

"Digby è sconvolto per la caduta della Francia, come tutti noi, del resto"

Questo è un esempio di come pesanti eventi storici siano stati liquidati dall'autrice con una frase buttata lì con troppa superficialità.

Anche il modo in cui vengono raccontate le vicende dei personaggi non avvince né convince riducendosi a un elenco di date e di fatti, non sempre rilevanti, con grossi salti temporali che lasciano uno sgradevole senso di mancanza e di frettolosità.

La Quinn fa anche un tentativo per rendere Cristabel simile alla Polly dei Cazalet, facendole osservare come nei libri tutti i ruoli interessanti siano riservati ai maschi, mentre "le femmine sono mogli tristi, domestiche tristi, donne belle e tristi che causano guerre", ma senza poi andare oltre.

E Cristabel è una bambina a cui piacciono i pescatori, i guardiacaccia e i macellai, che si trastulla con una lumaca morta in  mano e che conserva il cranio di un gabbiano sotto al letto.

Il libro è un festival di animali morti, uccisi nelle battute di caccia, impagliati, mangiati e indossati, più la balena spiaggiata, che è soltanto un pretesto per rendere stravagante una storia altrimenti banale.

Reading Challenge 2025, traccia di aprile: libri con un'attività nel titolo


lunedì 7 aprile 2025

"Foxfire", Joyce Carol Oates

 

FOXFIRE NON GUARDA MAI INDIETRO!
FOXFIRE BRUCIA & BRUCIA 
FOXFIRE NON CHIEDE MAI SCUSA!

Hammond (contea di St. Lawrence, Stato di New York), 12 novembre 1952. E' a questa data che Madeleine Faith Wirtz, detta Maddy-Monkey, ma anche Killer, fa coincidere la nascita di FOXFIRE quando, molti anni dopo, racconta la storia del gruppo di cui ha fatto parte dai suoi 13 anni fino ai 17, aiutandosi con quelle che all'epoca chiamavano CRONACHE e che erano gli appunti che lei, cronista ufficiale di FOXFIRE, batteva a macchina.

"In modo che distorsioni ed equivoci e menzogne vere e proprie potessero essere smentiti"

Una falsità su tutte: loro non facevano del male per sadismo, né per vendetta. Erano sì una gang fuorilegge (e la maggior parte dei loro crimini non erano neppure stati denunciati perché le vittime - tutti maschi - se ne vergognavano), ma erano anche una sorellanza di sangue che le portava a essere fedeli e leali fra loro. Perché si amavano.

Intenso

Joyce Carol Oates ha scritto questo libro nel 1993 quando aveva 55 anni e lo ha ambientato fra il 1952 e il 1956 dando alla voce narrante, Maddy, l'età che aveva lei in quegli anni: è forse anche per questo che è riuscita a fare del romanzo un capolavoro descrittivo sotto ogni aspetto.

Le 326 pagine divise in cinque parti e in trentanove capitoli spiegano la provincia americana degli anni Cinquanta attraverso il vissuto di questa gang femminile, originariamente composta da cinque membri ("p
oi se ne unirono altre e finimmo con l'essere troppe"), cinque adolescenti che in quell'unione trovano ciò che non hanno mai avuto dalle loro famiglie disagiate: attenzione e sicurezza.

Ogni banda ha un leader e quello di Foxfire non è Maddy, ma Legs, cioè Margaret Ann Sadovsky, un faro per le altre che, dietro al suo esempio, perdono quella remissività e quella timidezza che prima di unirsi alla gang avevano fatto di loro delle facili prede.
Ragazzine piene di odio (motivato), troppo giovani per non dover più dipendere da qualcuno, ma che - non avendo nessuno che si faccia carico di loro - trovano in Foxfire il modo per andare avanti.

Una storia potente dal punto di vista socio-culturale, la Oates lavora su tanti personaggi, con una splendida voce narrante che alterna frasi in prima persona ad altre in cui parla di sé in terza, cosa che normalmente trovo insopportabile, ma quando chi scrive è così bravo nulla può dar fastidio.

Un libro assurdamente fuori catalogo (e di cui non esiste la versione digitale) che ho trovato su Vinted ad appena
 1€: una fortuna per me, un insulto per la letteratura.

Reading Challenge 2025, traccia annuale Scarabeo

sabato 5 aprile 2025

"Confessioni", Kanae Minato

 

Giappone, una cittadina di provincia non menzionata. E' il 13 febbraio di un anno non precisato quando il corpicino di Manami, 4 anni appena, viene ritrovato nella piscina della scuola dove la madre, Yūko Moriguchi, insegna scienze. Un mese e una settimana più tardi, al termine dell'ultimo giorno di scuola, la professoressa annuncia alla classe di aver dato le dimissioni. Ogni alunno della 1B collega la decisione alla tragedia che l'ha colpita, ma la donna annuncia di avere qualcosa da raccontare: "Manami non è morta accidentalmente, ma è stata uccisa da qualcuno di voi".

Giapponese

Nel 2007 l'autrice, nata nel 1973 nella prefettura di Hiroshima, vinse un premio con il racconto lungo intitolato "La sacerdotessa": quel racconto è poi diventato il primo capitolo di questo libro, pubblicato l'anno successivo e vincitore del premio Japan Booksellers' Award nel 2009. Esiste anche la trasposizione cinematografica con la candidatura all'Oscar come miglior film straniero del 2011.

Il  libro, 
che fatico a considerare un thriller, ha una trama intrigante e una struttura molto particolare: ogni capitolo ha una voce narrante diversa che racconta i fatti dal suo punto di vista, con rimandi al proprio passato (che in alcuni casi ha un peso determinante), confessando (titolo azzeccatissimo) qualcosa che nessuno sa.

Un meccanismo che sposa alla perfezione lo stile giapponese, con i fatti che vengono svelati e sbrogliati poco per volta, andando a incastrarsi gli uni agli altri attraverso una narrazione così lenta che mi ha portata non solo a impiegare tantissimo tempo per arrivare alla fine (e si tratta di appena 280 pagine), ma a un certo punto anche a mettere il libro in pausa per passare a qualcos'altro (Vlautin).

Le tematiche sono forti: il bullismo nelle scuole, il carico derivante dalle aspettative delle famiglie, il fenomeno del Hikikomori e altro, il tutto intriso del rigore e della disciplina giapponesi, caratteristiche molto lontane da noi, nel bene e nel male, e probabilmente è stato proprio questo a rendermi pesante la lettura. Non negativa, ma bisognosa di una assimilazione graduale a cui non sono abituata e mi preoccupa un po' aver già comprato il solo altro titolo dell'autrice tradotto in italiano, "Veleno", ma trattandosi di una raccolta di racconti sarò in grado di gestirla meglio quando arriverà il suo momento.

Reading Challenge 2025, traccia annuale Scarabeo

giovedì 3 aprile 2025

"Il teatro di Sabbath", Philip Roth

 

New England, fine novembre 1993. Drenka Balich ha 52 anni, Morris (Mickey) Sabbath ne ha 64 e da tredici anni sono amanti, infedeli non solo ai rispettivi coniugi, ma anche a loro stessi. Lei è una croata alta e prosperosa. Lui è tarchiato, ha le dita deformate dall'artrosi e arriva a stento al metro e sessanta. E' la lussuria il nodo che li unisce.

"Giura che non scoperai più le altre o fra noi è finita"

E' questa la promessa che Drenka vuole sentirsi fare da Mickey, consapevole di chiedere l'impossibile e forse anche del fatto che la loro storia è comunque destinata a finire perché il cancro la sta uccidendo.

Esplicito

Il cazzo viene citato più di novanta volte, la figa più di quaranta, le tette più di trenta, l'atto di scopare più di venti. Non ci sono atti d'amore, ma rapporti e giochi sessuali che si spingono al di là (anche parecchio) di quello che la maggior parte delle persone fa o sogna di fare. E' un libro che decisamente mal si adatta agli animi candidi.

Ma è un libro bellissimo, non il mio preferito di Roth, ma sempre profondo, commovente, riflessivo e irriverente.

"La più mostruosa caratteristica di Dio, amiche mie, è il totalitarismo. Questo Dio vendicativo e rabbioso, questo bastardo fissato con le punizioni!"

Scritto nel 1995, conta 467 pagine divise in due parti prive di capitoli che alternano la prima persona del protagonista a quella di un narratore esterno.

"Non c’è niente che mantenga ciò che promette"

Mickey Sabbath, nato in New Jersey nel 1929, nel presente è un personaggio capace di innescare solo sentimenti negativi (ma io l'ho trovato anche simpatico) a causa della sua discutibile moralità che lo porta a non avere riguardi per nessuno fra cui le mogli, gli amici, le mogli e le figlie degli amici.

"L’estrema perversione per un libertino è essere fedele"

Il sesso, che ha scoperto grazie alle prostitute del Sud America, dove era arrivato dopo essersi imbarcato su un mercantile a diciassette anni, è da allora il perno della sua esistenza.
E sono i suoi ricordi del passato, sempre più presenti e incalzanti nel corso della sua vita - e del libro - a svelare l'interiorità di quest'uomo, fatta di una solitudine e di una sofferenza originate dal dramma familiare che colpì i Sabbath nel dicembre 1944, quando i giapponesi e il Pacifico si presero Morty, il fratello maggiore.

E il sesso smette di essere così tanto rilevante.

Reading Challenge 2025, traccia annuale Province italiane

martedì 1 aprile 2025

Reading Challenge: tracce di aprile

    


Tracce generiche:
  • libri di generi non letti a marzo
  • libri che abbiano nel titolo un'attività
    Il teatro sulla spiaggia, Joanna Quinn (3 punti)

Traccia cascata di lettere:
  • Vetro: Le bugiarde, Rebecca Reid (3 punti)
  • Retro: Ultima chiamata per Mariani, Maria Masella (2 punti)
  • Metro: The free, Willy Vlautin (2 punti)

Traccia rebus:
  • Mia madre è un fiume, Donatella Di Pietrantonio (1 punto)

Traccia dadi:
  • L'ora blu, Paula Hawkins (3 punti)

Traccia annuale Scarabeo: dieci libri incrociando i titoli sul tabellone del gioco (30 punti)
  • Cercami, André Aciman
  • Bucaneve, Mélissa Da Costa
  • Serge, Yasmina Reza
  • Boccamurata, Simonetta Agnello Hornby
  • Miserere, Marina Marazza
  • Confessioni, Kanae Minato
  • Foxfire, Joyce Carol Oates
  • Hypnosis, Karen Coles
  • Marya, Joyce Carol Oates
  • Resoconto, Rachel Cusk

I miei punti di aprile: 44